Film > Batman
Ricorda la storia  |       
Autore: x_X_Rapunzel    08/06/2018    3 recensioni
[Ispirato a "Suicide Squad"] La storia di come l'ingenua dottoressa Harleen Quinzel diventò la famigerata Harley Quinn.
***
Harleen guardò la pistola per un secondo e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del Joker.
«Sparami, fallo.» disse, nel suo tono non c’era paura solo disperazione «Non voglio vivere senza di te.»
Il clown alzò gli occhi al cielo, infastidito da tutta questa sua devozione per lui. “Stupida ragazzina!” pensò “Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote!”. Avrebbe potuto spararle un colpo, dritto alla testa, e se la sarebbe levata di torno per sempre. Ma lei non aveva paura di morire, no. E che gusto c’era nell’uccidere se la tua vittima non ha paura? Dove sta il divertimento?
«Attenta a quello che dici.» l’avvertì
«Sono disposta a morire per te, perché non lo capisci!» urlò Harleen esasperata «Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco»
Quelle parole risuonarono nella mente del Joker. “Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco”. Era veramente disposta a tutto per lui? L’avrebbe scoperto, allora. E forse sarebbe anche riuscito a togliersela dai piedi nel frattempo. “La tua assoluta devozione sarà la tua rovina, Harleen Quinzel.”
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Method to the Madness

Image and video hosting by TinyPic


Nessun luogo al mondo era più tetro, angusto e orripilante dell’Arkham Asylum e nessuno “sano di mente” ci avrebbe mai messo piede di sua spontanea volontà.  L’Asylum non era un semplice manicomio situato nella periferia di Gotham City, no: era l’“Ivy League” della pazzia. Tutti i più grandi nemici di Batman considerati legalmente pazzi venivano rinchiusi qui dentro per garantire la sicurezza degli abitanti di Gotham. Qui dentro era rinchiuso il peggio del peggio ma di sicuro nessuno avrebbe mai potuto raggiungere la sua fama in fatto di peggio.

E questo Harleen lo sapeva bene.

Se ora si ritrovava a percorre i bui corridoi sotterranei dell’Asylum non era certo per la sua volontà. Aveva accettato di lavorare qui solo e soltanto per lui, e non solo: tutto quello che aveva fatto era stato per lui. La ragione per cui aveva studiato e si era in seguito laureata a soli ventitré anni in psichiatria in una delle migliori Università della nazione, era lui.

Tutto per lui.

Si ricordava ancora la prima volta che l’aveva visto: era in primo piano sulla copertina del giornale di Gotham, un’altra rapina a mano armata da parte del Joker e dei suoi scagnozzi nei confronti di una delle banche più potenti di Gotham City. La polizia, il commissario Gordon, Batman, tutti erano alla sua caccia. Forse alla fine, dopo diversi scontri e inseguimenti, l’avrebbero catturato e Batman l’avrebbe sbattuto all’Arkham Asylum. E nel giro di qualche giorno, o qualche settimana al massimo, lui sarebbe scappato con uno dei suoi mille trucchi e sarebbe ritornato a seminare il panico in città. Finiva sempre così.

Mentre il rumore dei tacchi di Harleen risuonava lungo i tetri corridoi e attraverso le mura e si faceva strada verso la sua cella, la ragazza si domandava se davvero fosse questa la cosa giusta da fare.
Era davvero pronta per affrontare il Joker?

Il dottor Arkham l’aveva avvertita bene, l’aveva messa in guardia su tutto quello che doveva sapere.
“Questo non è un gioco, Harleen” le aveva detto “Il Joker non è un semplice criminale: è un pazzo, un folle che non si fermerebbe davanti a niente e a nessuno pur di raggiungere i suoi scopi.”
Ma Harleen lo aveva assicurato di essere al corrente della pericolosità della sua richiesta di lavorare con il Joker e se ne assumeva tutte le responsabilità. Voleva, anzi doveva farlo. Il suo prossimo obbiettivo era quello di scrivere un libro su tutti i casi che fosse riuscita a trattare nella sua carriera e il Joker era il caso più importante e complesso che qualsiasi psichiatra avrebbe mai potuto affrontare nella sua vita.

Erano servite parecchie settimane ad Harleen per convincere il dottor Arkham a concederle il caso del Joker. E tutto questo con l’aggiunta di ulteriori misure di  sicurezza  che il dottor Arkham aveva deciso di prendere per la salvaguardia di Harleen e a nulla erano servite le sue proteste nei confronti di quella decisione per lei troppo severa.
“O così o niente, dottoressa Quinzel” aveva detto “Non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa, questa è anche una mia responsabilità. Sono il direttore, dopotutto!”

Ma alla fine erano arrivati ad un accordo e ora lei era proprio lì dove doveva essere, davanti alla cella del Joker. Ai due lati della grande porta blindata c’erano due gigantesche guardie armate fino ai denti che controllavano l’ingresso.
Avrebbero potuto uccidere qualsiasi uomo senza alcun problema, ma Harleen era sicura che per il Joker non avrebbero rappresentato alcun ostacolo. Sarebbe stato in grado di liberarsene con un battito di ciglia, pensò Harleen.
Con mani tremanti, la dottoressa si sistemò gli occhiali sulla punta del naso prima di parlare.

«Sono la dottoressa Harleen Quinzel…» mormorò la ragazza mostrando il suo ID ad una delle due guardie «Sono stata assegnata al…»
«Okay, va bene» la voce profonda della guardia la interruppe bruscamente, lasciandola a boccheggiare a vuoto. L’uomo lanciò un veloce sguardo al suo compagno e senza proferire una parola i due aprirono la pesante porta blindata senza il minimo sforzo.
Il rumore sinistro emesso dalla porta fece salire dei brividi lungo la schiena di Harleen, che proprio in quel momento iniziò a chiedersi perché  l’aria di questo posto puzzasse così tanto di morte.  I suoi occhi blu si fissarono sulla stanza buia, alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa, che avesse potuto giustificare la sua voglia di darsela a gambe levate.
«Di qualsiasi cosa abbia  bisogno, dottoressa…» la guardia parlò di nuovo, poggiando una mano sulla spalla di Harleen, in un gesto che avrebbe dovuto rassicurarla «non esiti a farsi sentire.»
Harleen annuì «Grazie.»
«Stia attenta con lui, è un folle.» aggiunse l’altra guardia poco prima che la porta si chiudesse dietro di lei, con un suono poco tranquillizzante.

La cella era buia, nera quasi, fetida e terribilmente tetra se non fosse stato per l’unico spiraglio di luce proveniente da una finestrella scavata nel muro. Era una luce debole ma riusciva ad illuminare gran parte della stanza.
Harleen si guardò intorno, i suoi occhi analizzarono lo spazio in lungo e in largo finché non lo vide. Là, seduto all’unico tavolo presente nella stanza, lontano dalla luce rassicurante del sole.
I suoi occhi glaciali erano fissati nel nulla, vuoti, il suo profilo rivolto lateralmente. I capelli di colore verde intenso contrastavano con la pelle pallida e bianca, segnata da qualche ferita e graffio e coperta da stravaganti tatuaggi. Un vago sorriso era stampato sulle labbra rosse e sottili.
Harleen si mosse con cautela per avvicinarsi a lui. Tutto quello che aveva sentito e tutto quello che aveva letto e studiato, non potevano nemmeno essere paragonati al vederlo davanti ai suoi occhi increduli.

Harleen si schiarì la voce «Salve, sono la dottoressa Quinzel, la sua nuova psichiatra»
Niente. Nessuna risposta.
La ragazza allora sbatté il blocco degli appunti su cui scriveva e annotava le informazioni durante le sedute sul tavolo in metallo di fronte a lei. Bam.

Il rumore attirò finalmente l’attenzione del clown, che ora la guardava attentamente in faccia. I suoi occhi così pallidi e chiari studiavano ogni singola caratteristica del suo bel viso. I suoi capelli biondi raccolti in un morbido chignon che le incorniciava il viso, gli occhi blu come l’oceano nascosti dietro alle lenti degli occhiali da vista, il naso alla francese e le sue labbra rosse e carnose.

«Oh, buongiorno dottoressa» mormorò il Joker con voce grave, senza staccarle gli occhi di dosso «Finalmente ho un po’ di compagnia in questa cella buia, cominciavo a sentirmi un po’ solo…»

«Sono desolata, Mr. Joker ma queste sono precauzioni che è stato necessario prendere al fine della mia sicurezza e quella dell’intero Asylum. Io…» il discorso della ragazza venne brutalmente interrotto dalla fragorosa risata del clown, seduto di fronte a lei e costretto in una camicia di forza.

«Oh, certo…immagino, dottoressa» disse, sporgendosi con la parte superiore del corpo verso la ragazza, allungandosi sul tavolo per cercare in qualche modo di dividere la distanza che li separava «E dimmi, hai paura?»

Harleen deglutì silenziosamente. Aveva paura? Forse. Anzi, sì. Era intimorita dalla presenza del clown e tutto quello che aveva sentito della sua famosa reputazione non l’aveva certo rassicurata. Il Joker era stato messo in cella di isolamento, tenuto lontano da tutto e da tutti, a causa della sua grande abilità nel manipolare la mente di chiunque gli fosse accanto. Non era raro che all’Arkham Asylum scoppiassero rivolte e disordini tra i criminali detenuti, tutte originate grazie a lui e ai suoi trucchetti ovviamente.
«Qui le domande le faccio io, Mr. Joker» disse Harleen poggiando la penna sul tavolo e fissando i suoi occhi in quelli di lui «E ora è il momento di iniziare la nostra sessione»

«Uh, sei una tipa decisa dottoressa Quinzel!» affermò il clown sorridendo largamente, mostrando i denti coperti dalle griglie in metallo «Questo mi piace…»

Harleen aprì la bocca per iniziare con le domande che aveva preparato ormai da diversi giorni ma prima che potesse pronunciare una qualsiasi parola, il Joker la interruppe ancora
«Comunque non mi hai ancora detto come ti chiami, dottoressa» Il Joker ora si era sporto ancora di più, fino ad arrivare a metà del tavolo «Una ragazza bella come te dovrebbe avere un nome al pari della sua bellezza, non credi?»
Harleen sentì le sue guance bruciare e in quel momento fu davvero grata che la stanza fosse quasi buia.

I suoi occhi di ghiaccio la fissavano con intensità, scrutandone il volte alla ricerca di una qualsiasi paura e incertezza che avrebbe potuto sfruttare a suo favore. Ma con sua grande sorpresa, il clown non trovò nulla.
«Harleen.» mormorò la ragazza «Il mio nome è Harleen Quinzel»
Un piccolo sussulto di sorpresa uscì dalle sue labbra non appena il Joker scoppiò di nuovo a ridere. Ora la sua schiena era contro il sedile della sedia e la sua testa era caduta all’ indietro mentre le risate uscivano dalla sua bocca rosso sangue come un fiume in piena.
«Oh, oh sì mi piace! Mi piace molto!» esordì il clown dopo aver calmato la sua risata «Se lo rielabori un po’ ottieni il nome Harley Quinn! Sai, è un nome che mi mette di buon umore, mi fa sorridere*»
Harleen si schiarì la voce per l’ennesima volta e prese tra le mani il blocco con i suoi appunti. Fece scivolare lo sguardo sulla pagina ricoperta di domande che lei stessa aveva scritto e per qualche minuto nella stanza calò il silenzio più assoluto.

«Che cosa prova quando uccide, Mr. Joker? Quando provoca dolore alle persone?» chiese la dottoressa, alzando lo sguardo per incontrare quello del criminale di fronte a lei.

Il sorriso del Joker si allargò ancora di più «Non provo niente, dottoressa.» spiegò il clown «Ma quando sento le urla disperate delle persone, le loro preghiere per aver salva la vita…quando vedo la città in fiamme distruggersi davanti al mio sguardo, mi viene…»

«Le viene?» chiese impaziente, sporgendosi dalla sedia per avvicinarsi a lui

«Mi viene da ridere!» esclamò ridendo «Mi diverto a dismisura a vedere le facce di quei poveretti! Ma ancora di più, mi piace vedere la faccia di quello stupido pipistrello volante…piacerebbe anche a lei dottoressa, ne sono sicuro!»

«Ne dubito, Mr. Joker. Non traggo piacere nel vedere la gente morire, non mi diverte affatto» affermò la ragazza abbassando lo sguardo.
«Oh, davvero?» le chiese il Joker, il suo tono era quasi dispiaciuto «E allora cosa mai a questo mondo la diverte, dottoressa?»
«Il divertimento non è una delle mie priorità» rispose, sistemandosi gli occhiali e guardando dappertutto tranne che nei suoi occhi «E ora torniamo alla sessione…»

«Oh! Che cosa sentono le mie orecchie?» sbottò il clown «Dottoressa, ma cosa sarebbe la vita senza divertimento, mh? Non servirebbe a niente!»

Gli occhi blu della ragazza ritornarono a fissarsi su quelli pallidi del Joker. Era probabilmente l’uomo peggiore che il mondo avesse mai visto: un super-criminale, un pazzo, un folle che si voleva soltanto divertire alle spese dei poveri malcapitati che gli capitavano a tiro. Gente innocente, lavoratori con figli e famiglie che volevano solo vivere tranquilli. Gente che non meritava tutto quello che quel clown spregevole causava loro e a tutta la comunità di Gotham City. E allora perché lei si sentiva così attratta da lui, anche se era tutto così sbagliato? Perché sentiva che c’era un legame tra loro anche se erano così diversi e questa era soltanto la prima volta che l’aveva visto?

«Ho ragione, dottoressa?» chiese il Joker, accorgendosi dello sguardo insistente della ragazza su di lui «È per questo che se ne sta in silenzio? Ha capito che ho ragione?»

Harleen scosse la testa «Il divertimento è solamente il suo modo per avere attenzione…oppure un modo per dire la verità senza necessariamente doverla dire sul serio…»

Il Joker sorrise. Un sorriso ampio e largo che gli prendeva quasi tutta la faccia «O per avere potere, dottoressa.»

La schiena di Harleen era appoggiata ora allo schienale della sedia, i suoi occhi guardavano dritto davanti a lei «L’ascolto» disse solo, incitandolo ad andare avanti.

«Falli ridere e avrai un pezzo di loro» affermò il clown «e se hai un pezzo di loro, allora li hai in pugno e puoi piegarli alla tua volontà*»

I suoi occhi di cristallo avevano un sinistro luccichio, qualcosa che avrebbe dovuto allarmare qualsiasi persona che si trovava a così poca distanza dal Joker, ma non Harleen. No, lei era affascinata da lui, da come parlava e come lo diceva. Era tremendamente interessante.

La mano di Harleen scribacchiò velocemente qualcosa nel suo blocco degli appunti, annotazioni di quello che il Joker le aveva appena detto «P-penso che sia il caso di proseguire con le domande, Mr. Joker» parlò, voleva apparire sicura ma la sua voce flebile la tradiva «E d’ora in poi niente più interruzioni, almeno per questa seduta. Chiaro?» continuò.

«Oh, certo, come desidera» il clown sorrise «Proceda pure, dottoressa, sono tutto orecchi.».








Note dell' autrice:
Ciao a tutti.
Ho deciso di scrivere questa storia sull'origine di Harley Quinn perché l'argomento mi ha sempre affascinato. Ci sono tante versioni possibili riguardo alla "nascita" di Harley e io ho deciso di scrivere la mia. 
Prima di scrivere questa storia mi sono documentata su diverse fonti (cartoni animati, diversi fumetti, alcuni film tra cui Suicide Squad ovviamente, ecc) e mettendone insieme diversi elementi, ho cercato di creare la mia versione. 
Non so se per ora io ci sia riuscita, ma questo dovete dirmelo voi.
Se la storia vi è piaciuta o la trovate interessante e volete che io la continui (o anche se volete muovermi qualche critica, ovviamente) mi piacerebbe davvero moltissimo se mi lasciaste qualche recensione. Lo apprezzerei davvero tanto. 
Grazie se siete arrivati fino a qua e avete avuto voglia di leggervi tutto il papiro che ho scritto. 


*(primo asterisco) questa frase è tratta dal cartone animato di Batman: "The New Batman Adventures", Mad Love (espisodio 21)
*(secondo asterisco) quella frase in particolare e la conversazione scritta in corsivo, l'ho presa da un fumetto chiamato "Suicide Squad" (The New 52) dove viene trattata l'origine di Harley Quinn 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Batman / Vai alla pagina dell'autore: x_X_Rapunzel