Qualcuno bussa alla porta e il suo
cuore si spalanca come le
tende della sua stanza su una città che non vuole saperne di
dormire. O di
farlo dormire.
Apre la porta e lei è lì, con una mano nei
capelli, a mordersi il labbro, e i
suoi occhi gli dicono che è così stanca che
rimane in piedi solo grazie a
strane dosi di energia nervosa, e che è spaventata quanto
lui. In quel momento
sa che sono a respiri soltanto dal precipitare su un letto anonimo in
una
confusione di gambe, braccia e vestiti tolti tra i sospiri. Non che sia
sorpreso, non del tutto, almeno - questo momento, il momento in cui lei
è alla
sua porta con in mano un tovagliolo di carta e i lacci da cui penzolano
le sue All
Star nere, lo hanno inseguito per un anno (e per quanto lo
riguarda, molto
più di un anno).
"Hey."
Lei ha perso la disinvoltura alcolica del karaoke bar, e d'altro canto
anche
lui. Quando si guardano, le loro occhiaie sono identiche nella luce
soffusa
degli abat-jour, e la verità è che si sentono
entrambi come dei figurini
ricavati dal cartone, bidimensionali nel loro ruolo e nel loro
comportamento.
Si può essere più cliché di
così? Prima che possano essere assaliti
dall'imbarazzo, è lui ad essere assalito, la mano libera di
lei affonda nei
suoi capelli, accarezza e tira, e i suoi baci fanno male. Le All Star
sbattono
contro un tavolino, e un piccolo capolavoro dell’ikebana
cade
rovinosamente a terra.
Dopo, finge di dormire. È un paravento conveniente con il
quale è possibile
evitare di farle domande troppo grandi, troppo presto. Lei non dorme;
può
sentire il suo respiro veloce sull'incavo della sua spalla umida, un
bacio
occasionale sulla clavicola. Nonostante lui abbia gli occhi chiusi, lei
mantiene il contatto, disegna cerchi sul suo fianco, con i piedi
accarezza
appena le sue caviglie.
In poche ore dovranno presenziare al circo che è la
promozione mediatica (ma,
per qualche motivo, non è più terrorizzato). Si
chiede cosa staranno pensando
di loro i loro agenti in questo momento, e cosa penserebbero i fan -
ormai
diventati intransigenti azionisti delle loro vite - se questo rendez-vous
fosse reso pubblico.
Un bacio sulle palpebre e lei si alza, scivolando sulla moquette crema
- il
nuovo vuoto accanto a lui è così freddo che deve
aprire gli occhi. Nuda, si
avvicina alla finestra panoramica che si affaccia su un mondo al neon
da cui
non si possono allontanare abbastanza, o abbastanza in fretta. Il sole
non è
ancora arrivato, ma la notte sa di stare per morire e aumenta la sua
frenesia;
ne possono quasi sentire il ritmo, nella loro bolla d'hotel. Lei non sa
bene
cosa fare (lo testimonia il modo in cui sposta il peso da un piede
all’altro) -
poi si siede su una delle poltrone di pelle incrociando le gambe, e
fissa lo
spettacolo oltre la finestra. Il nuovo volto per Chanel le
sorride da
lontano. C'è qualcosa nel modo in cui si muove, nel suo
corpo, che lo fa
sentire quasi vecchio. È così giovane, senza
trucco, con i seni nascosti dalle
braccia conserte sulle ginocchia, lo smalto rosso sulle unghie dei
piedi un po'
sbavato ai lati.
La luce al neon di una città insonne è un alone
intorno a lei, una pozza alle
sue caviglie e rende eterea anche la mano che si sta passando tra i
capelli.
Vuole sapere a cosa sta pensando, mentre mormora uno dei più
famosi manifesti
ABBA e si perde nei grattacieli di una megalopoli.
Se la guarda con attenzione, rivede la diciassettenne stanca del loro
primo
incontro, o la diciottenne esausta dopo un giorno di riprese ma con
ancora la
forza di provare qualche accordo, o stare dalla sua parte in una
discussione
con la regista. Se la guarda con attenzione, sente il bisogno di divorarla,
e, allo stesso tempo, di chiederle di sposarlo, anche se è
solo un idiota da
Londra con scarso talento, vecchi vestiti e molta fortuna. Dalla sua,
ha solo
il pregio di essere innamorato.
Adesso è stanco di fingere.
"Vieni qui."
E lei, a differenza di altre volte, ritorna.