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Autore: Laura Taibi    10/06/2018    2 recensioni
{Sequel di "The last sacrifice"}
Sono passati piú di vent'anni da quando Ladybug e Chat Noir sono spariti nel nulla, dopo aver sconfitto Papillon. Pargi ha vissuto un lungo periodo di pace ma una nuova minaccia, proveniente da un lontano passato, sta per risorgere in cerca di vendetta.
Prima di iniziare ci tenevo a scrivervi un paio di cose e fare i dovuti ringraziamenti: prima di tutto alle mie fidate compagne Ambrogio's angels, nonché al fantastico master Ambrogio... se non fosse stato per loro né TLS, né tantomeno questa storia avrebbero mai visto la luce. Ringrazio con tutto il cuore la fantastica Dark Side, per aver fatto la magnifica copertina che vedete (che amo davvero alla follia!!!) e, infine, ringirazio mio marito Alex, che nonostante le mie ovvie turbe mentali mi sta sempre accanto e mi sostiene in tutti i progetti, anche se ancora non sono riuscita a convertirlo a miraculous (ma non demordo xD).
Buona lettura!
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Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era quasi tramontato e un vento gelido soffiava tra le vette innevate. L'ultimo villaggio abitato era ormai distante e non vi era anima viva oltre a loro.

 

«Maestro, mi vuole spiegare perché siamo tornati in queste terre desolate?» si lamentò Plagg.

 

Il maestro Fu si strinse nel mantello di pelliccia e guardò il kwami che si era rifugiato all'interno del suo cappuccio. «Qualche tempo dopo la distruzione dei miraculous ho iniziato ad avvertire una strana forza, qualcosa che non sono riuscito a spiegarmi e che continua a crescere.»

 

Il piccolo kwami emise uno starnuto. «E lei pensa che morire assiderati ci aiuterà a scoprire di cosa si tratta?»

 

«Ho consultato a lungo il libro, utilizzando una gran quantità di magia... e tutto riconduce in questo luogo.» Maestro Fu alzò lo sguardo e davanti a loro, nascosta tra la neve e le sterpaglie secche, apparve una grotta. L'ingesso era talmente stretto che il maestro – che di certo non poteva essere definito un gigante – dovette chinarsi e appiattirsi lungo il bordo, per entrare.

 

Non appena fu dentro, il vecchio prese una torcia dalla sacca che portava in spalla e iniziò a percorrere quello strano corridoio che serpeggiava, scendendo leggermente. L'aria all'interno era piuttosto umida e altrettanto fredda, ma almeno il vento non riusciva a penetrare.

 

«È consapevole che basterebbe una piccola svista per scivolare e rompersi l'osso del collo?» esclamò Plagg, guardandosi intorno.

 

«Sono cresciuto tra queste montagne e sono abbastanza vecchio e saggio da sapere dove mettere i piedi.»

 

«Sul "vecchio" le do ragione» ammise il kwami, «ma se fosse davvero saggio, a quest'ora saremmo in qualche casa, al caldo, con del buon camembert!»

 

Maestro Fu scosse la testa, alzando gli occhi al cielo. Ormai era abituato alle risposte taglienti del kwami, e spesso si era chiesto se quel suo carattere non influenzasse anche i portatori.

 

Il corridoio continuava a scendere, allargandosi via via che proseguivano.

 

«Piuttosto» disse il vecchio «hai notizie di Tikki?»

 

L'altro scosse la testa. Erano mesi che Tikki non si faceva vedere, quasi come se fosse sparita nel nulla e il maestro aveva la brutta sensazione che la strana forza che avvertiva e la sparizione del kwami fossero collegati.

 

Arrivarono in fondo al tunnel, dove la grotta si apriva in un'ampia sala. Sul tetto vi erano numerose stalattiti che gocciolavano con un ritmo costante, creando pozze più o meno ampie per tutto il pavimento. Ad una prima occhiata poteva sembrare una grotta naturale, senza uscite e senza nulla di speciale, ma maestro Fu avvertiva qualcosa. Si avvicinò alla parete in fondo, facendo attenzione a dove metteva i piedi, e dopo averla sfiorata in vari punti, pigiò su una pietra apparentemente simile alle altre, che rivelò un passaggio.

 

«Come lo sapeva?» chiese Plagg, cercando di non mostrarsi troppo sbalordito.

 

Il vecchio non rispose. Entrò e accese la lampada a olio che era appesa accanto all'ingresso. La stanza, di dimensioni decisamente ridotte rispetto a quella precedente, s'illuminò di un bagliore caldo e rivelò ciò che conteneva: un letto di fortuna, alcuni stracci e resti di cibo qua e là e una scrivania di legno grezzo. Quest'ultima era ingombra degli oggetti più disparati tra cui carte in varie lingue, ritagli di giornale, vecchie radio smantellate, piccoli oggetti dalle forme strane, attrezzi come martelli e scalpelli e boccette che contenevano strani liquidi.

 

Maestro Fu si avvicinò e i suoi occhi guizzarono su un oggetto in particolare: un fermaglio in legno a forma di fiore di loto. Nel vederlo gli occhi dell'uomo si velarono e avvertì un'enorme stretta al cuore.

 

«Che cos'è?» chiese Plagg, curioso.

 

«È un oggetto che credevo non avrei mai più rivisto» disse il maestro, sospirando «un regalo che avevo fatto per un'amica...»

 

I ricordi iniziarono a fluire, rompendo gli argini della sua memoria e mostrandosi vivi, come se non risalissero a quasi due secoli prima.

 

 

 

 

Il giovane Fu stava correndo lungo il sentiero che collegava la struttura centrale ai dormitori. Era quasi estate e i fiori e gli alberi erano al loro massimo splendore, riempendo l'aria del loro profumo.

 

Le lezioni della mattina erano appena finite e i confratelli avevano mandato gli allievi a prepararsi per il pranzo.

 

«Shiwa!» urlò Fu, precipitandosi a rotta di collo per gli scalini.

 

Una ragazza si voltò: aveva gli occhi a mandorla, la pelle color miele e una fluente chioma scura. Come tutti, indossava la tunica ma al collo portava diversi amuleti che la definivano per quello che riguardava i suoi studi, ovvero la magia.

 

Shiwa, per quanto ne sapevano, era l'unica maga in vita. Ultima discendente dell'uomo che, millenni prima, aveva creato i miraculous. Era per questo che, nonostante avesse solo pochi anni più di Fu, era trattata da tutti gli anziani e i maestri con rispetto.

 

«Fu, sta attento» disse lei, con apprensione «rischi di farti male!»

 

Il ragazzo la raggiunse, piegandosi su se stesso e poggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.

 

Shiwa gli sorrise.

 

Nonostante avesse delle capacità straordinarie, era modesta e aveva sempre parole gentili per tutti. Studiava magia da autodidatta, chiedendo ogni tanto aiuto agli anziani dell'ordine, anche se non sempre erano in grado di darle delle risposte.

 

Era stata la prima ad avvicinare Fu quando era stato condotto lì, e lui era rimasto talmente affascinato dai suoi poteri che aveva iniziato a seguirla praticamente ovunque. Non sapeva se il loro rapporto potesse essere definito di amicizia, ma quel che condividevano era speciale.

 

«Credevo di non farcela a raggiungerti!» ansimò Fu, scostandosi i capelli scuri dal viso imperlato di sudore. «Oggi, durante la lezione di maestro Lao, ho fatto questo» disse. Le mostrò un piccolo fermaglio, intagliato nel legno, la cui estremità era a forma di fiore di loto.

 

«È davvero bellissimo» esclamò la ragazza, stupita.

 

«L'ho fatto per te» continuò Fu, «per il tuo compleanno.»

 

«Fu, lo sai che noi non...»

 

«...festeggiamo ricorrenze futili che ci legano alla vita terrena» disse lui, cantilenando quella frase che spesso ripetevano gli anziani «lo so, ma beh... è oggi no?»

 

Shiwa lo guardò con le labbra inclinate e il sopracciglio alzato, poi prese il fermaglio e lo utilizzò per bloccare la lunga chioma in un'elegante chignon. «Si, lo è» disse, sorridendo, «promettimi solo che presterai attenzione alle lezioni d'ora in poi.»

 

Fu annuì, sorridendo.

 

Fecero strada assieme verso la sala mensa.

 

«Comunque» iniziò lei «hai davvero molto talento. Oggetti come questi potrebbero essere usati senza problemi come contenitori per creare miraculous.»

 

Fu spalancò gli occhi, mentre il viso gli si allargava in un'espressione di gioia. «Lo pensi sul serio?!»

 

Shiwa annuì.

 

«Tu non hai mai pensato di farne uno?» chiese il ragazzo.

 

«Fu» lo rimproverò lei «sai benissimo che è proibito.»

 

«Si, lo so ma... dicevo per dire... insomma, sapresti come costruirne uno, in teoria?»

 

Shiwa lo guardò, cercando di capire cosa passava per la testa a quel ragazzino, poi sospirò ed annuì. «In teoria si, è quello che sto studiando da tutta la vita. Come dice il Gran Maestro Gau-mei "La conoscenza ci innalza verso la saggezza. Non dobbiamo mai temerla, né negarla."»

 

Fu annuì. Erano frasi che conosceva a memoria. I maestri ripetevano sempre le stesse cose come un mantra, ma fino a quel momento Fu non aveva mai dato un significato preciso a quelle frasi, dicendole come avrebbe fatto un pappagallo, senza coglierne il senso. In quel momento, invece, quella frase prese un significato del tutto nuovo e ricco di possibilità.

 

«Shiwa» iniziò lui, deglutendo «mi insegneresti a creare un miraculous?»

 

La ragazza si fermò di scatto nel bel mezzo del viale alberato. Fu si voltò a guardarla.

 

«Perché vorresti imparare una cosa del genere?» chiese lei, seria.

 

«L'hai detto tu che non dobbiamo temere la conoscenza e presto diventerò un maestro. Sono il migliore in questo tempio, lo sai anche tu.»

 

Era vero. Fu si era rivelato fin da subito un talento naturale, come se fosse nato per essere un guardiano. I confratelli che lo avevano portato al tempio ci avevano visto giusto, ma non avrebbero mai potuto immaginare che sarebbe diventato il maestro più giovane di sempre.

 

«Voglio solo saperne di più sulla magia, capire come funziona e imparare a riconoscerla... so di non avere le tue doti magiche, ma so anche che non tutta la magia è un'esclusiva dei maghi e che tu sei l'unica che può aiutarmi a capire e a conoscere!»

 

I due si guardarono per qualche minuto, in silenzio. Fu sostenne lo sguardo di Shiwa senza abbassare gli occhi neppure per un secondo.

 

La ragazza sospirò. «Mi giuri che è solo per amore della conoscenza che lo stai facendo?» chiese.

 

Il ragazzo annuì.

 

 

Le lezioni si tenevano ogni sera, dopo che tutti gli altri si erano ritirati negli alloggi. Fu era davvero brillante e, sotto la guida di Shiwa, ben presto imparò a padroneggiare il linguaggio magico e a comprenderne le basi.

 

Il ragazzo scoprì quanto era incredibile il mondo e le regole che giravano intorno alla magia e quanto potente potesse diventare, nelle mani giuste. Shiwa gli ripeteva spesso ammonimenti e raccomandazioni ma più cose imparava più voleva saperne e più ancora fremeva per metterle in pratica. Sapeva di aver fatto una promessa ma dopo qualche mese si ritrovò a fantasticare, sempre più spesso, su quale potesse essere il miraculous più forte e sul come crearlo.

 

La notte in cui il tempio venne distrutto a causa della sua stupidità, lui la vide. Shiwa lo osservava da lontano e i loro sguardi s'incrociarono per un secondo.

 

Lei lo guardò con due occhi carichi di delusione, terrore e odio, prima di essere inghiottita per sempre dalle fiamme, come tutti gli altri.

 

 

 

 

 

Il maestro Fu poggiò il fermaglio e guardò la parete. Era piena di ritagli di giornale che mostravano notizie di strani disastri, poi una foto che lo ritraeva durante la seconda guerra mondiale – a cui lui aveva preso parte nel corso della sua lunga vita – e varie pagine di libri contenenti accenni ai miraculous. Un filo rosso connetteva i vari indizi tra loro e, al centro, una pagina di giornale vecchia di vent'anni mostrava Chat Noir e Ladybug con lo sfondo della torre Eiffel e la scritta "Supereroi a Parigi".

 

 

 

 

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Benvenuti in questa nuova storia!!!

Non ce la faccio più ad aspettare, anche se sono ancora in fase scrittura ho deciso di iniziare a pubblicare i capitoli, uno a settimana, in modo da darmi il tempo di scrivere quello che manca!

 

Beh, questo prologo serve un po' a farvi entrare nella storia, capire quello che sta succedendo e la nuova minaccia che si prospetta all'orizzonte. Spero che vi sia piaciuto e che abbia stuzzicato la vostra curiosità... come al solito fatemi sapere con un commento cosa ne pensate, e noi ci rivediamo al prossimo aggiornamento!

 

Baci!!!

 

Laura

   
 
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