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Autore: Miryel    10/06/2018    12 recensioni
[ATTUALMENTE IN REVISIONE QUINDI VI CHIEDO DI NON PASSARE DA QUI GRAZIE!!]
Il giovane Peter Parker si ritrova a vivere la stessa, monotona situazione ogni estate: lui, i suoi zii, la villa al mare e un inquilino scelto a caso con un annuncio sul giornale a dividere con loro le spese di quella vacanze.
Tutto immutabile, come in un loop infinito destinato all'eternità finché inaspettatamente, con l'arrivo di Tony Stark e del suo odiosissimo fascino, quella monotonia sembra destinata a perire.
[ 18yo!Peter - Alternative Universe - Tony x Peter - Ispirata a Call Me By Your Name - Partecipa alla "4 Seasons Challenge" indetto dal gruppo Facebook: Il Giardino di EFP]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  • Sul gruppo Facebook: Il Giardino di EFP è stato dato un test a risposta multipla, dove la maggioranza di x risposte comportava un pacchetto specifico contenente dei Prompt ispitati a film/libri. Io, che sono tipo parte integrante del mondo angst ho avuto il pacchetto malinconico e tra i film/libri a cui ispirarsi c'era Call me By Your Name (chiamami con il tuo nome) e siccome volevo scrivere una Starker a capitoli da troppo, ne ho approfittato per farlo (and i regret nothing). I presupposti c'erano tutti: due persone, con una differenza di età, con due caratteri opposti, due geni, due adorabili dorkettini e... nulla, l'aggiornamento sarà settimanale, la domenica. Sperando che questa mia piccola e umile opera vi piaccia, vi auguro buona lettura e se vi va fatemi sapere cosa ne pensate.
  • P.s: il disegno nel banner è mio; siccome ero ispirata ho deciso di farmelo da sola, spero vi piaccia XD se vi va seguitemi anche su >Tumblr<, dove ogni tanto pubblico cose, faccende yaoi per lo più. ♥♥♥
  • Conteggio parole: 2722
  • Il titolo è ispirato ad una canzone dei Led Zeppelin: "Fool In The Rain", che è bellissima ma sono i Led Zeppelin quindi non serve nemmeno tessere le loro lodi (e invece sì, amateli ç_ç)


 


Fools In The Rain


 

Capitolo III.

 
  • Erano passati altri due giorni dalla loro chiacchierata in cucina, e Peter aveva cercato in tutti i modi di non restare solo con Tony.

    Non aveva paura di chissà cosa, ma non gli piaceva l’idea di provare interesse per qualcuno così grande, soprattutto uno come lui, che ogni tanto gli faceva domande sul perché non se ne andava fuori in paese a conoscere gente o a fare una passeggiata, invece di passare quasi tutto il tempo a leggere e studiare.

    Peter rispondeva sempre che, una volta trovato il momento giusto per prendersi una pausa, lo avrebbe fatto. C’era tempo. Ancora un mese.

    «Dov'è il libro di Algebra?», chiese Tony, deridendolo di nuovo, quando lo vide steso su un telo da mare in giardino, intento a leggere un altro tipo di libro.

    «Finito. Darò un ripasso nei prossimi giorni, ora mi dedico ad altro», rispose, senza però guardarlo, continuando a farsi baciare dalla flebile luce del sole e dal leggero venticello che odorava di pioggia. Le nuvole nere erano lontane, ma Peter sapeva che presto avrebbe iniziato a piovere e avrebbe detto addio alla sua solitudine rilassante.

    Tony gli rubò il piccolo libricino, e lui per riflesso incondizionato si alzò a sedere sul telo, a gambe incrociate, mentre l’uomo si piegava e si poggiava sui talloni.

    «Patente di guida?», chiese, stupito.

    «Oh, beh… è solo un tentativo! Vorrei… provare a prenderla! Non posso mobilitare sempre zio Ben per qualunque cosa», esclamò Peter, cercando di riprendere l’oggetto dalle mani dell'uomo e quello si scansò, sedendosi di peso accanto a lui e facendosi spazio con una piccola spinta della spalla.

    La pelle di Tony e la sua entrarono in contatto per qualche secondo, e Peter si sentì avvampare.

    E si sentì anche stupido per aver reagito senza un minimo di controllo.

    «Cavolo, come cambiano le cose in pochi anni. Ai miei tempi era tutto diverso», commentó Stark, sfogliando velocemente il libricino con una certa luce infantile negli occhi.

    «Zio Ben dice che ogni anno aggiungono cose. Stare al passo con i tempi è davvero difficile», sorrise leggermente e avrebbe tanto voluto alzarsi, scappare via.

    Era spaventato dalle sensazioni che l'uomo era in grado di fargli provare, anche se quel calore e senso di impazienza erano quasi piacevoli.

    In totale contrasto con i suoi pensieri, Tony alzò gli occhi verso il cielo e sbuffò poi chiuse il libro e lo lanciò sul prato, prima di alzarsi e guardarlo.

    «Sta per piovere. Mi faccio una nuotata in piscina prima che inizi e dovresti farlo anche tu».

    «No, non credo sia una buona idea», rispose Peter, sbuffando divertito, mentre sentiva il leggero vento alzarsi e che presto avrebbe portato quei nuvoloni neri proprio sulle loro teste.

    Tony sospirò: «Andiamo, Peter! Non puoi passare tutta l’estate a studiare, dedica anche un po’ di tempo a te».

    «Questo è dedicare del tempo a me. Amo studiare, amo leggere, voglio essere preparato e sinceramente tra poco cadrà giù il mondo, perciò…», si interruppe, convinto di aver già adeguatamente espresso quel concetto, recuperando il libro di scuola guida e alzando le spalle, cercando di sorridere, di far vedere che, malgrado l’apatia che sentiva quei giorni velata di una terribile malinconia e attesa che le vacanze finissero, stava bene.

    «Non ti sto chiedendo di andare chissà dove, ti sto invitando a farti una nuotata in piscina. Dovresti iniziare ad imparare a lasciarti andare un po’ di più, o rimarrai fossilizzato per sempre in questo loop fatto di studio e solitudine», gli disse Tony, tendendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi; un vero gemelli, uno che non demorde di fronte al primo no ma che al terzo sa di dover vivere e lasciar vivere e fu di questo che Peter ebbe paura.

    Avrebbe dovuto dirgli di no, ancora una volta? Avrebbe dovuto accettare, dargli la mano e seguirlo? Non voleva conoscere quella novità. Non si aspettava chissà che, ma ogni giorno quel rapporto cambiava un po’ di più e se Peter stava iniziando ad abituarsi senza aver paura di ciò che provava, iniziava ad essere terrorizzato all’idea di volere che l’altro ricambiasse.

    Era un pensiero troppo egoista per contenerlo in un cuore piccolo come il suo.

    «Tony…», mormorò, come a volergli dire non farmi scegliere, ti prego. Non farmi… male.

    Persino chiamarlo per nome, dopo che gli aveva detto di farlo almeno una decina di volte, era diventata normale routine e quell’uomo dopo due settimane se ne sarebbe andato, dimenticando per sempre i Parker e il loro buffo e goffo nipote.

    «Come vuoi», esordì l’uomo, visibilmente deluso da quel fatto e ritraendo la mano, si voltò. «Se cambi idea, sai dove trovarmi».

    Una scelta libera, quindi? Poteva andare senza che lui ne fosse contrario? Poteva godere di ancora qualche minuto per cercare di togliersi di dosso tutte quelle preoccupazioni?

    Perché non era per lo studio, che Peter non stava andando… e lo sapeva bene, che non era così.

    Non era davvero così devoto, sapeva quando fermarsi, eppure in quella settimana passata con Tony Stark, studiare era diventato l’unico modo per smettere di pensare.

    Si sdraiò di nuovo sul telo e si coprì la faccia con le mani, frustrato. Mugugnò versi incomprensibili e, imprecando, infine si alzò.

    Sapeva che avrebbe perso il coraggio, strada facendo per quello quando arrivò non perse tempo a tuffarsi, prendendo la rincorsa dal prato e facendo una capriola in acqua che fece urlare di stupore Tony.

    «Uho! Ehi, dove hai imparato a fare quella cosa?», gli disse l’uomo, quando lui riemerse dall’acqua tirandosi indietro i capelli bagnati. «Non farlo mai più, mi hai spaventato!».

    Gli occhi nocciola di Tony brillavano divertiti e Peter si chiese perché era così difficile non lasciarsi andare a guardarli per sempre.

    «Lo faccio da quando ero piccolo! Zia May ha provato a proibirmelo, dicendo che potrei rompermi la spina dorsale e rimanere paralizzato, ma quando sono diventato un po’ più grande ha smesso di avvisarmi. Ci ha rinunciato, credo», rise leggermente, sentendo per un attimo un calore nelle dita e nel petto quando si rese conto di aver appena lasciato andare le parole come il vento, per la prima volta da quando aveva conosciuto quell’uomo.

    Tony rise: «Chi l’avrebbe detto che il giovane Parker è capace di disubbidire alla sua avvenente zia».

    Peter non era più infastidito dalle battute che faceva sulla bellezza della zia; sapeva che erano complimenti puramente fisici ma che la donna era troppo nella norma per potergli piacere e in più Tony sembrava un tipo fedele che non andava dietro alle persone già impegnate.

    E zia May amava troppo zio Ben per lasciarsi affascinare.

    «A volte lo faccio», rispose, alzando le spalle, mentre iniziava a muoversi in acqua, «E non sai quanto mi sento in colpa, dopo», ammise in tono confidenziale.

    «Da quel che ho visto, posso immaginarlo!», rise ancora Tony, poi gli si avvicinò e guardò il cielo, «Peccato si stia mettendo in questo modo. Speriamo non piova tutta la settimana», sbuffò, poi si tuffò sparendo sott’acqua e Peter si chiese perché certe volte avesse così bisogno di distaccarsi; anche per poco.

    Lo faceva sempre, anche quando erano in cucina a sistemare o quando parlavano seduti al tavolino del giardino dopo il caffé o quando lo raggiungeva dovunque fosse per chiacchierare e poi trovava una scusa per isolarsi cinque minuti.

    Sembrava quasi che necessitasse di un reset, che non fosse abituato a certi legami che in qualche modo gli ricordavano troppo la donna che lo aveva spaccato in due e Tony Stark sembrava come un recipiente di emozioni contrastanti, a volte troppo forti per essere contenute tutte insieme.

    Peter sapeva che cosa significava e lui non aveva mai avuto bisogno di scappare fisicamente, lo faceva con la mente, fingendo di immergersi nello studio solo perché nessuno lo disturbava mai quando lo faceva.

    Tutti a parte Tony.

    L’uomo riemerse dall’acqua e si avvicinò di nuovo, poi rise ancora e fu l’ennesima freccia nel cuore di Peter: «Sei entrato in acqua per rimanere fermo come una bella statuina», constatò.

    «Mi dispiace se non sono di compagnia», rispose, alzando un sopracciglio e fingendosi indignato ma gli riusciva sempre così male che dovette arrendersi e rise anche lui, prima che l’uomo gli posasse malamente le mani sulle spalle, forti e possenti, tirandolo giù sott’acqua senza che lui se lo aspettasse.

    Si sbracciò un po’, prima di riemergere di nuovo, prendendo una lunga e rumorosa boccata d’aria, infastidito dal fatto che aveva bevuto più acqua di quanta avrebbe dovuto. Tossì leggermente e, senza riuscire a trattenersi, imprecò.

    «Cazzo!», esclamò, mentre stringeva gli occhi che gli stavano bruciando dopo che li aveva tenuti aperti per troppo tempo sotto l’acqua.

    «Ehi! Linguaggio, giovanotto!», lo redarguì Tony, visibilmente stupito da quella sua uscita ma estremamente divertito dalla reazione e Peter non poté fare a meno di tirargli dell’acqua addosso.

    «Linguaggio? Per poco non soffocavo!», disse, schizzandolo ancora e ancora e ancora e ancora.

    E Tony ricambiò, ridendo, insultandolo in modo infantile, in un modo tanto genuino quanto terrificante, come se quel muro tra di loro, ormai sottile e fragile, si fosse appena crepato.

    Come se quei gesti così stupidi fossero in realtà un enorme passo sui gradini allegorici di una relazione confusa.

    Peter sentiva che non c’era solo complicità, e non c’era solo sintonia ma c’era altro e avrebbe voluto sapere con tutto se stesso se anche per Tony era la stessa cosa.

    Poi la pioggia iniziò a cadere dal cielo.

    Picchiettanti goccioline gli tamburellarono la fronte e le spalle che uscivano dal pelo dell'acqua. L’aria si era rinfrescata, ma era piacevole sebbene tutti i colori che avevano accompagnato quel gioco infantile si erano spenti nel grigiume di un cielo terso.

    Il tempo sembrò fermarsi, scandito da ogni goccia che batteva senza ritmo sull’acqua e sui loro corpi ora immobili.

    C’era questa necessità di voler uscire, di mettersi al riparo, ma Peter quasi sapeva di non poter trovare un posto più sicuro di quello quando Tony gli strinse con delicatezza le dita intorno alle spalle e gli si avvicinò con una lentezza sorprendentemente rilassante.

    Peter allungò il collo, sentì le labbra sporgersi come a voler richiedere un bacio senza troppa paura di farlo.

    Sentì una goccia bagnargli la bocca, poi un’altra la punta del naso e poi la pioggia scrosciante li inondó completamente, e la violenza con la quale si era scagliata contro di loro non minó quel momento nemmeno per sbaglio.

    Tony abbandonó una delle sue spalle, alzando la stessa mano per passargliela tra i capelli bagnati, troppo corti per poterne sentire le falangi attraversare le ciocche ma Peter rabbrividì lo stesso.

    Si sentì così inerme ma allo stesso tempo emozionato e iperattivo; il cuore batteva così forte che il respiro gli si mozzó in gola e quando le labbra di Tony furono troppo vicine, si lasciò sfuggire un rantolo dalla bocca che, nella sua mente ormai svuotata da ogni pensiero, gli fece attraversare un piccolo moto di vergogna e si sentì arrossire, sulla punta degli zigomi e quella delle orecchie.

    L’uomo gli definí il profilo con la punta del naso, inclinando la testa da un lato e quando alzò gli occhi sui suoi, Peter non riuscì a sostenerli e chiuse i propri, alzando le spalle mentre prendeva un lungo e silenzioso respiro.

    Ogni attimo era solenne, ma stava durando troppo a lungo.

    Peter avrebbe voluto quel bacio tanto quanto avrebbe voluto che accadesse subito, e Tony aspettava, forse per rispetto, forse perché sapeva che era il suo primo contatto con labbra sconosciute o forse perché quell’uomo aveva un po' la pretesa di dominare sugli altri, e farsi desiderare.

    E se quello era l’intento ci stava riuscendo.

    Una scarica elettrica lungo la spina dorsale lo percosse e rabbrividì di nuovo.

    L’acqua della piscina era gelida, la pioggia sporca e quasi fastidiosa quando gli entrava negli occhi, ma le labbra di Tony erano un pizzico impercettibile sopra le sue, e sebbene fosse un contatto quasi immaginario, fu un'onda d’urto. Un’atomica nel suo cuore e nella sua testa.

    Cuore e ragione si fusero, lasciando spazio solo al desiderio di andare avanti, di superare quello step che sembrava quasi un test. Come una prova antiallergica, come se Peter potesse essere intollerante a quel contatto.

    Che stupido, quando pensava a certe cose. Persino in quel momento.

    «Avevo ragione», sbottò Tony, ancora troppo vicino. Così tanto che le perle di pioggia sulle sue sopracciglia folte sembravano enormi. «Sei confuso», e si scansò.

    Cosa?

    Cosa?.

    Peter sbarrò gli occhi, e il tempo tornó a scorrere intorno a lui come se si fosse aperto un portale dimensionale, come se si fosse creato un paradosso temporale e si sentì stupido. Stupido. Stupido.

    Stupido!.

    «C-cosa?», chiese, balbettando, mentre Tony si allontanava ancora con il viso indurito da una strana espressione di disappunto e quasi di rabbia.

    «Confuso. Credevi che non me ne fossi accorto?», rispose l’uomo, la pioggia a fare da muro tra di loro, come una cascata. Come un vetro. Come la pantomima ridicola di un arrogante sentimento di distacco.

    Non c'è distacco. Non c’era distacco!, pensó Peter, sentendo tutta la tensione crollargli addosso. Te ne sei accorto perché io ho lasciato che succedesse!, continuò nella sua testa, sentendosi un idiota a non avere il coraggio di dirglielo in faccia.

    «Pazzesco, Peter», commentò l’uomo, facendo un suono schioccante con la lingua che fece scattare nella sua testa un moto di rabbia che non credeva di poter provare nemmeno lontanamente e quando Tony uscì dall’acqua, recuperando la sua maglietta e le sue infradito, lo seguì a ruota abbandonando la piscina con un gesto svelto, facendosi leva sul bordo rischiando di scivolare.

    «Tu… che cosa volevi dimostrare?» , gli chiese, e un tuono forte rimbombó nell’aria, stordendolo ma non lo fermò.

    «Ti ho visto… come mi guardi, come mi eviti, come cerchi di sorprendermi. Ci sei riuscito, mi hai sorpreso, ma non nel senso che speri tu», rispose l'uomo e gli lanciò la sua maglietta, quella che anche lui aveva abbandonato, pesante per colpa della pioggia che l'aveva caricata d’acqua.

    Si passò una mano tra i capelli, isterico. Si sentiva stupido. Ancora stupido.

    Un idiota, un ragazzino, un demente sotto l'incantesimo di un uomo affascinante fin troppo consapevole.

    Si sentiva tutto, fuorché confuso.

    «Hai cercato di baciarmi», constató, immobile, mentre l’altro sembrava solo desideroso di andare via.

    «E tu non ti sei spostato. Lo volevi. Sei confuso, e non posso darti quello che cerchi, Peter. Per me non è lo stesso», disse ancora l’uomo, ormai cercando il distacco che non era più in grado di trovare e si leggeva persino col muro d’acqua della pioggia che non credeva nemmeno un po’ a quelle parole. «Ora rientra e asciugati o ti prenderà un colpo», continuò e senza aspettare oltre se ne andò, sparendo dietro ai cespugli che dividevano l’area della piscina da quella del giardino che dava all’entrata.

    Peter sentì in lontananza la porta chiudersi con un certo tonfo sordo che fu l’ultimo suono che risveglió la sua testa.

    Non voleva consapevolizzare. Voleva sparire, sotterrarsi e non emerge più fino alla fine dell’estate e cancellare per sempre Tony Stark e la sua arroganza, il suo continuo tentativo di fargli da maestro di vita di cui Peter non aveva bisogno.

    C’era zio Ben per quello, c’era zia May, c’era Peter Quill, c’era il Professor Steve Rogers di matematica, Bruce Banner del laboratorio di chimica.

    Non c'era Tony Stark, in quel gruppo di persone che ammirava. Non voleva ammirarlo, voleva condividere. Voleva equità.

    Non avrebbe mai avuto niente del genere e ora lo sapeva bene, e siccome era dei gemelli si rassegnò subito, sentendosi ancora più idiota dopo aver pensato ancora al fatto che, quel comportamento, era per forza dovuto al suo segno zodiacale.

    Doveva smetterla di pensarla così, perché era Tony che gli aveva messo in testa certe stronzate, e non voleva condividere con lui nemmeno quei pensieri.

    Si passò le mani tra i capelli, mentre la pioggia insisteva a non volergli dare un minimo di tregua e, rassegnato al suo destino e a quella terribile e infinita estate, rientrò in casa.



     

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