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Autore: Tvlover24    11/06/2018    1 recensioni
One shot dal punto di vista di Anna sulla relazione con il PM.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’attrazione è un’arma potente. L’ho capito a mie spese quando nella mia vita è entrato Marco, o il PM Nardi, come lo conoscevo all’epoca. Ad un livello molto profondo e nascosto, mi aveva attratto da subito. Quando lo vidi scendere dalla moto e avvicinarsi a grandi falcate verso di me, sapevo che sarebbe stato la mia rovina. Solo perché ero in pausa col mio fidanzato non significava che non potevo apprezzare l’uomo che avevo davanti. Mediamente alto, capelli castani e ricci tendenti al rossiccio, occhi scuri e labbra troppo rosse per un uomo, la stretta di mano quella di una persona sicura e decisa. Nonostante questo suo aspetto gradevole, già dalle prime ore di lavoro insieme scoprii che di carattere non lo era, misogino e ricco di stereotipi sulla donna… ma d’altraparte, cosa ci si poteva aspettare da un una persona che lascia la propria fidanzata sull’altare?
Irrispettoso. Un’altra delle deliziose caratteristiche che aggiunsi alla lista del mio collega, quando, entrando nel mio ufficio una sera, lo trovai mezzo nudo che litigava a telefono con la ex riguardo i regali di nozze. Nel mio ufficio. Mezzo nudo. Stavo per richiamare la sua attenzione quando sentii una frase che mi raggelò: ‘il cane è il tuo ma me lo tengo io’. Ma che razza di uomo era? Al danno del matrimonio mancato, anche la beffa. Povera donna. Ma cosa aveva trovato in lui per sposarlo? Certo, fisicamente non era malissimo, ammetto che mentre era di spalle, anche a me era caduto l’occhio sulla linea dei suoi polpacci che si contraevano ritmicamente quando camminava, o sulle fossette del fondoshiena che si intravedevano vicino l’elastico dei pantaloncini, ma da qui ad innamorarsi di uno che tratta le donne in questo modo.. Quando si accorse della mia presenza si ricompose subito, ma mentre lui cercava di giustificarsi, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era a come aveva trattato l’ ex, prendendosi il suo cane. Gli feci notare che questo suo comportamento era imbarazzante, per metterlo al suo posto, ma mi rispose per le rime mettendo in mezzo Giovanni, il mio ex che voleva farsi prete. Inutile dire che andai via molto stizzita. Il giorno dopo tuttavia decise di scusarsi, cosa che apprezzai, visto che anche io feci la stessa cosa con lui, le sue questioni personali non mi riguardavano.
Nonostante questo momento di scuse, il nostro rapporto non migliorò, era un continuo di battute e frecciatine su me e Giovanni e la cosa mi dava molto fastidio, ma stavo imparando a conoscerlo,scoprii che era una persona curiosa e leale. Curiosa perché aveva origliato la conversazione con Giovanni e voleva sapere cosa fosse successo a mio padre, e leale nei confronti del mariesciallo… lo trovai infatti nel mio ufficio, mentre copriva una sua bugia.

Poi un giorno, dopo un’ennesima discussione riguardante una ragazzina che a mio parere poteva andare ai domiciliari e le sue solite frasette sferzanti su come mi lasciassi intenerire, era cambiato completamente. Gentile, premuroso, addirittura ad un certo punto durante l’indagine aveva detto di essere completamente d’accordo con me. Questo cambiamento era avvenuto in concomitanza con un cambio look che mia sorella mi aveva praticamente imposto dato che secondo lei ero troppo trasandata e dovevo prendermi più cura di me. Effettivamente dopo la ‘rottura’ con Giovanni mi ero lasciata abbastanza andare, ma vista la reazione del PM ad un rossetto ed un profumo diverso, il restiling stava funzionando. Alla fine avevo scoperto che era tutto un piano del maresciallo per fare ingelosire Giovanni, ma devo ammettere che le attenzioni del PM mi avevano fatta sentire lusingata. Da quel momento in poi diciamo che tra noi le cose si erano stabilizzate, non c’era più quell’estenuate astio iniziale, e per un po’ di tempo andammo avanti così, senza troppe incomprensioni, eccetto la volta in cui gli feci quasi castrare il cane.

Ebbi modo di conoscerlo un po’ meglio durante un pellegrinaggio a cui ero stata invitata, a tradimento, da Giovanni. Quando lo vidi uscire dal bar insieme al maresciallo e alla sua famiglia, sentii una fitta allo stomaco; ovviamente in quel momento lo associai allo sconforto di trovarmi i miei colleghi a quello che credevo essere un weekend romantico, ma, col senno di poi, posso ammettere tranquillamente che quella fitta era dovuta alla sua vista. Una piccola parte di me era infatti contenta che ci fosse anche lui. Era strano vederlo con un look diverso, informale, e con tanto di cane al seguito. Anche l’atmosfera era più rilassata, probabilmente dovuta al fatto di non essere in servizio. Come al solito l’ironia era dietro l’angolo, ma non so bene il perché, aveva un’aria più seriosa, come se fosse genuinamente interessato a sentire le novità di me e Giovanni. Durante tutto il weekend, che alla fine era diventato lavorativo, sentii una strana energia tra di noi. Anche se ero completamente presa da Giovanni, qualcosa in quell’atmosfera surreale che sembrava essere uscita da un romanzo giallo, me lo faceva percepire maggiormente. Ricordo ad esempio di essere diventata di colpo tesa quando me lo ritrovai accanto a pranzo. Era strano vederlo così rilassato, tanto da farmi per un attimo distrarre mentre parlavamo col prigioniero. Per quando lo negassi anche a me stessa, ero profondamente attratta dal PM, da quel suo piccolo rotolino di pancia che gli si formava quando si sedeva, da quei denti bianchissimi in perfetto contrasto con le labbra, dalla sua voce calda e graffiante come un cucchiaino di miele balsamico, dal modo in cui la giacca cadeva perfettamente quando indossava il dolcevita, dalle sue mani curate al punto giusto, grandi e agili sulle corde, come mi aveva detto un giorno, in contrasto con la mia fisicità più minuta. Mi resi tuttavia davvero conto dell’amicizia di Marco, come ormai avevo cominciato a chiamarlo, quando, sulla strada del ritorno, vedendo la distanza tra me e Giovanni aveva chiesto quale fosse il problema. Mi aspettavo una battutina sarcastica, ma la sua risposta, così sincera e diretta, mi aveva presa completamente alla sprovvista e in quel momento, fui grata per la sua presenza.

Nelle settimane successive provai più volte questo sentimento di gratitudine, misto a qualche fitta allo stomaco, ed ovviamente c’erano stati anche momenti di antipatia, ma in qualche modo riusciva ad equilibrare il tutto. Un esempio su tutti può riguardare i giorni che passai sotto copertura in un reality show. L’idea era stata sua, e anche se riluttante, avevo accettato perché era davvero una buona idea, e mai avrei permesso alle mie insicurezze di interferire con il mio lavoro. Durante l’intero periodo mi era stato molto vicino e, nonostante le continue provocazioni, era piacevole vedere un volto familiare in un contesto che non mi metteva a mio agio. La sera del ballo, iniziata male, era in realtà finita molto meglio di quanto immaginassi. Avevo sentito il suo sguardo su di me durante tutto il ballo con il ‘principe’, aveva un’espressione strana, tra l’attento e il preoccupato quasi, e avevo sentito il suo sguardo su di me anche quando mi allontanai dopo aver steso il ‘principe’. Quando sentii dei passi avvicinarsi mentre ero seduta a bordo piscina, non ebbi bisogno di girarmi per sapere che erano di Marco. Si sedette accanto a me facendo una delle sue solite battutine sarcastiche, ma in quel momento proprio non mi andava di mettermi a discutere, così gli feci subito capire che non era aria, ma poi, forse sull’onda di intimità e di ascolto che si era creata qualche giorno prima quando mi aveva trovata a piangere in ufficio, avevo detto una frase abbastanza personale, e non so neanche come, mi ritrovai a raccontargli della mia insicurezza come donna, della cattiva influenza di mia madre, di come fossi sempre stata un maschiaccio, e di come le cose sarebbero potute andare diversamente se solo avessi dato retta a mia madre. Era rimasto ad ascoltare come qualche sera prima davanti al gelato, ma questa volta aveva voluto commentare, commentare su come andavo bene così come ero, che non avevo bisogno di cambiare per nessuno, e l’aveva detto con una tale genuinità che in quel momento decisi di crederci, come avevo deciso di credere al complimento che mi aveva fatto sul vestito. Avevo bisogno di sentirmi bella, ma quel momento di serenità per il complimento e per lo sfogo, era stato interrotto dalla realtà. In lontananza era ripresa la musica del ballo e questo ci aveva catapultato di nuovo nel lavoro e alla ragione per cui l’avevo chiamato. Dopo avergli dato il medicinale da analizzare, lo salutai tornando a rivolgere la mia attenzione all’acqua della piscina. Quel suono mi calmava ed è forse per quello che non lo sentii avvicinarsi di nuovo. Alla mia espressione interrogativa e forse seccata, sembrò titubare per qualche secondo e poi mi chiese se avevo voglia di ballare. Lì, vicino la piscina, senza bisogno di tornare sulla pista… alla fine era un ballo, meritavo un cavaliere degno di tale nome, che non ci provasse con me. Mentre internamente ridevo per il suo auto-definirsi cavaliere, istintivamente il mio corpo aveva deciso per me e si era alzato ed avvicinato a lui di pochi passi, in segno di accettazione. La musica era debole certo e nonostante la poca luce, ero riuscita a vedere chiaramente il mezzo sorriso di sollievo che gli era scappato quando mi ero avvicinata a lui. Il nuovo brano era cominciato da poco, quindi cominciammo subito a ballare e subito realizzai l’errore che avevo fatto. Eh si, non avevo infatti considerato quanto saremmo stati vicini. Sentire la sua mano sul mio fianco infatti, mi aveva reso immediatamente consapevole della sua prossimità. Non c’era mai stato così tanto contatto tra di noi, ma dopo qualche passo di prova, eravamo subito scivolati nel ritmo della musica. Non avendo i passi su cui concentrarmi, tutta la mia attenzione fu focalizzata sul mio corpo e su come percepiva quello di Marco. Lo sentivo solido e caldo a contatto col mio e sentivo chiaramente la sua mano che dal fianco si era spostata sulla schiena. Ne percepivo chiaramente il calore anche attraverso il vestito. Non avevo idea di cosa stessimo ballando in quel momento, ma qualunque cosa fosse, era un buon ballerino, forse aveva preso lezioni per il suo matrimonio. Ecco. La mia mente mi stava portando dove non volelo. Non volevo pensare a come Marco avesse illuso quella povera ragazza per poi abbandonarla all’altare. Cercai di scacciare quei pensieri dalla mia mente e godermi il momento per il semplice fatto che per un istante mi riscoprii gelosa dell’ex. Sicuramente era la stanchezza a parlare, o forse la forzata vicinanza di quei giorni, ma la cosa che sapevo per certo era che in qualche modo mi ero ritrovata con la testa appoggiata al petto di Marco, vista la differenza d’altezza e, per quanto assurdo possa sembrare, decisi di liberare la mente e semplicemente abbandonarmi alle sensazioni che mi trasmetteva. Inspirai profondamente il suo profumo e mi lasciai cullare dalla protezione delle braccia di quell’uomo che forse stava diventando qualcosa di più di un semplice collega, e lì, in quel momento, quasi rannicchiata nel petto di Marco, Giovanni era l’ultimo dei miei pensieri. Non so dire quanto tempo era passato, potevano essere due come dieci minuti, quando, alla fine del ballo, Marco si congedò con un semplice baciamano e una buonanotte sussurata. Non so cosa avesse provato lui, ma quella notte, il mio cuore accellerato, non mi lasciò dormire.

Nei giorni seguenti tornò tutto alla normalità, lui tornò alle sue battutine e io tornai ormai a far finta di prendermela, fino a quando, un giorno, non esagerò. Era venuta a trovarmi mia madre e quando mi chiese di Giovanni le risposi che andava tutto bene. Non avevo il coraggio di dirle che ci eravamo lasciati, perché ero sicura che avrebbe ricominciato a dire che me l’aveva detto, che in divisa non sarei mai riuscita a tenermi un uomo, che li avrei fatti scappare, e già stavo male per la situazione con Giovanni, non avevo bisogno di farmi umiliare anche da lei. Queste mie azioni miste ad un fraintendimento causato da Giovanni, avevano lasciato a Marco la possibilità di dare libero sfogo all’ironia. Sebbene fino a quel momento avessi sempre più o meno sopportato tutto, alla frase ‘...stai ancora giocando a barbie sposa’ non ci ho visto più. Ma come si permetteva? Ok, stavamo diventando amici, ma quella frase era stata davvero pesante. Certamente non aveva idea di cosa significasse per una donna, single dopo una brutta chiusura, provarsi l’abito da sposa per un matrimonio che aveva sognato e che non sarebbe mai avvenuto. Sentivo gli occhi pizzicare, ma curiosamente, non gli vomitai addosso quello che avevo pensato, ma gli dissi di mia madre. Non volevo espormi così tanto in realtà, era stato solo un momento di sfogo involontario, uno sfogo di frustrazione verso quello che mi costringeva ancora a vivere mia madre, nonostante la mia età.
Quelle mie parole comunque, dovevano aver avuto impatto su di lui perché, il giorno dopo, mi aveva inaspettatamente difeso con mia madre, con parole forti e molto belle che mi avevano colpito non poco. Nonostante il supporto del maresciallo e nonostante avessi fatto pace con mia madre, ci pensai tutto il giorno, la mia mente continuava a tornare sulle parole di Marco. Quando l’indomani me lo ritrovai dietro la porta dell’ufficio con un’adorabile espressione colpevole, il cuore mi si strinse di tenerezza. Credeva forse che mi sarei arrabbiata per delle parole così belle? Ero convinta comunque che ci fosse qualcosa di personale nel suo sfogo, ma quando mi rispose di no con quello sguardo perso nel vuoto che faceva ogni volta che si sentiva a disagio, decisi di lasciar perdere.

Un’altra frase di Marco che mi colpì fu detta subito dopo un interrogatorio con un ragazzetto che non capiva la gravità delle sue azioni: ‘per fortuna non ho figli’. Non so bene per quale ragione, quella frase mi aveva fatto venire la pelle d’oca, forse perché per un istante l’avevo immaginato in situazioni non proprio lavorative e mi sentii avvampare, ma la mia situazione di imbarazzo era durata francamente poco perché in caserma era arrivato Cosimo che, ironia della sorte, aveva chiesto a Marco di fargli da papà e a me da mamma per un show televisivo con Carlo Conti. Per quanto la richiesta di Cosimo mi avesse fatta sentire lusingata, sul momento rifiutai l’offerta, non me la sentivo di giocare alla famiglia, sopratutto con un collega, ma poi avevo pensato alla storia di Cosimo, di come avesse perso la mamma da poco ed io per prima sapevo come era importante a volte aggrapparsi ai ricordi, anche se solo uno show televisivo, quando si perde un genitore. Alla fine decisi di accettare, anche perché sarebbe stato divertente vedere Marco in veste di padre. Per quanto inizialmente riluttante, alla fine anche lui aveva ceduto, ma dopo una prima prova davvero terribile di ‘tu scendi dalle stelle’, mi pentii di essermi buttata in questa assurdità: un bacio. Secondo il maresciallo dovevamo darci un bacio. Idealmente non faceva una piega, tecnicamente eravamo marito e moglie, ma nella realtà eravamo colleghi e visto lo sguardo titubante di Marco, il sentimento era reciproco. Primo tentativo, bacio sulla fronte, fallito.. ma non mi interessavano i risolini di PM e maresciallo, oltre il bacetto sulla guancia non sarei andata, era già abbastanza imbarazzante così. Le altre prove erano andate leggermente meglio, avevamo deciso di cambiare strumenti e arrangiamento, così da renderla più ‘nostra’. Il maresciallo ci aveva anche fornito dei dati essenziali da sapere per essere ‘buoni’ genitori, come il piatto preferito di Cosimo o il suo gioco preferito. Mi piaceva vederlo sorridere, ne aveva passate tante, e il suo ‘tu si che potresti farmi da mamma’ mi aveva stretto il cuore, mentre a Marco aveva detto che come papà faceva schifo. Povero piccolo, certo Marco non aveva indovinato neanche una risposta, ma il suo vero padre era un delinquente, latitante e rapitore. Poi, il maresciallo ci aveva sorpreso con una domanda legittima ma di improvvisazione: cosa ci aveva fatto innamorare, l’uno dell’altra. Dopo qualche secondo di silenzio, mentre la mia mente era completamente vuota, aveva preso la parola Marco, che, dopo quella che, fosse stata una vera dichiarazione, avrebbe steso qualsiasi ragazza, mi aveva baciata. Se già il mio volto era arrossito per le parole che aveva detto con grande spontaneità, dopo il bacio era probabilmente diventato di un bel rosso acceso. Per tutto il tempo delle prove, la mia mente si era estraniata. Quel bacio era stato tanto inaspettato quanto veloce. Era stato poco più di un bacio a stampo, ma era quel poco più che mi aveva fatto precipitare lo stomaco, che mi aveva fatta sentire come durante un vuoto d’aria in aereo. Era quel tipo di bacio che si dà per gioco ma che, fossimo stati da soli, sarebbe probabilmente continuato. Fosse stata una situazione diversa, avrei ricambiato. Era una nuova consapevolezza che non mi aspettavo. Non avevo mai pensato di baciare davvero Marco, ma sentire le sue labbra sulle mie così d’improvviso, e per un istante più del necessario per essere un semplice bacio a stampo, mi aveva fatto cambiare idea. Non mi ero mai concessa di vederlo come un uomo, non davvero. Era un collega e più grande di me… attraente certo, non mi dispiaceva, ma l’avevo visto sempre in modo platonico, e in quel momento, mentre lo osservavo scherzare col maresciallo e Cosimo, grazie ad un semplice bacio a stampo, per la prima volta, vidi davvero Marco. Mi girai e rigirai nel letto tutta la notte, era una sensazione bella e terrificante, ero davvero pronta a chiudere la porta Giovanni e aprire la porta Marco? Non ero certa della risposta, ma quello che sapevo era con che grande facilità ormai mi sentivo arrossire quando in ufficio incrociavo il suo sguardo per errore o parlavamo del più e del meno. Mi sentivo come una ragazzina e dopo aver avuto due relazioni abbastanza lunghe la cosa mi faceva sorridere non poco. Mi stavo innamorando di Marco senza neanche accorgermene. La sera dello show i miei sentimenti furono confermati e decisi di viverli senza troppi veli, almeno con me stessa. Quando alla reception ci avevano chiesto se eravamo ‘mamma e papà’, lo stomaco aveva fatto una doppia capriola, era così strano far credere che eravamo sposati e che avevamo un figlio, certo la bugia era durata ben poco perché ci avevano beccato subito, ma mi aveva fatto uno strano effetto. Alla fine della gara, quando avevano annunciato che eravamo proprio noi i vincitori, avevo baciato Marco d’istinto, lì, sul palco, davanti alle telecamere. Era stato davvero un bacio a stampo, ma me ne pentii subito vista l’espressione imbarazzata sul volto di Marco.

Il giorno dopo avrei voluto dirgli che secondo me sarebbe stato un ottimo padre, l’avevo visto con Cosimo, come l’aveva incoraggiato prima della gara, la dolcezza del tono che aveva usato per dirgli che la sua mamma sarebbe stata orgogliosa di vedere l’ometto che stava diventando, come ci aveva giocato insieme nei giorni delle prove… a parole poteva dire quello che voleva, poteva fare il duro quanto voleva, ma la tenerezza dei fatti era ben più chiara. Avrei voluto dirgli tutto questo, ma il giorno dopo era arrivato come un fulmine a ciel sereno, e con lui dei bagagli pesanti per entrambi. Quel caso era iniziato come tanti, Don Matteo che trovava un corpo e ci chiamava e noi che andavamo a vedere la scena del delitto. Un caso di un evaso trovato morto nell’ufficio del suo avvocato. Marco mi era sembrato da subito molto strano, ma non ci avevo fatto caso più di tanto, sopratutto perché quando ero andata con la madre ad informare la figlia dell’uomo dell’accaduto, una frase di un suo compagno di scuola mi aveva fatto tornare alla mente vecchi brutti ricordi: tutti che ritenevano mio padre un ladro, ed io l’unica a credere nella sua innocenza. La reazione della ragazzina mi aveva fatto stringere il cuore, mi sembrava di rivedere me stessa che battagliavo contro tutto e tutti per far valere la mia verità. Ma la stranezza di Marco era tornata prepotente durante l’interrogatorio con l’avvocato. Dal modo in cui lo trattava era chiaro che lì c’era una storia condivisa e che chiaramente era negativa. Non l’avevo mai visto così teso e quando l’aveva chiamato per nome, non avevo avuto più dubbi. Quando rimasi sola con lui, alla mia domanda su chi fosse quell’uomo, la sua risposta mi gelò: senza neanche guardarmi in faccia mi rispose praticamente che non erano fatti miei. Era stata come una coltellata al cuore, può sembrare un po’ melodrammatico forse, ma la sensazione era stata quella. Era stato come un brusco risveglio alla cotta che mi ero presa per lui. Io mi stavo innamorando di qualcuno che non si fidava neanche a dirmi perché conosceva il sospettato. La storia mi aveva incuriosito anche di più dopo che l’avevo visto discutere con la ex, ma come lui stesso mi aveva specificato non erano fatti miei quindi mi limitai, con il maggior distacco possibile, ad un semplice controllo di routine, avevo anche i miei di demoni, per la testa. Questo caso stava portando con se troppi ricordi, dovevo dimostrare che quella ragazzina aveva ragione, che il padre era innocente perché, come mi avrebbe detto lei stessa poco dopo, lui ormai non aveva più voce per difendersi da solo. Quando chiamai Marco per dirgli che nel controllo sull’avvocato era uscito anche il suo nome, era livido di rabbia, gli occhi iniettati di sangue. Evidentemente quella notte non aveva dormito ed anche se stavo solo comunicando dei fatti, aveva completamente frainteso quello che gli stavo dicendo ed in pochissimo tempo la situazione era degenerata, finendo con lui che mi sbatteva la porta in faccia, accusandomi di farmi coinvolgere nei casi e di non saper distinguere la vita privata da quella lavorativa, quando, solo pochi mesi prima, aveva detto il contrario. Nonostante mi fossi data un alt da un punto di vista affettivo, era comunque un amico ormai, ed era chiaramente in difficoltà. Volevo aiutarlo ma mi sentivo così impotente… era evidente che stesse soffrendo e mi dispiaceva moltissimo che aveva preso anche me come nemica.
All’ennesima discussione, dove aveva anche ricominciato a darmi del Lei per mettere distanza e aveva sottolineato che era lui a dettare la linea di indagine, nella mia testa era scattato il ‘BASTA’, dovevo farlo rinsavire a qualsiasi costo. L’avvocato era innocente, il suo giudizio era stato completamente offuscato, rischiava di fare un grosso errore lavorativo e non mi interessava della sua presunta linea d’indagine, tutti gli indizi mi portavano a credere che l’evaso fosse innocente, così lo comunicai alla famiglia. Ci tenevo a dire alla ragazzina che suo padre era innocente, che poteva ricordarlo solo per la persona bella che era.
Tornata a casa, dopo lunga riflessione, decisi di andare da Marco e di raccontargli di mio padre, così da fargli capire che per una questione personale rischiava di far del male a più persone. Di fronte a Marco, con quello sguardo menefreghista e scocciato, non so cosa mi diede la forza di tenere duro al suo atteggiamento, ma più gli raccontavo la storia, più il suo sguardo cambiava. Stava tornando il Marco dolce che stavo imparando a conoscere, a volte strano come quando mi fece un mezzo sorrisetto mentre gli parlavo delle paroline sussurate della gente, ma sempre sincero nelle sue espressioni. Era stato un tuffo al cuore vederlo con le lacrime agli occhi quando ero arrivata al suicidio, ma mancava la sferzata finale che, a giudicare dalla sua reazione il giorno dopo, aveva colpito nel segno. Mi ero esposta molto con quella storia, l’avevo raccontata solo a poche persone ma quando era entrato in ufficio, col caso risolto e un sorriso che non gli vedevo da un po’, sapevo di aver fatto la cosa giusta. Era a questo che pensavo la sera, mentre sistemavo la caldaia. Avevo a mala pena sentito il campanello quando andai ad aprire, ero convinta fosse il maresciallo, invece era Marco. Lo feci entrare, ma nonostante avessimo fatto pace, non c’era un silenzio rilassato, ma imbarazzato. Mi ringraziò per l’aiuto e consumati i dieci secondi di conversazione il livello di imbarazzo stava salendo in modo esponenziale, fino a quando cominciò a ridacchiare perché apparentemente avevo il viso sporco. Quella piccola risata mi aveva rilassato un po’, ma per un tempo brevissimo. Aveva messo la sua mano sul mio viso per togliere la macchia, ed era stato un attimo. Sentii il mio corpo invaso da una scarica elettrica ed un fortissimo scambio di energia.
Potevamo metterci sopra tutte le sovrastrutture che volevamo, dal ruolo all’eta, ma in ultimo eravamo semplicemente un uomo e una donna e in quel momento, in quella stanza, c’era solo quello. Più passavano i secondi, più i nostri sguardi si fondevano, e più sentivo ogni barriera calare tra di noi. Risposi a quel bacio senza pensarci due volte, abbandonandomi a quelle labbra che avevo più volte desiderato sulle mie nell’ultimo periodo. I miei movimenti ero guidati dall’istinto, ma quando sentii le mie mani muoversi a stringere le sue, la razionalità intervenne a rovinare quel momento. Cosa stavo facendo? Non potevo baciarlo, non in quel momento, non così. Mi ero completamente bloccata e sentirlo chiedermi scusa non era quello che volevo, non è che io non avevo risposto, era stato un bacio reciproco, ma mi stavo sentendo troppo coinvolta, dovevo fermare la cosa. Quando aveva bussato la seconda volta, per un attimo avevo sperato che anche lui buttasse al diavolo la razionalità e mi baciasse di nuovo, ma era così in imbarazzo che non aveva alzato neanche lo sguardo su di me. Per tutta la notte la mia mente non fece che tornare a quei pochi secondi di bacio, alla sensazione delle sue mani calde a contatto con la mia pelle, la dolcezza con la quale aveva stretto il mio viso. Era stato un bacio dolcissimo, senza pretese, scambiato per dire ‘sono qui, va tutto bene, io ci sono’, ed avevo rovinato tutto. Ma sapevo bene perché l’avevo fatto. Avevo paura, molto semplicemente.
Marco mi piaceva? Si, assolutamente, ma non lo conoscevo, non abbastanza da dire si, mi piace davvero. E poi uscivo da una relazione finita in modo inaspettato. È questo quello che mi ripetevo dopo averlo rifiutato qualche giorno dopo, una sera che finalmente eravamo riusciti ad affrontare l’argomento senza interruzioni. La sua espressione sembrava delusa all’inizio, ma alla fine aveva concordato con me sulla definizione non più solo di colleghi ma anche di amici. Ed è in veste di amica che la sera dopo mi fermai a cena a casa sua. Ero andata per mostrargli un nuovo indizio del caso e, trovandolo col grembiule, non avevo resistito alla tentazione di sfotterlo un po’ e, di tutta risposta, mi ero guadagnata un invito a cena. Avevo accettato a cuor sereno perché ogni traccia di imbarazzo era sparita e anzi, eravamo più rilassati adesso che prima. Non avevo idea che cucinasse e senza volerlo avevo buttato una battuta sul suo matrimonio mancato che, a quanto pare, aveva preso sul serio,dicendomi che non l’aveva più sposata perché l’aveva tradito la sera prima delle nozze. Per qualche istante mi sentii molto in imbarazzo, sia perché non sapevo come rispondere a una cosa del genere, sia perché non volevo intromettermi nella sua vita privata, ma si era finalmente aperto con me e questa cosa non poteva che riempirmi di gioia. Durante la serata parlammo di tutto quello che ci passava per la testa, ero anche arrivata a dirgli cose molto private come il voto di castità di Giovanni e tutto ciò che quella scelta comportava, ma non mi sentivo in imbarazzo, mi sembrava la cosa più naturale del mondo. Con la tensione del bacio buttata alle spalle, si era ampiamente aperta la porta dell’amicizia, che forse così amicizia non era. Eh si, forse complice il vino, mi imbarazza ammettere che rimasi seriamente incantata da lui ad un certo punto della serata. Da un lato cercavo di ascoltarlo e seguire quello che diceva, ma la parte più irrazionale di me seguiva una gocciolina di sudore che, partita dal collo, era scesa fino a sparire sotto la camicia già sbottonata di qualche bottone. Il volto era rosso, la parte superiore della camicia era quasi completamente bagnata e il suo collo era madido. Lo trovai anche più attraente del solito. Quando lo salutai e mi chiusi la porta alle spalle, mi resi conto di una cosa: mi ero innamorata di Marco. Ormai non avevo più dubbi. Vederlo così rilassato e sentirlo così a suo agio con me mi aveva fornito il tassello mancante, ora dovevo trovare il modo di avvicinarci di nuovo da un punto di vista romantico.

Le lezioni di cucina che gli avevo chiesto per scherzo stavano diventando rapidamente una soluzione al mio problema, avrei preso due piccioni con una fava: avrei imparato a cucinare e avrei passato sempre più tempo con Marco. Ma il tempismo è un bastardo e a volte ti ci si mette contro. Proprio quando la mia relazione con Marco andava a gonfie vele e le cose sembravano muoversi nella giusta direzione, Chiara, mia sorella, era ripiombata nella mia quotidianità e se era bastata la veterinaria a farmi ingelosire e a farmi realizzare che era lui l’uomo che volevo al mio fianco, mia sorella stava riuscendo perfettamente nell’impresa di farmi uscire allo scoperto. Si erano avvicinati moltissimo a seguito di un incontro casuale in un locale e Chiara, da brava seduttrice quale era, stava riuscendo a monopolizzare tutte le sue attenzioni. Una sera, aiutata dal maresciallo, a cui avevo raccontato tutto in un momento di sconforto e che si era dimostrato un buon alleato, avevo deciso di agire. Alla fine non stavano insieme e di Marco ero troppo innamorata per lasciarlo a mia sorella e alle sue strategie. Guardandomi allo specchio, mentre truccavo leggermente gli occhi, mi sentii terribbilmente insicura. Una cosa era vedersi a lavoro o a casa per le lezioni di cucina, una cosa era fargli capire il mio interesse. E se lui non era interessato a me? Si, ci eravamo baciati, ma era successo in un momento particolare e a quanto avevo visto era uno che baciava con facilità: me, la veterinaria e quasi mia sorella la notte che ci aveva ospitato. Però d’altro canto alcuni suoi sguardi erano stati inequivocabili, come la sera in cui mi insegnò a cucinare l’amatriciana. Avevamo passato diversi secondi semplicemente a guardarci negli occhi. Se Chiara non ci avesse interrotto… e poi un po’ si era ingelosito quando avevo detto della cena con ‘l’amico speciale’. Certo, era il maresciallo, ma questo lui non lo sapeva. C’era solo un modo per saperlo: andare da lui. Allacciai il vestito verde, presi la teglia con la cena che avevo preparato e mi chiusi la porta alle spalle. Quando la riaprii, poco meno di un’ora dopo, il trucco che avevo messo con cura era leggermente sbavato. Non avrei voluto piangere, davvero, ma qualche lacrima era scesa comunque, nonostante il mio impegno a non farlo. Mi aveva chiaramente rifiutata, annullando l’appuntamento con me e il ‘maresciallo’ per uscire con Chiara. Inizialmente stava andando bene, anche se mi mancava l’aria quando parlavo e il cuore batteva all’impazzata, lui sembrava molto disponibile, ma poi, mentre apparecchiavo, aveva cambiato completamente umore, di colpo era diventato teso e sembrava aver alzato un muro con me. Mi aveva liquidata in due secondi dicendo che aveva un appuntamento con mia sorella e a quel punto ero corsa via, lasciandomi dietro la cena e anche un pezzetto della mia dignità. Perchè avevo deciso di espormi così? Come potevo io competere con Chiara? Era tutta la vita che mi fregava i ragazzi che mi piacevano, e loro hanno sempre preferito lei a me. Alta, bionda, accomondante e prosperosa contro bassa, bruna e autoritaria. Non c’era storia. E anche Marco era caduto nella trappola di mia sorella. Ma come faceva?

In cuor mio c’era ancora la speranza che rimanessero solo amici ma quando l’indomani mattina Chiara mi aveva detto del bacio, sentii il mondo crollarmi addosso. Ero in ufficio quindi non potevo lasciarmi andare troppo, ma mi concessi comunque qualche secondo per cercare di mantenere la calma e non mettermi a urlare. Avrei voluto urlare di esasperazione, contro lei e contro Marco. Contro Chiara per come si era sempre comportata in amore, contro Marco perché non si rendeva conto delle falsità di mia sorella, che fino a qualche giorno prima non sapeva neanche dell’esistenza della cottura al vapore e che di colpo era diventata esperta di cucina. Insomma, aveva visto anche lui com’era mia sorella in amore quando si era lasciata con Sasà, l’aveva definita una pazza lui stesso e ora che faceva? Si metteva con la pazza?

Quando li avevo visti scambiarsi tenerezze nel mio ufficio mi ero sentita morire, ma la vera stretta al cuore era arrivata quando si erano baciati davanti a me. Un bacetto certo, ma vedere l’uomo che amavo baciare mia sorella era troppo doloroso, tanto che non riuscii a non distogliere lo sguardo. Ma mi stavo comportando da egoista, mia sorella era in difficoltà ed organizzare una festa con Marco era un piccolo prezzo da pagare se era per vederla felice. Lui non la conosceva, aveva chiesto a me cosa le piaceva e quando gli avevo chiesto perché stava con lei mi aveva risposto quello che troppi ragazzi prima di lui mi avevano risposto: che prendeva le cose con leggerezza, che lo accettava così com’era, ma almeno lui aveva aggiunto che sapeva della sua insicurezza e questo mi bastava. Almeno Marco era una brava persona, me ne ero innamorata io stessa. Avevamo deciso per una festa a tema drive-in e quando Marco mi aveva dato appuntamento per vedere il posto con quel sorriso che mi faceva innamorare ogni volta di più, trattenni a stento le lacrime. Non so bene perché mi veniva da piangere, ma pensare a quell’appuntamento/non appuntamento mi faceva male perchè mi faceva solo vedere quello che avrei potuto avere se solo non lo avessi respinto dopo il bacio.
Era venuto a prendermi lui con la moto e aveva scelto una macchina una volta al drive-in, mentre io avevo scelto il film preferito di Chiara e avevo preso i pop-corn. Ovviamente non c’era bisogno di vedere tutto il film, dovevamo solo valutare se ci piaceva la location, la qualità dell’audio e cose così, ma una volta in macchina, tutto avevamo fatto tranne che pensare a queste caratteristiche. Si era ricordato che da piccola volevo essere zorro e da lì, quasi per caso, si era aperto con me e, mentre io guardavo il bambino che voleva fare l’attore con gli occhi di chi sa che mai potrà stare con la persona amata, lui tamburellava nervosamente le dita vicino al finestrino. Decidemmo di prenotare per il mercoledì successivo e tornare a casa, ma mentre passavamo davanti ad una rosticceria, Marcò decise di fermare la moto e finimmo per passare la serata a parlare con un panino e una birra seduti sulla panchina di una piazzetta. Quel momento di confidenze in macchina ci aveva un po’ riavvicinato ed era bellissimo parlare con lui come se niente fosse cambiato tra di noi, era stato un po’ come tornare in cucina ai fornelli, a parlare di qualsiasi cosa ci passasse per la mente. Ma le cose erano cambiate, e niente me l’aveva ricordato più di una chiamata nel momento più inopportuno – o opportuno, dipende dai punti di vista – della serata. Quando Marco mi aveva accompagnata sotto casa, l’atmosfera si era fatta di colpo carica, una tensione che avevo imparato a conoscere bene durante le lezioni di cucina e che ancora prima ci aveva portato al bacio. Mentre i nostri volti si avvicinavano timorosi e incerti, Chiara non esisteva, nella mia testa esisteva solo Marco, c’eravamo solo noi e l’avrei baciato senza ombra di dubbio se non fosse arrivata la sua chiamata a ricordarci della realtà. Ci salutammo ignorando tutto con grande imbarazzo e quando mi chiusi la porta alle spalle, fui grata che Chiara non fosse in casa perché tutte le lacrime che avevo trattenuto negli ultimi tempi, avevano deciso di scendere copiose in quel momento. Non so bene se per la vergogna di aver quasi ceduto a un bacio che sarebbe stato un doppio tradimento per mia sorella, o perché mi mancava avere un vero rapporto con Marco, perché mi mancava parlarci insieme e non solo scambiarci informazioni lavorative. Probabilmente era un mix delle due ragioni e forse erano anche lacrime di rabbia verso me stessa; quello che so è che le lasciai sfogare liberamente fino ad addormentarmi.

Se la mattina seguente credevo di essermi svegliata col mal di testa per le lacrime della sera, la giornata che avevo davanti me lo avrebbe fatto solo aumentare esponenzialmente a causa di una dichiarazione ed un ritorno. La dichiarazione era stata di Chiara mentre stavamo comprando il vestito della laurea che, ignara dei miei sentimenti per Marco, mi aveva praticamente detto che questa volta si era innamorata davvero, ma sopratutto, quello che più di tutto mi aveva fatto caricare il mal di testa, era stato il ritorno di Giovanni che aveva lasciato il seminario e, dopo mesi che non lo vedevo, me l’ero ritrovato anche vicino di casa. Alla mia domanda, qualche giorno dopo, sul perché fosse tornato, mi aveva risposto che ero io la ragione per cui aveva lasciato il seminario, che senza di me si sentiva incompleto, ma io a quella dichiarazione ero rimasta impassibile. Quelle parole non mi facevano più effetto perché, molto semplicemente, non ero più innamorata di lui e ne ebbi ancor di più la conferma quando, indagando su Claudio Lisi, l’uomo che aveva ‘ucciso’ mio padre, avevo rischiato di morire. Una mattina infatti, mentre raggiungevo uno sfasciacarrozze il cui proprietario aveva un conto cointestato con Lisi, ero stata rapita con Don Matteo, che si trovava con me, proprio dal proprietario dell’auto-officina. Ci aveva chiuso in un furgone destinato alla rottamazione e tra un confronto con Don Matteo e l’altro e alcuni momenti di tensione, avevo avuto modo di riflettere bene sui miei sentimenti. Da un lato Marco, dall’altro Giovanni. Da un lato lui che stava con mia sorella, dall’altro lui che mi aveva lasciata per entrare in seminario… da un lato lui che mi faceva involontariamente soffrire quando ero costretta ad uscire di casa perché aveva appuntamento con mia sorella, dall’altro lui che mi aveva incolpato di non essere stata presente in un momento di crisi. Da un lato Marco che prima di mettersi con Chiara aveva ‘affrontato’ mia madre dicendole che sapevo ascoltare le persone e che facevo bene il mio lavoro, ma che aveva preferito mia sorella da un punto di vista sentimentale, dall’altro Giovanni che mi aveva più volte detto praticamente l’opposto di Marco, ma che era innamorato di me.
Avevo deciso di dare una seconda possibilità a Giovanni, ma quando mi trovai in punto di morte col furgoncino sospeso in aria pronto per la pressa, il mio unico pensiero era Marco, tanto da mandargli un messaggio con scritto che l’amavo.

Non ci avevo pensato su, l’avevo scritto d’istinto, ma quando qualche giorno dopo realizzai che il messaggio era semplicemente rimasto in ‘bozze’ e che era stato inviato una volta messo a carica, mi resi conto del guaio che avevo fatto: sarebbe finita male in ogni caso. O mia sorella veniva a sapere del messaggio e mi toglieva il saluto, o Marco leggeva il messaggio rendendo le cose molto più imbarazzanti di quanto già non fossero, o Marco sceglieva me e io mi ritrovavo con un fidanzato ma senza una sorella. Perdevo in ogni caso. Dovevo cancellare quel messaggio prima che qualcuno lo leggesse, e sotto questo punto di vista la fortuna mi aveva sorriso perché il cellulare di Marco stava dando problemi. Quando non riuscii a primo tentativo, decisi di fare un’uscita a quattro con Marco, Chiara e Giovanni… anche se si trattava di andare a guardare la partita, dovevo mettere le mani su quel telefono. Quella sera tuttavia mi ero ritrovata a dubitare un attimo della mia strategia quando Marco si era dimostrato molto geloso di Giovanni; in realtà lo era più o meno visibilmente da quando Giovanni mi aveva baciata davanti la caserma al mio ritorno dopo il rapimento. Io avevo risposto al bacio, ma più per abitudine che per sentimento, avevo capito già che nel mio cuore, volente o nolente, ormai c’era solo Marco...e poi, lui non aveva alcun diritto di essere geloso visto che il suo ben tornato era stato solo un misero mezzo sorriso imbarazzato. Questo sentimento misto allo sguardo che aveva durante il brindisi ‘ai ritorni’ con Chiara, mi avevano fatta tornare sui miei passi e avevo ‘accidentalmente’ fatto cadere il mio drink sul suo telefono. Quando anche questo tentativo era fallito, decisi che era arrivata l’ora di farmi forza e raccontare del messaggio a Marco. Di tutte le risposte che avevo immaginato tuttavia, quella che mi aveva dato era fuori classifica perché, l’ultima cosa che mi aspettavo, era un suo minimizzare la cosa. Avrei preferito un rifiuto netto al ‘so che non vuol dire niente perché in quella situazione’. Avrei voluto ribattere che al contrario acquistava molto più valore proprio per il contesto, ma quando aveva preso più in considerazione il mio commento sul suo brasato, piuttosto che il mio ‘ti amo’, avevo perso ogni voglia di combattere per lui, sapevo riconoscere una sconfitta. Ero un’amica e la sua frase era un tentativo di rendere le cose il meno imbarazzanti possibile almeno sul punto di vista professionale.
Nei giorni seguenti il messaggio, il nostro rapporto si era limitato a informazioni lavorative e anche in quel caso ci ritrovavamo spesso in contrasto perché, purtroppo, il caso era strettamente legato a Cosimo, in ospedale per una leucemia molto aggressiva. Il padre aveva commesso un furto su cui stavamo indagando e le azioni e reazioni del maresciallo ci portavano spesso su due piani diversi: io lo sostenevo, Marco, chissà perché, sembrava remare contro l’amico. C’era ormai sempre una vena scontrosa con Marco dopo la mia dichiarazione, era come arrabbiato, quasi me ne facesse una colpa di essermi innamorata di lui, ma la cosa che più mi dava sui nervi erano le frecciatine su Giovanni, specialmente quando una volta mi aveva accusato di spostamento nevrotico: secondo la sua idea gli avevo mandato quel messaggio per auto-convincermi di provare qualcosa per lui solo per non accettare di provare ancora qualcosa per Giovanni. Non so chi mi diede il sangue freddo di non urlargli contro quella volta, ma di limitarmi ad un ‘tu non hai capito niente di me’. Ed era vero. Non aveva capito niente di me se davvero pensava le stupidaggini che diceva. A me andava bene che non provasse niente per me, ma non sopportavo quando sminuiva così. Era di lui che ero innamorata, e anche mentre Giovanni mi chiedeva di diventare sua moglie, io pensavo a come lui non fosse Marco, a come lui non avrebbe mai iniziato una dichiarazione elencando i miei difetti e a come, solo pochi mesi prima avrei accettato senza neanche lasciarlo parlare e a come ora, tutta quella scenetta, mi stava solo dando fastidio. Tra noi era finita prima della sua decisione di farsi prete e l’avevamo capito bene durante la gita al monastero... questo suo tornare alla carica senza un vero incoraggiamento e dopo tanti mesi lontani lo trovavo fuori luogo. Marco o meno, avevamo preso due direzioni diverse. Era anche per questo che, quando Marco mi aveva chiesto se c’erano novità con Giovanni, avevo risposto di no. Non avevamo più niente da darci, la nostra storia era finita ben prima della proposta rifiutata.
Quando quella sera mi ritrovai davanti un Marco molto brillo che mi chiedeva di non sposare Giovanni, la mia mente stava andando così veloce che non sapevo bene come reagire. Avevo capito subito che c’era lo zampino del maresciallo ma, anche se me ne dispiace ancora oggi, in quel momento non riuscivo a godermi le parole di Marco, mi sembravano buttate lì giusto per, non ci sentivo sincerità.. ascoltavo con molto distacco. Quando al termine di quella dichiarazione chiesi perché, se mi amava, quella sera mi aveva cacciato via, la sua risposta mi aveva finalmente fatto di nuovo vedere Marco, il mio Marco. Per la prima volta, in tanto tempo era riuscito ad essere sincero con me e nei suoi occhi leggevo quello che avevo visto nei miei dopo il nostro bacio. Paura. Pura e semplice paura. Chi in un tempo, chi in un altro, ci eravamo fatti entrambi bloccare dai nostri demoni, e quando avevo visto il suo sorriso allargarsi sempre più, mentre realizzava che davvero amavo lui per rifiutare la proposta di Giovanni, il mio cuore realizzava che anche Marco era innamorato di me. Volevo baciarlo. Volevo baciarlo con tutta me stessa, ma prima, visto che era la sua più grande paura, dovevo mettere in chiaro che era inevitabile cambiare e che sarebbe successo anche con me. Quando sentii la porta chiudersi alle mie spalle, non provavo tristezza, ma delusione. Sapevamo le nostre posizioni, ora toccava a lui fare una mossa.
La sua risposta alla situazione era stata l’aggressività. Tutta la frustrazione la stava sfogando sul lavoro e, per quanto il maresciallo fosse da incolpare, era già in crisi di suo, non aveva bisogno anche degli strilli del PM, che andò via sbattendo la porta dopo una delle nostre peggiori discussioni tanto che, per l’occasione, eravamo tornati ad essere ‘capitano’ e ‘dottore’.
Ero nervosa? Si, avevo passato l’intera giornata a dividermi tra il lavoro e il maresciallo e l’unica cosa che volevo fare era buttarmi a letto, ma quando sul pianerottolo avevo trovato Marco, la stanchezza sembrò raddoppiare. Se voleva parlare, poteva passare in ufficio, avevo già fatto gli straordinari per quel giorno, ora anche a casa? Alla sua domanda su dove fossi stata fino a quell’ora avevo risposto l’ovvietà, ma quando mi aveva baciata, solo allora, il mio cervello aveva registrato che davanti avevo Marco e non il PM. Risposi a quel bacio con grande naturalezza, eravamo stanchi di respingerci a vicenda, e sebbene quel bacio fosse nato con ben altre intenzioni, era bastato un solo sguardo per comprendere di volerci prendere quella notte per noi, per amarci completamente senza veli, nonostante il capitano e il pm, nonostante l’età e Chiara… volevamo prenderci una sola notte per appartenerci.
Quella mattina mi avevano svegliato i primi raggi di luce dalla finestra e mentre guardavo Marco dormire rilassato sul mio seno, ricordo di aver pensato come non vi fosse immagine più giusta di quella. Avrei voluto svegliarmi così per il resto della mia vita, ma la realtà era che lui stava con Chiara e non con me. Nonostante questo pensiero decisi di godermi quel momento fino alla fine e mentre lasciavo piccoli baci sulla fronte di Marco accarezzando i suoi riccioli rossicci per cominciare a svegliarlo, non so perché, mi tornò in mente quando, mesi addietro, mi trovò a piangere in ufficio e rimase lì con me a consolarmi... mi ero sentita molto vicina a lui in quel momento ed ora era meraviglioso pensare a quanta strada avessimo fatto e come, a questo punto, i vestiti erano diventati superflui tra noi. Non avevo paura a farmi vedere nuda da lui, semplicemente perché con lui lo ero sempre, a nudo. Da quel dolce ricordo mi aveva distratto il ricordo che stavo creando in quel momento, Marco che mi sorrideva appena sveglio. Decidemmo di regalarci qualche altro attimo di tenerezze e relax, ma prima o poi dovevamo affrontare la realtà.

   
 
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