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Autore: Aysa R Snow    08/06/2018    0 recensioni
Non tutti abbiamo la fortuna, di trovare la persona giusta, e non perderla.
Tutti abbiamo perso, c'è chi perde qualcosa, chi perde qualcuno.
Lei, ha perso la sfida più importante della sua vita: non perdere la sua persona giusta.
Ma se invece, la sfida più importante della sua vita, fosse riuscire a vincere il dolore che ormai è diventato un peso troppo ingombrante?
Questa è la storia di Arianna, o come lei ama farsi chiamare, Aria.
Perché lei è così.
Leggera e pura come l'aria che respiri in alta montagna.
Questa, non è una classica e semplice storia d'amore.
Questa, è una battaglia.
Da una parte c'è l'amore, dall'altra la vita.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 La morte non è la più grande perdita nella vita. La più grande perdita è ciò che muore dentro di noi mentre stiamo vivendo.
-Norman Cousins

 

5 anni dopo

 

"A domani Celine, ci sarai no?"domando avvolgendomi la sciarpa al collo.

 

"Certo, sarò la prima ad arrivare!"sorrido sapendo già che l'indomani, sarebbe stata davvero la prima ad arrivare.

 

Quella ragazza è sempre in anticipo, mai un ritardo da quando l'ho conosciuta.

 

"Aria! Ti serve un passaggio?"mi volto verso Jonas che mi sorride sornione.

 

"Sta nevicando, non è il caso di andare a piedi fino a Glassvindu." Annuisco, in effetti ha ragione.

 

Glassvindu, vetrata.
È così che la chiamano qui.

 

Quando tre anni fa decisi di trasferirmi in Norvegia e i genitori di Davide mi hanno proposto di vivere a Glassvindu ho esitato.

 

Insomma, non ho mai affrontato del tutto la perdita di Davide.

 

Finite le vacanze estive ho ripreso normalmente la scuola, facendo finta di niente.

 

Fingendo di non aver mai perso una parte di me.

 

Ma in realtà ancora mi atterrisce l'idea che lui non ci sia più.


Davide ha portato via con se anche una parte di me.

Ogni giorno non faccio altro che pensare che ogni giorno, muoiono delle persone.

Che ogni singolo giorno qualcuno smette di esistere, senza un perché.

Come se un musicista inesperto suonasse una nota al posto di un'altra.

Come se un bambino maldestro calciasse un pallone in un vetro mandandolo in frantumi.

Ma poi penso che un motivo c'era.

Il musicista era inesperto, il bambino maldestro e Davide aveva un cancro.

E poi capisco che in realtà niente accade e basta, c'è sempre un motivo.

E questo mi manda in bestia.

Il musicista può suonare ancora una volta il suo pezzo.

Il bambino potrà mirare meglio alla porta.

Ma Davide non potrà rivivere.

Ricordo ancora la nostra promessa.
Vorrei avere a disposizione un solo giorno in più.
Così da poter portare Davide nel mio posto felice.

"Hey Aria, ci sei?" domanda Jonas sventolando la sua mano a pochi centimetri dal mio viso.

"Eh... Cosa? Sì, andiamo." esco tenendo lo sguardo basso mentre gli ultimi stralci di ricordi tornano nel loro piccolo angolo solitario.

Salgo in auto e allaccio la cintura mentre Jonas aspetta che il motore si riscaldi.

Qui le temperature sono sempre così rigide che i motori delle auto necessitano sempre di un po' di tempo.

"Domani verrai con qualcuno alla festa?" mi volto verso Jonas che tenta disperato di scaldarsi le mani strofinandole sui jeans.

Lui evita il mio sguardo, tenendolo fisso sulla strada illuminata.

"No, verrò da sola." lui annuisce, e inizia a tamburellare con le dita in modo nervoso sul volante.

"Potrei passare da te, potremmo andare alla festa di Eva insieme, se ti va." sorrido leggermente.
Jonas è sempre stato molto dolce e impacciato.

Celine è convinta che io gli piaccia, e forse ha ragione.

"D'accordo, a che ora?" domando mentre l'auto inizia a muoversi.

"Passo a prenderti verso le otto?" chiede a sua volta Jonas entusiasta.

"Perfetto!" abbasso lo sguardo sul cellulare che poco prima aveva vibrato per un breve periodo.

Scorro sui vari messaggi e un attimo prima di metterlo via noto la data.

Due ottobre.

Come ho fatto a scordaremene?

Poso stizzita il cellulare nella borsa.
Poggio la testa contro il vetro maledicendomi più volte.

"A domani, Aria." mi saluta allegro Jonas fermandosi davanti casa.

"A domani." scendo velocemente senza guardarlo in faccia.

Mi sento in colpa quasi subito per essere stata così brusca con lui, ma ormai è tardi.
Jonas è già andato via.

Rientro in casa sbattendo la porta e lasciando la borsa accanto alle scarpe.

Faccio per andare in camera ma poi torno indietro per prendere il cellulare.
Cambio idea e mi fermo al centro della cucina con la testa in subbuglio.

Mi aggrappo al lavello, stringendolo con tutta la forza che ho in corpo.

Improvvisamente il senso di colpa mi attanaglia lo stomaco e la gola rendendomi difficile respirare.

Mi lascio scivolare a terra, prendendo la testa tra le mani.

Il cellulare nella mia tasca inizia a suonare.
Aspetto che finisca ma chiunque mi sta chiamando insiste.

Esasperata, lo prendo e lo scaglio via, distruggendo lo schermo.

Urlo, in preda al dolore.

Improvvisamente mi sento come svuotata, non sono più triste, arrabbiata o soffocata dai sensi di colpa.
Non fa più male, non sento più niente.

Me ne sto ferma a fissare il mio cellulare ormai distrutto, e resto così per tutta la notte.

Dalla mia stanza sento la sveglia suonare, sono rimasta sveglia tutta la notte ma non sono stanca.

Ho come l'impressione che il mio corpo non abbia mai avuto così tanta energia.

Mi alzo e inizio a riordinare casa.

Vado avanti fino alle sette e mezza, poi prendo il mio portatile e inizio a spulciare tra le varie offerte per un biglietto aereo.

Alle sette e quarantacinque qualcuno suona al campanello ed io vado ad aprire.

Jonas sorride sornione mentre io capisco di aver completamente dimenticato la festa di Eva.

"Oh accidenti, sono in ritardo vero?" domando facendolo entrare.

Jonas ride e mi segue in cucina.

"Un minuto e vado a prepararmi." Jonas si avvicina curioso.

"Cosa combini? Dove devi andare?" domanda senza distogliere lo sguardo dallo schermo.

"Italia, devo fare una cosa importante." mi siedo piegando una gamba sotto al sedere.

"Ho provato a chiamarti, ma partiva la segreteria quindi ho pensato di..."

"Il mio telefono si è rotto." dico subito mentre la stampante inizia a lampeggiare.

Aspetto senza fiatare che quest'ultima finisca.

Jonas inizia a passeggiare per la cucina quando ad un certo punto lo sento borbottare.

"Cos'è successo al tuo telefono?" lo raggiungo e vedo che ha il mio cellulare tra le mani.

"Niente, vado a cambiarmi. Torno subito."

<>

< Era in ritardo e quando ho provato a chiamarla partiva la segreteria.
Allora ho pensato di salire per accertarmi che non si fosse dimenticata e mi ha aperto con addosso i vestiti del giorno prima.
Mi ha fatto entrare e ha preso dei biglietti aerei per l'Italia online.
Si comporta come se fosse sotto l'effetto di una qualche droga, ma allo stesso tempo mi sembra di star guardando un fantasma.>>

<<È successo qualcosa? Sarà solo stressata.>>

"Come sto?" Jonas alza svelto lo sguardo dal cellulare.

"Oh Aria..." sussurra sorridendo leggermente.

"Sei... sei bellissima." faccio un giro su me stessa.

"Capelli raccolti o no?" chiedo tenendo i capelli raccolti in una mano.

"Lasciali così." sorrido, è sempre così carino con tutti?

"Andiamo, è tardi?" senza pensarci troppo lo supero e raggiungo la porta.

Gli faccio cenno con la testa di seguirmi.

Eva non ha badato ha spese, come sempre dopotutto.

L'enorme attico è gremito di persone.
Nonostante la folla la musica non troppo alta risulta comunque ben udibile.

Mi guardo intorno e noto tante facce familiari.
Ad un tratto sento tutta l'euforia abbandonare il mio corpo.

La gente, la musica e le luci mi fanno venir voglia di andar via.

Improvvisamente tutto sembra molto più caotico e istintivamente faccio un passo indietro.

"Questo vestito è troppo corto, non lo sopporto." penso tirando la gonna aderente verso il basso.

Resto immobile a torturarmi le dita, ma ad un certo punto sento una mano calda posarsi sulla mia spalla.

"Va tutto bene?" la voce calma di Jonas mi fa trasalire.

Faccio cenno di no con la testa spostando il mio sguardo verso il suo.

Senza aggiungere altro poggia una mano sulla mia spalla e con l'altro braccio mi avvolge la vita.

Andiamo via, senza che nessuno dei due dica nulla.

"Sai Aria, dal primo momento in cui ti ho vista non ho fatto altro che pensare a quanto fossi bella.
Anche prima di arrivare qui, quando ti ho vista un po' trascurata, con i capelli in disordine e con l'espressione di chi assiste al più bello dei suoi sogni ma allo stesso tempo al peggiore dei suoi incubi.

Nei tuoi occhi ho sempre intravisto una scintilla, flebile e quasi invisibile.
Cinque anni fa sei arrivata qui e sei stata un enorme mistero per tutti, per anni.

Chiunque ti vedesse pensava "chissà quanto dolore regge quel povero cuore" senza sapere che un giorno, quel dolore ti avrebbe portata a diventare un involucro vuoto.

Uno scrigno svuotato di tutte le sue ricchezze." Jonas si ferma, fissando le sue mani saldamente attaccate al volante.

"Però io so anche che tu, oltre ad essere una bellissima donna, hai anche una bellissima anima.
E l'ho capito guardandoti parlare a telefono con tua madre, con la tua amica.

Per un breve istante sono sicuro di aver intravisto un lato di te sepolto prima di arrivare qui.

Un qualcosa che solo in pochi hanno avuto la fortuna di vedere.

Quindi, l'unica cosa che vorrei chiedere a questo Natale è sapere cosa ti ha privata della tua felicità."

   
 
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