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Autore: Mirae    06/06/2018    2 recensioni
Italia nordoccidentale, fine XV secolo. Quando ancora non esisteva la strada che collegava Saluzzo a Savigliano, le comunicazioni tra le Langhe e le vallate del Saluzzese avvenivano attraverso un percorso che toccava tutti i centri abitati della zona, includendo quindi anche Lagnasco. A circa un miglio dal paese, un traghetto “a corda” trasportava i viandanti dall’una all’altra sponda del Varaita. Il “portajuolo” – colui che gestiva tutta l’impresa del traghetto con impegni ben precisi nei confronti delle due città confinanti, cioè Lagnasco e Savigliano – doveva essere disponibile giorno e notte e sottostare a tariffe di pedaggio stabilite dalla “Regia Camera dei Conti”. L’introito, poi, finiva nelle tasche della famiglia Tapparelli, i signori del luogo. Non erano rari, tuttavia, i ricorsi con cui questa famiglia riempiva le aule dei tribunali contro coloro che cercavano di aggirare l’uso del traghetto. Membro di questa famiglia fu Aimone Tapparelli (ca. 1328-1425, beatificato da Pio IX, il 29 maggio 1856), domenicano e inquisitore. [Storia partecipante al contest In Medio Stat Virtus indetto da mystery_koopa sul forum di Efp]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
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*questa è un’opera di fantasia. qualsiasi riferimento a persone o fatti realmente esistiti è puramente casuale*

1. FEAR OF THE DARK[1]

 
Feudo di Lagnasco, aprile 1470
 
Le piogge degli ultimi giorni avevano gonfiato il torrente, tanto da rendere necessario l’utilizzo del traghetto per raggiungere Savigliano (per chi scendeva dalle valli) o Lagnasco (per chi arrivava dalla pianura). In realtà, pochi erano i viandanti che si fermavano nel piccolo borgo comitale: per lo più, i cavalieri e i nobili erano diretti alla corte dei marchesi di Saluzzo, mentre mete dei Frati Predicatori erano le località alle pendici del monte Vesulo, dove negli ultimi anni erano aumentati gli eretici.
Cristoforo sbuffò: finalmente i temporali parevano cessati, anche se certe nuvole a ovest facevano presagire che quella tregua di bel tempo fosse di breve durata: benché con i frati domenicani non potesse fare la cresta sul pedaggio, almeno finché il bel tempo durava lui lavorava. Dall’omicidio di padre Cerveri, però, non era più tranquillo: la sua casa era vicino alla riva del fiume, a un miglio[2] dal borgo e se altri eretici decidevano di compiere una spedizione punitiva nei confronti dei monaci che si servivano del suo traghetto, chi avrebbe potuto difenderlo? Dal borsello attaccato alla cintura, estrasse l’immagine di San Cristoforo, santo protettore dei traghettatori: per l’ennesima volta in quella mattinata, raccomandò la propria anima al santo cinocefalo, ricordandogli che non solo lui era un barcaiolo, ma dal momento che portava anche il suo nome, aveva diritto a una doppia protezione. Baciò ancora una volta l’immagine sacra e in quel mentre, lo sguardo gli cadde vicino a una cima, dove un oggetto rettangolare distolse la sua attenzione dalle preghiere: assomigliava al breviario del prevosto, se non fosse stato per la copertina, su cui primeggiavano una ruota di pietra e un pugnale. Negli angoli in basso, esterni alla ruota, due stemmi, mentre a fianco della lama, facevano bella mostra da un lato un teschio su cui era aggrappata una colomba e dall’altro un grappolo d’uva.
Cristoforo cacciò un urlo, facendo un salto all’indietro, gli occhi fuori dalle orbite e il cuore che sembrava volesse uscirgli dal petto, tanto veloce batteva. Deglutì, cercando di calmarsi. Inspirò a pieni polmoni, con gli occhi chiusi. Quando li riaprì, il libro era ancora dove era caduto, a circa un atomo dal bordo della barca: fu tentato di avvicinarsi e spingerlo in acqua con la punta del piede, ma se fosse appartenuto ai frati? Impossibile! Quella era un’immagine satanica, era chiaro, non poteva appartenere a loro, a meno che non fosse stato confiscato a un eretico, o a una masca[3]. Spalancò gli occhi, mentre boccheggiava e con le mani che tremavano armeggiò alla cintura, nel tentativo di aprire il borsello e tirare fuori il suo San Cristoforo. Le masche a Lagnasco! Il suo respiro era sempre più veloce e il tremore delle mani gli impediva di aprire il sacchetto: sicuramente c’era qualche strega nei paraggi che gli aveva lanciato un sortilegio.
«San Giorgio e San Cristoforo, aiutatemi voi», piagnucolò.
La sua paura crebbe quando vide una donna affaccendarsi poco distante dalla sua capanna: i suoi occhi pieni di terrore non riconobbero Bice e cominciò a recitare la preghiera di San Patrizio a voce sempre più alta, tanto che la moglie a un certo punto smise di raccogliere le erbe e si voltò verso il fiume: «Cristoforo, che cosa sta succedendo?»
«Non ti avvicinare, creatura malvagia. Vattene! Tornatene dal tuo signore», Cristoforo cadde all’indietro e facendo leva sulle mani appoggiate sulle assi, cercava di indietreggiare, finché non raggiunse il bordo dell’imbarcazione. Intanto, questa, senza comando, veniva sballottata dalla corrente, col rischio di fuoriuscire dalla guida e trascinata verso alcune rocce a nord, col rischio di sfondare lo scafo.
Bice rimase pietrificata: che cosa le stava urlando suo marito? Uno spirito malvagio si era forse impossessato di lui? Che cosa gli sarebbe successo se i frati predicatori sarebbero sopraggiunti proprio in quel momento? Lo avrebbero arrestato come posseduto e poi… Aveva sentito brutte storie sulla fine che facevano quelle persone. Che cosa ne sarebbe stato allora di lei? Padre Aimone l’avrebbe fatta rinchiudere nel convento di Rifreddo? Oppure il conte Gaspare l’avrebbe costretta a rimaritarsi?
Non voleva perdere Cristoforo: dopotutto, non era un cattivo marito. Si guardò intorno tremando, a volersi sincerare che non stesse arrivando nessuno dalla parte del borgo, ma anche controllando che non ci fossero spiriti malvagi nascosti tra gli alberi. Non sapeva che cosa fare: se raggiungere la barca (dopotutto il torrente non era molto profondo), oppure obbedire al marito e sparire dalla sua vista, in modo che si tranquillizzasse.
Il torrente non era profondo, d’accordo, ma la corrente le sembrava molto forte, per cui decise di fare quanto stava blaterando il marito: volse le spalle alla barca e si diresse verso il sentiero che costeggiava la riva, ma che comunque rimaneva nascosto grazie agli alti castagni.
Vedendo sparire tra gli alberi la donna, pian piano il respiro di Cristoforo si normalizzò, come anche i battiti del suo cuore. Tuttavia, quando cercò di rimettersi in piedi, le gambe gli tremavano ancora. Si avvicinò barcollando a un remo, imponendosi di smettere di tremare: non doveva mostrarsi impaurito nel caso fosse sopraggiunto un viandante. Il libro, però, era ben visibile: buttarlo o nasconderlo? Per compiere entrambe le azioni, però, Cristoforo doveva comunque toccarlo, che fosse con le mani o con la punta di una calzatura. Se l’avesse buttato, e poi un frate si fosse presentato alla sua capanna per chiedere la prova decisiva contro una masca, lui avrebbe sempre potuto mentire e dire che non ne sapeva nulla: in fondo, come era stato perso sulla sua barca, avrebbe potuto essere stato smarrito in qualsiasi altro punto della strada. E se non gli avesse creduto o lo ritenesse quindi un complice degli eretici?
Doveva farsi coraggio, raccoglierlo e consegnarlo al conte Gaspare, nella speranza che questi, pur di compiacere il cugino Aimone, non lo arrestasse per eresia. Ogni tanto, quando traghettava i domenicani, li sentiva parlottare tra loro di torture, processi e condanne al rogo. Deglutì, con il cuore ancora stretto nella morsa della paura. La sentiva come un vestito di cuoio bagnato che, asciugandosi, lo immobilizzava, stritolandolo.
«Ehi, portajuolo, siete diventato sordo, per caso?» Sentì urlare alle sue spalle. Si voltò cercando di mostrarsi dispiaciuto, più che impaurito e ciò che vide per poco non tolse di nuovo forza alle sue gambe: un soldato di Savigliano precedeva una carrozza. Ora era tardi per nascondere il libro, ma chissà se dalla sua posizione il cavaliere avrebbe potuto notare il movimento del piede che spingeva in acqua il libro.
«Chiedo scusa, messere. Avete bisogno di attraversare il fiume?» Urlò di rimando.
«Padre Aimone Tapparelli desidera raggiungere l’eremo di Verzuolo», gridò ancora il soldato.
Con movimenti meccanici, Cristoforo armeggiò con le cime e i remi, finché il traghetto non raggiunse la sponda opposta.
Invece di aspettare che il vescovo salisse sulla barca accompagnato dal cavaliere, Cristoforo saltò sulla riva e si gettò in ginocchio, il volto quasi a toccare terra e le braccia protese in avanti: «Vostra Eminenza, aspettate, vi prego».
«Come osi fermare Sua Eccellenza, lurido villano», il cavaliere si avvicinò per assestargli un calcio nel fianco.
Cristoforo ruzzolò di lato, ma, tenendosi una mano al fianco ferito, ebbe ancora fiato per scongiurare l’inquisitore di provvedere a benedire l’imbarcazione prima di salirvi, poiché aveva appena trovato un libro maledetto.
Il prelato, quindi, si fece portare l’oggetto tanto temuto.
Negli ultimi anni, Cristoforo aveva assistito a numerose esecuzioni: per lo più, uomini che avevano appoggiato la causa dei Falletti. Cristoforo li aveva visti dirigersi verso il patibolo tremando, privi di dignità e ogni volta si era ripromesso che qualora fosse mai toccato a lui quel destino, lo avrebbe affrontato a testa alta, senza tremare.  Invece, ora, mentre prendeva si chinava a raccogliere quel libro infernale, temeva dio non riuscire più a rialzarsi, tanto sentiva le gambe molli. E che cosa gli sarebbe successo se, a causa delle mani tremanti, il libro gli fosse caduto in acqua proprio davanti agli occhi dell’alto prelato? L’avrebbe accusato di averlo fatto apposta? Ma lui era innocente, non aveva nulla di cui temere, per cui, rialzò la schiena e, mantenendo lo sguardo dritto, si avvicinò a Padre Tapparelli, cercando di controllare il più possibile il tremore delle mani: dopotutto, temeva per la sua anima.
L’inquisitore, un uomo alto e magro, con barba e capelli ormai bianchi come la neve, gettò uno sguardo alla copertina, mentre Cristoforo stava attento a non perdersi le smorfie dell’anziano. Rimase deluso: non solo l’educazione patrizia ricevuta da giovane, ma anche le funzioni ricoperte nell’Ordine dei Predicatori, avevano insegnato ad Aimone a non lasciar mai trasparire le proprie emozioni. Così, con voce atona gli chiese: «Quando l’avete trovato?»
«Poco fa», rispose lui.
«Non vi siete accorto chi l’abbia perduto?»
«No, Vossignoria. In questi ultimi giorni, sono stati molti i pellegrini che hanno voluto attraversare il fiume, da una parte, o dall’altra», confidò.
«Nessuna donna?» L’altro continuò l’interrogatorio.
«In effetti…», gli raccontò della visione di poco prima.
«Bene, siete un buon cristiano, portajuolo, fate il vostro dovere ora, e portateci al di là del torrente. Ci penserà la mia guardia a cercare quella donna. Non avete nulla da temere».
Rincuorato, Cristoforo risalì sulla barca e lasciò che altrettanto facessero il reverendo e la sua scorta.
Appena Cristoforo attraccò il traghetto e la carrozza del prelato fu sulla terraferma, il soldato saviglianese si lanciò al galoppo lungo il sentiero indicato dal barcaiolo.
Si sentì un urlo e alcuni uccelli – probabilmente prispoloni – si levarono in volo in una nuba compatta.
Lo scalpiccio degli zoccoli del cavallo era coperto dagli aghi di pino e dai suoni rauchi degli uccelli, così che fu quasi con sorpresa che gli uomini si ritrovarono il cavaliere davanti così presto.
Sulla sella, con la guancia rossa e un rivolo di sangue che colava da un angolo della bocca c’era Bice.
«È questa la masca che avete visto poc’anzi?», gli chiese il religioso.
Cristoforo sgranò gli occhi: possibile che sua moglie avesse venduto l’anima al diavolo? No, doveva esserci un’altra spiegazione. Eppure, era certo di aver visto comparire una donna nell’esatto momento in cui aveva preso il libro in mano.
«Bene, considero il vostro silenzio come un assenso. Messer Ascanio, portate questa donna al castello. Mi occuperò personalmente del suo interrogatorio.
«Vostra Eminenza, vi prego, ci deve essere un errore: questa donna è mia moglie. La conosco da molti anni. È una brava cristiana, ve lo assicuro. Non manca mai alla messa e tutti i giorni dice le preghiere alle ore stabilite», provò a discolparla.
Padre Tapparelli, però, non si scompose: «Buon uomo, dovreste sapere che il diavolo si fa beffe di noi, povere creature. Egli è abile a mascherarsi. Ciononostante, se vostra moglie è davvero un’anima pia, come dite voi, allora non le succederà nulla durante l’interrogatorio. Se dovesse risultare colpevole, però, starà a Dio, e solo a Lui, per mezzo di noi, emettere il verdetto. A ogni modo, comprendete bene che è anche per la salvezza della vostra anima che questo interrogatorio deve avvenire, o vorrete davvero correre il rischio che il diavolo, qualora si annidi dentro il corpo di vostra moglie, uccida anche la vostra anima?»
«Cristoforo, ti prego…» provò a convincere il marito, mentre alcune lacrime le solcavano il viso.
«Tacete, creatura immonda!» Tuonò l’inquisitore, alzando il crocifisso verso di lei, poi, si rivolse a Cristoforo: «Udite? La voce del dimonio sa essere molto convincente, ma la vostra fede non deve vacillare. Mai».
All’uomo, non restò altro che abbassare lo sguardo.
Aimone Tapparelli stirò le labbra in un lieve sorriso e mosse la testa in su e giù, come confermando la decisione del pover’uomo. Con un gesto della mano, fece segno al cocchiere di prendere la strada per il castello, preceduto dal cavaliere, il quale, nel frattempo, era sceso e aveva legato al cavallo i polsi della donna. Questa, si volse parecchie volte verso il marito, in una muta supplica e l’ultima volta inciampò. Mentre Cristoforo corse verso il gruppo per aiutare la moglie, il soldato le schioccò un colpo di frusta, obbligandola ad alzarsi. Cristoforo si bloccò, spaventato: temeva che arrestassero anche lui, come complice, o forse proprio come l’uomo che l’aveva introdotta sulla via della perdizione.
Il reverendo e il suo seguito erano ormai scomparsi dalla sua vista da parecchi minuti, quando qualcuno richiese di nuovo i suoi servigi.
Arrivava da Lagnasco, quindi doveva per forza aver incrociato la carovana e riconosciuta Bice.
Agostino era un uomo basso, col ventre prominente e il naso rosso che tradivano due sue grandi passioni: il mangiare e il bere. Era il proprietario dell’unica locanda, sulla piazza, a pochi passi dal castello e gestiva il rifocillamento dei pellegrini di passaggio, in tutti i suoi significati. I conti lo sapevano, ma chiudevano un occhio sui suoi traffici, forse perché, si mormorava, nelle loro tasche entrava una parte di quei guadagni.
Cristoforo sputò per terra.
Agostino fece un salto indietro, spaventato: aveva, infatti, visto Bice ai ceppi, al seguito del reverendo e aveva compreso che sulla sua testa pendeva l’accusa di stregoneria, ma quel gesto dell’amico gli fece comprendere che probabilmente anche lui era uno di quegli eretici.
Deglutì e si voltò, per tornare in paese: la sua commissione poteva aspettare, oppure poteva mandare una delle sue donne, oppure ancora…
«Agostino», lo chiamò Cristoforo, «non hai bisogno di me?»
«No, scusami, mi sono ricordato di un affare urgente che devo assolutamente sbrigare», mentì l’uomo.
«Tu vorresti farmi credere di aver fatto un miglio dal paese fino qui e ora sei disposto a farne un altro, per nulla?» Cristoforo ridusse gli occhi a due fessure, mentre stringeva i pugni, vicino alle cosce.
«Eh, amico mio, che cosa vuoi che ti dica? Purtroppo, comincio a dimenticarmi le cose importanti e ora, come dici tu, devo fare un altro miglio. E pure di corsa, se non voglio arrivare tardi e perdere l’affare: devo concludere un affare con un vinaiolo di Costigliole che mi ha minacciato di vendere il suo vino anche a Saluzzo, se non mi sbrigo a chiudere. Anzi, perché non vieni stasera, così te lo faccio assaggiare?» Gli raccontò, strofinandosi le mani, nervoso.
«Un vinaiolo. Da Costigliole. Non è stagione di vini», lo freddò l’altro.
«Sai bene che certi vini per essere gustati devono invecchiare un po’», si giustificò ancora.
«E questo tizio sarebbe disposto a vendere un vino pregiato a un locandiere di una bettola puzzolente in un posto dimenticato da Dio?» Lo incalzò.
«Adesso mi hai offeso quando io non ti ho mai mancato di rispetto! Non tocca a me giustificare le mie azioni con chicchessia». Il volto si era fatto paonazzo, tanto era l’ira che cercava di trattenere, ma nell’intimo era sollevato dal fatto che fosse stato proprio l’amico a dargli una scusa per andarsene. Dunque, si voltò, intento a tornare in paese, non certo per concludere quell’affare – inesistente – ma per denunciare Cristoforo come un possibile eretico.
Fece solo pochi passi, quando un forte dolore alla nuca gli tolse tutto il fiato dai polmoni e gli rese le gambe talmente molli che non riuscirono a reggere il peso del corpo. L’ultima cosa che Agostino vide fu un gruppo di minuscole formiche che si ingigantivano man mano che la sua faccia si avvicinava alla terra.
Alle sue spalle, Cristoforo reggeva un remo sporco di sangue, mentre il petto si alza e abbassava velocemente.
 
[1] Iron Maiden
[2] http://www.archeogat.it/zindex/mostra%20collina/collina%20torinese/pag_html/misura.htm
[3] Strega




 
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N.d.A.: Questa storia è ambientata in un luogo e un tempo ben definiti: la provincia di Cuneo durante l'Inquisiszione. In realtà, non ci sono fonti al riguardo di qualche possibile processo alle streghe nel comune di Lagnasco (territorio guelfo), ma ho pensato che l'isteria contro le masche, magari durante una primavera un po' troppo piovosa, potesse riguardare anche un pacifico borgo di campagna. Inoltre, Gaspare e Aimone Tapparelli (o Taparelli secondo alcuni) appartenevano alla stessa famiglia. Nel Castello di Lagnasco, anzi, si può ammirare un affresco in cui viene ritratto un figlio di Gaspare (Benedetto I, ormai in età avanzata e vestito secondo la moda spagnola) che regge un libro, mentre lo sguardo è rivolto altrove...
Come sempre, ringrazio chi mi segue e lascia un segno del proprio passaggio, ma anche chi preferisce leggere in silenzio. Per chi lo desidera, questa è la mia pagina Fb: https://www.facebook.com/TheMiraesDream/: a breve posterò l'aggiornamento de "Il giardino delle farfalle".
   
 
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