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Autore: Signorina Granger    10/06/2018    6 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di “Magisterium - 1933”]
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Beatrix 

 
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“Sei davvero sicura di volerlo fare?”
“Assillarmi con queste domande fa parte di un tuo subdolo piano per non farmi partire nella speranza che il desiderio che tu la smetta prevalga su quello di andarmene?”

“Se vuoi vederla in questo modo… è solo che mi mancherai.”
Davina, seduta sul suo letto, si strinse nelle spalle mentre guardava la sorella maggiore infilare tutte le sue cose nello stesso baule che, per anni, aveva riempito per andare ad Hogwarts ma che ora sarebbe servito per altri scopi.
“Anche voi mi mancherete, ma tu passeresti comunque gran parte del tempo ad Hogwarts, saremmo state lontane in ogni caso. Non è così terribile, tornerò sicuramente per Natale per vedervi.”

Beatrix sorrise alla sorella, che annuì e si sforzò di ricambiare prima di sospirare, appoggiando la testa contro il muro e mormorando che sarebbe stato strano andare a scuola senza di lei o Markus.

“Lo so, l’anno scorso è stato strano anche per senza Mark. Ora è tuo il compito di controllare Ed, non deluderci.”
“Perché, ti risulta forse che Edward mi ascolti?! Ascolta solo Markus, e a malapena! Però sono felice di non dover più vedere Adrian aggirarsi per i corridoi con quel suo fare altezzoso.”

Divina accennò ad una smorfia con le labbra e l’ex Tassorosso rise, annuendo alle parole della sorella mentre una serie di maglioni si piegavano magicamente da soli per poi palancare nel baule:

“Hai ragione, quello non è mancato nemmeno a me. No, quella parte della famiglia non mi mancherà affatto.”
“Nostro padre non era molto felice quando la mamma gli ha detto che intendevi andare in America per diventare Spezzaincantesimi…”

“Lo immaginavo. Ma sai una cosa? Non mi importa un granché. E mi raccomando, ora inizi il sesto anno, forse cercherà di rifilarti a qualcuno come ha fatto con me, quindi occhi aperti.”
“Tranquilla, se si metterà male seguirò il tuo esempio e fuggirò oltre la Manica.”

“Io non sto fuggendo, Davina. Mi… allontano, è diverso.”
“Sarà. Non che voglia giudicarti, ti capisco benissimo… non sarai più solo la figlia illegittima di un Burke, finalmente.”
“È quello che spero.”


*


“E così tu stai per andare in America e il tra un paio di mesi raggiungerò mio fratello in Romania… non è strano?”
“Forse un po’, ma succede che dopo la scuola le strade si dividano, Kat… Ma sei pur sempre mia cugina, nonché la mia migliore amica, sono sicura che si incroceranno di nuovo.”

Beatrix sorrise a Katherine mentre, tenendola a braccetto, si godeva la sua ultima passeggiata a Diagon Alley. L’ex Grifondoro annuì, apparentemente non molto convinta, e parlò con un sospiro malinconico:

“Spero che tu abbia ragione, ti va di accompagnarmi un’ultima volta al Ghirigoro?”
“Guarda che non sto partendo per arruolarmi nell’esercito per la guerra, Kat, tornerò!”

“Non ti prenderebbero comunque, primo sei una donna e secondo sei troppo bassa.”
“Ha parlato la vichinga di un metro e ottanta… forza, andiamo. Mi mancherà molto Diagon Alley.”
“Anche a me. E certo, ci rivedremo, ma vivremo entrambe fuori dal Regno Unito per quando succederà, chissà se torneremo qui insieme.”

“Chissà, magari un giorno vorrai mandare ugualmente i tuoi figli ad Hogwarts e chiederai a questa povera martire di accompagnarti a comprargli le cose per la scuola.”
Beatrix abbozzò un sorriso ma Katherine non la imito, sfoggiando invece un’espressione accigliata: 
“Sposarmi non rientra nelle mie prospettive più prossime, Beatrix.”
“Oh, nemmeno nelle mie, ma chi può dire cosa succederà?”


*


“Tesoro, sei assolutamente sicura di volerli portare TUTTI con te?”

Juliet inarcò un sopracciglio e rivolse un’occhiata scettica alla figlia e ai tre gatti che non sembravano affatto felici di essere stati rinchiusi nelle loro gabbiette mentre la padrona, che teneva Ecate, la sua preferita, tra le braccia, annuiva e guardava la madre come se avesse detto una pazzia:

“Certo mamma, non posso abbandonarli! Mi mancherebbero fin troppo.”
“Un modo come un altro per dire che noi le mancheremmo meno dei gatti…”

Markus alzò gli occhi al cielo e la sorella minore gli rivolse un’occhiata torva prima di lasciare anche la gatta nera nella sua gabbia, appoggiata sopra al baule insieme al resto dei suoi bagagli.

“Mi manderete anche voi, stupido, solo che TU non puoi essere messo in gabbia, a differenza loro.”
“Grazie al cielo. Ci sentiamo presto, abbi cura di te.”

Markus le sorrise prima di abbracciarla con calore e Beatrix ricambiò la stretta, mormorando che gli sarebbe mancato moltissimo e suggerendogli di andare presto a trovarla.

“Lo farò. E ti porterò gli ossequi dei nostri amatissimi fratellastri, ovviamente.”
“Il massimo che mi manderebbero sarebbe una Strillettera piena di insulti, ma li capisco. Io farei altrettanto con loro.”
“Potremmo mandarne una ad Adrian, il suo compleanno si avvicina.”
“Ma allora anche tu hai qualche buon idea ogni tanto, fratellone.”


*


“Allora, gli studi come vanno?”
“Bene, direi, è stato un grande cambiamento ma è quello che volevo, dopotutto. Tu come ti trovi qui? Qualche bruciatura?”

“Mi sono procurata un paio di cicatrici, ma mio fratello sostiene che ogni cicatrice sia una storia da raccontare, quindi… dimmi, com’è vivere tra gli yankee?”

“… Diverso. È davvero una cultura diversa, anche se parliamo la stessa lingua… insomma, loro non bevono il thè delle cinque, è stata dura! Ma mi piace, è bello non sentir parlare costantemente di Germania, Hitler, Grindelwald…”
“Sì, anche per me. E non vedo l’ora di farti conoscere Alexei.”

“Alla faccia di quella che non intendeva sposarsi nell’immediato futuro…”

“Chi dice che sto per sposarmi?! E tu invece, cuginetta, hai qualcosa da raccontarmi sotto questo punto di vista?”
Beatrix si strinse nelle spalle, gli occhi chiari fissi sulla tazza che teneva in mano seduta nel salotto della casa di Maximilian, dove Kat viveva da quando si era trasferita in Romania. 

“No, te l’ho già detto. Ho altro a cui pensare.”
“Se lo dici tu… spero solo che tu sia felice, Beatrix.”
“Lo sono. Sono finalmente Beatrix Morgan a tutti gli effetti, nessuno mi conosce, nessuno conosce la mia famiglia o se anche fosse non il mio legame con i Burke… è quello che voglio da anni ormai, e credo di voler rimanere solo Beatrix Morgan per un po’. Sai come vanno le cose Kat, quando una donna si sposa spesso non diventa altro che la moglie di qualcuno.”


“Uhm, un vero peccato. Ti ci vedo ad innamorarti follemente di un folletto…”

Katherine si portò la tazza alle lebbra per bere un sorso di thè celare una risatina, ma a ridere fu Beatrix quando le ebbe lanciato contro un cuscino e il thè si rovesciò sul tappeto.


*


Beatrix Morgan aveva sempre avuto un’indole piuttosto tranquilla e pacifica, non era solita litigare con nessuno fin da bambina e negli anni le uniche persone che si era ritrovata a disprezzare erano state i suoi fratellastri. 
Eppure quel giorno l’ex Tassorosso attraversò a passo di marcia il salone principale della banca con un solo pensiero in testa: voleva firmare rapidamente quella dannata tabella delle presenze – aveva imparato quanto i folletti fossero orribilmente pignoli – e andarsene dritta a casa. 
Quel giorno Beatrix decise che anche i folletti meritavano un posto nella sua personale “lista nera”.
 
E pensare che a scuola si era quasi dispiaciuta per loro quando aveva studiato tutte quelle rivoluzioni a Storia della Magia…

Stava giusto formulando pensiero poco lusinghieri nei confronti di quelle creature, con cui era stata a tanto così dall’insultare solo poco prima a causa delle loro continue lamentele per qualunque cosa dicesse o facesse, quando una voce dal tono quasi divertito giunse alle sue orecchie mentre apportava la sua firma per segnare la fine del suo turno:

“Giornata pesante?”
“Ne ho avute di migliori.”

Beatrix appoggiò la piuma mentre solleva alo sguardo sul suo inaspettato interlocutore, rivolgendo un’occhiata curiosa e incerta al ragazzo che aveva accanto e che le sorrise leggermente come se la capisse:

“Se lavori qui è comprensibile, i folletti non sono facili da gestire.”
“Per niente. Sono una Spezzaincantesimi.”

“Io lavoro per il MACUSA, mi hanno mandato qui per fare dei controlli sui prelievi e le transazioni. Sono Chris.”
“Beatrix.”

La bionda abbozzò un sorriso e strinse la mano che lo sconosciuto le porgeva, anche se svanì quando prestò maggiore attenzione al suo abbigliamento a dir poco riconoscibile:

“… Sei un Auror?”
C’era una nota quasi amara nella voce di Beatrix e Christopher annuì, senza smettere di sorridere mentre la guardava con curiosità:
“Sì. Sei una di quelli a cui non piacciamo?”

“In un certo senso. Ma non perché ho la fedina penale sporca.”
Beatrix girò sui tacchi e si allontanò dopo avergli rivolto un cordiale cenno di saluto, astenendosi dal dargli ulteriori spiegazioni e sentendo il suo sguardo carico di curiosità addosso.

Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che l’avrebbe rivisto presto.


*


Beatrix stava andando verso gli ascensori quando si sentì chiamare e, voltandosi, accennò un sorriso quando scorse una figura ormai familiare avvicinarlesi:

“Oh, ciao. Ancora qui?”
“Sì, so che non ami noi Auror ma temo che di tanto in tanto dovrai continuare a sopportare la nostra presenza. Non ti ho vista per un paio di settimane.”
“Oh, mi hanno spedita a controllare delle presunte maledizioni in degli scavi a Il Cario. È stato bello, però, non ero mai stata in Egitto. Tu sei ancora alle prese con dei controlli?”

Christopher annuì mentre premeva il bottone del piano terra, esitando prima di voltarsi verso Beatrix e parlare nuovamente:

“Posso chiederti perché non ti piacciono gli Auror?”
“Non è che non mi piacciono, fate un lavoro davvero molto importante e c’è bisogno di voi, naturalmente, è solo… mi fa venire in mente una persona.”

Beatrix si strinse nelle spalle, parlando con tono neutro mente l’ascensore si fermava e le sue porte si aprivano, permettendole di uscire seguita dall’Auror, che esitò prima di annuire e parlare con un tono che risuonò quasi strano alle orecchie della strega:
“Oh, capisco.”

Beatrix si voltò verso di lui, trovandolo non più sorridente e accigliato, e sorrise, scuotendo il capo quasi con fare divertito:

“No, non è quello che pensi… mio padre è un Auror. In Inghilterra, ovviamente. Anzi, credo che ora sia diventato il Capo del Dipartimento.”
“Dici davvero? Tu sei… sei la figlia di Marcellus Burke?”

Christopher strabuzzò gli occhi e Beatrix annuì, sfoggiando una piccola smorfia mentre qualcosa nel suo stomaco si contorceva: era da molto che non parlava di suo padre ad alta voce… ed era la prima volta che parlava della sua famiglia con qualcuno conosciuto negli Stati Uniti, praticamente.

“Già. E prima che tu me lo chieda con aria spaesata, visto che sai come mi chiamo, no, non ho il suo cognome.”
“Beh, non sono affari miei. Ma qualunque cosa sia successa tra te e tuo padre, Beatrix, ti posso assicurare che noi del MACUSA siamo i migliori.”
“Ora sì che sono rincuorata.”

“Beh, non è giusto discriminarci tutti per un solo Auror, non credi? Anche se si tratta del più importante in Inghilterra. Ora devo andare, le simpatiche creature mi aspettano.”

“Buona fortuna.”

Beatrix si fermò e lo guardò superarla e rivolgerle un cenno di saluto dopo essersi voltato per sorriderle. Poi l’ex Tassorosso si diresse verso l’uscita, grata per non averle chiesto nulla su suo padre.


*


“Ma mi spieghi perché fai quella faccia?! Guarda che non tutti gli Auror sono come tuo padre, mia cara!”
“Lo so, lo so… in realtà non capisco perché ne stiamo ancora parlando, non sono nemmeno sicura che mi piaccia.”
“Certo che ti piace! E anche tu gli piaci, ne sono sicura.”

“Non l’hai nemmeno mai visto, Kat, come fai a dirlo?”
“Che importa, io ho ragione 8 volte su 10! E poi non ti sembra strano che venga COSÌ spesso in banca? O ci sono dei truffatori trafficanti di non so che cosa in giro o viene per salutare la Spezzaincantesimi più attraente degli Stati Uniti.”

Katherine sorrise quasi con aria soddisfatta mentre teneva Ivan in braccio e la cugina, che invece stringeva Alexandra, spalancò gli occhi e arrossì leggermente:

“Ma che dici?! Non viene per vedere ME!”
“Ah no? Cielo Beatrix, ti adoro ma sei proprio una piccola, dolce, ingenua Tassorosso. Persino Gabrielle ci arriverebbe, ne sono certa.”

“Kat, Gabrielle ha quattro anni.”
“Appunto, fatti qualche domanda.”


*


“Ciao Beatrix.”
“Oh, ciao… di nuovo qui? Non che mi dispiaccia vederti, ma evidentemente la banca ha più problemi di quanto potessi immaginare…”

“Non sono qui per lavoro, volevo vedere te.”

Beatrix alzò lo sguardo e gli rivolse un’occhiata sinceramente perplessa , guardandolo osservarla con la fronte aggrottata mentre stringeva nervosamente il capello tra le mani.

“Oh, d’accordo. Vuoi parlarmi di qualcosa?”
“Sì. Volevo chiederti se sei disposta a mettere da parte la tua antipatia per noi Auror e venire a cena con uno di loro.”

Beatrix in un primo momento esitò, poi accennò ad un sorriso con le labbra, ripensando alle parole di Katherine prima di annuire:

“Immagino di poter fare un’eccezione per una volta. In fin dei conti, a chi non piacciono gli uomini in divisa?”


*



“Tesoro, sei sicura di non voler invitare i tuoi fratelli?”
“Io inviterò i miei fratelli eccome, Chris, solo non inviterò i figli di mio padre, è diverso. Lui non è invitato, non vedo perché dovrei invitare loro. Mi accompagnerà Mark all’altare, non è certo un problema.”

Beatrix sbuffò debolmente mentre scarabocchiava qualcosa sulla lista degli invitati al matrimonio che stava compilando insieme al fidanzato, che però le sorrise con il suo solito modo di fare rassicurante e allungò una mano per stringere la sua:

“È una scelta tua, non voglio importi niente… voglio solo che tu sia felice, se non te la senti non li inviteremo. Ok?”
L’ex Tassorosso annuì e accennò ad un sorriso carico di gratitudine con le labbra mentre lo guardava con affetto, sfiorandogli le dita con le sue:

“Grazie. Sei comprensivo oltre ogni misura.”
“Beh, da quello che mi hai raccontato non si sono comportati bene con te, nemmeno tuo padre.”

“Già, non credo sarà nemmeno felice di questo matrimonio, sperava più che altro in un ragazzo Purosangue. Inglese, sopratutto. Ma a giudicare da come vanno a finire la maggior parte dei matrimoni tra Purosangue nel mio Paese, sono felice che tu sia diverso. Credo che l’unica cosa che tu e mio padre avete in comune sia il vostro lavoro.”

“Me lo hai già detto una volta, tanto tempo fa… mi sono chiesto se fosse un bene o meno, ora so che lo è.”

Christopher sorrise e Beatrix lo imitò, annuendo mentre lo guardava con affetto e stringeva la sua mano sul tavolo:
“Ci puoi scommettere.”


*


“Alex, non devi LANCIARE i petali, devi farli cadere con grazia e delicatezza sul tappeto… Vedi, così.”

Katherine prese un paio di petali per mostrar per l’ennesima volta alla figlia come fare, incurante del broncio che faceva capolino sul volto della bambina mentre la futura sposa, alle loro spalle, sorrideva:

“Kat, non importa, non è oggi il matrimonio… e in ogni caso Alex sarà troppo adorabile e nessuno presterà attenzione e come farà cadere i petali, vero tesoro?”
“Zia, posso il gelato? Sono stanca…”

“Adesso te lo porto tesoro, vai a sederti. Dovrebbe riposarsi anche tua madre, invece di preoccuparsi per niente.”

Beatrix rivolse un’occhiata in tralice alla cugina, che però sbuffò e ribadì per l’ennesima volta di essere incinta e non malata ma che voleva anche lei un’enorme coppa di gelato.

“Ora te la porto, Signora Smirnov… cielo, Alexei è un santo a sopportarti!”
“Che hai detto scusa?”
“Chiedevo se ci vuoi la panna sopra…”
“Ovvio, che domande!”



*



Beatrix, memore della sua esperienza personale, era stata scettica per anni sul fatto di crearsi, un giorno, una famiglia propria.
Certo, lei non era come sua madre e non si sarebbe mai sognata neanche lontanamente di intraprendere una relazione con un uomo sposato, e per di più appartenente ad una famiglia molto in vista, ma per quanto volesse bene ai suoi fratelli era stata a lungo scettica sullo sposarsi e avere figli a sua volta.

Eppure quel pomeriggio sorrideva, mentre faceva dondolare ad un ritmo lento ma sostenuto la culla dove suo figlio di pochi mesi sonnecchiava. Per anni non aveva desiderato altro se non essere solo e soltanto Beatrix Morgan, e non la figlia illegittima di Marcellus Burke, agli occhi del mondo e ci era riuscita, era andata a vivere lontano dalla sua famiglia e da quel nome e aveva iniziato una nuova vita senza l’ombra di suo padre appresso. 
Per qualche anno era stata veramente solo e soltanto Beatrix Morgan, ma ad un certo punto era stata ben felice di fermarsi per fare un passo avanti. E aveva avuto quello che sua madre non avrebbe mai potuto avere, un marito e un figlio che portasse il nome di suo padre.
Voleva bene a sua madre e non la disprezzava per le scelte che aveva fatto... solo, faticava a capirle appieno.

Quando sentì la porta al piano terra aprirsi e poi chiudersi sorrise senza staccare gli occhi dal volto rilassato del bambino, udendo distintamente i passi sulle scale prima di sentire la voce del marito propio alle sue spalle, sulla soglia della stanza:

“Il piccoletto dorme?”
“Sì, come un sasso.”
“Peccato…”
“Oh, non sognarti nemmeno di svegliarlo, stavo iniziando a prendere in considerazione l’idea di dargli una botta in testa pur di farlo dormire!”

Beatrix continuò a non voltarsi e sentì Christopher ridere debolmente mentre le si avvicinava, sedendo accanto a lei sul bracciolo della poltrona e gettando un’occhiata al figlio prima di chinarsi e darle un bacio su una guancia:

“Vedo che ti godi la maternità.”
“Adoro il mio lavoro, ma ammetto di preferire il nostro Andrew ad un branco di folletti.”



*


Erano entrambi in piedi, appoggiati ai lati dello stipite della porta della cameretta di Andrew, che non sembrava molto intenzionato a dormire e continuava a correre per la stanza ridacchiando sotto gli sguardi attoniti dei genitori:

“Sono le dieci passate. Come fa ad avere così tante energie?!”
“È a dir poco esagitato… e non è normale! …. Chris, se gli hai dato del caffè da bere per sbaglio questo è il momento di dirmelo.”

“Non gli ho dato nessun caffè, non so perché è così esagitato stasera! Forse dovremmo farlo stancare in qualche modo.”

L’Auror rivolse un’occhiata incerta al bambino di un anno che sgambettava allegramente per la stanza, correndo intorno al suo lettino mentre Beatrix scuoteva il capo, mordicchiandosi il labbro inferiore con aria pensierosa:

“Forse… potremmo portarlo fuori a fare un giro.”
“A quest’ora?!”
“Preferisci continuare a guardarlo mentre corre come un maratoneta?! Drew, ma che hai stasera?!”

Beatrix sospirò mentre si avvicinava al bambino per prenderlo in braccio, ignorando le sue proteste e il suo scalciare per tornare sul pavimento mentre Christopher continuava ad osservarlo con cipiglio assorto:

“Forse ha ingerito troppi zuccheri…”
“Ti avevo detto di non dargli il gelato!”


*


“Bambini, sedetevi vicino a papà e non fate confusione! Ciao tesorino, sei bellissimo, lo sai?”

Katherine sfilò Alexander dalle braccia di Christopher con un largo sorriso sul volto mentre, alle sue spalle, i quattro figli più grandi prendevano posto accanto al padre, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo senza obbiettare mentre Beatrix sorrideva con affetto alla cugina, accarezzando delicatamente il capo del figlio:

“Ciao Kat… sei pronta?”
“Prontissima a fare da madrina a questo bambolotto. Markus è già arrivato?”
“Sì, sta parlando con Maxi. Non avete portato Katja?”
“No, avrebbe pianto per tutto il tempo e disturbato la cerimonia… l’ho lasciata da mia madre, spero che sopravviva.”

Katherine accennò ad una smorfia con le labbra che fece ridacchiare Christopher mentre Beatrix tratteneva a stento un sorrisetto e un bambino biondo dagli occhi chiari sgambettava verso i genitori, aggrappandosi alla gamba del padre e parlando con tono lacrimoso:

“Anche io voglio stare in braccio!”
“Andrew, è il battesimo di tuo fratello, tu devi stare seduto vicino alla nonna!”
“No!”
Il bambino di due anni scosse il capo con decisione e Katherine si stampò un sorriso sul volto prima di chinarsi leggermente verso di lui:

“Tesoro, dopo ti terrò in braccio per tutto il tempo che vorrai... ora vai a sederti vicino ad Isaak, ok?”
“Ok…” il bambino sbuffò appena ma obbedì, trotterellando verso i cugini per sedersi accanto a loro mentre Christopher aggrottava la fronte, rivolgendosi a Katherine con leggera confusione:

“Come ci sei riuscita in quattro e quattr’otto?!”
“I bambini ascoltano sempre i genitori degli altri più dei propri… Anche tu, vero piccolo Alex? Tu adori la zia Kat! … ora che ci penso, sarà un problema, abbiamo entrambi un Alex in casa!”

“Vorrà dire che chiameremo Alexandra Alexa…”



*


“Va bene piccolo… la mamma adesso deve andare via, ti vengo a prendere più tardi, ok?”

Beatrix, mordicchiandosi nervosamente il labbro, studiò con attenzione il visino del figlio mentre Andrew, tenendola ancora per mano, la osservava con gli occhi blu quasi confusi. 

Gli sistemò quasi automaticamente il colletto del grembiulino e poi, dopo avergli dato un bacio sulla testa, si sforzò di sorridergli prima di rimettersi in piedi e allontanarsi, dandogli le spalle e imponendosi di non voltarsi.

“… Mamma?!”
Il richiamo del bambino, che parlò con una nota allarmata nella voce, giunse quasi immediatamente alle sue orecchie e la strega sospirò, dicendosi di non voltarsi e di dirigersi verso l’uscita dell’asilo a passo spedito.
Sapeva che sarebbe stato difficile lasciarlo lì per la prima volta, ma sperava vivamente che non iniziare a piangere come un disperato pensando che volesse abbandonarlo…

“Mamma!”
Malauguratamente Beatrix si voltò, incontrando lo sguardo triste del figlio. E si maledì per averlo fatto un istante dopo, quando Andrew corse verso di lei per abbracciarle le gambe.

“Tesoro, la mamma deve andare, tu resterai qui a giocare con gli altri bambini, ti divertirai…”
“No, voglio te!”
“Ma piccolo, su…”


Quando riuscì a liberarsi del suo abbraccio Andrew stava praticamente singhiozzando, seduto sul pavimento, e Beatrix sospirò mentre usciva dall’edificio il più rapidamente possibile, pregando affinché il giorno seguente fosse più semplice del primo.




“Allora, com’è stato lasciarlo all’asilo stamattina?”
“Domani ci pensi tu, Chris. Non fare domande.”


*


“BAMBINI, FATELA FINITA IMMEDIATAMENTE! Se vedo un altro trenino volare TUTTI i trenini spariranno, capito?!”

“Ma mamma, Alex mi ruba i giochi!”
“Non sono tuoi!”
“Sì!”
“Sono anche miei!”
“Non è vero!”

Beatrix sospirò, passandosi una mano sugli occhi e chiedendosi sinceramente come avesse fatto sua madre a crescere quattro figli quasi da sola. Lei stava rischiando un esaurimento con due, e il fatto che a breve sarebbero diventati tre non l’aiutava di sicuro.

Sorrise con sollievo quando le fiamme del camino divennero verdi, segno che suo marito stava per tornare a casa… quando apparve nel salotto Chris sorrise alla famiglia, guardando i figli con affetto prima che i bambini lasciassero finalmente perdere i giochi per abbracciarlo:

“Ciao, ragazzi… come state? State facendo dannare la mamma? Ricordatevi che deve riposarsi, ha un bambino nella pancia.”
“Riposarsi, non so più cosa significa, in pratica… sono felice di vederti.”

Christopher sorrise prima di sedersi accanto a lei sul divano e darle un bacio su una guancia, circondandole le spalle con un braccio mentre Andrew elencava a gran voce tutto quello che aveva fatto a scuola quel giorno:

“Immagino. Come stai?”
“Bene, fisicamente, ma hai presente quando ho detto che se sarebbe stato un terzo maschio sarei tornata in Inghilterra e tu hai riso? Beh, volevo informarti che non stavo scherzando, tesoro.”


*



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Beatrix stava praticamente correndo lungo il corridoio dell’ospedale, Arn in braccio e Alexander per mano mentre Andrew le arrancava alle spalle, continuando a chiedere alla madre cosa stesse succedendo e dove fosse il padre.

“204, 205… 206. Aspettate qui, Andrew, tieni d’occhio tuo fratello. Torno subito.”

Andrew fece per replicare ma l’occhiata che la madre gli rivolse lo costrinse a cambiare idea, annuendo mentre prendeva posto insieme ai fratellini sulle sedie addossate al muro. Beatrix invece esitò prima di aprire la porta della stanza, sospirando quando posò gli occhi sul marito, seduto su un letto con il braccio fasciato e che sorrise quando la vide:

“Chris… stai bene?”
“Un po’ ammaccato, ma sto bene. I bambini?”
“Li ho lasciati qui fuori, spero non distruggano l’ospedale in cinque minuti… ero preoccupatissima.”

Beatrix sospirò e, dopo essersi chiusa la porta alle spalle, si avvicinò al letto per sedersi accanto al marito e abbracciarlo, sentendo la sua mano sana accarezzarle la nuca:

“La fanno sempre più grave di quanto non sia in realtà, non preoccuparti.”
“Puoi tornare a casa o ti tengono qui?”
“No, posso tornare a casa, non è grave.”

“Ok.”

Beatrix annuì, scostandosi leggermente per guardarlo in faccia e scorgendo il sorriso quasi immancabile che increspò le labbra dell’Auror, che sollevò la mano sinistra per accarezzarle il volto teso:

“Mi dispiace se ti sei preoccupata.”
“Io mi preoccupo sempre per te, Chris…”

L’ex Tassorosso quasi non riuscì a finire di parlare che la porta si spalancò e Alexander, tenendo Arn per mano, rivolse ai genitori un’occhiata sinceramente preoccupata:

“Papà, ti sei rotto?!”
“Solo qualche osso, piccolo, sto bene.”
“E riescono ad aggiustarti, vero?!”
“Certo che sì, come sempre. Venite qui.”

Chris sorrise e fece cenno ai figli di avvicinarsi, seguiti poco dopo anche dal primogenito, e Beatrix prese Arn in braccio mentre Alexander si arrampicò sul letto per sistemarsi accanto al padre, abbracciandolo.

“La mamma ha detto che stavi male…”
“La mamma si preoccupa troppo, Drew.”
“Io non mi preoccupo troppo, vorrei vedere te al mio posto, con una moglie Auror di questi tempi!”



*


“Chris?”
“Mh?”

Christopher era seduto sul divano con il giornale in mano e Beatrix, dopo essersi seduta accanto a lui, provvedete a toglierglielo dalle mani per avere la sua completa attenzione, guardandolo sbuffare e roteare gli occhi prima di rivolgerlesi:

“Tesoro, non sono un bambino, ti ascolto anche se ho qualcosa in mano!”
“Non se si tratta della pagina sportiva… ascolta, stavo pensando che dovremmo smetterla di discutere a proposito della scuola che frequenteranno i ragazzi, non mi piace quando non siamo d’accordo su qualcosa…”

“Stai per dire che mandarli ad Ilvermorny sarà la cosa migliore?”
“… No. Sto dicendo che ci ho pensato e credo che la cosa migliore sarebbe fare come hanno fatto Katherine e Alexei: dovremmo lasciare che siano loro a decidere.”

“Mi sembra un buon compromesso. D’accordo Beatrix, ma ti avverto, sei inizierai a fare propagando pro-Hogwarts io farò lo stesso!”
L’Auror si riprese il giornale e rivolse alla moglie un’occhiata di sfida che venne accolta di buon grado, con un sorriso divertito:

“Vedremo chi tra i due sarà più persuasivo, allora, Signor Parker.”









………………………………………………………………
Angolo Autrice:

E con questa chiudo finalmente questa Raccolta, anche se presto dovrei pubblicare anche la OS su Sean e Aurora di cui vi parlavo… 
Grazie ancora per aver seguito la storia e per aver partecipato, a presto! 
Signorina Granger 

   
 
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