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Autore: AlessandroConte    06/06/2018    0 recensioni
Storie varie bravi e lunghe, in prosa e in versi.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SACRIFICI
 
Dritta alla meta senza badare a nessuno!
Lo so è una palla la matematica. Leggo e rileggo e non ci ho capito una mazza.
E le mie amiche che sono ripassate per la seconda volta questo pomeriggio: ‘Scendi, Vale.’ E io con una santa pazienza: ‘No, ragà. Ve l’ho detto, devo studià.’
‘Sgob-bo-na sgob-bo-na…’ e se ne vanno saltellando e ridendo. Ci’ho na rabbia.
La matematica. Ma a che serve? Chi l’ha inventata? Uno str…upido.
Io mi annoio. Ci sono più formule nella trigonometria che margherite in un prato! E io me le sciroppo tutte. A memoria, perché a dimostrarle, sì, campa cavallo. Manco se campassi cent’anni e sempre su questi libroni fetenti.
C’è Sara, la caporiona in quel branco selvaggio, la mia preferita, che dice:
‘Il mio avvenire? E che ci vuole? Ti sposi uno che ti campa e chi s’è visto s’è visto.’
Dall’altro lato ci sono i miei, mia madre in testa:
‘Figlia bella, studia, fatti una posizione indipendente, guadagna. Dipendere in tutto dal marito è una cosa che non ti auguro proprio. Avessi io un lavoro a tuo padre sai quanti calci in cxxo gli darei?’
E lo so. Li vedo litigare in continuazione. Sono loro che non mi danno tregua per studiare.
No, non è vero. È che lo studio è pesante e io mi ammoscio.
Mio padre mi ha tolto la tele e lo stereo, tutto insomma e pontifica:
‘Dritta alla meta, Valentina. Superati questi esami, l’università è una baggianata. Con la sola licenza media ti ci puoi solo … hai capito? China la testa, stringi i denti e non pensare ad altro. Dritta alla meta.’
Io lo mando affan… chissà quante volte col pensiero. Fa uscire matta la mamma e si approfitta di lei che sa fare solo la casalinga, la sguattera di tutti.
E ha ragione, quel cialtrone! Devo chinar la testa e via! La meta è qua a due passi.
Se Sara e le altre ripassano, sai che c’è? Io le mando affan…
 
Alessandro Conte
 
 
SOGNO  
 
Sentimenti assopiti gli risvegli
quando lo tiri a te fra le tue braccia
ove sulle tue labbra il sogno inizia.
Le coccole si tirano l’un l’altra
e par non si finisca d’inventarne
in tale frenesia e piacevolezza
che non c’è tempo per gridare ‘Basta!’
È questo l’amor vero a cui lasciarsi,
   quello che tu desideri e lui brama.
   Il tempo più non passa quando s’ama.
 
Alessandro Conte
 
 
LA  VICINANZA                              
 
I nostri letti sono tutti accosti al camino; questo è posto al centro dello stanzone che è tutta casa nostra. Su quei giacigli stiamo tutti vicini gli uni agli altri: Peter con la moglie, mamma con Susan e sul soppalco io col mio gemello Frank e con Tom, dodici anni, ultimo della cucciolata. Solo così nella nostra fattoria evitiamo di gelare.
Non c’era un podere migliore di questo in vendita e perciò i miei genitori vennero a stabilirsi qui vicino alle sorgenti del Mississippi.
Sarà il padre di tutte le acque come dicono i Chippewa ma d’inverno è un morire qui: tolto quel poco da fare con le bestie si può solo starsene distesi sotto le coltri e stretti se non si vuole tremare per il freddo.
Papà lo trovarono morto in un burrone e come ci sia finito non ce l’ha mai detto nessuno. Si trovò lui ma non il suo fucile. Se non ci avesse lasciato le penne, un pezzo d’uomo come lui avvezzo a mettere incinta la mamma una volta all’anno, sa’ quanti fratelli da ammassare vicino al camino mi avrebbe dato: pure alla media di uno vivo ogni quattro nati oggi avrei altri tre fratelli.
È un fatto che una ragazza come me debba passare ogni notte a rosolarsi come un tacchino ora nel fiato di un fratello e ora in quello dell’altro. Infatti, qualunque sia il motivo, e su questo non ho mai voluto ragionarci troppo, è assodato che il mio posto sia in mezzo a loro come una fetta di lardo in mezzo al pane.
Non ci si tiene caldi solo col fiato e quelli sono maschi, e come se lo sono. Io continuo a dirmi: ‘Povero chi mi piglia’ perchè riconosco che questo continuo provare addosso a me il loro vigore mascolino non solo non mi dà fastidio ma spesso mi piace proprio. E allora povero chi mi sposerà.
E quasi ci sono. Sto per fare i quattordici anni e il mio ciclo di donna è cominciato alcune lune fa. Potrei essere chiesta da qualcuno da un momento all’altro.
 
Siamo sole al torrente a lavare i panni e io mi butto ad affrontar la cosa. Mamma mi guarda un po’ allarmata:
“Mi stai dicendo che ti conoscono come dice la Bibbia?”
“No, non è questo.”
“Ah, Miriam, che paura che mi hai fatto prendere ... .
Te lo ripeto ancora una volta e lo sanno bene anche gli uomini di casa; glielo abbiamo ripetuto da sfinirli: quella, la verginità è l’unica cosa da salvaguardare per la fanciulla non ancora sposata. È un bene da portare come dote di nozze al marito anche più che un paio di lenzuola. Se la perdi nulla potrà salvarti dal bordello.”
“Però quelli mi si strusciano contro con un affare così.”
“Non fare la sboccata.
Contro è una cosa, dentro è un’altra. E poi che c’è da scandalizzarsi? Lo sappiamo bene come siamo fatti. Come si fa a tenere sempre tutto coperto, ben nascosto?”
“Mamma, lo so. Ma quelli con me fanno proprio come Peter fa con Gretel. Mi lasciano la camicia bagnata.”
“Figlia mia, i maschi sono così. Fino a quando non vi sposerete e affianco avrete mogli e mariti vostri dovrete continuare ad arrangiarvi così.
Credi che non ci sia passata pure io fino a quando ho sposato papà? Credi che non sappia che pure tu sei tentata da pensieri peccaminosi e che quando ti chiudi nella latrina non è sempre per andare di corpo?”
“Mamma, ti prego, io mi vergogno.”
“E ti devi vergognare! come si vergognano tutte le donne che non ottengono una soddisfazione della carne sufficiente: Susan, io e anche Gretel, nonostante abbia vicino il nostro Peter.”
“Mamma, che dici?”
“È la verità e sei tu che hai voluto introdurre l’argomento. È più facile rubare che ammettere di cedere a questi istinti bestiali. Ma, vergognosa più di una ladra, devo ammettere questa mia debolezza. Constatare poi che, almeno in questa casa, siamo tutte così mi consola non poco.”
Mi viene da stringerla e baciarla:
 “Mamma, quanto ti voglio bene.”
Torniamo a torcere e sbattere i panni. Poi, considero:
“Stavo pensando che la purezza per una fanciulla dovrebbe essere il non sapere niente di queste cose, il tenersi lontana dal pipì dei maschi, evitare di guardarlo quando stanno nudi, cercare di non pensarci continuamente...”
“...e saresti già in Paradiso. In che si distinguono i santi da noi, allora?”
“Quando farò quella cosa con mio marito non ci sarà niente di nuovo perchè in pratica conosco già tutto. È come se lo avessi già fatto mille volte.”
“Qui ti devi fidare, Miriamuccia: il peccato si fa solo penetrando in profondità quello che abbiamo sotto e solo se non lo facciamo con il consorte consacrato in chiesa. Ne ho parlato con padre Mc Farlan.
Lui dice anche che il peccato che si compie a toccarsi sotto è ben peggiore negli uomini che nelle donne. Si chiama peccato di Onan e sta in una parte della Bibbia che non vi ho mai letto: i maschi con quel liquido ci rendono fertili e madri e non è consentito loro sprecarlo senza una partecipazione femminile.
Cerca di capire e di essere tollerante con i tuoi fratelli, dato che l’istinto li spinge irresistibilmente: sanno che, finchè non si procurano una donna tutta loro, potranno penetrare solo delle prostitute.
Con te, per esempio, non si sognerebbero minimamente di cercare un congiungimento. Pòstosi questo limite, però, non se ne pongono altri; ed è opportuno che sia così.
O lo fanno da svegli o dormendo, purchè non attentino alla tua verginità, tu lasciali fare: quando si accostano a te è come se usassero con una moglie. Questo, anche se il reverendo non l’ha detto, credo che per i tuoi fratelli sia un peccato minore che rendersi onanisti.”
“Mamma, tu hai capito che ogni volta è come se un marito mi tenesse sotto? come se fossi già sposata? Loro, limitatamente come dici tu devono godere; e io? io prendo fuoco.
Sono vergine ma è come se non lo fossi: mi sento usata dappertutto e quando succede, o solo a ripensarci, ho voglia di toccarmi e quando mi tocco non ho mai capito che cosa mi succede.”
“E con questo? È normale, Miriam. Non esiste donna più ingenua e pulita di te. Fìdati.”
“Mi conviene fidarmi, mamma, e mi sforzerò di credere che chi mi sposa fa un affare.”
“Ma certo che lo fa: chi lava, per esempio, con più buona volontà di te? nonostante il freddo che ci fa cader le mani.
E poi sta sicura che lui dovrebbe farsi perdonare per essersi strofinato addosso alle sue sorelle e alla mamma.”
Ridiamo, chiacchieriamo di altro, ci sentiamo vicine e nella valle, col parlottìo e le risate, si accompagnano i tonfi dei panni sulle rocce.
 
Alessandro Conte
 
(Ringrazio chi legge e gradisce. Vi do appuntamento a mercoledì prossimo, 13 giugno, con altre storie)
   
 
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