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Autore: Ndektm    09/06/2018    0 recensioni
Amare l'aristocrazia è come amare il potere, e nel 1865 fu proprio un grave problema per Lush Catline, giovane parigino.
Fin dove spingersi? Ne varrà la pena?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Storico
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Eravamo entrambi pronti per una storia, una conoscenza…
Sai, nel 1865 non è tollerato né ben visto l’amore tra due uomini, quando lo sarà mai?!
Vivendo nel centro di Parigi ero abituato ad ogni tipo di novità, e la mentalità parigina era la più aperta di tutta Europa a quel tempo.
Si, io andai a quell’appuntamento, dovevo andarci e dovevo essere felice e spensierato, almeno mi convincevo di questo.
Lui era Christian, un bell’uomo davvero, curatoaltobiondo il tipico ragazzo affascinante francese. E non meno importante, ricco. Proveniva da una delle famiglie più benestanti francesi, quelle che avevano possibilità di comprarti e venderti in un batter d’occhio.

Come l’ho conosciuto?

In una delle centinaia di feste che la sua famiglia organizzava ogni anno, invitando anche persone di ceto medio e basso. In una di queste mi ritrovai con mia sorella Katia seduti a chiacchierare del più e del meno, ed ovviamente criticavamo alcuni dei presenti, quando un uomo di buona postura si rivolse a noi, col suo dolce modo. Pensai che volesse ballare con mia sorella, ma la sua presenza non era dovuta a questo.
 
“Scusi Signor Catline, potrei rivolgergli delle questioni?”
 
A ciò io rimasi alquanto esterrefatto, avevo solo 16 anni e darmi del signore mi fece rabbrividire, mia sorella era di 4 anni più grande di me, e mi rivolse uno sguardo interrogativo, non sapevamo chi fosse.
Da persona educata mi alzai e mi feci guidare da quel misterioso uomo, e solo quando cominciò a salire le scale capii che era uno della famiglia, a noi ospiti non era permesso l’accesso ai piani superiori.
Al primo gradino di quella lunga scala interruppi il silenzio.

“Scusa ma dove staremo andando”

Dissi quasi con sospetto.

“Nel salone superiore”

Non mi rivolse lo sguardo e manteneva la gamba destra tesa.

“Per far cosa?”

Prontamente risposi.

“Parlare.”

Questa volta si girò, e potei osservare quei meravigliosi occhi azzurri. Era serio, era qualcosa di importante.
Capii l’imbarazzo di quell’uomo sulla 20ina d’anni, ne provavo anche io.

Cosa avrebbe mai voluto da me?

La sua famiglia e la mia non avevano un buon rapporto, ci limitavamo a partecipare all’eventuali feste, perché io e Katia volevamo conoscere gente nuova.
Ci furono secondi interminabili, ma lui si voltò, non andando avanti aspettando un mio consenso.

“Scusi Signor Sortaine, ma non comprendo il motivo di tale invito.”

Dissi io con tono sicuro ed impassibile, che feci per dargli le spalle e dirigermi verso il tavolo dove sedavamo io e Katia.
Non so perché mi voltai, ma non volevo perder tempo in affari che per la mia giovane età non potevano minimamente interessarmi né dovevano condizionarmi.
Dopo alcuni secondi mi incamminai verso il tavolo, non volevo apparire presuntuoso né apatico, lo so che fu difficile, ma gli aristocratici non mi convincono molto. Non so quale fu la sua reazione, probabilmente rimase indifferente.

Quando girai alla destra della colonna corinzia per ritrovare Katia vidi Cloe, cara amica della famiglia Sortaine ed anche una delle mie cugine maggiori. Era realmente ben vestita, un abito lungo dorato ed uno scialle le copriva leggermente i polsi, d’altro canto aveva un corpo pazzesco e poteva permettersi i migliori abiti di tutta Parigi.

Ma l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento fu di domandare chi fosse quell’uomo, poteva conoscerlo forse, chissà.

“Cloe ma della famiglia Sortaine quali dei figli del signore sono presenti alla festa stasera?”

“Pare nessuno, sono tutti fuori in questo periodo, proprio ieri mi è arrivata una lettera da Crodo”


Lei rispose sicura e non pareva turbata dalla mia domanda.

“Sai, prima ho visto un uomo sulla 20ina, mi ha chiamato e mi voleva far salire al piano di sopra, perciò pensavo fosse della famiglia.”

Dissi io quasi stufato ed infastidito ma la mia curiosità cresceva.
Lei tentennò parecchio e fissò più volte il pavimento marmoreo di quella bellissima stanza comune, per poi alzare lo sguardo ed incrociare il mio, era assai confusa.
“No, non mi pare proprio che sia della famiglia Sortaine…poteva essere un servo!”

Io le sorrisi ma non sembrava un servo, così curato e con un portamento regale.
Senza perdermi i n chiacchiere sulla questione, la invitai al tavolo, Katia sembrava impaziente, me ne ero andato senza dare spiegazioni e senza riceverne.

Cloe si sedette con noi, e continuammo a criticare e ridere di alcuni dei presenti, tra cui Hermett. Un aristocratico che aveva il monopolio su numerose merci tra cui il sale, ma con tanta ricchezza si ritrovava ad essere un viscido, anzi un depravato. Era diventata davvero una bella serata.

Quando rivedo il giovane ragazzo vicino la penultima colonna di quella enorme navata, non stava fissando, ne pareva interessato particolarmente a qualcosa. Aveva uno smoking diverso da quello che portava quando lo vidi la prima volta.
Io spalancai gli occhi, ero un po' spaventato ma non in senso negativo.
Non pronunciai una parola ma il mio silenzio interruppe le risate di Cloe e Katia, che vedendomi paralizzato seguirono il mio sguardo, ed arrivarono a fissarlo anche loro.
Cloe si girò di scatto e con occhi spalancati:

“Christian!? Oddio mica è lui il ragazzo di cui mi hai domandato prima?!

Io non risposi, ero in uno stato di completa confusione.

Bah, la stavo facendo troppo tragica, era solo un ragazzo infondo.
Dopo poco fissai negli occhi Cloe ed accennando un sorriso dissi

“Si, mi pare lui”

Fremevo nel ricevere ulteriori informazioni.

“Oh, allora davvero doveva dirti qualcosa di importante.”

Disse alzando il sopracciglio destro e sorseggiando dello champagne dal suo bicchiere.

“Perché!?”

Mi stavo scomponendo, non riuscivo a rimanere con dubbi.
Cloe si avvicinò lentamente

“È Christian Sortaine, nipote di Blando Sortaine signore di questo bellissimo palazzo.”

Io spalancai gli occhi...

“Scusa Cloe ma non l’ho mai visto da queste parti, né tanto meno nella tenuta Sortaine.”

Dissi io prontamente.
“Lui è figlio di Kayle Sortaine, Signore d’Inghilterra.”

Pensai per quale motivo m’avesse chiamato per parlare di cose, chissà che cose…

“Dai vai! Almeno capirai cosa volesse dirti…!”

Disse mia sorella con faccia maliziosa.
Cloe aveva gli occhi divertiti ed era curiosissima, forse più di me!
Mi alzai di scatto con aria sicura e mi diressi verso quel ragazzo, che stava li cercando di scomparire, pareva anche impacciato.
Sentii vociferare dal tavolo dove sedavamo, quelle ragazze sapevano che ero omosessuale, come lo sapeva no gran parte degli invitati.

“E se fosse uno dei soliti?”

Questo mi balzò in mente, se fosse uno di quelli che vogliono solo quello? Stavo diventando paranoico su un ragazzo che mi voleva “parlare” o forse voleva altro?
Quanti di quelli invitati mi guardavano di soppiatto, senza essere visti dalle loro dame o dai signori presenti alla festa.
Erano tutti spaventati dall’omosessualità, tantissimo.
Forse questo ragazzo, questo Christian non era diverso da tutti loro, voleva portarmi di sopra per far di me quello che tutti gli altri dicevano e pensavano. Io ero altro, davvero.
Mi inchiodai al pavimento, senza avanzare verso di lui.
Attirai l’attenzione di numerosi dei presenti, vedendomi come una statua di marmo, pensando ai miei molteplici errori.
Cloe mi afferrò sotto braccio e si avvicinò al fantomatico uomo, le bisbigliai nell’orecchio

“Lui non sarà diverso.”

Lo dissi stringendo i denti.
“Non lo conosci nemmeno, che pretendi?!”

Disse con un sorriso malizioso, non conosceva tutte le mie sofferenze. Anzi non le conosceva proprio.
Arrivammo nella navata interna della nota colonna.
Cloe lasciò il mio braccio per dirigersi verso Christian, si sistemò i capelli ed una volta pronta gli posò leggermente la mano sul gomito destro, Cloe sembrava veramente bassa rispetto quel giovanotto.
Ero distante circa pochi metri, ma riuscii a sentire quello che si dicevano, anche se voltai le spalle ad entrambi per non dare nell’occhio.

“Ma lei è Christian Sortaine? Figlio del signore d’Inghilterra?”

Domandò con aria meravigliata la mia cuginetta.
Lui si voltò in modo molto rigido, pareva una statua di marmo greca.

“Ah sì, come ha fatto a riconoscermi? A Parigi nessuno sa di me.”

Disse con leggerezza ed era anche divertito dal tono di voce.

“A Parigi le voci circolano velocemente.”

Invidiavo Cloe per la sua capacità di stringere velocemente con uno sconosciuto un rapporto informale, libero, mentre io ero estremamente legato alla formalità ed all’apparire in qualsiasi modo perfetto.
Continuarono a parlare ma non furono faccende assai importante, discutevano della festa e degli invitati, io mi voltai fissandoli di rado, incrociai lo sguardo di Cloe che esclamò con un tono che mi parse ironico e molto ma molto preparato.

“Uh, Christian lasciate che vi presenti mio cugino.”

Io sbiancai.
Lei si avvicinò a me seguita da quello sguardo che pareva assai imbarazzato.

“Lui è mio cugino, futuro ereditiere della casata Catline.”

Io sorrisi per il troppo imbarazzo, non sapevo come comportarmi sincero. Ero completamente impreparato.
Porsi la mia mano come segno di saluto, Lui la prese e carico di imbarazzo la baciò come fanno i cavalieri con le dame. Ma perché baciarla?
Cloe rimase tanto confusa quanto il sottoscritto.

“Io sono Christian Sortaine, ma pare sia inutile presentarsi, sua cugina sa molti me.”

Ma che presuntuoso! Lui confermava tutto il mio odio verso l’aristocrazia.
Cloe sorrise.

“Penso che da parte mia sia doverosa una chiara presentazione. Sono Lush Catline, proveniente dalla casata est della Borghesia francese.”

Con tono sicuro e senza intercalari in modo da apparire il più chiaro possibile.
Cloe voleva ridere.
Mentre il giovane “Signor Sortaine” infilava le proprie mani nelle tasche del pantalone di quel completo blu notte.
“Sua cugina mi diceva che sarà ereditiere della casata.”


Voleva sembrare interessato.

“Oh sì, ma nulla in confronto alla immensa casata che riceverà lei.”

Feci il modesto accennando un piccolo sorriso.

“In verità non sarò io ad ereditarla ma mio fratello maggiore.”

Il suo sguardo puntò il pavimento marmoreo, quasi come frustrato dalla cosa.
Presi velocemente parola.

“Avendo una sorella maggiore questo problema non mi si presenta, essendo il primo figlio maschio.”

Spiegai nel modo più esaustivo possibile.
Lui annuì, sorridendo arricciando le labbra, rimaneva sempre con le mani nella tasca.
Dopo pochi secondi che parsero eterni Cloe ruppe quel ghiacciante silenzio.

“Lush vado da Katia, ormai è da un bel po' che è rimasta da sola.”

Fece un inchino per salutare il Sortaine, stavo per seguirla senza neanche rivolgergli un saluto.

“Lush potrebbe rimanere altro poco tempo? Avrei degli affari da discutere con lei.”

Disse l’uomo.
Cloe di spalle, si voltò

“Tranquillo Lush rimani pure, vado io da Katia, ancora tanti saluti Christian.”

Lui in risposta accennò un sorriso.

Che voleva da me?

Rimasi accanto a lui senza aprire bocca, mentre osservava mia cugina andar via, una volta oltrepassata la colonna mi rivolse lo sguardo.

“Proprio cordiale sua cugina Cloe.”

Pensai volesse domandarmi affari circa la sua vita sentimentale…pareva alquanto interessato

“Si, davvero cordiale.”

Fissai quel suo sguardo cupo che non riuscivo minimamente a decifrare.
Adesso fissava in fondo la navata, cosa mirava? Cercai di scovare qualcosa dietro quelle colonne corinzie…fissava il vuoto.

“Christian, scusi, cosa voleva dirmi? Già la prima volta non andò granché al punto.”

Mi riferivo alla scena delle scale.
Lentamente mi rivolse la propria attenzione.

“Volevo solo offrirle qualcosa da bere, come un buon padrone di casa fa con gli ospiti.”

Io confuso.
“Anche adesso mi starebbe offrendo da bere?

Domandai con aria interrogativa.
“Se vuole.”

Lo misi alle strette e l’imbarazzo uscì fuori tempestivamente.

“Quale sarebbe lo scopo?”

Comincia a spazientirmi!

“Lo scopo? Che scopo dovrebbe avere un bicchiere del miglior vino francese?”

Voleva farmi cambiare idea.

“E questo dovrebbe essere un affare imporatante?”

Dissi io con aria interrogativa.

"Cosa c'è di male nell'offrire da bere?!

Disse con aria scherzosa.

“Non c'è nella di male, ma se fossimo entrambi persone comuni..lei è un aristocratico ed io un semplice borghese, ci sarà qualcosa di più complesso dietro una semplice bevuta.”

Cercai di smascherarlo

Lui fece una faccio interrogativa.

“Spero mi capisca.”


Non ebbi risposta. Mi voltai.
Me ne andai al tavolo.
   
 
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