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Autore: Shanley    07/06/2018    13 recensioni
Questa storia si svolge qualche settimana dopo la fine del torneo del potere. Vegeta accetta di passare la giornata al lago con la famiglia e osservandoli mentre si divertono, ripensa alla sua vita e a come è cambiato nel corso del tempo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Metanoia*
 

 

 
Vegeta era tornato a casa da un paio di settimane ormai dopo la fine del Torneo del Potere indetto dal sommo Zeno. Il ricordo del momento esatto in cui era atterrato nel giardino di casa era vivido nella sua mente e lo sarebbe rimasto per sempre. Quando sua moglie in lacrime gli era saltata al collo il suo cuore aveva gioito come non mai e lui aveva ricambiato l’abbraccio inebriandosi del profumo della sua donna e del calore della sua pelle a contatto col suo corpo che gli erano mancati come l’aria. Per la prima volta da quando si era trasferito sulla Terra, era felice di passare le sue giornate assieme alla sua famiglia in totale tranquillità senza l’incombenza degli allenamenti e l’ossessione di dover superare i suoi limiti. Certo, non avrebbe smesso definitivamente di migliorare. Proteggere la Terra e soprattutto la sua famiglia, rimanevano le sue priorità e il suo obbiettivo era ancora diventare sempre più forte e superare una volta per tutte il suo eterno rivale, ma qualche giorno di riposo non avrebbe fatto male a nessuno. Perfino Kakaroth aveva preso una pausa dagli allenamenti per passare del tempo in famiglia, quindi quella mattina, quando Bulma era venuta da lui e gli aveva chiesto se avesse voglia di passare la giornata facendo un pic-nic in riva al lago con i bambini, Vegeta aveva accettato di buon grado la sua proposta.
In quel momento se ne stava appoggiato con la spalla al tronco di un albero poco lontano dalla riva con le braccia incrociate al petto, in uno stato di quiete mai provato, in pace con se stesso e felice. Osservava la sua famiglia giocare con l’acqua del lago, ridere e scherzare allegra e spensierata come non la vedeva da tanto tempo e un sorriso spontaneo si fece strada sul suo viso. Guardò sua moglie seduta a riva mentre teneva la piccola Bra tra le gambe e le permetteva di giocare con l’acqua mentre Trunks nuotava come un pesce facendo più e più volte il giro del lago, e non poté non pensare che tutto quello era sta possibile soltanto perché Bulma aveva deciso di invitarlo a vivere a casa sua tanti anni prima dandogli la possibilità di redimersi. Nonostante tutto quello che lui aveva fatto ai terrestri, nonostante conoscesse il suo oscuro passato, lei aveva deciso di dargli una chance. Il ricordo di quello che a tutti gli effetti era stato l’inizio della strada che lo avrebbe condotto alla felicità, era ancora impresso nella sua memoria. Inciso a fuoco nella sua anima e conservato come il più prezioso dei tesori nel suo cuore.
 
-E tu bel fusto? Che intenzioni hai?-
-Come che intenzioni ho?- Vegeta guardava la terrestre con sospetto senza capire perché lei si interessasse tanto a quello che lui avrebbe fatto dopo. Credeva davvero che avrebbe voluto sprecare il suo tempo assieme a musi verdi e terrestri?! Lui era il principe dei sayan non una terza classe qualunque!
-Non ti unisci al gruppo? Guarda che qui gli alberghi sono un po’ cari!-
-Tsk!- Ma che diavolo voleva da lui quell’impertinente?! Lo guardava con quel sorrisetto arrogante come fosse stato un comune, insulso terrestre. Non aveva bisogno della pietà di nessuno. La soluzione gli balenò alla mente facendolo ghignare. Probabilmente quella donna aveva paura che avesse intenzione di sterminare la razza umana e voleva tenerlo d’occhio. Tsk! Come se un’insulsa e fragile terrestre avrebbe potuto fare qualcosa contro di lui nel caso avesse deciso davvero di conquistare la Terra. Ora che Kakaroth e Freezer erano morti, nessuno poteva tenergli testa. Un sorriso di trionfo si allargò sul suo volto a quel pensiero. Ora era lui il guerriero più forte dell’intera galassia.
-Io cucino benissimo sai? Ti potrai abbuffare, così potrai recuperare le forze perdute! Però non farti illusioni, lo faccio soltanto perché sono educata, non perché mi sei simpatico, è chiaro?- Sottolineo lei mantenendo quel fastidioso ghigno arrogante sulla faccia.
-Beh… L’antipatia è reciproca. Sei anche bruttina!- Il fiero principe dei sayan era arrossito davanti a tanta sfacciataggine non aspettandosi di certo quelle parole da lei. Quella sciocca terrestre stava esagerando. Avrebbe accettato l’invito soltanto perché doveva riprendersi dopo essere tornato in vita e non sicuramente perché era lei a chiedergli di restare. Avrebbe sfruttato la sua proposta a suo vantaggio, in fondo lui era sempre stato un’opportunista.
 
Ricordava ancora perfettamente il fastidio che aveva provato nel vedere come una semplice terrestre si fosse rivolta a lui con arroganza e senza mostrare il minimo timore nei suoi confronti. Invitando a casa sua una belva feroce, un assassino, che si era macchiato dei crimini più efferati nel corso degli anni senza provare nemmeno un briciolo di pietà o di rimorso per le sue innumerevoli vittime, ma trattandolo, invece, alla stregua di un adorabile gattino pensando ingenuamente che lui fosse in qualche modo simile a Kakaroth. Vegeta storse il naso. Nonostante gli anni trascorsi dove aveva imparato a sopportare, e per certi versi addirittura apprezzare, il sayan di terza classe, ancora non riusciva a tollerare di essere in qualche modo paragonato a lui. Nonostante tutto aveva accettato l’invito. L’esercito di Freezer era finito e lui non aveva nessun altro posto dove andare. Sarebbe rimasto lì in attesa della resurrezione di quello che sarebbe diventato il suo eterno rivale, la sua ossessione, la sua nemesi. Kakaroth, il buon sayan come lo chiamavano in molti. Un eroe che dava perfino la vita per difendere i suoi cari e il suo adorato pianeta e che lui aveva sempre odiato. Aveva tentato, per anni, di farselo andare a genio, di sopportare il suo ostinato ottimismo e la sua sfacciata bontà ma in cuor suo non aveva mai smesso di odiarlo. Nemmeno quando aveva dato la vita per salvare tutti loro, lui compreso, dalla minaccia di Cell. Non aveva provato gratitudine nei confronti del sayan più giovane ma solo rancore per averlo costretto a continuare a vivere con l’onta di essere stato salvato da una terza classe. Nonostante avesse continuato con la sua vita assieme alla sua famiglia, e avesse finto di essere cambiato diventando più simile ai terrestri che ai sanguinari guerrieri sayan, nel profondo del suo cuore il principe che un tempo era stato gridava la sua furia sgomitando per uscire dalle profondità oscure della sua anima e tornare ad essere l’unica personalità dominante. Ciò alla fine era accaduto quando il mago Babidì aveva preso possesso della sua mente con il suo tacito consenso perché la verità era che nessuno poteva controllare il principe dei sayan contro la sua volontà e che lui avrebbe potuto facilmente scacciare quella fastidiosa presenza dalla testa, ma ciò di cui ancora oggi si pentiva amaramente era che non aveva voluto. Aveva capito che l’unico modo per convincere Kakaroth a battersi con lui e avere anche solo la minima possibilità di sconfiggerlo, era fingere di lasciarsi manipolare dal nemico e accettare l’immensa forza che quell’insulso mago gli aveva donato. La rabbia, l’odio e la frustrazione che aveva provato in tutti quegli anni e che erano cresciute nel suo cuore mettendo radici in profondità e aumentando di anno in anno, erano state sfogate sulla sua eterna ossessione incurante che in questo modo avrebbe risvegliato una creatura mostruosa che con arroganza credeva di poter sconfiggere facilmente, incurante delle persone che aveva ammazzato a sangue freddo all’arena, incurante che con quel suo gesto avrebbe fatto soffrire le uniche due persone al mondo che davvero contavano qualcosa per lui, le uniche due persone che lo avevano amato nonostante tutto e che lui si era reso conto troppo tardi di amare a sua volta e per le quali aveva sacrificato la sua stessa vita. Bulma lo aveva perdonato per quell’errore che era costato quasi l’estinzione di tutti i terrestri, come in fondo gli aveva sempre perdonato ogni cosa, era lui a non riuscire a perdonare se stesso e a voler cercare in qualsiasi modo di redimersi agli occhi della donna che amava e per la quale si sarebbe sacrificato altre mille volte. Con un tuffo al cuore ripensò ai suoi ultimi momenti prima del suo sacrificio, quando i piccoli Trunks e Goten erano andati in suo soccorso convinti di poterlo in qualche modo trarre in salvo.
 
Vegeta aprì gli occhi a fatica. I suoi muscoli gridavano di dolore ad ogni suo respiro. Quel mostro era davvero potente. Che sciocco era stato a sottovalutare Majin Bu. Che sciocco era stato a mettere davanti il suo dannato orgoglio invece che i suoi cari. Mise a fuoco l’ambiente circostante e il suo cuore si fermò per un istante. Che cosa ci faceva lì Trunks? Perché non si era messo al sicuro assieme agli altri al palazzo del supremo? La paura che potesse accadere qualcosa di male a suo figlio lo terrorizzò come nulla al mondo prima di quel momento e per la prima volta nella sua vita capì quanto amasse quel bambino nato dall’amore con la donna che tanti anni prima aveva rapito il suo cuore. L’unico essere vivente al mondo che l’aveva guardato con amore superando la sua corazza di sanguinario principe dei sayan. L’unica cosa cui riuscì a pensare in quel momento, era che voleva mettere al sicuro il suo bambino ed impedire a tutti i costi che gli venisse fatto del male. Avrebbe sacrificato sé stesso pur di proteggere lui e sua moglie.
-Ascoltami, Trunks. Tu dovrai prenderti cura di tua madre.- Suo figlio era un bravo bambino, sapeva di poter contare su di lui.
-Perché mi guardi così? Che vuoi fare papà?- Trunks lo guardava perplesso. Gli occhi celesti così simili a quelli della donna che faceva cantare il suo cuore con un semplice sguardo, brillavano curiosi e allo stesso tempo preoccupati per le sorti di un padre che mai in tutta la sua vita gli aveva mostrato un briciolo di amore.
-Farò giustizia. Majin Bu ha le ore contate.- Un sorriso mesto si aprì sulle labbra dell’orgoglioso principe dei sayan. -Trunks, se non ricordo male figliolo, da quando sei nato non ho mai avuto un gesto affettuoso nei tuoi riguardi. Lascia che ti abbracci.- Aveva stretto il bambino a sé come mai aveva fatto prima di quel disperato momento. Il calore che provò durante quell’unico effimero contatto riscaldò il suo cuore di ghiaccio e gli infuse il coraggio necessario ad andare fino in fondo.
-Papà, così mi metti in imbarazzo.- Si lamentò il bimbo arrossendo ma felice di quel gesto paterno che da quando era nato mai aveva ricevuto e che aveva bramato come l’aria.
-Perdonami figliolo, non sono stato un buon padre.- La consapevolezza che ci fosse un unico modo per impedire al bambino di seguirlo verso morte certa era chiara nella sua mente. -Ti chiedo scusa, figlio mio.-
Colpì prima lui e poi il piccolo Goten stordendoli entrambi e affidandoli a Junior in modo che li portasse in salvo. Nel suo cuore sperava davvero che Trunks riuscisse a perdonarlo. Non aveva trovato un altro modo per impedirgli di mettersi in pericolo. Un altro avrebbe spiegato la situazione a parole ma non lui. Lui non ci sapeva fare con queste cose, lui non sapeva esprimere quello che provava con la voce ma a volte i gesti valgono più di mille parole. Ormai aveva deciso, avrebbe sacrificato se stesso per salvare i suoi cari e redimere, almeno in parte, le sue colpe. Aveva deciso e nessuno avrebbe mai potuto fargli cambiare idea…
 
Non si pentiva di quel suo gesto. Nella stessa situazione avrebbe preso la medesima decisione all’infinito pur di salvare le persone che amava. Non era servito a sconfiggere Majin Bu ma a fargli capire che c’era qualcuno di importante nella sua vita. Non era più solo, non doveva pensare soltanto a se stesso ma aveva qualcuno per cui lottare. Qualcuno che contava su di lui e per il quale sarebbe valsa la pena morire. Quello di cui sarebbe stato per sempre grato a sua moglie però sarebbe sempre stato il perdono che lei gli aveva concesso. Dopo quello che aveva fatto pensando egoisticamente a se stesso, dopo tutto il dolore che le aveva inferto con quel suo gesto sconsiderato, lei lo aveva accolto a braccia aperte dopo la battaglia come il più puro degli eroi, felice che fosse ancora vivo, felice che fossero di nuovo insieme nonostante tutto. Lei aveva deciso di curare il suo cuore crepato dall’odio e risanare le ferite che erano state inferte alla sua anima nel corso degli anni in cui aveva vissuto soltanto per la sete di sangue, attraverso il suo amore. Non lo aveva gettato o accantonato nonostante la sua anima fosse in pezzi e erosa dall’odio ma aveva deciso di aggiustarlo donandogli l’amore più sincero e trasformando qualcosa di rotto e privo di valore che chiunque avrebbe gettato, in una meraviglia sfavillante come l’oro, rendendolo un eroe. Un guerriero puro e senza macchia che giorno dopo giorno espiava le sue colpe una alla volta. Il rospo era diventato principe. Perfino recentemente, durante il Torneo del Potere non aveva fatto altro che pensare alla sua famiglia e alla bimba appena venuta alla luce. Aveva lottato e superato i suoi limiti per loro e adesso poteva godersi la loro compagnia pregustando questo momento di pace in mezzo alla natura senza preoccuparsi troppo di quanto sarebbe durato.
Un lieve strattone ai suoi pantaloni lo distolse dal flusso dei suoi meditabondi pensieri. Abbassò lo sguardo e vide la sua piccola Bra, che lo aveva raggiunto gattonando, sorridergli e fargli cenno con le manine l’intenzione di essere presa in braccio. Vegeta sorrise soddisfacendo la richiesta della sua dolce principessa che sorridendo a sua volta guardava estasiata suo padre. Ammirò la bellezza di quella dolce creatura che aveva iniziato ad amare non appena aveva posto lo sguardo su di lei per la prima volta. Ma cosa stava pensando? Aveva iniziato ad amarla non appena aveva percepito la sua flebile aura nel corpo di Bulma. L’emozione provata in quel momento era stata così forte e profonda da mozzargli il respiro. Sarebbe diventato di nuovo padre. Incontrollabile una lacrima era scesa sul suo viso, prontamente raccolta da Bulma che, elargendogli il più bel sorriso mai visto sulla faccia dell’intero universo, lo aveva abbracciato, regalandogli ancora una volta quell’amore che in tutti quegli anni gli aveva permesso di continuare a vivere e guarire la sua anima sofferente e corrotta, lacerata da un passato colmo di dolore, morte e crudeltà, rendendola pura e serena, libera da ogni tormento. Provò un familiare calore nel petto. Un calore che ormai aveva imparato ad associare alla felicità. Spostò lo sguardo verso Bulma incatenando i suoi occhi di onice con le splendenti pozze cristalline della sua amata. La donna che aveva reso tutto possibile e che faceva sussultare il suo cuore ogni volta che i loro sguardi si incrociano, gli stava regalando uno dei suoi dolci sorrisi. Un sorriso si allargò sul volto del sayan senza che lui nemmeno se ne rendesse conto. Un riflesso automatico allo sguardo da cerbiatta della donna della sua vita. E perché mai avrebbe dovuto nasconderlo? Perché non avrebbe dovuto mostrare la felicità e l’amore che provava per sua moglie? Bulma, la sua Bulma. Una terrestre caparbia, testarda e per certi versi un po’ folle, che aveva trasformato lo spietato e sanguinario principe dei sayan in un uomo d’onore capace di amare qualcun altro oltre se stesso e per questo, più che per la vita meravigliosa che lei gli aveva permesso di vivere, le sarebbe stato grato per sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




*Il termine “metanoia” deriva dal prefisso greco meta, che significa “oltre”, “dopo” o “con”, e nous, che significa “intelletto” o “mente”. Tradotto letteralmente, metanoia significa un cambiamento delle idee o degli scopi di una persona. Il termine viene generalmente usato in due contesti diversi, entrambi dei quali mantengono questo significato letterale. Nella Bibbia il termine è generalmente tradotto con “pentimento”.
   
 
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