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Autore: Hoi    05/06/2018    1 recensioni
Dal testo:
"Graffio il ponte per non scivolare e mi costringo a restare fermo. Il movimento del ponte mi sta facendo impazzire. Il mio stomaco si contrae e una fitta di dolore mi pervade. Mi hanno detto migliorerà, io non ci credo più, ma mi aggrappo a quella speranza. Non so se sia giorno o notte e non so da che parte sia il cielo, ma non sono confuso. So cos’è reale, ma anche se il mio corpo è qui, io sono a Londra e una ragazza bionda mi passa accanto, senza guardarmi."
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Tomm Perkins
Deportato verso le Americhe
1661



Il ponte ondeggia lentamente. Il ritmico movimento del mare potrebbe essere persino piacevole se non fosse così irruento. Non so da quanto tempo sono stato imbarcato, ma in un momento imprecisato da allora, una voce gentile mi ha promesso che la nausea sarebbe passata. Non sta passando. Una piccola parte di me odia quella voce per avermi mentito, tutto il resto di me invece si aggrappava a quella speranza disperatamente. Con altrettanta forza e altrettanto invano, le mie mani cercano un appiglio, ma scivolano sul legno, graffiando le assi rozze. Posso sentire le mie unghie spezzarsi. Ne sento il rumore; come quello di un orologio ticchettano diventando schegge e scandiscono dolorosamente il tempo.  Il sangue crea una patina disgustosa sui miei polpastrelli e rende ancora più difficile fermarmi. Il mio corpo ondeggia, trascinato dal movimento della nave. Un conato mi rivolta lo stomaco, ma non c’è più nulla da rigettare, non ho più nulla in corpo, nemmeno la bile. Non ho più niente dentro.

Non so che ora sia, non so che giorno sia, non so nemmeno dove mi trovo e la nausea, il dolore, la fame e l’odore di morte, rappresentano tutto ciò che esiste. Dovrei essere confuso, ma non lo sono. So cos’è reale, ma la mia mente non è qui. Io sono ancora a Londra e sotto le mie dita scivola la cera sulle assi lisce di un parquet perfetto. Avevo trovato umiliante quel lavoro, mi ero vergognato di me stesso quel giorno. Mi ero sentito insignificante e orribile quel giorno. Fino a quel momento era stato il giorno peggiore della mia vita e tutto perché avevo incontrato lei.

Scivolo e vado a sbattere contro le grate. Sento le sbarre di metallo premere contro le mie costole esposte. I miei denti si serrano di scatto e il dolore si espande per tutta la mascella, arriva fino al cranio e diventa una presenza sottile persistente. So che la testa mi esploderà. Il corpo di qualcuno mi preme addosso e mi spezza il respiro. Cerco di liberarmene di spingerlo via, ma non capisco da quale pare sia il cielo e mi ritrovo a lottare contro la gravità. Le braccai mi fanno male e tremano sotto il peso di quel corpo. Sono debole, non sono mai stato debole. Alli non era magra ed io la sollevavo senza sforzo e la facevo girare. Lei sembrava volare tra le mie braccia. I suoi capelli biondi vorticavano intorno al suo viso. Lei era un angelo e io le sue ali. Ora sono inchiodato a terra e a malapena respiro. Cosa direbbe di me ora? Cosa direbbe se mi vedesse? Inizio a tossire, alla ricerca di aria. Vorrei calmarmi e ragionare, ma i miei polmoni bruciano e sono troppo stanco per oppormi. Se mi lasciassi andare e morissi, sarebbe più semplice, ma le mie braccia si muovono senza il mio consenso e spingono e combattono contro il peso che mi opprime.

Sono libero.

Non so come sia possibile, non so se sono stato io a liberarmi, ma sono libero. Ora respiro. L’aria che mi entra nel petto è fuoco e brucia la mia vista. I contorni del mondo stanno diventando neri. Sto per svenire. Serro gli occhi e mi aggrappo a quel poco di coscienza che mi resta, ma come il legno, come Alli, mi scivola via e cado nel buio.

Alli è bionda e prosperosa. Non è la donna dalla vita stretta, dalla pelle candida e dai capelli neri che affollano le stanze signorili, lei è bionda. È un sole, che splende tra le donne e io sono chinato. Inginocchiato con le mani coperte dalla pasta di cera e con il sudore che mi gronda dai capelli, non sono degno di lei e me ne vergogno. Il padre di Alli mi passa accanto e non mi vede. Io ricomincio a tirare la cera, sperando che continui a non notarmi. Quell’uomo mi terrorizza. Vorrei fermarmi e fingere di non essere solo un servo, ma è assurdo, non ci crederebbe mai e poi c’è il padre di Alli. Lei mi corre accanto e scompare. Io mi alzo, non mi alzai allora, ma lo faccio ora, ora la seguo. Esco dalla porta ed entro nel giardino. È più grande di quanto fosse e la neve lo ricopre, fa freddo, un freddo pungente e doloroso ma lei è lì. Alli è in piedi, con le mani aperte, che afferra i fiocchi senza muoversi. Indossa un abito leggero e scollato, ma non trema. Mi avvicino a lei, senza che mi senta, si volterà quando sarò troppo vicino e allora sobbalzerà spaventata. Io balbetterò in maniera imbarazzata e rovinerò il momento, spezzando la magia. Alli abbassa le mani e lascia che la neve cada. Io non parlo, non mi muovo, lascio che sia lei ad avvicinarsi e a posare le sue labbra sulle mie. Sono soffici e calde. Quel calore mi entra dentro e scioglie la neve. Resto sospeso sulle sue labbra per un secondo, ma il mio mondo si ferma e tutto il resto passa attorno a noi, senza che me ne accorga.

Scivolo via da lei e quando la guardo non siamo più imbarazzati e confusi, siamo già innamorati, l’inverno sta finendo e lei tornerà in campagna. Voglio andare con lei e lei mi vuole con sé, ma suo padre non mi permetterà di seguirla. Prenderò qualcosa, qualcosa di piccolo e lucente, qualcosa che valga abbastanza da pagarmi il viaggio e sostenermi per qualche tempo. Allungo la mano e ancor prima di afferrare il gioiello sono davanti al giudice. Alli piange e nega. Scuote la testa coperta da riccioli biondi e dice di non sapere, dice di non amarmi.

Non lo avevo capito, non me n’ero accorto, ora lo capisco, lei è una sposa e io sono un ladro. Lei è tra le braccia di un altro e io sono tra l’America e la forca.
“America”
Lo dico al giudice.
“America”
Lo dico al nulla.
“America”
Lo dico alle assi di legno della nave. Lo dico perché non voglio morire, ma più ancora lo dico perché voglio tornare indietro da Alli, anche se lei non ci sarà. Graffio il ponte per non scivolare e mi costringo a restare fermo. Il movimento del ponte mi sta facendo impazzire. Il mio stomaco si contrae e una fitta di dolore mi pervade. Mi hanno detto migliorerà, io non ci credo più, ma mi aggrappo a quella speranza. Non so se sia giorno o notte e non so da che parte sia il cielo, ma non sono confuso. So cos’è reale, ma anche se il mio corpo è qui, io sono a Londra e una ragazza bionda mi passa accanto, senza guardarmi. È bellissima ed è il giorno peggiore della mia vita. Le mie mani lasciano la presa e il mio corpo scivola, ancora e ancora e ancora.
  
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