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Autore: Spoocky    09/06/2018    3 recensioni
La storia partecipa alla 26 prompt challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fan Art [https://www.facebook.com/groups/534054389951425/] Prompt 5/26 ACQUA.
Stephen cade in acqua per l'ennesima volta ma quando Jack tenta di ripescarlo si rende conto di quanto vicino l'amico arrivi a rischiare la vita ogni volta.
Genere: Hurt/Comfort, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: io non possiedo i personaggi e questo lavoro non è a scopo di lucro.

Buona Lettura ^.^

Fu questione di un attimo.

Solo un istante prima Stephen stava osservando la massa d’acqua ondeggiare tranquilla accanto alla paratia della nave, ora quella stessa massa d’acqua si era spostata sopra la sua testa.
Come se qualche spirito balordo avesse ruotato la clessidra del mondo con uno scatto del polso e tutto si fosse rovesciato.
Alzò gli occhi verso l’alto e vide una macchia luminosa ed indistinta: si stava allontanando sempre di più mentre sprofondava, lontano dalla superficie.

Istintivamente agitò i propri arti in spasmi convulsi finché non si ritrovò con il volto sopra il pelo dell’acqua.
Nessuno avrebbe mai potuto definirlo un nuotatore aggraziato ma per lo meno stava a galla.
Almeno fino a quando l’onda successiva non lo ricacciò sotto di nuovo.
Allora qualcosa di robusto si avvolse intorno al suo petto, ancorandolo in una presa salda, e cominciò a trascinarlo verso l’alto.

Poco dopo il suo viso ruppe di nuovo la superficie dell’acqua.
Ebbe un capogiro e la testa gli si piegò all’indietro, aveva la vista appannata e gli occhi bruciavano per la salsedine ma riuscì a distinguere il codino biondo di Jack.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ringraziarlo. Ma non riusciva neppure a respirare e appena socchiuse le labbra cominciò a tossire convulsamente.
Nemmeno si accorse di essere trascinato di nuovo a bordo, grondante ed intirizzito.

Jack strinse Stephen a se e lo avvolse nell’asciugamano che qualcuno gli stava porgendo, strofinandogli vigorosamente braccia e schiena per aiutarlo a riprendersi. La giornata non era delle più fredde ma l’acqua era tutt’altro che tiepida e un forte vento soffiava da Ponente, gonfiando le vele della Surprise.
Tanto di cappello dunque a Thomas Pullings per essere riuscito a rallentare la nave tanto da permettere il loro recupero: Aubrey non aveva bisogno di alzare lo sguardo per sapere che la velatura era stata ridotta per rallentare la nave fin quasi a fermarla.
Non appena la tosse spasmodica di Maturin si fu ridotta ad un rantolo gracchiante, il capitano alzò lo sguardo ed incrociò quello del suo secondo. In piedi di fronte a lui il giovane era pallido e palesemente divorato dall’ansia: un tremito quasi impercettibile lo scuoteva da capo a piedi.
Quasi balbettò nel riferire a Jack che: “Killick sta preparando la vostra cabina, signore. Se voleste accompagnare il dottore di sotto potrei sostituirvi sul ponte.”
“Nessuna vela in vista?”
“Nessuna, signore. “
“Molto bene, signor Pullings, allora fate così: ripristinate la velatura e proseguite verso Est, almeno finché il vento regge. Poi... “ Jack contemplò per un momento in silenzio il corpo fradicio tra le sue braccia “beh, vedremo il da farsi quando sarà il momento. A voi la nave, Tom!”
“Signore.”
Il giovane ufficiale fece un passo di lato per permettere al Capitano di passare, salutò e si diresse al cassero per dirigere le manovre successive.

Stephen era troppo debole o troppo scosso per riuscire a camminare da solo ed Aubrey si risolse a prenderlo in braccio per portarlo di sotto.
Intorno a lui l’equipaggio sembrava assorto dalle normali occupazioni di bordo ma a pelle il comandante percepiva la loro preoccupazione. Vedere il dottore che cadeva in acqua nei momenti più improbabili era ormai quasi una tradizione per i veterani della Surprise, così come il capitano che si tuffava per ripescarlo; ma era strano che il poveretto non si fosse ripreso subito, era strano il rumore che produceva respirando.
Questo lo sapevano loro e lo sapeva anche Jack, che non riuscì a non lanciare un’occhiata oltre la paratia prima di scomparire dalla porta della sua cabina.
Senza accorgersene rimase immobile per diverso tempo a fissare l’oceano.

Al di là della parete di legno, le onde si alternavano sinuose e continue.
Così avevano sempre fatto, così avrebbero continuato a fare.
C’era qualcosa di straordinariamente confortante nella loro regolarità: una massa tranquilla e coerente, un abbraccio avvolgente attorno al loro piccolo mondo di legno e metallo.
Il mare era la sua vita, ma anche un nemico mortale ed indomabile.
Se Stephen fosse stato pienamente cosciente avrebbe forse potuto azzardare il paragone con il paradosso di Achille e la tartaruga secondo Zenone: non importa quanto forte e veloce fosse il primo, l’apparentemente innocua tartaruga lo avrebbe comunque distanziato. Non importa quanto gli uomini evolvano la loro tecnologia, non riusciranno mai a domare l’oceano.
E un giorno questi avrebbe anche potuto reclamare la loro vita.
Pensando al corpo fragile ed indifeso che stringeva, Aubrey per la prima volta si sentì piccolo ed impotente di fronte a tale vastità: quello che considerava il proprio alleato più prezioso si era quasi portato via il suo amico più caro.
Non era la prima volta che Stephen cadeva in acqua ma questa volta era rimasto sotto per parecchio tempo, tanto che Jack aveva temuto per un momento di averlo perso per sempre.
Si era tuffato alla cieca, in un impulso di disperazione, quando improvvisamente l’altro era riemerso annaspando e bevendo. Non era rimasto a galla a lungo, ma in quel poco Aubrey aveva vinto la corrente e lo aveva afferrato, riportandolo a bordo.
Sperava solo che non fosse troppo tardi.

Si riscosse con un brivido e varcò la soglia della cabina per trovare un Killick indaffaratissimo che imprecava a raffica: “Porco di quel fottuto demonio! Mai che uno riesca a tenere i piedi piantati sulle travi del pontile?! Maledetti terrazzani leccapalle figli di rinomata troia! A casa loro dovrebbero stare! Che la divisa del capitano adesso sarà bella che rovinata! Vale più della loro stramaledetta animaccia quel cappotto! Gli venga la peste a quel cane!”
Per sua fortuna, Aubrey era talmente avvezzo ai suoi brontolii da percepirli come un indistinto rumore di fondo, e comunque era talmente preoccupato da non farci caso.
Meglio per lui, altrimenti sarebbe stato spellato vivo.

In sua discolpa, Killick non aveva visto chi fosse lo scampato all’annegamento. Altrimenti mai si sarebbe permesso di insultarlo così.
Non in pubblico almeno, e soprattutto per il timore che gli venisse scatenato contro l’infame fantasma della dispensa.
Jack lo superò senza degnarlo di uno sguardo e si impossessò della sedia davanti al caminetto per deporvi Stephen con la stessa delicatezza che avrebbe usato per un bambino in fasce.
Lo spogliò rapidamente, lanciando gli indumenti bagnati nella direzione generica del famiglio prima di avvolgerlo in una coperta.
Strofinò energicamente gli arti ossuti dell’amico per scaldarlo ed urlò: “Killick! Mettere la caffettiera sul fuoco, presto!”
“Sarebbe che è già su, no?!”
“Per favore, no. Non serve.” La voce di Stephen uscì come un sussurrò appena al di sopra della soglia di udibilità, ma l’orecchio sensibile di Jack lo captò lo stesso.
“Rieccoti fra i vivi, fratello. Come ti senti?”
 
 Stephen tossì e si strinse la coperta intorno alle spalle, rannicchiandosi nel calduccio del fuoco appena acceso: “Adesso va meglio.” Ancora tremava “Mi sento ancora intirizzito ma sto meglio. Certo è stato un bel tuffo.”
“Un bel tuffo? Hai fatto prendere un accidente a mezza nave! Tom Pullings è ancora lì che trema, poveretto. Sei finito sotto per un bel pezzo, te ne rendi conto? Sei proprio un bel tipo: non ho mai visto nessuno cadere così da dietro una paratia, si può sapere come hai fatto?”
Jack non era arrabbiato, solo tremendamente preoccupato.
Stephen lo sapeva bene e procedette ad ignorare il tono infiammato delle sue parole per rispondere placidamente: “Non saprei dirtelo, gioia. Tutto quello che mi ricordo è di essere stato in piedi sul ponte un minuto e di essere sott’acqua quello dopo. L’intera durata della caduta non è rimasta impressa nella mia memoria.”
Jack scosse la testa sbuffando: “Che tipo sei, Stephen!”

Proprio in quel momento entrò Killick con la caffettiera e due tazze di peltro, perché non si fidava a dare in mano al dottore parte del servizio buono di porcellana. Soprattutto non dopo averlo visto cadere in acqua praticamente da solo.
Brontolando sottovoce, appoggiò il vassoio sul tavolo e fece per ritirarsi in cambusa quando il capitano lo prese per un braccio: “Killick sono sicuro che al dottore farebbe molto piacere un boccone di formaggio grigliato per recuperare le forze.”
Il famiglio grugnì e se ne andò, trattenendo le imprecazioni fino a quando si fu allontanato dalla cabina: “Che poteva anche dirlo subito, no?! All’inferno lui, il suo stramaledetto formaggio e quella capra tre volte fottuta! Impiastro lardoso con la stoppa in testa!”

Stephen non aveva potuto controbattere alla proposta di Aubrey in quanto piegato in due da una tosse violenta.
Congedato il famiglio l’amico fu subito al suo fianco, accarezzandogli la schiena e sorreggendolo quando si accasciò per la fatica.
Nel famigliare conforto dell’abbraccio di Jack, il medico si abbandonò allo sfinimento e appoggiò la testa contro la sua spalla finché non smise di sobbalzare.
Solo allora gracchiò: “Vergogna, Jack! Disonore su tutta la tua famiglia fino alla terza generazione dopo di questa! Sei già disgustosamente obeso e ti stai mettendo all’ingrasso da solo: se fossi un’oca saresti la delizia di un fattore. Peccato per il tuo fegato.”  Tossì di nuovo, quasi forte come prima e quasi altrettanto a lungo.
Aubrey continuò a strofinargli schiena e spalle con una mano, sussultando quando percepì distintamente le scapole e le costole che sussultavano sotto le sue dita: “Shh. Piano, Stephen. Cerca di stare tranquillo. Non sforzarti.”
“N-non sforzarti? Tu... infame... tu dovresti sforzarti di più... la prossima... volta... lo faccio di proposito... per farti... fare esercizio.”
Di nuovo la tosse, ma questa volta fu talmente forte da causargli dei veri e propri conati.

Grazie a Dio, Killick era abituato a queste evenienze ed aveva calciato dentro un secchio malconcio prima di preparare il caffè.
Jack non perse tempo a porre il recipiente nel grembo dell’amico, reggendogli la fronte mentre vomitava l’acqua salmastra che aveva ingerito, tossendo tra un rigurgito e l’altro.
Stephen esaurì rapidamente le forze e si accasciò sul petto di Jack, che lo strinse a se, appoggiando una guancia sui suoi capelli radi e sudati mentre gli accarezzava la schiena: “Va tutto bene, fratello. Tranquillo. E’ finita.”
Trascorsero diversi minuti prima che Maturin tentasse debolmente di districarsi e Jack lo riaccompagnasse sulla sedia per mettergli in mano la tazza piena di caffè caldo.
Sapeva che un bicchiere di latte sarebbe stato meglio ma aveva la certezza che Killick avrebbe trovato il modo di vendicarsi se lo avesse rispedito indietro con un’altra richiesta.
Lui lo avrebbe fatto.

Si limitò quindi a sorseggiare il proprio caffè, a un passo di distanza dall’amico e senza mai staccargli gli occhi di dosso.
Lo guardò mentre si accostava la tazza alle labbra con le mani che ancora tremavano e un brivido attraversò anche lui: questa volta avevano rischiato troppo.

Non si accorse che l’amico gli avesse rivolto la parola fino a quando non lo chiamò con insistenza: “Jack? Jack?! Gioia, mi stai ascoltando?”
“Scusami, fratello: mi sono distratto. Cosa stavi dicendo?”
Stephen sbuffò e riprese: “Stavo ragionando sull’acqua, mio caro.”
“Ah! Sull’acqua?” per quanto avvezzo alle peculiarità del medico, Jack non poté trattenersi dall’alzare un sopracciglio divertito.
“Precisamente. Consideravo come sia un elemento fondamentale per la nostra sopravvivenza: se non bevessimo regolarmente moriremmo, e la liturgia ci insegna come il Battesimo ci purifichi del Peccato Originale e ci salvi dalla morte eterna. Per non parlare del fatto che ce ne stiamo servendo come mezzo per liberare il mondo da quella piaga infernale che è Bonaparte. Eppure, non più tardi di un’ora fa quello stesso elemento stava per reclamare la mia vita. Ironico, non ti pare?”
“Sarà! Io non ci trovo proprio niente da ridere.”
“Ma no! Che hai capito?!”

L’arrivo di Killick, che piombò dentro senza bussare con lo spuntino del capitano, salvò Aubrey da uno sproloquio filosofico sul concetto e l’applicazione dell’ironia.
Il famiglio posò con un grugnito il vassoio sul tavolo e, borbottando sottovoce cose di cui non volevano scoprire la natura, si accinse a portare fuori il secchio.
“Mastro Killick?”
Con un cipiglio più contratto del solito, il marinaio si voltò verso il dottore che gli sorrise placidamente: “Avete più saputo niente del fantasma della credenza?”
Poche cose intimorivano altrettanto Preservato Killick che impallidì, scosse rapidamente la testa, salutò appena e si precipitò fuori dalla cabina.

Sogghignando tra se e se, Stephen si liberò della coperta e si stirò le articolazioni prima di trangugiare il resto della tazza e alzarsi.
“Già in piedi, fratello?”
“Sì: mi sento molto meglio e non vedo la necessità di stare qui a far la muffa.”
“Aspetta! Non vuoi un boccone?”
“Non parlare con la bocca piena! Comunque no, grazie: non credo andrebbe d’accordo con il mio stomaco, ora come ora.”
Si avviò tranquillamente verso l’uscita, il pensiero di essere nudo non gli sfiorò nemmeno l’anticamera del cervello.
 
- The End -
 

Sarebbe che se non mi fate sapere come la pensate vi scateno contro il fantasma della credenza e tutti i suoi famigliari!
  
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