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Autore: sara criso    05/06/2018    10 recensioni
Tom Riddle, prima di diventare Voldemort, agli occhi di tutti, sembrava un ragazzo normale.
Qualcosa o qualcuno, avrebbe potuto impedirgli di trasformarsi in quel mostro? Impedendo che i suoi piani uscissero dalla sua testa e diventassero realtà?
(In questa storia sono presenti personaggi del film italiano, uscito su YouTube, "Voldemort: Origin of the heir". Se non l'avete visto, vi consiglio di farlo)
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Tom Riddle, alunno di serpeverde, a Hogwarts, quella mattina si stava dirigendo in classe per fare lezione e fra le mani possedeva un diario.
Il diario che sarebbe diventato e stava già diventando, reliquia dove il ragazzo avrebbe tenuto ed inserito, i suoi piani oscuri che lo avrebbero portato al potere. Un semplice diario agli occhi degli ingenui, ma l’inizio della fine di migliaia di vite.
Arrivato nell’aula, si sedette in disparte e attese che la lezione, con i corvonero, iniziasse. Come ogni volta, un solo studente, riuscì a sedersi accanto a lui; Wiglaf Sigurdsson, erede della casa di corvonero.
Il giovane non era coraggioso, né temerario, semplicemente non riteneva Tom una possibile minaccia in quel momento, quindi non aveva problemi a rivolgergli la parola e a stargli vicino.
La cosa infastidiva Riddle, ma non voleva che intuisse i suoi piani quindi era meglio sembrare “innocuo”; nessuno così avrebbe interferito con quello che voleva fare.
Più il tempo con Wiglaf passava, più Tom sentiva, nei suoi riguardi, qualcosa. Non lo ignorava, non gli era indifferente come lo erano tutti. No, lui era diverso e se non c’era, per qualche strana ragione, si sentiva differente.
Il suo comportamento cambiava, diventava nervoso e chiunque si avvicinasse a lui, rischiava uno schiantesimo. La cosa non gli piaceva; se gli importava la sua presenza, significava che si stava affezionando a lui e questo, avrebbe potuto distruggere i suoi piani.
Sapeva quanto i sentimenti fossero avversi contro l’ambizione umana.
Ma presto, il suo pensiero mutò quando vide come non solo il suo comportamento stava cambiando, ma anche quello di Wiglaf.
Il ragazzo, non solo aveva il coraggio di stargli accanto, di interagire con lui, ma faceva anche molto altro. Erano piccolo gesti, ma per Tom erano qualcosa di speciale.
Quando stavano in classe, il ragazzo univa la mano con la sua, la accarezzava, la stringeva e la toccava con così tanta delicatezza, da farlo sentire bene, ma anche molto fragile. Inizialmente lo odiava, ma poi quelle carezze diventarono una sua routine e Riddle non riuscì più a farne a meno.
Fra loro nascevano così tanti sguardi che spesso il serpeverde si chiedeva se qualcuno li notasse o se fossero cose solo loro. Sguardi nascosti, sguardi che si lanciavano sempre se erano nella stessa stanza, senza aver il bisogno che interagissero in altro modo o che parlassero.
Erano sguardi dolci, spesso curiosi, spesso donati poiché volevano solo guardarsi. Gli occhi azzurri di Wiglaf erano qualcosa di unico per Tom e lui voleva continuare a guardarli, voleva davvero che quel loro strano rapporto non smettesse mai.
Voleva che Sigurdsson continuasse a dargli attenzioni seppur gli causassero parecchio nervosismo quando non gli erano donate e ultimamente, era così.
Quella mattina, dell’ultimo mese di scuola, fu nuovamente la stessa storia. Wiglaf non c’era e lui diventava nervoso.
Non voleva avere a che fare con nessuno, più del dovuto e le parole nel suo diario diventavano più confuse e scoordinate del solito, impedendogli di migliorare e modificare, i suoi piani per arrivare allo scopo finale.
“Ora basta” Disse rinchiudendo il suo diario, deciso ad andare alla ricerca di quel ragazzo che tanto sembrava importante per la sua mente ed il suo cuore.
Percorse i corridoi e dopo qualche minuto di ricerca, lo trovò all’entrata della scuola, intento in una conversazione con due persone; un uomo e una donna.
Davvero non c’era da giorni e quindi non stava con lui, solo per parlare con loro?
Si mise nascosto e lì osservò attentamente.
Lei sorrideva, lo stringeva ed era molto affettuosa nei suoi riguardi e l’uomo anche, seppur meno a confronto con la donna. Erano palesemente i suoi genitori, peccato che Wiglaf non sembrasse reale ai suoi occhi; il suo sorriso era tirato, spento, senza emozione, irreale ed il suo corpo era totalmente rigido, teso.
C’erano due possibilità nella sua mente. O non erano i suoi genitori o la loro situazione era instabile nel loro rapporto in verità.
Quando Wiglaf finì di parlare con i due, gli passò accanto, ma invece di salutarlo, come faceva al suo solito, invece di dargli attenzione, lo ignorò.
E nella testa di Tom scattò qualcosa.
Lo seguì, senza preoccuparsi che gli altri studenti lo guardassero straniti e decise che avrebbe scoperto cosa c’era sotto. Indagò; sì, a Tom Riddle importava qualcuno che non fosse se stesso. Cos’era cambiato?
Cos’era successo?
Nemmeno lui lo sapeva, sapeva solo che il compagno era cambiato, che non gli dimostrava più attenzione e che non voleva accettarlo, per nessun motivo.
Purtroppo non ebbe molto tempo per indagare, visto che Sigurdsson dovette stare una settimana a casa, per motivi familiari, ma appena tornò, ebbe finalmente le sue risposte.
Appena aveva messo piede a Hogwarts, Tom era lì ad aspettarlo, nascosto e nuovamente, assistette ad un incontro fra il corvonero e un suo familiare, questa volta era solo suo padre.
L’uomo gli sembrava davvero strano mentre accarezzava il viso del figlio in un ambiguo gesto d’affetto. “Spero che potrai perdonarmi per quello che è successo”
Accarezzò il suo collo, scoprendolo ed il serpeverde sgranò gli occhi; la pelle delicata di Wiglaf era marchiata da lividi scuri e graffi rossi, bagnati di sangue secco.
“Sai che ti voglio bene” Nel cuore di Tom, a quelle parole, si sgretolò qualcosa.
“Questo non è amore” Mormorò mentre il corvonero si allontanava, andando nel suo dormitorio.
Senza aspettare, lo seguì e si mise sull’entrata della sua stanza. “Non andrai da lui”
“Vuoi impedirmelo?” Domandò il ragazzo con la sua borsa in mano. “Mia madre ha avuto dei problemi, devo andare, non starò via per troppo tempo”
Si mise davanti a lui, ma Riddle non sembrava volersi spostare per nessun motivo anzi, il contrario. Persisteva e stava lì, dandogli non poca difficoltà nel voler tornare da suo padre.
“Questo non è amore” E lui lo sapeva, lo sapeva bene, ma non c’era bisogno che Riddle glielo dicesse.
Sapeva bene cosa stavano subendo e cosa stava subendo sua madre, ma non era facile uscire da quella situazione. La paura bloccava la sua intelligenza di ideare un piano; ogni tentativo di fuga dall’uomo, gli sembrava un passo verso la vendetta di lui e quindi alla morte di entrambi.
I suoi occhi azzurri si incastrarono in quelli scuri di lui e mormorò “Nemmeno il nostro è amore”
Seppur non conoscesse la vita di Tom, il suo passato, il suo comportamento gli aveva insegnato il modo giusto per salvarlo e annientarlo.
Non sapeva perché, ma intuiva che quella frase l’avrebbe immobilizzato per un po’ e così fu. Sospirò, sentendo un grande senso di colpa nascere nel suo corpo. “Lo faccio per proteggerti, non deve sapere di te”
Si sentiva veramente in colpa; sapeva che avrebbe sofferto per l’assenza di quel ragazzo così misterioso, ma allo stesso tempo, pericoloso.
Tom era una di quelle persone che tutti volevano conoscere, ma che in pochi avevano avuto il coraggio di affrontare e lui l’aveva fatto.
L’aveva conosciuto, aveva conosciuto il suo comportamento, non la sua storia ed esso gli diceva molto di più di quanto le parole avrebbero mai potuto fare.
Non aveva bisogno che Riddle gli spiegasse il suo passato, lo leggeva nei suoi occhi scuri, leggeva la rabbia, la vendetta che nascondevano un grosso senso di tristezza e soprattutto, dolore.
Non poteva realmente salvarlo, ci avrebbe potuto provare, ma sapeva che, se mai ci avesse provato, avrebbe fallito. Poteva e gli aveva, fatto conoscere l’amore, ma non avrebbe mai potuto farglielo accettare.
E ci sarebbe davvero voluto riuscire, eppure sapeva in cosa sarebbe andato incontro.
Sarebbe andato contro un muro che era cresciuto negli anni e che mai avrebbe potuto abbattere.
Lo poteva salvare?
No, era troppo tardi, ma gli sarebbe rimasto accanto, fino a che non avesse fatto quella dolorosa scelta che, da mesi, leggeva nelle sue iridi; l’avrebbe ucciso, avrebbe sporcato le sue mani di sangue e lui avrebbe provato a fermarlo, ma sapeva che ne sarebbe rimasto sconfitto.
Nonostante tutto il dolore che avrebbe subito, Wiglaf lo accettava perché sentiva che, nella sua vita, aveva fatto ciò che voleva, aveva vissuto e soprattutto, aveva fatto conoscere a Tom Riddle l’amore e in qualunque cosa si sarebbe mai trasformato, quel ragazzo misterioso non lo avrebbe mai dimenticato.
Né lui, né il significato di quella parola che precedentemente gli era sconosciuto.
Detto quelle dure parole, se ne andò, lasciando Tom fermo sulla porta. Quella frase aveva sconvolto completamente la mente del corvino; non voleva davvero credere di essere caduto nella trappola dei suoi sentimenti, ma era cosi.
Si era fatto stregare da quei semplici gesti, dalle carezze e dagli sguardi nascosti che si lanciavano e aveva, senza volerlo, alimentato un’emozione che mai avrebbe voluto provare nei confronti di qualcuno; amore.
Nei giorni successivi, provò a tornare al suo piano, ma quel diario che da tempo non veniva mai aperto, rimase ancora chiuso. Nella sua testa rimbombavano le sue parole e la confusione su quel fatidico sentimento.
Un sentimento cieco, stupido, che inconsciamente aveva creduto amore, ma che probabilmente era solo ossessione oppure disperazione.
Lui si era attaccato, istintivamente, al ragazzo e aveva perso la direzione verso il cammino giusto.
Aveva sbagliato, ma nonostante lo sapesse, non voleva ritornare sui suoi passi e non odiava Wiglaf per questo anzi, voleva sapere dove fosse.
Ogni giorno, attendeva il suo ritorno e quando, dopo la fine dell’anno, scoprì che il corvonero era finito al san Mungo, la sua psiche si ruppe definitivamente.
All’ospedale vide Wiglaf svenuto in un lettino, pieno di lividi sul collo, sulle braccia e sulle gambe e a causa di questo, finì la sua speranza.
“Questo non è amore” L’amore non avrebbe dovuto fare così male, non avrebbe dovuto farlo sentire spezzato in due, sul procinto di vomitare.
E l’amore non avrebbe mai dovuto permettere che il compagno finisse in quella situazione; ferito e svenuto in un ospedale.
Lentamente si avvicinò e gli strinse la mano, sospirando.
“Non voglio permettere che questo accada di nuovo” Non voleva più soffrire, non voleva che altri avessero la possibilità di fargli male.
Rimase al suo fianco, mano stretta alla sua e con l’altra riprese a scrivere sul diario. Il battito costante di Sigurdsson divenne presto una melodia per lui; il sottofondo musicale mentre scriveva.
I giorni passarono e Wiglaf si svegliò, ma quando accadde, Tom non c’era al suo fianco, se n’era andato prima e sapeva che era colpa sua. Sapeva che aveva distrutto quel loro rapporto speciale, unico.
Aveva mentito a Tom, gli aveva detto che quello non era amore, ma sapeva, dentro di sé, di aver fatto la cosa giusta. Negli occhi del compagno, costantemente, leggeva un dolore nascosto e mai avrebbe voluto che altri gli facessero del male.
Non voleva che suo padre avesse una minima possibilità di annientarlo. Aveva distrutto tutto per proteggerlo.
“Ti amo” Sospirò, mormorando quelle parole al vento freddo che entrava dalla finestra della sua stanza vuota.
Avrebbe voluto dire quelle parole al diretto interessato, ma non avrebbe potuto finché suo padre sarebbe stato libero. Aveva preso quell’importante decisione, aveva scelto di proteggere Tom, aveva scelto di morire per lui, aveva scelto di impedirgli di farsi altro male, stando insieme a lui, facendogliene, rompendo quel legame.
E mentre aveva preso quella decisione, Tom aveva deciso che avrebbe dovuto rompere quel malato legame.
Sì, un legame che era unicamente “malato” e non speciale o unico. Semplicemente malato e sbagliato.

Negli anni successivi di scuola, smisero gli sguardi, le carezze e nonostante Wiglaf cercasse un qualsiasi segno da parte sua, Tom non glieli dava, spezzandogli il cuore e l’anima.
Sapeva che quel giorno, prima o poi, sarebbe arrivato, ma non credeva che sarebbe arrivato così presto.
La vedeva, la trasformazione di Tom, la sua oscurità circondarlo e più il tempo passava, più il vuoto nel suo cuore aumentava facendolo sentire stremato da una vita che l’aveva oppresso fino a farlo cedere, fino a fargli rinunciare all’unica cosa, all’unica persona, che avrebbe potuto salvarlo.
E quando finalmente il primo piano di Riddle si avverò e uccise gli eredi delle case di Hogwarts, qualcosa si mosse in lui, ma non in senso positivo.
Non si sentiva bene; un grosso senso di rimorso nei confronti di Sigurdsson era nato.
E mentre era in casa, da solo, ripensava a lui. Poteva sopportare la pioggia, che batteva sul tetto della sua abitazione vuota, non gli dava fastidio.
Poteva sopportare che, ogni tanto, qualche lacrima scendesse lungo il suo viso e lui la lasciava uscire senza darle peso, ma non riusciva a sopportare quel vuoto.
Il vuoto della sua mancanza, della mancanza di quelle carezze, di quegli sguardi fugaci e di quelle semplici azioni. Ma soprattutto, la mancanza del sorriso del ragazzo.
Quello splendido sorriso che solo a lui era dedicato; un gesto speciale e unico donatogli dalla persona a cui più teneva al mondo.
E voleva tornare indietro, voleva farlo per poterlo fermare, per potergli parlare e per non rinunciare in quell’ospedale.
Avrebbe voluto farlo, veramente tanto, ma nonostante il suo cuore fosse distrutto, la sua mente gli diceva che era giusto così.
Era giusto che non avesse continuato, se l’avesse fatto, non avrebbe mai completato il suo piano.
Ora ne aveva la possibilità, ora poteva raggiungere il suo scopo. Eppure si domandava se ne fosse valsa la pena.
Si domandava se mai quel vuoto si sarebbe colmato.

Gli anni passarono in un battito di ciglia e quando la sua potenza divenne grande ed ai suoi piedi vi furono numerosi alleati, si rese conto che, nonostante i suoi occhi fossero diversi, di un profondo rosso sangue, in essi, poteva ancora leggere il dolore ed il rimorso, per Wiglaf.
Aveva sconfitto la morte, rinunciando all’amore, ma era valsa tutta quella sofferenza e tutto quel dolore?
   
 
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