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Autore: Elis9800    04/06/2018    3 recensioni
Oikawa Tooru alle prese con un piccolo "problema" inaspettato.
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“Iwa-chan mi ammazzerà” sospirò sconsolato il ragazzo, passandosi una mano tra i folti capelli castani ancora lievemente umidi.
“Devi scegliere, Oikawa. Cosa preferisci? Subire l’ira funesta di Iwaizumi che ti perseguiterà in eterno… o lasciar morire questo piccolo batuffolo bagnato?”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tetsurou Kuroo, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non poi così diversi






“Iwa-chan mi ammazzerà” sospirò sconsolato il ragazzo, passandosi una mano tra i folti capelli castani ancora lievemente umidi.
“Devi scegliere, Oikawa. Cosa preferisci? Subire l’ira funesta di Iwaizumi che ti perseguiterà in eterno… o lasciar morire questo piccolo batuffolo bagnato?”
 
 
Le serissime parole di Kuroo, che pronunciate dalla sua bocca avevano acquisito una sfumatura parecchio ridicola, gli rimbombarono per l’ennesima volta in mente, confondendogli ulteriormente le idee.
Abbassò lo sguardo all’interno della piccola e consunta scatola di cartone… e, nonostante la tensione estenuante cui erano sottoposti i suoi suscettibili nervi, quella visione gli strappò un dolce sorriso.
Inspirò profondamente, riempiendosi i polmoni d’aria e assumendo l’espressione di un soldato pronto a partire in guerra.
“Va bene, facciamolo” sentenziò, incrociando gli occhi cioccolata carichi di vispa risolutezza con due brillanti sfere celesti, altrettanto vivaci.
Con un deciso movimento del polso, che celava in verità un lieve tremore delle dita affusolate, girò le chiavi all’interno della serratura bronzea e, con un lieve scatto, la porta d’ingresso dell’appartamento si aprì.
 


 
Cinque giorni prima
 
 

“Davvero, con quale coraggio quel troglodita di Watanabe si è permesso d’insinuare che la mia ricerca sia frutto di vaneggiamenti fantastici che con la scienza hanno poco a che fare?! Gli lancerei il telescopio dritto dritto in fronte, se solo potessi permettermene un altro!” sbottò Tooru, calciando con rabbia una lattina vuota che si era sfortunatamente interposta nel suo cammino, con lo sguardo talmente carico di sdegno da far pensare che avesse inghiottito qualcosa d’estremamente amaro.
“C’è poco da fare, Oikawa. Potrà anche essere un organismo unicellulare, ma è pur sempre il tuo capo. Se non gli garba la tua ricerca, beh, puoi dire addio ai tuoi preziosi finanziamenti” fu la placida risposta del suo interlocutore, proferita con un ghigno sardonico che ne disegnava in maniera lievemente sinistra i lineamenti marcati e sensuali del volto.
Il castano sbuffò, assumendo un broncio platealmente infastidito.
“Non sei per nulla d’aiuto, Tetsu-chan. Ho buttato settimane di giorni colmi di stress, ho trascorso notti insonni, sono diventato dipendente dalla caffeina e ho persino permesso a queste due orrende occhiaie di sporcare il mio carinissimo volto… per farmi ridere in faccia? Non lo tollero, nella maniera più assoluta!” strillò in maniera fin troppo acuta, tanto che alcuni passanti lo fissarono interdetti, considerando che quella vocetta stridula e infantilmente isterica mal si adattasse a ben 184 centimetri di uomo.
Kuroo si lasciò sfuggire una risata canzonatoria, non riuscendo davvero a rimanere serio dinanzi alle crisi di nervi esilaranti prodotte da quella primadonna chiamata Oikawa Tooru.
Al broncio del castano subentrò subito un’espressione offesa.
“Mi domando perché mi ostini ancora a voler parlare con un gattaccio come te, capace solo di prendermi in giro! Sei un insensibile di prima categoria, persino Iwa-chan è più gentile!” saettò piagnucoloso, battendo i piedi come un bambino e incrociando le braccia al petto, labbra contratte e livide.
Tetsurou si sforzò vivamente di contenersi, sebbene la faccia di Oikawa fosse già di per sé un buon pretesto per scoppiare nuovamente a ridere.
“A proposito, l’hai già raccontato a Iwaizumi?” chiese dunque per cambiare discorso, imboccando una stradina laterale poco frequentata del quartiere periferico della grande metropoli nipponica.
Il viso del ricercatore s’incupì ancor di più.
“Ancora no… non saprei con che faccia dirglielo! Mi ero mostrato tanto sicuro per quel progetto e invece...”
S’interruppe bruscamente, storcendo il naso e guardandosi attorno con aria stranita, riconnettendosi finalmente alla realtà e rendendosi conto solo in quel momento del luogo in cui si trovassero. 
“Ma in che razza di posto mi hai portato? C’è una puzza terribile qui!” si lamentò con una smorfia disgustata, poggiando le mani affusolate sopra al proprio naso per tentare di difendersi dagli effluvi nocivi che aleggiavano in quel vicolo dimenticato da Dio.
Il moro ghignò divertito.
“Si vede che sei un principino di buona famiglia, tu…”
Tooru gonfiò le guance in segno di disappunto.
“Non c’entra l’esser cresciuto in una famiglia agiata. Nemmeno i senzatetto si azzarderebbero a vivere in un viottolo lurido come questo…”
Il suo sguardo si posò su tre cassonetti strabordanti immondizia schiacciati contro un muro scuro e fatiscente, ritrovo ideale per intere colonie di mosche e insetti d’ogni genere.
Simulò un conato di vomito.
“Non so se ho ben reso il concetto” sentenziò, incamminandosi il più velocemente possibile da quell’orrido scenario desolante.
“Beh, dovresti ringraziarmi per consentirti di scorgere nuovi orizzonti, no? Ti faccio scoprire il lato oscuro di Tokyo” ironizzò Tetsurou, alzando le mani e atteggiandosi a Cicerone.
Ignorando l’occhiataccia lanciatagli da Oikawa, il moro proseguì.
“E comunque, questa è una super scorciatoia. Se vuoi davvero imparare  a vivere nella capitale, dovresti prendere esempio da chi ci è davvero nato” osservò con il solito sorrisetto beffardo.
Tooru sbuffò, tirando dritto.
“Se mai vorrò indicazioni per come muovermi in città, chiederò a Kenma”
Kuroo per poco non si strozzò con il chewing gum al lampone che stava masticando.
“Buona fortuna, allora…” mormorò, trattenendo un’acuta ondata di risa.
 
 
Continuando a camminare in quella fetida stradina, con Oikawa che squittiva spaventato a ogni possibile rumore molesto e la cui espressione era un’accozzaglia di ogni sfaccettatura possibile di ribrezzo, all’improvviso Kuroo si fermò.
“E adesso cosa c’è?” si lagnò esasperato il castano, desideroso solo di porre fine a quella gita tra le viuzze inquietanti della periferia. 
Un verso acuto però attirò la sua attenzione.
Vide la crestina del moro scomparire repentinamente dal suo campo visivo.
 
“Osi davvero avvicinarti a quei… cosi?” la voce di Tooru grondava avversione.
Kuroo arcuò le sopracciglia e sollevò il capo, continuando nel contempo a sbocconcellare pezzi di carne essiccata per tre gatti tanto smilzi da poterne contare le ossa.
“Non tutti hanno la fortuna di crescere in una casa, Oikawa” spiegò pacatamente il ragazzo, riabbassando le iridi cangianti e guardando quelle creature selvatiche con affetto, nonostante si azzuffassero per divorare quei miseri tocchi di cibo.
Tooru alzò gli occhi al cielo. Non era mai stato un amante degli animali e di certo non avrebbe cambiato idea con quei fetidi e inquietanti felini.
“Forse non dovrebbe nemmeno sorprendermi più il fatto che ti porti sempre addosso strana roba da mangiare per situazioni come questa…” proruppe, scuotendo la testa rassegnato.
Kuroo ridacchiò.
“Non potrei mai far morire di fame i miei simili” esclamò con un’espressione terribilmente seria, provocando una risatina ilare in Oikawa.
“Hai mai pensato di aprire una pensione per gatti?” suggerì gongolando mentre entrambi uscivano finalmente alla luce del sole, per la gioia di Tooru che non resisteva ormai più alla puzza di spazzatura e altre sostanze non meglio identificate.
“Kenma ne sarebbe felicissimo” concordò Tetsurou, stiracchiandosi.
“Se potesse, riunirebbe sotto il nostro tetto tutti i randagi che troverebbe per strada…”
Oikawa lo guardò un po’ sconcertato.
Kuroo scosse la testa.
“Ah, lascia stare, tu non puoi capire. Non saresti in grado di provvedere ai bisogni di un cucciolo”
Tooru assunse un’espressione lievemente offesa.
“Cosa ti fa pensare che non ne sarei in grado?” borbottò, incrociando le braccia al petto e arricciando il naso.
“A malapena riesci a prenderti cura di te stesso! L’onere dell’incarico spetta a Iwaizumi-kun” ghignò Kuroo, allontanandosi di scatto per evitare uno spintone da parte dell’amico.
“Perfido gattaccio” sibilò tra i denti, socchiudendo le palpebre sulle iridi cioccolata.
Eppure, non lo contraddì.
“Io mi ritiro, Oikawa. Mi raccomando, attento a non imbatterti in spaventosi vicoli bui!” lo prese in giro il moro, imitando la vocetta stridula del ragazzo.
“Vai a vagabondare con i tuoi amichetti!”
“Se non fosse stato per i miei amichetti, ti staresti ancora lamentando di quanto male ti sia andata la presentazione” gli ricordò Kuroo già a parecchi metri di distanza, sollevando le braccia e ponendole dietro la testa, sorridendo sornione.
Il castano sussultò spalancando gli occhi, come attraversato da una scossa elettrica.
“Mannaggia a te, Kuroo! Avevo rimosso quell’umiliazione per qualche minuto…” si lagnò ad alta voce, ma fu inutile: Tetsurou si era già dileguato all’orizzonte.
 
 
 
Tooru non aveva voglia di rientrare subito a casa.
Desiderava rimandare il più possibile il confronto con il proprio fallimento…
Sapeva che, ovviamente, Iwa-chan non si sarebbe mai mostrato deluso, anzi: lo avrebbe sicuramente consolato, bruscamente e goffamente come suo solito ovviamente, ma gli sarebbe rimasto vicino.
Tuttavia, la frustrazione provata era ancora troppo ardente.
 
Imboccando una via alternativa, si ritrovò a passeggiare per stradine piastrellate e silenziose accanto a un parco non molto frequentato, rimuginando su come avrebbe potuto operare per correggere il progetto di astrofisica prima che quell’imbecille patentato del suo superiore glielo bocciasse definitivamente.
Non avrebbe avuto la minima intenzione di perdere i fondi per la ricerca che agognava ormai da mesi…
 
“Miaw”
 
Le lunghe gambe di Tooru si bloccarono.
Voltò piano il capo in direzione di un ammasso di cespugli verdi alla sua destra.
Aveva sentito bene o aveva confuso un rumore con un altro?
Affondando maggiormente le mani nelle tasche del cappotto blu, scosse la testa e continuò a camminare.
Avevano parlato troppo di gatti, quella mattina.
 
Era giunto quasi al termine di quella via dalle colorate mattonelle, quando gli parve di udire nuovamente quel suono lamentoso.
Sbuffò sommessamente.
Perché non riusciva semplicemente a smettere d’esser curioso?
Con le sopracciglia fini aggrottate, il ragazzo ritornò sui propri passi e tentò d’individuare il luogo da cui provenissero quelli che sembravano striduli pigolii.
I suoi timpani si misero all’erta e, abbassandosi sulle ginocchia, tentò di scorgere cosa si nascondesse tra le radici dei rigogliosi cespugli, ma non notò nulla di apparentemente anomalo.
Dopo qualche istante, però, udì quel lamento aumentare d’intensità.
“Accidenti, guarda un po’ se devo macchiarmi il cappotto in velluto…” pensò stizzito, allungando la mano tra le foglie un po’ acuminate della pianta, spostandole piano per evitare di pungersi, finché…
 
“Miaw, miaw!”
 
Eccola lì, la piccola fonte di quel trambusto.
Le palpebre del ragazzo si strizzarono per cercare di vedere meglio.
Se non fosse stato per due brillanti sfere celesti, Tooru non avrebbe saputo distinguere i contorni del musetto di quella creaturina, nascosta dall’ombra degli arbusti.
 
“Miaaaw…”
 
Il miagolio quella volta fu più prolungato e stridente, come se il gattino avesse voluto comunicare qualcosa alla presenza sconosciuta apparsagli dinanzi.
Oikawa rimase immobile per parecchi secondi, i grandi occhi cioccolata puntati su quel corpicino raggomitolato su se stesso.
Non era certamente un esperto, ma, a occhio e croce, quella creaturina doveva possedere a stento un paio di mesi di vita.
Che la sua mamma si trovasse nelle vicinanze…?
Il castano alzò il capo e scandagliò con lo sguardo il paesaggio intorno a lui.
Ricordava che, una volta, Kuroo gli aveva spiegato come le mamme feline fossero estremamente protettive nei confronti dei loro cuccioli neonati, persino ai limiti dell’aggressivo.
Tuttavia, nei dintorni non scorse nessun gatto adulto.
 
“Mmm… e ora che si fa?” si domandò ad alta voce, come se quel micino dagli occhietti cristallini e attenti potesse realmente suggerirgli il da farsi.
“Non ho nulla da mangiare per te, non sono mica come quel fanatico di Tetsu-chan…” spiegò con tono infantile, avvicinandosi di qualche altro centimetro al nascondiglio.
Fissò quella pallina di pelo seminascosta dalle foglie con un sopracciglio alzato.
A differenza dei tre felini di poco prima, somiglianti più alle Iene de “Il Re Leone” che a dei gatti… quello che aveva dinanzi era piuttosto carino, ammise, nonostante le dimensioni microscopiche.
Ma che poteva fare lui?
Passandosi una mano sulla fronte per scostarsi la frangia vaporosa dalle palpebre, notò che il gattino si era improvvisamente acquietato. Aveva abbassato la testolina sulle zampe e aveva chiuso gli occhi.
Che stesse… dormendo?
Forse non c’era di che preoccuparsi.
Probabilmente la mamma stava soltanto vagabondando nelle vicinanze: non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di chiamare la protezione animali, meglio conosciuta come Kenma&Kuroo Company.
“Stammi bene, micetto” sussurrò quindi Tooru prima di rimettersi in piedi, facendo una piccola smorfia per sgranchirsi le ginocchia un po’ intorpidite e dirigendosi poi verso casa.
 
La preoccupazione di come avrebbe dovuto comunicare il suo imbarazzante fallimento al proprio ragazzo annullò totalmente ogni pensiero per quel gattino.
 
 
 
La mattina seguente, Oikawa era nuovamente diretto all’università.
Come c’era da aspettarsi, il giorno prima Hajime non si era comportato come la sua mente vittima di paturnie aveva pronosticato.
Il ragazzo aveva ascoltato attentamente il suo resoconto pregno di rancore prima di aver asserito semplicemente “Ce l’hai messa tutta finora. Devi solo continuare a far vedere a quel tizio cosa tu sia in grado di realizzare”
A quel punto Tooru gli era letteralmente saltato al collo, abbandonandosi a una lunga sessione di sesso consolatorio.
 
Durante il tragitto per recarsi al suo laboratorio, il castano aveva iniziato ad arrovellarsi il cervello su che parte del progetto avrebbe dovuto modificare, cosi da poter lasciare di stucco quell’idiota di Watanabe.
Era tanto immerso nelle sue congetture mentali da non accorgersi minimamente d’aver intrapreso non la consueta strada per l’università, bensì il percorso attraversato il giorno prima.  
Sbuffò infastidito, resosi conto d’aver allungato parecchio.
Ultimamente non collegava molto la mente alla realtà circostante… che fosse quella la causa dei suoi errori sul lavoro?
Scosse la testa violentemente e si schiaffeggiò le guance rosate con le mani, arginando quei pensieri negativi che lo avrebbero buttato ancor più giù.
 
Alzando piano lo sguardo davanti a sé, notò una fila ben ordinata di cespugli dall’aria familiare.
Sgranò le iridi, ricordandosi improvvisamente l’episodio del pomeriggio precedente.
Stava per proseguire con noncuranza, quando un fugace pensiero fece capolino nella sua mente già abbastanza ingombra.
Quel micetto… che si fosse spostato da quel luogo?
Non udiva alcun miagolio.
Guardandosi intorno per verificare che non vi fosse nessuno nei dintorni, con un sospiro di ostentata rassegnazione che mal celava la curiosità, si chinò sopra al punto in cui ricordava d’averlo scovato il giorno prima.
Pian piano scostò le foglie umide di brina, sperando vivamente che non sbucasse fuori un insetto disgustoso in agguato da qualche parte…
E i suoi occhi si allargarono per la sorpresa.
 
Il gattino era ancora lì.
Pareva dormire, nonostante tremasse visibilmente.
Tooru aggrottò la fronte, impietosito suo malgrado da quella vista.
“Mi spiace micetto, ma non posso certo avvolgerti nella mia sciarpa in cachemire…” sussurrò, sentendosi però subito un po’ in colpa.
Un dubbio più urgente tuttavia parve farsi strada nella matassa di pensieri del suo cervello.
Da quanto non mangiava quel gattino?
Mestamente, promise a se stesso di non sfottere più Kuroo per le sue manie di portarsi sempre in tasca qualcosa per nutrire gli animali di strada.  
Si grattò la nuca e sospirò pensieroso, lasciando vagare lo sguardo attorno a lui.
Pur volendo aiutarlo, comunque, era un gatto di pochi mesi.
Cosa avrebbe potuto…
Un guizzo argenteo attirò improvvisamente la sua attenzione.
Non molto lontano da lì, all’entrata del piccolo parco, era posto un distributore automatico di bevande.
Con un pizzico di fortuna, avrebbe trovato ciò che gli serviva.
 
“Ecco a te, palla di pelo” esclamò soddisfatto il ragazzo, versando il brik di latte appena comprato all’interno di una ciotola di plastica trovata per puro caso all’ingresso della zona verde.
Arricciando appena il naso, il micetto spalancò le iridi celesti e, con un balzetto, si tirò subito su, fiondandosi a leccare forsennatamente il liquido biancastro.
I grandi occhi di Tooru s’intenerirono inconsapevolmente.
Senza nemmeno accorgersene, iniziò a carezzare delicatamente la testolina del minuscolo felino.
“Sei morbidissimo” mormorò, osservando con più attenzione il gattino, uscito finalmente allo scoperto e illuminato dai raggi caldi del sole.
La schiena era nera come l’inchiostro, così come le orecchie e il capo.
Il nasino, invece, era rosa chiaro e il musetto bianco, così come parte del piccolo petto.
Okay, doveva ammetterlo: era davvero carino.
 
In men che non si dica, il micio aveva già terminato di bere il suo latte e aveva incominciato a fare le fusa, strusciandosi contro la mano di Tooru che, dopo un primo momento di sorpresa, continuò a vezzeggiargli la testolina.
“Eri proprio affamato, eh…” sussurrò con tono inaspettatamente dolce.
 
Dopo almeno cinque minuti di coccole, il ragazzo decise che sarebbe stato saggio telefonare a Kuroo e domandargli cosa avrebbe dovuto fare con quell’esserino.
Di certo, lui non avrebbe potuto occuparsene.
“Per il momento devo andare, batuffolino. Ci vediamo più tardi, okay?” si congedò Tooru un po’ a malincuore, sollevando le dita dal pelo corto del micetto che, appena percepì la mancanza di calore, ricominciò subito a miagolare.
“Sembra quasi che pianga…” realizzò con stupore il castano già a qualche metro di distanza, girando nuovamente il viso per scorgere quella macchia nera tra le radici delle piante.
Stranamente, percepì una fitta opprimente all’interno del petto.  
 
 
 
“E quindi anche il caro Oikawa-kun ha abbracciato la causa di protezione dei gatti randagi?” lo schernì Kuroo dall’altro capo del telefono, dopo aver ascoltato pazientemente il racconto concitato dell’amico.
“Falla finita, Tetsu-chan, sono serio” protestò Tooru, abbandonandosi sulla poltroncina rossa dietro alla grande scrivania zeppa di fogli, colmi di calcoli e formule apparentemente prive di senso.
Seguì qualche istante di silenzio in cui Kuroo parve riflettere.
“Se è davvero piccolo come dici ed è rimasto immobile nello stesso punto per più di 24h, beh, sarà stato sicuramente abbandonato. Ha bisogno d’essere nutrito con costanza… e non può prendere assolutamente troppo freddo, altrimenti non credo proprio che riuscirà a sopravvivere: ha ancora bisogno di rafforzarsi”
Tooru ascoltò con le sopracciglia aggrottate e annuì con attenzione, nonostante il moro non potesse vederlo.
“Sicuro che tu non te ne possa occupare?” tentò poi per la seconda volta, impietosendo la voce.
“Te l’ho già spiegato, Oi. Fosse per noi, terremmo molti più gatti nell’appartamento… ma il padrone di casa ha minacciato di sbattere fuori noi due assieme ai felini se ne dovesse entrare ancora un altro”
“Uffaaaa, va bene. Vedrò cosa posso fare io, allora” borbottò a labbra contratte.
“Chiamami, se hai bisogno. Per queste cose, sono sempre disponibile” cantilenò canzonatorio il moro.
“Ah, ah, ah, che simpatico.”
Il castano chiuse la telefonata con un sonoro sbuffo.
Lui, Oikawa Tooru, incapace di prendersi cura persino di un pesce rosso… letteralmente, considerando che ai tempi del liceo aveva dimenticato di dar da mangiare ai pesci che i genitori, in viaggio per lavoro, gli avevano affidato per una settimana, ritrovandoli solo sette giorni dopo privi di vita a pancia in su…
Come si sarebbe dovuto comportare con un gattino nato da appena due mesi?
 
 
 
“Ecco, così dovresti stare al caldo” esclamò Tooru con un sorriso appagato.
A quattro piedi davanti al cespuglio, con la testa praticamente immersa tra le foglie, guardò il piccolo micio entrare nella scatola di cartone, rimediata in un supermercato nelle vicinanze, e annusare il vecchio maglione blu cobalto che il ragazzo vi aveva sistemato accuratamente all’interno.
Sbarazzarsi dei vestiti inusati era per lui fuori discussione: li conservava tutti con una certa gelosia all’interno del proprio armadio, con le vive polemiche di Iwaizumi che lamentava l’inutilità di quel preservare abiti ormai vecchi.
Si sarebbe sicuramente ricreduto se avesse saputo che proprio quella sua stramba abitudine avesse contribuito a salvare dal gelo invernale di Tokyo un povero gattino indifeso, rimuginò con un ghigno di superiorità.
 
“Vedo che ti piace il mio odore! Hai buon gusto, batuffolino” osservò Oikawa con una certa pomposità, ridacchiando alla vista del musetto del micio che annusava il suo indumento e vi affondava le zampette, iniziando a mordicchiarlo.
“Chissà se Iwa-chan sarebbe geloso di te… sei graziosissimo” si lasciò sfuggire, accarezzandogli il pelo nero che ormai si confondeva con il buio della sera.
 
“Spero che questo ti basti fino a domani mattina…” aggiunse poi con una certa apprensione mentre versava il brik di latte nella ciotola accanto alla scatola.
Inutile dire che il micetto si precipitò sul latticino con una foga impaziente.
Tooru sospirò sconsolato alla vista di come il liquido fosse già scomparso nel solo giro di pochi minuti.
“Kuroo mi aveva avvertito che i neonati vogliano sempre mangiare, ma fino ad avere così tanta fame…”
Specchiò le proprie iridi brune in quelle celesti del gattino che lo guardava fisso da sotto in su.
Un moto di tenerezza gli pervase il petto, lasciandolo interdetto per qualche secondo.
Insomma, era impossibile resistere a due occhietti tanto imploranti.
“E va bene, ma te ne compro solo un altro però” sentenziò fintamente minaccioso e il gattino ricominciò a miagolare allegramente, come se avesse compreso le intenzioni del ragazzo.
 
Oikawa ritornò poco dopo con un’altra confezione di latte.
“Finirai per farmi spendere i pochi soldi che possiedo in questo modo” esalò con ostentata sconsolatezza mentre strappava il cartone in prossimità della linguetta plastificata, osservando divertito il batuffolino che saltellava impaziente.
 
Continuò a guardarlo con le mani sotto il mento mentre beveva con gli occhietti chiusi.
Era tanto tenero, si scoprì a pensare…
Realizzando cosa avesse appena ammesso, sobbalzò e scrollò prepotentemente la testa, come a voler ritrovare la perduta lucidità.
 
Portarlo con sé a casa era assolutamente fuori discussione.
 
Un animale domestico era sinonimo di attenzioni che avrebbero comportato tempo e dedizione che né lui né tantomeno Hajime al momento possedevano.  
E comunque, lui non ci sapeva fare con gli animali. Li trovava invadenti, problematici, sporchi e rumorosi. Come dei bambini insomma, con la differenza che loro non sarebbero mai cresciuti diventando finalmente autonomi.
Non a caso, con i marmocchi era un vero disastro.
Iwa-chan sosteneva che, essendo lui stesso un bambino, non avrebbe mai potuto comportarsi in maniera responsabile con loro…
Ah, ecco! A Iwa-chan, i gatti non piacevano per nulla: fin da bambino li aveva sempre trovati spocchiosi e opportunisti… a volte li paragonava a lui, ricordò improvvisamente.
 
“Miaw”
 
Le sue congetture furono bruscamente interrotte dall’acuto miagolio proveniente dal basso.
Il micino iniziò a strusciarsi contro il braccio di Oikawa, guardandolo in viso con quel musetto dolcissimo.
La ferrea forza di volontà di Tooru parve sciogliersi come burro al sole.
 
“E va bene, ma solo per un minuto” cedette “E solo perché è da tanto che sei tutto solo soletto”    addusse come giustificazione, come se il gattino potesse davvero comprenderlo.
Con le dita un po’ tremanti, fuorché Takeru non gli era mai capitato di reggere un essere vivente tra le braccia, sollevò il micetto dal terreno umido e se lo posizionò sull’avambraccio.
La sensazione derivatagli da quel caldo e morbido contatto, fu stranissima.
Il gatto era così piccino che avrebbe potuto stritolarlo con una sola mano, se avesse voluto…
 
Continuò a guardarlo quasi con reverenza, spalancando gli occhi quando il micio, per ricercare maggiore vicinanza, si alzò sulle zampine posteriori bianche e iniziò a strusciare il musetto contro il suo petto, producendo dolci fusa.
Il sorriso disarmante che nacque sul viso di Tooru fu assolutamente imprevisto.
Non avrebbe mai pensato che uno spettacolo del genere avrebbe potuto generargli tanta tenerezza.
La contemplazione di quella creaturina aggrappatagli addosso fu però interrotta dalla squillante suoneria del suo cellulare.
Il gattino alzò la testa di scatto, spaventatosi da quel rumore a lui sconosciuto, ma, prima che potesse iniziare ad agitarsi, fu repentino il tentativo di tranquillizzarlo da parte di Tooru, che gli accarezzò il pancino sussurrandogli paroline gentili.
Assicuratosi che si fosse calmato, si premurò di riporlo delicatamente all’interno della scatola prima di estrarre l’Iphone dalla tasca del trench.
 
“Iwa-chan!” rispose prontamente, allontanandosi di qualche passo dal giaciglio.
“Si può sapere dove sei, Shittykawa? Sono le dieci e mezza passate”
Il tono dall’altro capo del telefono era brusco come sempre, seppur contornato da una sottile nota di preoccupazione che il moro sperava vivamente di non lasciar trasparire.
Tooru sgranò le iridi.
Le dieci e mezza passate?!
Quanto diamine era rimasto con quel gattino?
“Ah… scusa Iwa-chan, sono stato più del previsto all’università per continuare a lavorare al progetto… non preoccuparti, sono già per strada” si premurò subito a informarlo.
Un sorrisetto furbo però nacque sul suo viso.
“Eri in pensiero per me, Iwa-chan?” cantilenò infantilmente e ridacchiò all’impropero imbarazzato che gli giunse dalla cornetta.
 
Appena ebbe agganciato la chiamata, il ragazzo abbassò gli occhi e, inaspettatamente, trovò il gattino accoccolato ai suoi piedi.
“Batuffolino, devi rimanere dentro la scatolaAltrimenti prenderai freddo e ti ammalerai” lo ammonì con tono gentile, prendendolo di nuovo in braccio, stavolta con più sicurezza,  e ponendolo all’interno del cartone, riscaldato dalla lana del suo maglione.
“Buonanotte, piccolino” sussurrò e quasi si commosse all’espressione afflitta del gattino, gli occhi spalancati che continuavano a guardarlo mentre miagolava tristemente.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma quello sguardo gli sembrava familiare.
 
Stringendosi nel cappotto e allontanandosi dai cespugli, tentò di rintracciare quella sensazione dentro di lui…
E la realizzazione lo colpì in pieno, generandogli un brivido lunga la schiena.
Quel gattino somigliava dannatamente a lui.
Quello sguardo… era simile a quello che lui stesso lanciava a Hajime ogniqualvolta doveva allontanarsi per qualche giorno a causa del lavoro.
Che Iwa-chan avesse ragione a paragonarlo alla razza felina…?
 
 
 
“Non avrei mai creduto di poter assistere a uno spettacolo del genere.”
Le parole stupefatte di Kuroo risuonarono quasi in lontananza alle orecchie di Tooru, come se le udisse attutite.
Tu che coccoli un gatto… e lo lasci mordicchiare la tua costosissima sciarpa di cachemire?!”
Gli occhi del moro per poco non fuoriuscirono dalle orbite.
Tooru lo guardò male.
“Perché scusa, pensavi che non avessi un cuore?” si lamentò, continuando ad accarezzare il gattino fra le sue braccia.
“Emmh, esattamente” rispose sinceramente Tetsurou, guardando quella scena come se stesse osservando un alieno provenuto dallo spazio.
Oikawa sospirò teatralmente, ma poi incominciò a sorridere.
“A dir la verità non credevo nemmeno io di potermi…” s’interruppe, le guance che si colorarono di rosa.
Tre giorni con quella creaturina gli avevano fatto comprendere cose di cui non riteneva possibile la realizzazione.
“Affezionare a un cucciolo” sussurrò un po’ imbarazzato, non osando guardare l’amico.
Il ragazzo, di contro, non sapeva se scoppiare a ridere o preoccuparsi per la salute mentale di Oikawa.
Optò per alzare le braccia al cielo, rassegnato.
“E’ proprio vero che la vita riserva infinite sorprese.”
Tooru gli mostrò la lingua.
“Invece di prendermi in giro, hai portato quello che ti ho chiesto?”
Kuroo estrasse dalla tasca del suo trench nero una bustina bianca.
“E’ cibo per gattini sotto i due mesi. Pensavo fosse piccolo, ma non così piccolo” osservò, guardando il micio grande quanto tre quarti della mano di Tooru.
Il castano andò subito in apprensione.
“Perché, è anormale che sia così piccino?” scattò subito, allarmato.
Kuroo ridacchiò.
Chi l’avrebbe mai detto che quell’egocentrico narcisista potesse preoccuparsi tanto di qualcuno...
“Significa solo che ha meno settimane di quel che mi aspettassi” spiegò pacatamente.
Si avvicinò all’amico seduto a terra davanti al cespuglio e guardò con più attenzione il gattino, che aveva ormai preso possesso della sciarpa bordeaux di Oikawa.
“E’ davvero grazioso. Ha un nome?” chiese, sinceramente interessato.
Tooru scosse mestamente la testa.
“Dargli un nome… beh, è un passo troppo grande, per ora”
Kuroo parve comprendere al volo.
“Significa ammettere che tu voglia tenerlo” snocciolò quest’ultimo con semplicità.
Tooru alzò la testa di scatto, imporporandosi.
“Non ho detto questo” borbottò.
“Ma è quello che pensi” lo punzecchiò Kuroo, sorridendo sornione.
Oikawa sospirò con la faccia di chi fosse stato appena smascherato.
“Okay, forse hai ragione, vorrei tenerlo. Ma è una cosa che non si può fare, quindi perché assegnargli un nome non potendolo portare a casa?”
Il tono della sua voce era insolitamente abbattuto.
Gli occhi oblunghi di Tetsurou si allargarono nuovamente per la sorpresa.
“Wow, Oi, ti sei affezionato sul serio a questa palla di pelo!”
Inaspettatamente, Tooru sorrise.
“Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza…” sussurrò, non staccando gli occhi dalle sfere celesti del micio, che si alzarono su di lui per guardarlo con vivacità.
Kuroo scosse la testa, accennando un sorriso affettuoso.
Quell’Oikawa era davvero incredibile.
 
 
 
Un lampo accecante invase prepotentemente le quattro pareti celesti della camera sconfiggendo il buio della notte, subito seguito da un rombo assordante che fece quasi tremare i soprammobili scrupolosamente ordinati sopra alle mensole.
Gli occhi di Tooru si spalancarono di colpo.
Rimase immobile per qualche minuto, tentando di mettere a fuoco il soffitto della stanza semibuia e cercando di capire il motivo per cui si fosse tanto bruscamente svegliato, quando le sue iridi brune furono ferite da un altro raggio di luce accecante.
Il suo cuore accelerò i battiti all’udire quel suono feroce che parve mettere nuovamente in moto la sua mente ancora in preda al torpore.
Girandosi di fianco, occhieggiò la finestra alla sua destra, unica fonte di quella fastidiosa luce.
La sera prima lui e Hajime avevano chiaramente dimenticato di serrare le imposte, troppo intenti a strapparsi i vestiti a vicenda e a gettarsi con un certo impeto sotto le coperte.
Sbuffando sommessamente, Tooru ebbe solo la vaga idea di alzarsi, il più rapidamente possibile per non raffreddare il suo corpo avvolto dal calore di Iwa-chan e del piumone, e chiudere almeno la tenda, quando il fragore del tuono che squassò l’aria circostante colpì la sua mente come un pugno in pieno stomaco.
Sbarrò gli occhi e smise di respirare mentre si rizzava repentinamente a sedere più dritto di un fusto, provocando un mugolio infastidito nel dormiente Iwaizumi che si voltò inconsciamente dall’altro lato.
Tooru non vi badò minimamente, troppo occupato a fissare con sgomento i vetri della finestra e a rizzare le orecchie.
Il chiaro suono di miriadi di goccioline sbattute con violenza fu percepito dai timpani del ragazzo assieme all’improvviso ululato del vento che, implacabile, pareva intenzionato a violare la tranquillità della città quella notte.
Il cervello di Oikawa metabolizzò in pochi istanti tutte quelle informazioni fino a giungere a una tremenda, per quanto ovvia, conclusione.
 
Stava diluviando.
Era in corso un tremendo temporale.
 
Sollevò di scatto le coperte dal suo corpo ancora nudo e si alzò con un brusco colpo di reni, arraffando a casaccio i vestiti sparsi alla rinfusa sulla moquette.   
Non gli importava che la felpa che stesse bruscamente indossando non fosse chiaramente la sua, troppo grande e con un odore troppo intenso, né che non lo fosse l’impermeabile verde militare scovato rapidamente dall’armadio.
L’ansia gli aveva fatto accelerare le palpitazioni tanto da poterle percepire distintamente in gola.
Ebbe appena il buon senso di recuperare il telefono sul comodino, quando un grugnito rauco e assonnato lo immobilizzò sulla soglia.
“Oi… dove stai andando?”
Imprecando mentalmente, il castano girò la testa e vide Hajime con gli occhi socchiusi e pesanti dal sonno che tentava di comprendere cosa stesse avvenendo.
“Sono le due di notte… che devi fare?” mugolò con un tono palesemente confuso mentre il suo cervello decideva se fosse il caso di ripiombare nell’oblio o destarsi del tutto.
Tooru, ben conscio di quanto fosse difficile svegliare Iwa-chan nel cuore della notte, decise di volgere la situazione a proprio vantaggio.
Si avvicinò cautamente al ragazzo e gli poggiò delicatamente le labbra sull’orecchio bollente.
“Sono qui vicino a te, Iwa-chan. Non sto andando da nessuna parte… dormi tranquillo” sussurrò suadente scoccandogli un bacio sulla nuca, che ebbe il potere d’acquietare notevolmente il moro, il quale grugnì qualcosa d’incomprensibile prima di scivolare nuovamente tra le braccia di Morfeo.
Assicurandosi che stesse dormendo nuovamente, e non potendo evitare di sentirsi un po’ in colpa per quella bugia a un così indifeso Hajime, Tooru sgusciò via dalla stanza il più velocemente possibile, recuperando al volo un ombrello dall’ingresso e uscendo come un fulmine dall’appartamento, correndo a perfidiato sotto la pioggia battente e il vento che gli sferzava il viso ormai congelato, con un unico pensiero fisso in mente.
Con la sola mano libera, cercò freneticamente il numero di telefono che gli serviva e arrancò la cornetta all’orecchio, sperando con tutto il cuore che quel nottambulo fosse ancora sveglio nonostante l’ora tarda e il tempo funesto.
“Andiamo Tetsu, rispondimi” pensò febbrilmente mentre rabbrividiva per il freddo e  il timore di ciò che potesse essere inevitabilmente accaduto, perseverando nella sua folle corsa.
 
Dopo interminabili squilli a vuoto finalmente una voce profonda gli rispose.
“Spero tu abbia un buon motivo, Oikawa…”
Il tono roco e minaccioso di Kuroo era vivamente palpabile.
“Tetsu! Meno male che sei sveglio” lo interruppe però Tooru con il fiatone e una punta di sollievo.
L’ostilità di Kuroo parve attenuarsi.
“Oi, che stai facendo? Stai ansimando e sembra che tu sia…”
La voce del ragazzo si spense e il castano se lo immaginò mentre faceva due più due.
“Sei dal tuo gattino?”
Oikawa fece finta d’ignorare l’uso del possessivo “tuo” che gli provocò, suo malgrado, una piacevole sensazione in prossimità del petto.
“Ci sto andando! Piove a dirotto e ho paura che…”
Le parole di Tooru si spezzarono all’immagine di quel gattino che, per la paura e la forte pioggia, potesse essere scappato finendo sotto una delle tante macchine che affollavano impazzite la metropoli a ogni ora del giorno e della notte.
Represse duramente un principio di singhiozzo.
“Non è detto. E’ possibile che sia rimasto rintanato tra i cespugli… sono piuttosto folti” tentò di tranquillizzarlo l’amico, impressionato dall’udire quel tono angosciato proveniente dal sempre pimpante Oikawa.
Quest’ultimo non rispose subito.
Respirando affannosamente, era giunto proprio dinanzi al nascondiglio prediletto del gattino. Il rumore della pioggia era tale da impedirgli di udire alcun suono diverso dalle goccioline sbattute sulle mattonelle plumbee.
“Sono proprio qui davanti, Testu” mormorò Tooru debolmente, tanto che Kuroo dovette sforzarsi per comprendere le sue parole, offuscate dal rumore del temporale.
“Cosa aspetti? Controlla se sta bene!” lo esortò il moro con enfasi, ma Oikawa era come paralizzato, la mano che stringeva il cellulare tremante come il suo cuore.
Era terrorizzato dall’idea di non trovarlo lì, o peggio…
“Oikawa. Se non ti sbrighi potrebbe morire mentre sei proprio davanti a lui.”
Tooru sgranò gli occhi, colpito dalla frase dura e schietta di Kuroo, che però sortì l’effetto sperato.
Facendosi coraggio, si avvicinò il più possibile alle piante e si abbassò per scostare le foglie, reggendo il cellulare tra la spalla e l’orecchio.
Trattenne il fiato appena occhieggiò la scatola scura.
“Oi?”
La voce di Kuroo si fece nuovamente sentire.
Tooru avvicinò il viso al nascondiglio, l’oscurità era tale da non riuscire a scorgere a un palmo dal suo naso…
Quando un lieve pigolio gli giunse all’orecchio come la più melodiosa delle musiche.
Non trattenne il verso di sollievo che nacque involontario dalla propria gola.
“Tetsu! Tetsu è qui! E’…”
La gioia del vederlo vivo si attenuò tuttavia non appena si accorse che il gattino era in preda a un tremito febbrile ed era pregno d’acqua.
“E’ tutto bagnato e trema come una foglia! Tetsu, cosa devo fare? Dove lo devo portare? Io… non so cosa fare!”
Se non fosse stato per Kuroo, Oikawa avrebbe continuato per ore con il suo strepito impazzito.
“Oi, calmati! Per prima cosa, toglilo dalla strada. C’è una clinica veterinaria aperta 24h su 24h non troppo lontana da…” ma lo sproloquio del castano ricominciò improvviso.
“Ma come devo trasportarlo? Non ho nulla in cui avvolgerlo, il maglione che c’era nella scatola è fradicio e anche il mio impermeabile! Devo infilarlo dentro il mio giubbotto? Tra la mia felpa e…”
“Okay, sto arrivando io, Oikawa. Non muoverti da lì” troncò quell’isterica conversazione Kuroo, prendendo in mano le redini della situazione e chiudendo la chiamata prima che Tooru potesse emettere un altro fiato.
 
 
“Vorrei tenerlo in osservazione fino a domani, per essere sicura che non vi siano conseguenze di questo brutto temporale”
La voce della veterinaria di turno alla clinica era gentile e pacata, in grado di tranquillizzare persino quel fascio di nervi vivente che era divenuto Oikawa da quando avevano messo piede all’interno della struttura.
“Quindi sta bene? Starà bene? Non si ammalerà in modo inevitabile?” chiese ancora con i grandi occhi cioccolata sgranati per l’ansia.
La donna volse le iridi chiare verso il ragazzo e la sola espressione fu come un calmante per Tooru.
“Non è un’ipotesi da escludere a priori, ma credo sia ben lontana dalla realtà. Certamente è molto debole e infreddolito, ma non presenta febbre e sintomi di qualcosa di grave, Oikawa-san” spiegò con i suoi modi straordinariamente tranquillizzanti.
“Ho visto gatti in condizioni ben peggiori, Kuroo-kun  può certamente confermarglielo” aggiunse rivolgendosi al moro che annuì vigorosamente.
“La dottoressa Otomashi e io ci conosciamo da anni, ormai. Ho perso il conto di quanti randagi abbia portato da lei in condizioni estreme, riuscendo quasi sempre a salvarli da morte certa” spiegò Kuroo mentre la donna arrossiva lievemente.
“Sei troppo buono, Kuroo-kun. Faccio solo il possibile” ribatté con modestia.
Tooru, che non si era mai interessato minimamente agli animali prima d’ora, si soprese di come vi fossero persone tanto assennate nei confronti di creature che non potessero nemmeno dire grazie dopo essere state salvate.
Come se la veterinaria gli avesse letto nel pensiero, sorrise nuovamente in quella sua maniera speciale e, guardandolo con quegli occhi azzurri, proferì “Vede Oikawa-san, gli animali non possono esprimere a parole il loro ringraziamento per l’aiuto che ricevono… ma mi creda se le dico che sarebbero superflue. Il loro sguardo, assieme alla devozione che dimostrano… sono assolutamente impagabili. E, in fondo, non è poi una reazione tanto divergente rispetto a quella di un qualunque essere umano, non le pare? ”
Oikawa accennò un sorriso.
Forse, iniziava davvero a capire.
 


 
***
 
 

“Insomma, ecco com’è andata” concluse Tooru tutto d’un fiato, evitando accuratamente di incrociare subito il volto di Hajime, ancora lievemente confuso dalla foga di quella storia e semi scioccato dalla descrizione del comportamento di Oikawa.
Si era davvero fiondato sotto un temporale notturno per soccorrere un… animale?
Se Iwaizumi non avesse visto con i propri occhi il suo impermeabile fradicio e i vestiti altrettanto umidi di Tooru, beh, avrebbe davvero stentato a credervi.
Per tutta la durata del suo racconto, comunque, il castano era rimasto seduto sul tappeto del soggiorno con la piccola scatola tra le braccia, il musetto del gattino appena visibile dal bordo consunto, immobile come in attesa.
“So che non ti piacciono i gatti… e so anche che un animale è una responsabilità… però…”
S’interruppe un attimo e, con un’occhiata fugace al viso del moro, rimasto in silenzio per tutti quei minuti, estrasse delicatamente la palla di pelo nera dal suo rifugio.
“Prometto che me ne prenderò cura io”
La voce di Oikawa era risoluta e finalmente incrociò i suoi occhi con quelli verdi di Iwaizumi, che vi colse una scintilla di determinazione che lo colse di sorpresa.
Vi fu qualche attimo di silenzio, in cui Hajime poté chiaramente osservare il piccolo faccino del gatto accanto al viso deciso di Oikawa.
La sua espressione tuttavia cambiò immediatamente quando la piccola palla di pelo iniziò a strusciare il capo contro il suo mento, richiedendo le dovute attenzioni.
Hajime giurò di vedere gli occhi cioccolata di Tooru riempirsi di un calore quasi sconosciuto.
Rimase a osservare in silenzio come sul volto del suo ragazzo si formasse un sorriso dolce, un sorriso che riservava per ben poche occasioni.
“E poi, Iwa-chan… è così carino” si lasciò sfuggire il castano con voce infantile, prendendo in braccio quella creatura e posizionandosela dinanzi al viso, ridacchiando mentre consentiva al suo naso all’insù di sfregare contro il nasino del piccolo, che aumentò conseguentemente l’intensità delle fusa.
Se il cuore di Iwaizumi perse un battito a quella scena, il suo cervello si riempiva di una quantità non indifferente d’informazioni contrastanti.
Tooru, il super maniaco dell’igiene che permetteva a un animale di toccargli la faccia?
Quando il castano rialzò il viso verso di lui, comunque, la sua somiglianza con quel cucciolo implorante divenne strabiliante.
“Ti prego, ti preeeeego, possiamo tenerlo?” pigolò con occhi grandi, reggendo le zampine minuscole del gattino in modo che il suo faccino fosse esattamente sotto il mento del ragazzo, cosicché anche i suoi occhi azzurrissimi potessero guardare supplichevoli Hajime…
Che non poté evitare il manifestarsi di un calore fastidioso in prossimità delle guance.
Dannazione, e dire che a lui i gatti nemmeno erano simpatici...
“Questa cosa è sleale” borbottò distogliendo lo sguardo, eppure sul suo volto nacque un piccolo sorriso.
Gli occhi di Tooru ebbero un guizzo.
“Significa che lo adottiamo??”
Iwaizumi guardò nuovamente il volto speranzoso di Tooru e, sinceramente, in quel momento non riuscì nemmeno a contemplare l’idea di un “no” come risposta.
“Solo se sarai in grado di prendertene cura” cedette infine con tono a modo suo imperioso.
“Sì! Sì,sì,sì,sì Iwa-chan, non preoccuparti! Batuffolino non darà alcun problema!” si premurò subito a precisare, gli occhi colmi di contentezza come quelli di un bambino.
“Batuffolino?” ripeté lentamente Hajime con perplessità, nonostante gli fosse scappata una risatina.
Non poteva davvero credere alle sue orecchie.
Quello era lo stesso ragazzo che affermava con stizza di non tollerare esseri insulsi e rumorosi come animali e bambini?
Tooru corse subito alle difensive.
“Beh, somiglia a un piccolo batuffolo nero” mugugnò abbassando gli occhi, sorridendo nuovamente però quando guardò il musetto dolce e bisognoso di premure sotto di sé.
“Sai? Un po’ mi ricorda te” sussurrò all’improvviso il moro, avvicinandosi piano al compagno e al gattino che, stranamente, non fu affatto intimorito dalla presenza di uno sconosciuto.
Oikawa sollevò il capo verso il moro.
“Avete uno sguardo simile” si giustificò Iwaizumi, tendendo appena la mano verso la testa del micio, che non esitò ad andare incontro al palmo del ragazzo e a farsi riempire di coccole.
“E il richiedere tante attenzioni mi ricorda qualcuno” osservò il moro ridacchiando e le guance di Tooru s’imporporarono appena.
Non era stata solo una sua impressiona, allora.
Forse era anche per quel motivo che lui e il batuffolino andavano d’accordo…
“Come lo chiamiamo, Iwa-chan?” chiese sommessamente, aggiungendo anche la sua mano sul corpicino del piccolo, al settimo cielo per tutte quelle coccole.
Ci fu qualche attimo di silenzio in cui entrambi i ragazzi fissarono il nuovo arrivato, continuando a vezzeggiarlo dolcemente.
Fu Hajime il primo a parlare.
“*Haru”
Il viso di Oikawa ebbe un guizzo improvviso.
“Non credi che questo gattino sia come la Luce del Sole capace di sciogliere il tuo cuore di ghiaccio?” ironizzò Iwaizumi con un piccolo ghigno.
Tooru lo guardò come se dalla sua bocca fosse appena fuoriuscita un’oscenità.
“Tu e Testu-chan vi siete per caso messi d’accordo? Non ho un cuore di ghiaccio!” protestò vivacemente, scoccandogli un pizzicotto sul braccio.
Poi, però, sorrise dolcemente.
“Haru mi piace” sussurrò in direzione del gattino, che gli mordicchiò affettuosamente l’indice guardandolo con i grandi occhi cristallini, quasi a invitarlo a giocare ancora con lui.
 
In fondo, quella palla di pelo condivideva con lui più comportamenti di quelli che avrebbe potuto ritenere possibile.
 
 
 


 
 
*Haru: scritto come “”  ha il significato di “Luce del Sole” o più genericamente “Sole”.
 
 
Note finali: wow, una storia a rating verde. Non credevo che questo giorno sarebbe davvero giunto.
Ho preso non poco spunto da una mia vicenda personale: il modo in cui ho adottato il mio batuffolino di pelo nero, che ormai ha sette mesetti.
Spero di esser riuscita a trasmettere come anche la persona più restia a prendersi cura/sopportare un animale (tipo me) possa mutare drasticamente il proprio atteggiamento di fronte a due occhioni dolci e un musetto irresistibile (siamo persone deboli, in fondo).
Bacini a chiunque abbia deciso di leggere questa cosetta.
   
 
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