Fanfic su artisti musicali > Monsta X
Ricorda la storia  |      
Autore: YamaTheShepherd    11/06/2018    0 recensioni
[JooHyuk]
«Cosa vuoi che faccia?» Minhyuk lo trascinò fuori dal locale, dove la musica era ovattata dalle pareti dell'edificio e non c'era nessuno a disturbarli. «Niente di così terribile, bimbo, rilassati. Mi serve uno come te, ed è evidente che a te servo io... Insieme formiamo una bella coppia, non trovi?»
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La verità è invisibile agli occhi di chi non vuole vedere


Ogni volta era la stessa storia, come stare su una giostra senza fine che lo costringeva a rivivere sempre i medesimi eventi.
Entrava in una nuova scuola convinto fosse quella buona, che le cose sarebbero cominciate ad andare per il verso giusto, che magari sarebbe riuscito a farsi degli amici. Ogni volta però si ritrovava davanti a scenari che sembravano far parte dello stesso pessimo spettacolino, che andava avanti da tutta la sua vita.
Non ce n'era stata una di volta, infatti, in cui Jooheon non fosse stato etichettato come un buono a nulla e scansa fatiche, talvolta anche un delinquente, senza che nessuno - né professori né compagni - avesse minimamente provato ad andare oltre il suo aspetto esteriore o alle voci infondate che giravano su di lui. E a dirla tutta, era il primo a non capire cosa avesse di sbagliato; forse le sue espressioni, il suo sguardo, i suoi atteggiamenti?
Anche questa volta, mentre varcava la soglia della sua scuola dirigendosi nell'ufficio del preside per farsi collocare nella sua nuova classe, attraversava corridoi umani che si aprivano al suo passaggio tra borbotti e sguardi taglienti.
"Questa volta sarà diverso" pensava, cercando di convincersi fosse una reazione di cui non doveva preoccuparsi, probabilmente dovuta al fatto che era uno studente nuovo, arrivato ad anno scolastico già avviato, giustificando quello che anche per lui era ormai l’atteggiamento che gli altri avevano normalmente nei suoi confronti. Era convinto di essere abbastanza avvezzo agli incipit negativi che ogni suo anno scolastico aveva, tanto da poter ribaltare la sua situazione questa volta, riuscendo finalmente a dimostrare il suo valore e soprattutto chi realmente fosse Lee Jooheon. Ovviamente non andò come previsto.
Come poteva pensare di cambiare le cose se a precederlo c’erano le solite voci che giravano sul suo conto? Questa volta, peggio delle altre, a rincarare la dose c’era da contare anche l’incidente per il quale era stato trasferito.
A dirla tutta Jooheon non aveva nulla a che fare con quell’incidente, si era soltanto trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato e grazie alla iella che sembrava lo perseguitasse era stato accusato di essere stato la causa di tutto.
Tenendo inoltre conto che non era molto portato per lo studio, che gli ci vollero pochi giorni per riprendere quello che era il suo solito andazzo, tra sbuffi annoiati durante le lezioni, pisolini sui banchi, compiti dimenticati a casa e voti sotto la media, anche i nuovi compagni ed insegnanti ci misero poco a farsi qualche calcolo e a schedarlo come “studente problematico”. Eppure non era un cattivo ragazzo, ma succube di eventi particolarmente sfortunati che avevano segnato la sua vita, a partire dal divorzio dei suoi genitori. Per la madre crescere lui e il fratello ancora piccoli era stato tutt'altro che facile, soprattutto in una società fortemente patriarcale e maschilista come quella coreana, che non vede di buon occhio una donna nella sua condizione.
Jooheon era sempre stato considerato poco socievole e silenzioso, fin dall'asilo. I suoi maestri lo ritenevano “diverso” dagli altri bambini, vedendo le sue difficoltà a socializzare e a comunicare come qualcosa da curare, quasi spaventati che dietro quella quiete potesse celarsi un'aggressività repressa; al contrario era il tipo di bambino che evitava qualsiasi tipo di conflitto andandosi a riparare in qualche angolino, e lo faceva ancora prima di arrivare ad un litigio. Lui si nascondeva a prescindere, sempre nello stesso posto, una casetta di plastica un po' isolata dagli altri giochi; quella era diventata la sua tana e poiché il suo comportamento era considerato strano e rendeva inquieti gli altri bambini, questi preferivano evitarlo, creando intorno a lui pettegolezzi infantili i quali, tuttavia, erano cresciuti insieme al ragazzo, gonfiandosi a dismisura come è solito facciano chiacchere del genere. Passando di bocca in bocca, da semplice bambino strano, ad un certo punto Jooheon era diventato il figlio di un latitante, fuggito abbandonando lui, il fratello e la madre annegare tra i debiti, costringendo la donna a svolgere lavori al limite della legalità per tirare avanti quei due figli che praticamente vivevano per strada.
Durante tutto quel tempo, non era mai stato in grado di convincere gli altri del contrario, perché timido come era non aveva mai avuto veri amici e non era neanche mai riuscito ad imporsi. Non gli riusciva neanche dimostrare di sapersi impegnare, soprattutto quando si trattava della scuola. Bensì era particolarmente portato per le materie artistiche e che richiedevano una certa manualità, per l'educazione fisica e, in particolare, la musica. Erano infatti questi gli insegnanti che si prendevano più a cuore la sua situazione, riuscendo a cogliere la sua sensibilità e desiderio di riscatto. Proprio come il professore di arte della sua nuova scuola, che per cercare di aiutarlo, decise di rivolgersi al vice-rappresentante degli studenti, un anno più grande di Jooheon ed estremamente popolare. Qualcuno che a suo dire sarebbe stato di ottima influenza e un aiuto necessario.
Lee Minhyuk; uno dei primi della scuola, tra quegli studenti che sicuramente riusciranno ad accedere a una delle SKY, che aveva già il tappeto rosso srotolato davanti a sé verso uno splendido futuro, tracciato da una famiglia benestante in grado di supportarlo e accompagnarlo nella sua crescita.
Minhyuk era l’opposto di Jooheon: solare, espansivo, sempre sorridente. La prima cosa che fece, senza ancora essersi presentato, fu strattonare con forza il più piccolo, legando un braccio intorno alle sue spalle.
«Sei un tipetto strambo, io e te ci divertiremo» gli disse con un sorriso a trentadue denti stampato in volto. Era decisamente invidioso di quel ragazzo, così spensierato, allegro e di bell'aspetto, sembrava tutto facile per lui.
In realtà Minhyuk non aveva intenzione di perdere troppo tempo con quel ragazzino, ai suoi occhi era solo un’opportunità da sfruttare per apparire come un benefattore che si prodiga per aiutare i soggetti con cui tutti gli altri hanno perso le speranze. Al suono della campanella, infatti, era il primo a dileguarsi, lasciando Jooheon nuovamente abbandonato a sé stesso. Non che il ragazzo avesse bisogno di un babysitter, anzi trovava limitante dover passare il pomeriggio a studiare insieme ad una persona con cui non condivideva nulla. Avrebbe di gran lunga preferito tornarsene a casa a lavorare sulla sua musica, per la quale gli sembrava di non avere mai abbastanza tempo da dedicare.

C'erano giorni in cui Jooheon entrava in classe e non riusciva proprio a tenere gli occhi aperti. Sicuramente sarebbe stato più conveniente fingere di stare male e rimanere a casa, ma seppure non riuscisse a reggersi in piedi non voleva perdere neanche un giorno di scuola. Peccato solo finisse inesorabilmente per addormentarsi durante la lezione, facendosi così punire dal professore di turno. Si trattava di quelle mattinate che seguivano le serate nei locali, durante la quale partecipava a freestyle battle tra i rapper underground della zona. Seppure fosse ancora molto giovane era riuscito a costruirsi una certa fama, assicurandosi sempre un posto ad eventi del genere. Non c’erano altri motivi per cui frequentava certi posti, certamente era attratto dalla vita notturna e doveva ammettere di averne approfittato qualche volta, ma sempre in modo molto controllato. Non ci andava di certo per l'alcol e altri passatempi non considerati adatti alla sua età, era interessato solamente a sfidare i suoi rivali e a farsi un nome in quel campo. Era quello che voleva fare nella sua vita.
Gli era capitato, un giorno, di prendere parte ad un evento piuttosto importante, uno di quelli che Jooheon non poteva proprio perdersi. Il pubblico era più numeroso del solito, energico, e anche decisamente più sbronzo.
Era salito sul palco con la sua solita felpa enorme, che lo faceva sembrare più piccolo di quanto fosse, ed un berretto che gli copriva totalmente gli occhi. Carico al massimo e con il microfono stretto nella mano sudata per l'emozione, aveva lasciato scorrere con scioltezza le sue rime aggressive e potenti, e gli era andata alla grande. Fiero di sé come non lo era mai stato, mentre scendeva le scalette guardava la sala totalmente buia, resa viva solamente dai movimenti e dalle grida d'incitazione provenienti dal pubblico, si sentiva veramente soddisfatto, felice. Finché non percepì una voce familiare, poco lontano da lui, che lo chiamava.
«Ehi, ragazzino strambo! Sapevo mi avresti fatto divertire» la voce era ormai a due passi da lui, seppure cercasse di svignarsela rapidamente verso l'uscita, pronto a correre appena la folla si fosse diradata. Ma a due passi dalla porta sentì un braccio intorno alle spalle e quella stessa voce provenire da dietro il suo orecchio. «Sei tosto, lo sai?»
«C-cosa ci fai qui, hyung? Non dovresti poter entrare in questo locale» disse, mentre in panico cominciava a prevalere sulle sue capacità espressive.
«Se è per questo neanche tu dovresti» riusciva a sentire il suo solito ghigno mescolarsi a quella voce roca che il più grande gli stava soffiando direttamente nell'orecchio.
«M-ma io ho un permesso, sono un concorrente. Posso, è per la competizione».
«Allora fa finta che anche io abbia un permesso speciale per stare qui».
Jooheon deglutì rumorosamente. Sentiva la forza abbandonargli le gambe, impedendogli di fuggire via. Se si muoveva era perché l’altro lo stava letteralmente spingendo, con il peso del suo corpo, dove voleva lui.
«Minhyuk hyung, per favore, non dire a nessuno di avermi incontrato qui. Non dire ai professori che frequento luoghi del genere. Ti prego» la voce gli uscì tremolante mentre lo supplicava, vedendo letteralmente svanire la possibilità di diplomarsi davanti ai suoi occhi. Non poteva permettersi uno scandalo del genere.
«Ehi Jooheon, cos'è tutta questa formalità? Credi che sia uno spione?» scoppiò a ridere per le sue stesse parole, ma l’altro non lo trovava affatto divertente, bensì inquietante. Riusciva a percepire la menzogna da come era cambiata l’intonazione della sua voce.
«Non preoccuparti, puoi fidarti. Soprattutto perché se denunciassi te finirei nei guai anche io, e non posso rovinarmi l'immagine a causa tua». Quella pausa lo illuse, stava per tirare un sospiro di sollievo.
«Certo non sarebbe difficile far arrivare la notizia al preside per bocca di qualcun'altro e sarebbe un vero peccato se succedesse. Saresti nuovamente costretto a cambiare scuola, forse anche città... Che ne dici di fare un patto?» Jooheon si irrigidì, divenne un pezzo di ghiaccio. Ogni suo poro emanava terrore e Minhyuk era come un cane, in grado di percepire la sua paura, approfittandone per attaccarlo.
«Cosa vuoi che faccia?»
Minhyuk lo trascinò fuori dal locale, dove la musica era ovattata dalle pareti dell'edificio e non c'era nessuno a disturbarli. «Niente di così terribile, bimbo, rilassati. Mi serve uno come te, ed è evidente che a te servo io... Insieme formiamo una bella coppia, non trovi?»
Jooheon riuscì a vedere le sue labbra arricciarsi in un modo che gli sembrò quasi anormale, come se non appartenesse realmente a quel corpo, frutto di una qualche entità malevola che risiedeva in Minhyuk. Esagerava sicuramente, ma in quel momento era tanto intimorito da non riuscire a fare altro che alimentare la sua stessa paura.
«Sai che a scuola hanno tutti spaventati da te? È una specie di dote naturale la tua, e ne sono terrorizzati, professori compresi. Pensano tu sia un delinquente, ma io ho capito come sei fatto, in realtà non faresti male ad una mosca. Tu però continua a farglielo credere ed io fingerò di farti da tutore finché non sarò uscito da quella scuola. Sai com'è, una lettera di raccomandazione può fare la differenza all'università e la mia deve essere impeccabile. Devo fare bella figura».
Jooheon sembrò rifletterci seriamente, rimase in silenzio, con le mani nascoste nelle maniche della felpa e il capo chino, cercando di nascondersi per quanto possibile. Non era una cosa difficile da fare, anche se significava rinunciare a tutto, rischiare comunque di finire in qualche guaio come suo solito e rovinarsi definitivamente la vita. Ma sarebbe accaduto lo stesso se avesse deciso di rifiutare. Forse sarebbe stato anche peggio.
«Ah, un'altra cosa! La prossima volta che partecipi a serate del genere, chiamami. È stato divertente» imitando un telefono con le dita della mano e facendogli cenno di telefonare, Minhyuk si allontanò lasciandolo solo, come ogni volta. A differenza delle altre, però, il ragazzo fu travolto dallo sconforto. Si accasciò a terra, con la testa tra le mani, come se in quei pochi minuti avesse assistito alla fine della sua vita.

L'accordo con Minhyuk non aveva cambiato poi tanto la routine giornaliera di Jooheon. Aveva solamente cominciato a prendersi più libertà con lui, che si ritrovava costretto a stargli attaccato durante ogni pausa. Il più grande andava spesso a prelevarlo in classe, persino durante le lezioni, cosa che non sembrava infastidire i professori, i quali invece davano l'idea di essere ben felici di vederlo passare tanto tempo con uno studente modello come Lee Minhyuk. Ma dietro quel bel faccino si celava ben altro, Jooheon ormai lo sapeva bene; aveva persino notato che il maggiore non lo nascondeva poi tanto, semplicemente erano gli altri a non volerlo notare. Davano per scontato fosse una persona affidabile, con un carattere d'oro, esattamente il contrario di quanto facevano con lui.
La facciata che si era costruito negli anni riusciva a illudere chiunque. Non che fosse una persona cattiva, ma quando si poneva un obiettivo era disposto a tutto pur di raggiungerlo. Non si faceva scrupoli, sapeva andare dritto al punto e le regole non erano esattamente una cosa per lui, anzi qualcosa che poteva infrangere senza farsi troppi problemi.
Minhyuk era scaltro e aveva pensato proprio a tutto, Jooheon compreso, l'elemento mancante nel suo quadretto perfetto. Non solo gli serviva come tutto fare, a cui lasciare tutti i compiti più pesanti e noiosi, ma anche per allontanare qualunque minaccia potesse avvicinarsi. Approfittando della sua aura intimidatoria, poteva facilmente allontanare dal suo percorso tutti i suoi nemici. E la quantità di nemici e avversari che il più grande aveva sconvolse Jooheon talmente tanto che cominciò a credere dovesse essere dura aspirare ad essere perfetti. Per uno come lui che come unico scopo aveva farsi qualche amico, e arrivare a fine anno in pace, senza grosse pretese, sembrava una vera e propria lotta in cui nessuna parte risparmiava nulla all'avversario.
In realtà cominciava a trovare piacevole trascorrere il tempo in compagnia di Minhyuk, in un certo senso. Aveva trovato un suo equilibrio, una specie di stabilità nell'instabilità. Infatti, da quando avevano cominciato a passare più tempo insieme, era cambiata anche l'opinione che gli altri avevano su di lui, oramai visto come un redento tornato finalmente a percorrere la retta via. Sennonché, dall'altra parte, Minhyuk lo stava obbligando a fare ciò per cui tutti lo temevano.
Costretto a spaventare e allontanare altri studenti, era diventato frequente per lui interrogarsi su cosa fosse diventato. Si vedeva come un teppista, o un bullo, una cosa mai successa prima. Erano tutti attributi che gli altri gli avevano affibbiato, ma con cui non si era mai identificato.
In tutta la sua vita non era mai stato in grado di reagire a tutte le falsità e le voci che giravano sul suo conto, neanche verbalmente, figuriamoci quindi se fisicamente fosse mai riuscito a respingere certi attacchi. Gli bastava la musica come valvola di sfogo, non aveva bisogno d’altro. Vi riversava tutta la sua rabbia e la sua frustrazione, era una delle poche cose di cui gli importasse e sicuramente quella che lo faceva stare meglio. Eppure, da quando si era ritrovato in questa situazione, costretto a condividere con lui anche la sua unica passione, si sentiva meno libero di esprimersi.
Ci aveva provato una volta ad ingannarlo, ricorrendo a tutte le sue forze per raccontare una bugia che gli permettesse di svignarsela senza essere seguito dal più grande, ma l’altro lo aveva intuito subito. Si era mischiato alla folla e lo aveva aspettato durante tutta l’esibizione, per poi pararglisi di fronte una volta terminata. Gustandosi il cambiamento delle sue espressioni, che dal pallidume e gli occhi sgranati per lo shock erano passate al terrore puro e poi ad una tanto colpevole, Minhyuk non poté far altro che sorridere, compiaciuto del potere che aveva su di lui. Adorava averlo in pugno, per questo lo lasciò incartarsi tra scuse che il più piccolo stava cercando di inventare sul momento e domande timide su come avesse fatto a scoprirlo.
«Non puoi mentirmi» gli rispose semplicemente. Ed era vero, trovava particolarmente facile interpretare i cambiamenti nel comportamento delle persone, ma con Jooheon era ancora più facile, come se riuscisse a leggergli nella mente. Il ragazzo era, per certo, una persona più semplice da capire di quanto tutti pensassero, ma la realtà dei fatti era soprattutto che Minhyuk passava più tempo ad osservarlo di chiunque altro. Aveva imparato a cogliere ogni sfumatura nei suoi cambiamenti d’umore, sapeva distinguere sottili differenze nelle sue reazioni solo in base a quanto chiusi erano i suoi occhi e serrata la sua bocca. Quello che inizialmente gli era sembrato essere un ragazzino inespressivo e infelice, comunicava molto più di quanto si sarebbe immaginato.
Forse Jooheon si stava aprendo con lui e probabilmente stava anche cambiando.

Quando Minhyuk si rese conto di non riuscire più a vedere Jooheon come qualcuno da sfruttare per i suoi scopi, si stava già avvicinando la fine dell'anno. Aveva bisogno del suo aiuto per liberarsi di alcune scartoffie che riempivano l'aula del consiglio studentesco e per questo motivo era andato a chiamarlo. Uscito dalla classe il più piccolo lo precedeva di pochi passi, camminando calciando i piedi davanti a sé con le mani semi nascoste nelle maniche della divisa. Non poté fare a meno di lasciar cadere l’occhio su sulle sue dita che strusciavano freneticamente le une contro le altre, toccando solo i polpastrelli. Una cosa che faceva spesso mentre era sovrappensiero, aveva notato Minhyuk, e in quel momento era così tanto infastidito da quella sua insolita abitudine da essere tentato di allungare la mano e stringergliela, così da fermarlo. Allo stesso tempo però sembrava così piccola e paffuta, nascosta in quel modo, muovendosi con tanta agitazione, da confonderlo sulla ragione per la quale avesse una tale urgenza di afferrarla.
Se non lo fece fu soltanto perché il suo gesto sarebbe risultato strano, forse li avrebbe visti qualcuno e avrebbe dovuto dare delle spiegazioni e la cosa avrebbe comportato troppi problemi; se lo ripetette finché non ne fu convinto.
Per non parlare di tutte quelle volte in cui si fissava incantato a guardarlo, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Era anche capitato che, sovrappensiero, si fosse lasciato sfuggito qualche apprezzamento a voce alta. Situazioni come queste portavano i due ad arrossire, con Jooheon che chiedeva a Minhyuk di smetterla poiché lo metteva a disagio, senza ammettere che in realtà era l’unico che gli dava attenzioni simili e che la cosa non lo dispiaceva.
Inconsciamente avevano cominciato a lasciarsi andare, a rilassarsi, pure se tutt’e due continuavano a stuzzicarsi e a non lasciar trapelare troppo l’affetto che coltivavano. In realtà a nessuno dei due era capitato di pensare a come fosse cambiato il loro rapporto. Davano per scontato fosse una questione di abitudine, il fatto di condividere tanto tempo, o ancora la condivisione di certi segreti. Sicuramente tutte queste cose messe insieme creavano i presupposti per una convivenza tollerabile, quello che la rendeva molto più simile ad una amicizia era invece il fatto che entrambi non si erano mai aperti tanto e lasciati conoscere da qualcuno, come invece avevano fatto l'uno con l'altro. Sia Minhyuk che Jooheon erano stati sinceri fin dal primo momento e con tutto il tempo condiviso tutte le sfaccettature della loro personalità erano ormai venute fuori.
C'era stata quella volta in cui Minhyuk, scherzosamente, un po' per prenderlo in gir, gli aveva chiesto per quale motivo tutti lo considerassero un delinquentello, se quelle storie fossero vere, e il ragazzo gli aveva raccontato tutto, sia i fatti veri e propri, sia i suoi sentimenti a riguardo. E si era sentito in colpa per questo, per aver sfruttato un punto tanto sensibile del più piccolo per sé stesso e si era scusato sinceramente.
Non c’erano più segreti tra i due.

Fu quasi triste rendersi conto di doversi salutare. Con la fine dell'anno dietro l'angolo, Minhyuk si sarebbe diplomato e una volta iniziata l'università non avrebbero avuto più tanto tempo da passare insieme. Jooheon ci pensava spesso a come sarebbe stata la sua vita l'anno successivo, nuovamente solo, senza qualcuno con cui condividere le sue giornate. Doveva ammettere di sentirsi tradito in quei momenti, come se il più grande lo facesse volontariamente. Non voleva essere dimenticato e cadere nuovamente vittima del caos degli eventi che caratterizzavano la sua esistenza. Con Minhyuk si sentiva meno sfortunato, più compreso e apprezzato. Continuava ad importargli poco dei bei voti, sapeva di non essere un grande studioso e non voleva neanche fingere di esserlo, ma quello che il ragazzo gli aveva regalato era avere un po’ più di autostima.
Lo aveva aiutato a sentirsi fiero di quello che era, anche di tutte le cose fuori dalla norma che gli succedevano. In un momento di stallo, in cui Jooheon aveva una specie di “blocco dello scrittore” – diceva – a causa della quale non riusciva a chiudere un testo e ad essere soddisfatto, l’altro gli aveva consigliato di aggiungere di più sulla sua vita, perché secondo lui non lo faceva abbastanza, invece assurda come era poteva essere il suo punto di forza. Da quel momento ne parlava sempre nei suoi testi, arricchendoli di tutta quella negatività che per anni si era tenuto dentro e non era riuscito a sfogare del tutto.

Quando la cerimonia di diploma si fu conclusa, Jooheon raggiunse il suo hyung per congratularsi con lui. Era sinceramente felice per il traguardo raggiunto, ma non riusciva a non pensare anche alla lontananza che si sarebbe creata tra di loro. Tuttavia, prima che potesse aprire bocca e lasciare uscire neanche una parola, Minhyuk lo afferrò per il braccio trascinandolo lontano dalla folla.
«Non mi dimenticherò di te, continueremo a vederci, capito? Quindi non essere triste». Come suo solito era stato in grado di capire i pensieri di Jooheon persino prima di lui.
«Oltretutto non ho intenzione di perdermi neanche una delle tue serate. Te l'ho detto che sei forte. Voglio proprio vedere dove arriverai».
«Da quando sei un mio fan, hyung?» gli domandò scherzosamente. La sua espressione si era illuminata nel sentirglielo dire, come se una manciata di parole fosse stata in grado di cancellare ogni sua insicurezza. Un largo sorriso si era fatto spazio sul suo volto, andando a formare due profonde fossette nelle sue guance piene.
«Da sempre, Jooheon, dovevi solo aprire gli occhi e renderti conto di cosa sei capace» il sorriso di Minhyuk era leggermente diverso dal suo, provava vera ammirazione per il più piccolo. Pensava sul serio avesse delle capacità fuori dal normale di cui sfortunatamente non riusciva ancora a rendersi conto del tutto. Aveva notato la gioia ogni volta che si esibiva, quando teneva in mano un microfono e completava una canzone, ed era così che voleva vederlo sempre, fiero e felice di essere se stesso. Gli sarebbe mancato passare tanto tempo insieme quanto in quei mesi appena trascorsi.
In lontananza i suoi compagni di classe piangevano salutandosi e abbracciandosi tra di loro, quasi lo disgustò quella visione. Nessuno di loro gli sarebbe mancato, l’unico che non poteva lasciare era lì al suo fianco e non era sua intenzione farselo scappare.
«Ora andiamo a mangiarci qualcosa che ho fame e già mi sono rotto di questa gente, non voglio rivederli mai più». Cinse le spalle del ragazzo con il suo braccio e, come era solito fare, lo trascinò via da quel posto. «Mi raccomando, il prossimo anno devi tenermi aggiornato sui nuovi pettegolezzi. Forse dovrei cominciare a pensare a quali compiti lasciarti. Per prima cosa dovrai scrivermi tutti i giorni, capito? Non credere di esserti liberato di me».

 
Note dell'autore:
La fanfiction è stata originariamente pubblicata su Asianfanfics e potete trovarla anche su Wattpad.
Spero vivamente che questa voglia di scrivere mi aiuti a concludere tutte le altre storie che ho in corso - fortunatamente non pubblicate ahah. Tornerò presto, promesso!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Monsta X / Vai alla pagina dell'autore: YamaTheShepherd