Fanfic su attori > Tom Hiddleston
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Autore: killerqueen95    12/06/2018    2 recensioni
Avevo completamente la testa per aria, stavo già pregustando gli spaghetti e la comodità del mio divano sgangherato quando un uomo, molto più alto di me, si parò davanti a me all’improvviso. Ancora cerco di capire da dove cavolo sia spuntato fuori, forse grazie ad un trucco di magia, perché un secondo prima lui non era la. Cercai anche di fermarmi in tempo, ma fu del tutto inutile, gli andai addosso e gli versai la bevanda bollente sulla camicia.
Ma lasciamo perdere un secondo la vicenda, io ho una domanda! Chi diavolo è l’idiota che con quel freddo si lascia il cappotto aperto rimanendo in camicia?
Ve lo dico io chi è …
-Elettra!-
Alzai lo sguardo confusa per aver riconosciuto la voce dell’uomo e dannatamente imbarazza sospirai un –Signor Hiddleston … -
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
 
Mi rimirai per la milionesima volta allo specchio, ero abbastanza carina, ma che dico ero un vero schianto. La sera della prima era finalmente arrivata e io avevo passato l’ultima settimana a sentirmi il cuore in gola, non scherzo, mi sembrava di averlo sempre li suo punto di vomitarlo. Due giorni prima avevo dato un esame e tutto quello a cui pensavo era la prima del film e a quanto sarebbe stato dannatamente emozionante trovarmi li, con tutti gli attori e varie celebrità.
Il giorno in cui trovai i biglietti tra la posta corsi immediatamente nel mio appartamento e, saltellante come un canguro, iniziai a gridare al mio coinquilino che saremo andati insieme alla prima di IW. Potete ben immaginare la reazione di Matt, stava mangiando il gelato dalla vaschetta, era depresso perché il suo ragazzo l’aveva lasciato quel pomeriggio, ma alle mie parole la vaschetta di gelato volò verso il soffitto andando ad agganciarsi in uno dei quattro bracci del lampadario, proprio accanto al reggiseno.  Eravamo al settimo cielo, saltammo per tutto il salone, sparammo al massimo volume la colonna sonora di Rocky e ci mettemmo a ballare per la casa, insomma due invasati. Nessuno di noi due si preoccupò del chiasso e dei vicini che battevano alle pareti per zittirci, non badammo nemmeno alla vaschetta appesa al lampadario, almeno fino al giorno dopo,giorno in cui  mi cadde su una spalla.
E quindi eravamo pronti, carichi ed emozionati. Matt, per l’occasione, riesumò il suo abito da cerimonia utilizzato per il secondo matrimonio della madre due anni prima. Lo portava divinamente, blu con una cravatta argentata, i capelli cioccolato fondente pettinati perfettamente all’indietro, nessuna ombra del trucco da drag queen, solo i suoi occhi miele limpidi e brillanti.
Io avevo dovuto comprare un abito, non avevo portato a Londra abiti eleganti e quelli che comunque erano rimasti a casa mia a Roma non erano adeguati o non mi stavano più. Così ero dovuta andare a fare shopping, era stata una cosa estremamente stressante e ogni vestito che provavo mi sembrava inadeguato o mi faceva sembrare un’obesa, almeno così pensavo io.
Dopo quasi due settimane di ricerca lo trovai, non fu un colpo di fulmine, in realtà non l’avevo nemmeno visto una volta entrata in negozio, lo trovai dentro un camerino mentre mi prestavo a provare un altro abito. Era li, sembrava quasi abbandonato al suo triste destino, non so forse mi fece pena e lo provai. Non appena tirai su la zip divenni raggiante, era lui, cavolo se era lui. Era un abito bronzo in satin, molto morbido e leggero, con una profonda scollatura a v che mi arrivava  poco più su della bocca dello stomaco, lasciava le spalle scoperte e anche la schiena grazie ad un’altra profonda scollatura sul retro che arrivava quasi al bacino, a sinistra aveva un bello spacco a metà coscia. Mi stava divinamente. Uscii fuori come una matta per farmi vedere da Matt.
-Ma questo non è l’abito che dovevi provarti!- esclamò lui, leggermente confuso e con la testa inclinata di lato –Ma ti sta d’incanto. È lui! Cavolo Elettra, sei pazzesca-.
Probabilmente furono le sue lusinghe e le luci nel camerino che mi facevano sembrare bellissima, ma alla fine lo presi perché sul serio era fantastico.
Quindi la sera della prima ero davanti al mio specchio leggermente scrostato in alto a destra con il mio bellissimo vestito. Avevo fatto i boccoli ai miei capelli solitamente liscissimi, un trucco abbastanza leggero con un rossetto rosso, mi guardai la scollatura e sorrisi. Per una volta ero felice di avere il seno piccolo, con un seno grande sarei risultata volgare indossando un abito del genere.
Lanciai un’occhiata rapida all’orologio e mi resi conto che era ora di andare. Per l’occasione la madre di Matt ci aveva prestato l’auto e chiaramente avrei dovuto guidare io visto che il mio coinquilino non aveva la patente. Afferrai in fretta la pochette nera e mi infilai le decolté con il tacco quindici.
-Fai sul serio?- domandò Matt, alludendo all’altezza delle mie scarpe –Ma riesci a guidare con quelle?-
Tipico di Matti, non solo non sapeva guidare, ma aveva anche terrore di salire in macchina con chiunque.  –Non ti preoccupare- risposi, con un sorrisino, misi in moto l’auto e pigiando sull’acceleratore partimmo.
Matt passò tutto il viaggio a dirmi di rallentare, okay lo ammetto non ero una che guidava piano, a me piaceva correre. In Grecia con alcuni dei miei cugini e loro amici, quando avevo 18 anni, ci mettemmo a fare delle gare la notte, le vinsi quasi tutte sotto lo sguardo stupito di tutti. Poi mia madre scoprì tutto e le nostre gare si conclusero, io mi beccai una bella punizione e ciao ciao alla macchina per un bel po’.
-Visto!- esclami spegnendo il motore e aprendo lo sportello, vidi Matt con una mano al petto tirare un sospiro di sollievo, –Siamo arrivati sani e salvi- conclusi facendogli la linguaccia.
-Per miracolo. Quando hai tagliato la strada a quell’uomo … o quando hai bruciato quello stop, tu sei pazza.- ribatté lui.
-Esagerato- lo rimbeccai.
E così, mentre stavamo li a battibeccare sulla mia guida sportiva, ci ritrovammo davanti ad un lungo tappeto rosso che copriva una scalinata di marmo. Il cuore mi schizzò immediatamente in gola come un fulmine. Restammo entrambi senza fiato e senza parole, io ero in una specie di trance, così fu Matt a risvegliarsi per primo. Mi porse il braccio con fare galante, io mi afferrai il suo braccio e con l’altra mano un lembo del vestito, iniziammo a salire le scale pieni di emozione e assolutamente increduli. Quando arrivammo alla porta e ci chiesero biglietti e nome mi sentii fottutamente importante ad essere su quella lista.
Sembrava di essere in un film di spionaggio, sapete, quando le spie vanno a quei gran galà tutti vestiti eleganti … io mi sentivo così, una spia alla prima di un film.
Dopo aver spuntato il nostro nome ci indicarono un salone enorme in cui c’erano centinaia di persone, perlopiù famose, era molto strano e decisamente oltre ogni nostra immaginazione. Mi sentii un po’ un pesce fuor d’acqua, quello non era il mio ambiente e si vedeva lontano un miglio che io e Matt sembravano due persone entrate per sbaglio. Qualcuno ci lanciò anche un’occhiata storta, non che la cosa mi impressionasse, non ero tipa che si lasciasse intimorire da qualcuno, ma era comunque spiacevole come situazione.
Passò una cameriera con un vassoio colmo di bicchieri di champagne, ne afferrai due al volo e ne passai in fretta uno a Matt che si mordicchiava il labbro inferiore un po’ imbarazzato.
-Improvvisamente mi sento molto a disagio … - sussurrò nella mia direzione, dopo aver preso un bel sorso di champagne.
-Anche io- ammisi –Però ormai siamo qui, dovremmo pensare a divertirci, non credi?- nemmeno io ero molto sicura di quello che stavo dicendo, ma facemmo comunque un giro della sala.
A parte l’imbarazzo mi sentivo bellissima con indosso il mio vestito bronzo e i boccoli ai capelli, così proprio grazie alla mia indole da menefreghista delle opinioni altrui riuscii a sfilare davanti a tutte quelle persone a testa alta.
Mentre giravamo per la sala in attesa che ci facessero entrare per il film lo vidi, bello da star male. Aveva un abito nero che lo fasciava perfettamente, una mano in tasca e l’altra attorno al bicchiere, aveva gli occhiali e quella barbetta rossa che mi faceva girare la testa, rideva, era bellissimo. Ero persa e solo quando Matt mi arrivò addosso capii di essermi bloccata come una scema a guardarlo.
Complimenti Elettra, comportamento molto maturo, sentii la mia mente rimproverarmi.
Scossi la testa per risvegliarmi, Matthew mi stava dicendo qualcosa, ma io non lo ascoltavo. Quando ripresi a camminare combinai uno dei miei guai, chiaro, non potevo comportarmi come un essere umano  normale, dovevo farmi riconoscere anche in una sala piena di persone famose.
Feci un passo scattante, forse un po’ troppo, avevo ancora gli occhi piantati su di lui e non mi accorsi che davanti a me, di spalle, c’era un cameriere con il suo vassoio pieno di bicchieri di champagne.
-El, attenta!- ecco cosa mi disse Matt, ma come già detto io non lo stavo ascoltando.
Così andai avanti con il mio passo scattante, fu questione di un secondo perché colpii con forza la schiena del cameriere, il povero ragazzo si sbilanciò davanti senza poter fare altro e versò tutto lo champagne addosso ad una donna sui 40 molto elegante. Io cercai anche di afferrare il povero cameriere, fu tutto inutile, anzi fu anche peggio, perché afferrando il laccio del gilet mi trascinò a terra con lui. Sentii un casino incredibile.
Imbarazzante.
Oh Zeus!
Ero una ritardata.
Sentii il cameriere scusarsi, avrei voluto prendermi a schiaffi, probabilmente quel poveretto sarebbe stato licenziato per colpa mia. Questo perché come una bambina ero troppo impegnata a guardare Tom Hiddleston, ma quanti cazzo di anni avevo, 12? Ma nemmeno a 12 anni mi comportavo in quella maniera. Che stupida!
Mentre continuavo a darmi della deficiente mentalmente qualcuno mi afferrò da sotto le ascelle e mi aiutò ad alzarmi.
-Mi dispiace- dissi rivolta al cameriere e alla donna che, poveretta, cercava di tamponarsi l’abito rosso con un fazzoletto.  –È colpa … - venni interrotta da chi mi aveva aiutata ad alzarmi.
Due mani forti mi fecero voltare nella direzione del mio salvatore, ero convinta che mi sarei trovata faccia a faccia con il mio amico, ma gli occhi che mi guardavano preoccupati non erano miele, ma azzurro limpido e brillante.
-Elettra- la voce di Tom mi  riportò alla realtà.
-Signor Hiddleston … - dissi con il fiato corto, confusa –Non è colpa del cameriere, è stata colpa mia- .
-Stai bene?- chiese lui, non doveva preoccuparsi per me, il cameriere era caduto sul pavimento, non io, io ero atterrata su quel povero ragazzo.
-Mi dispiace tantissimo, non volevo cadergli addosso …è stata tutta colpa mia- continuai, insistendo, volevo togliere dai guai il ragazzo.
Mi guardai intorno per capire se fosse ancora sul pavimento, ma Matthew lo stava aiutando ad alzarsi. –Scusami!- dissi nella sua direzione.
-Non si preoccupi signorina- mi rispose lui, sembrava mortificato.
Mi sentivo una stronza, io ero una cameriera, sapevo cosa significasse fare guai del genere a lavoro, non andava per niente bene.
-Elettra.- un’altra volta la sua voce mi riportò alla realtà, dovetti abbandonare con lo sguardo il cameriere e mi ritrovai di nuovo con i suoi occhi davanti. –Stai sanguinando, sicura di sta bene?-
Sanguinando? Avvertii un leggero pizzicore allo zigomo sinistro, una scheggia dei bicchieri doveva avermi colpita. Mi toccai lo zigomo e quando ritirai la mano vidi i polpastrelli sporchi di sangue.
-Vieni, ti porto a pulire la ferita- la voce di Tom era calma, fossi in lui sarei stata infuriata, l’avevo appena messo in imbarazzo.
-Ma … il cameriere … - biascicai ancora confusa, notai che anche il ragazzo si era graffiato.
Matt lo stava ancora sostenendo, mi fece un cenno che indicava che al cameriere ci avrebbe pensato lui. Ancora scossa mi lasciai portare fuori dal salone da Tom Hiddleston, tutti gli invitati sembrano essersi fermati come quando metti pausa in un film.
Mentre mi lasciavo guidare intravidi il cartello per la toilette, ma l’attore non si fermò, passammo oltre la porta e io sorpresa gli chiesi dove mi stesse portando, lui mi rispose che mi portava nel suo camerino. E così fu, aprì una porta bianca che portava in alto un cartello con il suo nome, mi sentivo dentro un sogno. Entrammo nella stanza e lui fece cenno di sedermi sul divano di pelle nera.
Lo vidi armeggiare con una scatolina bianca con una croce rossa disegnata sul dorso, ne estrasse il disinfettante e il cotone.
-Ti fa male?- domandò, mentre mi tamponava il taglio sullo zigomo. Il suo viso era così vicino al mio,mi ritrovai a trattenere il fiato davanti al suo volto, era bellissimo.
-No- sussurrai, a corto di fiato –Mi sento solo molto in imbarazzo-.
I suoi occhi puntati sulla ferita si alzarono immediatamente verso i miei –Perché mai?-.
-Come perché mai? Ho fatto un casino … lei mi ha invitata e io ho fatto un macello, l’ho messa sicuramente in imbarazzo- dissi tutto d’un fiato –Dovrebbe denunciarmi per … per … oddio, non lo so, ma sono sicura di aver commesso un reato oggi. E poi, cazzo, quel povero cameriere, sono una cretina che non sa muoversi con un minimo di grazia e …-
-Frena, frena!- mi bloccò lui, staccando il cotone dal mio viso e allontanandosi appena da me, ma senza allontanarsi davvero. –Primo, smettila di darmi del lei, sul serio e non chiamarmi signor Hiddleston, mi chiamo Tom, anzi Thomas e se vuoi puoi chiamarmi con il mio nome intero, ma non chiamarmi per cognome. Secondo, dubito che tu abbia commesso un reato. Terzo, non mi hai messo in imbarazzo e non hai fatto nessun casino, sei caduta e ti sei pure ferita, mi dispiace che tu ti sia fatta male.- mi accarezzò poco sotto la ferita con il pollice, mi vennero i brividi. –E quarto …- fummo interrotti.
La porta si spalancò, all’ingresso c’era Chris Evans, per poco non mi cadde a terra la mascella, troppe emozioni per una giornata sola.
-Θα πάθω καρδιακή προσβολή!!!- lo dissi a voce molto alta.
-Cosa?- esclamarono entrambi, nello stesso momento, la cosa mi fece ridacchiare per qualche secondo.
-Lasciamo perdere!- dissi ancora ridacchiante.
Chris Evans, molto confuso, scosse la testa e poi si rivolse direttamente verso il collega –Dobbiamo andare, sta per iniziare il fim- il suo tono era come quello di Capitan America, mi venne quasi il batticuore per l’emozione.
Tom si mise in piedi, dopo essere rimasto piegato sulle ginocchia fino a quel momento, e poi mi porse la mano per aiutarmi ad alzarmi. Mi sorrise e sentii il mio cuore accelerare.
-Grazie mille signor Hi … - mi bloccai sotto il suo sguardo ammonitore. –Tom. Grazie mille, Tom- sussurrai alla fine, sorridendo appena e mordendomi il labbro inferiore per l’imbarazzo. –Adesso vado a cercare il mio posto- mi avviai verso la porta in cui c’era ancora Chris Evans, mentre gli passavo accanto sollevai lo sguardo per guardarlo bene da vicino, lui mi sorrise e io inciampai sui miei stessi piedi. Rischiai di cadere a terra per la seconda in quella serata, ma l’attore fu rapido, mi afferrò per la vita tenendomi in piedi.
-Hey ragazzina!- esclamò lui ridacchiante –Stai attenta, non farti male di nuovo-. Il tono in cui disse ragazzina non mi infastidii, era un tono tenero.
Ridacchiai imbarazzata mentre lui mi lasciava i fianchi, Tom mi guardava con le sopracciglia alzate e uno sguardo divertito.  Tirai su i pollici e camminando all’indietro borbottai –Grazie Capitano- e poi sbattei contro qualcosa di particolarmente marmoreo che però non era un muro.
Venni di nuovo afferrata per non cadere, questa volta per le spalle, sperai di non avere quasi buttato giù un altro cameriere. Quando mi voltai non vidi un cameriere, ma avevo davanti Thor, giuro che le mie gambe cedettero per un secondo.
Sorrisi, sempre più imbarazzata, stavolta anche Chris Evans sembrava sul punto di scoppiare a ridere, Tom si premette una mano sulla bocca. –Mi dispiace, ti sono venuta addosso- Zeus, che deplorevole scelta di parole. A quel punto Chris Evans e Tom scoppiarono a ridere, anche Chris Hemsworth stava per ridere. –Io vado immediatamente in sala- esclamai, poi corsi praticamente via, ma non prima di sentire Chris Hemsworth chiedere qualcosa a Tom Hiddleston.
-È quella ragazza? Quella dell’intervista?- domandò il biondo.
Smisi di andare veloce, parlavano di me, volevo sentire cosa dicevano. Tre attori parlavano di me, era emozionante.
-Già- disse l’inglese.
-È molto giovane- esclamò Chris Evans.
-Lo so- sentii rispondere Tom, poi svoltai l’angolo e non sentii più nulla.
Gli anditi erano deserti, alcuni della sicurezza mi indicarono dove dovessi andare per raggiungere la sala cinema e quando arrivai la maschera mi guidò fino al mio posto. Tirai un sospiro di sollievo quando vidi Matthew al suo posto, temevo davvero che fosse in giro per la struttura a cercarmi. Stavo per iniziare a raccontare al mio amico la mia avventura, ma poi iniziarono ad entrare gli attori e partirono gli applausi, quindi dovetti rimandare il racconto a più tardi. Eravamo in quinta fila, molto vicini agli attori, la situazione si faceva ogni secondo più emozionante.
Dopo qualche dichiarazione da parte degli attori il film iniziò, finalmente era arrivato il momento che tanto avevo atteso.
***spoiler Infinity War
Potrei dire che rimasi buona per tutta la durata del film, ma mentirei, perché non rimasi affatto buona, anzi.
Il punto era questo, sapevo che il film mi avrebbe fatta piangere,ma hey, non avevo idea che avrei pianto così tanto e che sarebbe stato così devastante per me. Insomma come si fa a far morire la maggior parte dei personaggi, è pura crudeltà, non potevo credere a quello che stavo vedendo.
Ma partiamo pure dall’inizio, perché si, io iniziai a piangere dopo i primi cinque minuti di film.
COME AVEVANO POTUTO FAR MORIRE LOKI IN QUEL MODO? Perché mi stavano spezzando il cuore in quella maniera? Non potevo credere che l’avessero fatto morire dopo i primi cinque minuti e poi in quella maniera rapida.
Nel silenzio di tomba della sala in cui si sentivano solo i mugolii attutiti di Thor che si disperava per il fratello, mi sentii anche io e le mie lamentele non erano soffocate.
-Che cosa?- sbottai a voce altissima.
Matt si girò di scatto verso di me, gli occhi sgranati e scuotendo la testa per intimarmi al silenzio.
-No, non scuotere la testa, Matthew. Hanno appena fatto morire Loki-  continuai, sempre a voce alta.
A quel punto, davanti a noi, iniziarono a girarsi alcune persone, compresi gli attori. Vidi un Robert mezzo ridacchiante e un Tom Hiddleston che mi guardò con un enorme sorriso.
Bastardo, avrebbe dovuto dirmelo.
Dopo aver espresso il mio disappunto rimasi in silenzio per il resto del film, ma esplosi di nuovo alla fine quando vidi morire Groot e subito dopo Spiderman con quella frase strappa lacrime. Ero una fontana, in confronto la fontana di Trevi era una dilettante.
*** fine spoiler
Nonostante le lacrime fu un’esperienza meravigliosa, godermi il film con gli attori presenti era stato super e sapevo che avevo avuto un’opportunità veramente preziosa.
Così alla fine del film controllai l’orario, era abbastanza tardi per me che sarei dovuta montare a lavoro all’apertura della caffetteria, ma prima di andare volevo assolutamente ringraziare Tom per i biglietti.
-Viene, saluto Tom Hiddleston e ce ne torniamo a casa- dissi al mio amico tirandomelo dietro.
Mi guardai attorno alla ricerca dell’attore, stava parlando con una ragazza mora molto graziosa, avvertii una punta di fastidio, ma mi dissi immediatamente di smettere di fare la dodicenne rincretinita. Mentre lo osservavo si girò nella mia direzione, agitai leggermente la mano per salutarlo, non volevo disturbarlo mentre parlava, ma lui mi fece un breve cenno della mano per dirmi di aspettare e subito dopo posò una mano sul braccio della ragazza e velocemente si allontanò lasciandola di stucco e  abbastanza perplessa.
Con poche falcate si avvicinò a me con un sorriso carino sulle labbra –Vai già via?- mi domandò.
Annuii –Si, domani, anzi no, tra qualche ora devo andare a lavoro … - avrei voluto continuare e dirgli quanto fossi grata per quell’esperienza, ma mi spiazzò con una domanda.
-Che lavoro fai? Credevo studiassi e basta- sembrava sinceramente interessato.
Mi ritrovai un po’ colta alla sprovvista e iniziai a farfugliare qualcosa di incomprensibile, così intervenne Matt, grazie al cielo. –Lavora in una caffetteria in via … - smisi di ascoltare, mi ero persa di nuovo nei suoi occhi chiari.
-Capisco.- commentò Tom –Mi ha fatto molto piacere avervi come ospiti, spero che il film vi sia piaciuto.-
-Assolutamente- esclamò Matt –Pazzesco, non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo. Complimenti. E grazie mille per i biglietti, signor Hiddleston- , il mio amico si sporse per stringere la mano all’attore che gli sorrise gentilmente, poi Matt si inchinò sul mio orecchio e mi sussurrò –Ti aspetto in macchina-.
Rimasi da sola con Tom, mi sentii improvvisamente a disagio, non so nemmeno io perché. –Grazie mille per l’invito, è stata un’esperienza magnifica che dubito dimenticherò facilmente. Grazie mille signor … ehm Tom- dissi tutto d’un fiato, quasi come una bambina che ammette le proprie colpe. –Ora io vado, buonanotte e grazie ancora!- dissi facendo un passo per uscire dalla sala.
-Hai fretta di scappare, eh?- disse lui, ridacchiando e io mi voltai mordendomi il labbro. –Dai, ti accompagno all’uscita- continuò affiancandomi e iniziando a percorrere insieme a me il corridoio.
Camminammo in silenzio e ogni tanto alzavo gli occhi per guardarlo, mi beccò due volte facendomi diventare fucsia e facendomi sentire una ritardata.
Quando arrivammo alla scalinata pensai che sarebbe tornato indietro, e invece no, mi porse il braccio e come un vero gentleman mi porse il braccio per aiutarmi a scendere. Il mio stomaco fece un’enorme capriola e sentii le gambe ridursi a gelatina.
Una volta finite le scale lui si fermò, mi sorrise e io ricambiai il sorriso incapace di pronunciare una qualsiasi frase di senso compiuto.
Con un gesto elegante interruppe il nostro contatto –Sono molto felice che tu sia venuta- .
-Anche io, grazie di cuore- riuscii a balbettare un po’ incerta.
Per qualche istante rimanemmo in silenzio l’uno davanti all’altra, il cuore mi esplodeva nel petto e non ero più sicura di saper rimanere in equilibrio. Mi mordicchiai il labbro agitata, lui più di una volta sembrò sul punto di dirmi qualcosa, ma poi anche lui si mordeva le labbra perdendo forse le parole a me destinate.
-Io … - cominciai a dire, per annunciare che sarei andata.
-Certo- esclamò lui.
Ma io rimasi ferma e lui fece lo stesso. Sembravano sicuramente dei cretini e probabilmente Matt aveva iniziato a fare la muffa in macchina, ma non mi importava, sentivo i miei piedi inchiodati al pavimento davanti a lui.
-Elettra … - iniziò lui, ma fu interrotto.
Dannazione.
-Tom!- Benedict scendeva le scale nella nostra direzione –Stiamo aspettando te per le foto- disse, una volta che affiancò l’attore.
-Tolgo il disturbo- esclamai, riprendendo l’uso dei piedi e delle gambe.
Stavo per girare sui tacchi quando Tom si sporse verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. –Buonanotte, Elettra- sussurrò, così piano che credetti di essermelo sognato.
Mi allontanai viaggiando su una nuvola, mi sentivo esattamente così, sentivo i loro sguardi sulla mia schiena nuda come se mi bruciassero. Totalmente fuori di testa mi infilai in macchina sospirando, Matt alzò un sopracciglio con aria interrogativa, io scossi la testa e misi in moto l’auto.
-Posso dirti una cosa?- mi domandò il coinquilino.
Annuì silenziosamente svoltando senza nemmeno fermarmi allo stop, ma Matthew sembrò non accorgersi della cosa.
-Quello ti stava mangiando con gli occhi- disse serio.
-Chi?-
-Tom Hiddleston.-
 
 
La mattina dopo quando suonò la sveglia morivo di sonno, avevo dormito davvero per poche ore, forse due e tre. Dopo essere tornati a casa dalla meravigliosa serata ci mettemmo sul divano a parlare perché, dopo essermi ripresa dallo stato di trance in cui Tom mi aveva buttata, era partita l’adrenalina per quel bacio sulla guancia che probabilmente non significava nulla, ma aveva comunque mandato il mio cervello in pappa.
Matthew sosteneva che per tutta la serata, l’attore, non avesse fatto altro che guardarmi con gli occhi a cuoricino. Io ne dubitavo altamente, ma il mio coinquilino pareva particolarmente sicuro di ciò che sosteneva.
Dopo aver discusso a fondo riguardo al film e a Tom Hiddleston, Matt ammise di aver sfruttato l’occasione con il cameriere che avevo travolto e di avergli chiesto il numero e un appuntamento. Il ragazzo si chiamava Justin e aveva 21 anni, più piccolo di Matt di quattro anni. A metà della conversazione mi resi conto di aver perso un orecchino, ci rimasi parecchio male, erano un regalo di mia nonna, quella che stava in Grecia, ci tenevo particolarmente anche perché erano stati tramandati da diverse generazioni. Così decisi che il giorno dopo sarei andata a chiedere nel teatro se qualcuno avesse trovato il mio orecchino e l’avesse portato alla reception.
Poi finalmente ci mettemmo a dormire, pensavo di aver appena chiuso gli occhi quando la sveglia suonò. Erano le quattro e mezzo del mattino, avevo gli occhi pesti per il sonno e quasi non riuscivo a tenerli aperti. Mi domandai come cavolo avrei fatto ad andare a lavorare in quelle condizioni, per i primi minuti fui tentata di chiamare la titolare e avvisare che non sarei andata perché non stavo bene, ma tra qualche settimana avrei dovuto pagare le bollette.
Così mi trascinai in doccia, mi truccai un po’ per nascondere i segni della stanchezza e poi mi infilai una felpa dell’università e un paio di jeans strappati, ai piedi misi le mie adorato e fidate New Balance e uscii.
Londra sembrava ancora addormentata, le luci dei lampioni erano ancora accese e l’aria sembrava più pulita e fresca. Mi piaceva camminare la mattina presto, la città sembrava magica e mi sembrava di essere quasi l’unica abitante sveglia. La mattina non prendevo nemmeno la metropolitana, mi godevo il momento di pace e tranquillità della città e fingevo di non vivere in una città caotica, ma di essere in quel piccolo paesino in Grecia dove l’estate passavo gran parte delle mie vacanze. Le grandi città mi piacevano, ma da sempre avevo vissuto una città caotica come Roma, poi ero passata a Londra … insomma non era poi così tanto strano che ogni tanto mi piacesse la calma e la pace.
Arrivai alla caffetteria in perfetto orario, la saracinesca era già sollevata e all’interno del locale c’era Jeffrey, il mio collega di lavoro. Jeffrey era un universitario come me che cercava di mantenersi da solo con il lavoro alla caffetteria, aveva un anno in più di me e studiava giurisprudenza.
-Hey bello!- esclamai entrando, con un grande e dolce sorriso.
Jeffrey sollevò lo sguardo su di me, stava armeggiando con la macchinetta per il caffè e si limitò a farmi un cenno con il capo seguito da un –Ma hai dormito? Non hai gli occhi molto svegli!-.
Beh, grazie tante Jeff, mi ero già resa conto del mio pessimo aspetto, ma rincarare la dose non fu particolarmente piacevole.
-Ho dormito poco- risposi, facendo spallucce e legandomi il grembiule nero sui fianchi.
Il grembiule era stata la nuova trovata del capo, io lo odiavo con tutte le mie forze e mi sentivo ridicola con quel dannato coso legato in vita.
Iniziai a sistemare i dolci nel bancone, sembravo un bradipo nei movimenti, facevo tutto a rallentatore e più di una volta Jeff cercò di intavolare una discussione senza ottenere grandi risposte da me, stavo sul serio dormendo in piedi.
Dopo aver sistemato il bancone e i tavoli mi versai una tazza di caffè per darmi io stessa una svegliata, ne versai una tazza anche a Jeffrey e rimanemmo in silenzio a bere la bevanda calda.
-El, ti spiace se vado a fumarmi una sigaretta?- mi chiese, agitandomi il pacchetto davanti.
Che bastardo, sapeva che avevo smesso da poco di fumare e continuamente cercava di riportarmi sulla cattiva strada.
Annuii alla sua domanda e lo vidi sparire sul retro, diedi un’occhiata all’orologio, era ancora presto per i clienti così mi sistemai su uno dei tavoli e mi misi a studiare. Ero stanchissima e tutto quello che leggevo non riuscivo a fargli avere un senso, ma comunque ci provavo anche perché nell’ultimo periodo avevo avuto un po’ la testa per aria con l’avvicinarsi della prima.
Stavo ripetendo alcune parti di storia contemporanea quando i primi clienti entrarono, ma io ero così persa nel mio mondo che nemmeno me ne accorsi. Però i clienti si sedettero al tavolo e credo che rimasero in attesa un po’, fino a quando non mi alzai per andare a prendermi un’altra tazza di caffè.
Fu allora che li vidi, quattro uomini, quattro attori.
Dovetti poggiare la tazzina sul bancone per evitare di lanciarla in aria per lo stupore, tutti e quattro mi guardarono con aria divertita, il mio cervello si azzerò.
-Oddio, scusatemi! Vengo subito a prendere le vostre ordinazioni!- esclamai trafelata, cercai il mio blocchetto nella tasca del grembiule, sembravo agitata  e decisamente lo ero.
-Va tutto bene Elettra, non abbiamo fretta- mi disse Tom.
Si, esatto. Nella caffetteria c’era Tom Hiddleston, Chris Evans, Chris Hemsworth e Tom Holland. Sentivo la mia testa leggera e per un secondo credetti di essere ancora nel mio letto nel bel mezzo di un bel sogno, ma non era un sogno, era la semplice realtà.
-Eccomi- balbettai, una volta accanto al loro tavolo con il blocchetto e la penna in mano.
-Per me un croissant integrale e un caffè- disse Chris H., con un bel sorriso sulle labbra che illuminò il suo volto.
Appuntai in fretta le loro ordinazioni e con un breve cenno del capo mi fiondai dietro il bancone a preparare il tutto. Non appena mi voltai iniziai a sentirli parlottare tra di loro, tutti tranne Tom avevano un tono abbastanza concitato come se stessero convincendo l’attore a fare qualcosa che non era di suo gradimento. Cercando di ascoltare come una perfetta pettegola mi bruciai diverse volte con il caffè bollente, ma fu mentre preparavo il cappuccino per Tom che sentii chiaramente le parole dell’altro Tom.
-Vecchio, se non alzi quel culo dalla sedia ci vado io dalla bella … - la frase fu troncata a metà da Chris E.
-Zitto, deficiente, smettila di parlare a voce così alta. Tu la privacy non la conosci proprio eh?!- sbottò, alla fine Chris E.
Mi girai giusto in tempo per vedere Tom H. dare un pugno a Chris E. dritto sul braccio, con il vassoio in equilibrio sorrisi un po’ imbarazzata. Credo che Tom abbia temuto che gli versassi addosso tutte le bevande bollenti, ma sapete una cosa, io sono sempre stata maldestra, ma mai a lavoro.
-Ecco a voi, buona colazione!- dissi, senza guardare nessuno in particolare, soprattutto senza guardare Tom. Ancora potevo sentire il fantasma delle sue labbra sulla mia guancia, al solo pensiero sentivo il viso andarmi a fuoco ed ero costretta a darmi dell’adolescente stupida e imbarazzante.
Feci per andarmene via quanto Tom H. mi invitò a sedermi con loro, dicendo che era particolarmente annoiato dalla presenza degli altri attori che non facevano altro che fare discorsi da vecchi. Come pronunciò la parola vecchi, fece l’occhiolino a Tom che sollevò le sopracciglia scuotendo la testa.
-No, non voglio assolutamente disturbare- aggiunsi immediatamente.
Chris E. tirò una sedia accanto a lui e Tom e mi fece cenno di sedermi. –Dai, avanti! Tanto non c’è nessun altro, ci farebbe piacere conoscere l’amica di Tom, è sempre così riservato- concluse lui.
Alla fine cedetti, mi sedetti lentamente e guardandomi intorno un po’ agitata sistemai le pieghe del mio grembiule. Mi sentivo così fuori posto in mezzo a loro, c’era una parte di me che si diceva che mi avevano invitata per sfottermi un po’ e farsi due risate, l’altra parte diceva che Tom non l’avrebbe mai permesso. Ma nel momento in cui lo pensai mi sentii una stupida, perché mi stavo affidando ad un uomo che non conoscevo affatto, ma che per anni avevo visto dentro lo schermo della mia tv.
-Bene, Elettra.- cominciò Chris H. –Nome insolito, da dove proviene?-.
Oddio, mi morsi la lingua per evitare di raccontare la storia di tutta la mia famiglia; scorsi sulle labbra di Tom un sorriso divertito.
-Ehm … sono per metà greca, mia madre è greca, mentre mio padre è italiano. Entrambi sono due patiti della mitologia greca-
-Forte!- esclamò Tom H, sgranando gli occhi e poggiando la tazzina sul tavolo –E quindi sai parlare greco?-
Annuii piano con il capo mordicchiandomi il labbro inferiore, improvvisamente iniziarono a sommergermi con mille domande. Come mai ero a Londra, tornavo spesso a casa, e in Grecia ci andavo, quanti eravamo in famiglia, avevo un secondo nome, mi trovavo bene in Inghilterra.
Non mi stavano sfottendo, sembravano sul serio interessati alla mia vita. Tutti mi facevano domande tranne lui che se ne rimaneva al mio fianco ad osservarmi con quegli occhi così limpidi e brillanti. Avrei davvero voluto che mi dicesse qualcosa, sarebbe stato meno imbarazzante, invece dovevo resistere al suo sguardo che sembrava bruciarmi la pelle.
-Hai il ragazzo?- mi domando Chris E, lanciando uno sguardo oltre la mia spalla in cui sapevo stava incontrando gli occhi di Tom.
Sapevo che prima o poi quella domanda sarebbe arrivata, così mi ritrovai a scuotere la testa con tranquillità. Dopo il primo periodo in cui io e Riccardo non stavamo più insieme, questo tipo di domande mi faceva scoppiare in lacrime, oppure mi imbarazzava da morire.
-Come è possibile, una bella ragazza come te!- ci tenne a precisare Tom H.
-Sarà che sono troppo strana e nessuno ha voglia di star dietro alle mie stranezze- lo dissi a mo di battuta facendo un sorriso tirato, ma era la verità.
Poi tornò Jeffrey dalla sua pausa sigaretta e io mi alzai dal tavolo sotto lo sguardo sconvolto del mio collega che passò diversi minuti a borbottare cose sul fatto che io conoscessi degli attori.
I quattro rimasero un altro po’ al tavolo, ma quando iniziarono ad arrivare i clienti si alzarono immediatamente, probabilmente volevano evitare di essere presi d’assalto dai fan.
Chris H, Tom H e Chris E. fecero  un breve cenno con la mano per salutarmi, io risposi con un sorriso timido e un  leggero movimento della mano. Poi si avvicinò Tom, tra le mani il portafoglio e un piccolo sorriso. Io ero davanti alla cassa, ancora stupita da quello che era appena successo, ma ebbi la prontezza di scuotere la testa nella sua direzione.
-Offre la casa- esclamai, con un sorriso. –Mi pare il minimo dopo la serata di ieri- aggiunsi.
-Ma … - cercò di dire lui.
-Sel serio, non ti preoccupare. È il minimo anche per la capocciata il giorno dell’intervista e anche per averti versato la bibita bollente addosso.-
A lui scappò una leggera risatina e non potei trattenermi nemmeno io al ricordo di quella serata, certo, prima che mi desse della bambina. A quel ricordo sentii una leggera fitta di fastidio che mi sforzai di reprimere immediatamente, l’attore si era fatto più che perdonare con i biglietti per il film.
-D’accordo- mi disse, si infilò nella tasca dei pantaloni il portafogli  e io credetti che sarebbe andato via e che non l’avrei rivisto mai più, e invece rimase fermo davanti a me a guardarmi.
Cercavo di capire cosa fare, forse si aspettava che dicessi qualcosa io, ma lui sembrava sempre sul punto di dire qualcosa come la sera prima e io non volevo interrompere quel momento, così rimasi immobile e in silenzio.
-Elettra … - iniziò lui, ma poi si bloccò di nuovo.
-Si … - dissi in un soffio.
-Senti … - altro blocco. –Io … si ecco … oh. – l’attore si grattò la nuca impacciato –Oh, al diavolo! Venerdì sera sei impegnata?- concluse.


Sono tornata! Volevo scusarmi per i tempi lunghi, ma sono in sessione d’esame e ho davvero poco tempo per scrivere, purtroppo. Spero che questo capitolo non sia troppo palloso! Nel prossimo inizieremo ad entrare nel vivo della fic, quindi non abbandonatemi.
Detto questo grazie a chi ha lasciato una recensione e a tutti voi che leggete!
_cherryred_
   
 
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