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Autore: _BlueLady_    13/06/2018    2 recensioni
Fine e Rein: due ragazze come tante, un pò maldestre, esuberanti, con un pizzico di vitalità in più.
Due ragazze come tante, solo gemelle. Una fortuna per molti, una sfortuna per loro.
Soprattutto quando i ragazzi da loro amati dimostrano ogni volta di avere una preferenza per la gemella opposta, anche in estate, in occasione di una vacanza col loro gruppo di amiche.
La domanda sorge spontanea: "Perchè preferiscono sempre lei a me? Cos'ho io di sbagliato?"
Sorgono così gelosia, invidia, frustrazione, rammarico.
"Sarebbe bello, almeno per una volta, essere come lei"
Il desiderio nasce spontaneo, quando prima era soltanto semplice curiosità.
Grazie ad una singolare successione di eventi, che comporterà la realizzazione di un episodio a dir poco straordinario, Fine e Rein capiranno che non è sempre la bellezza fisica la carta vincente che ci rende amabili agli occhi di una persona, e che essere se stessi nell'anima e nel corpo, conservando la propria integrità, è il principio più importante.
Perchè essere amati per ciò che si è, è la cosa più bella che ci possa mai capitare.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bright, Fine, Rein, Shade
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~ CAPITOLO 18: QUEL CHE MI SPAVENTA ~
 
- Ho le allucinazioni, oppure stamattina ti vedo per la prima volta entrare in acqua con le tue gambe? –
Il commento sarcastico di Shade accompagnò l’entrata in acqua trionfale di Rein, quella mattina – la prima senza che fosse lui a prenderla di peso e portarcela di forza – che subito arricciò il naso piccata, per niente divertita dalle sue parole.
Shade ghignò, osservandola camminare verso di lui con le gambe rigide ed i pugni chiusi, quasi trattenendo il respiro dalla paura, e pensò a quale stratagemma inventarsi quella volta per farla nuovamente sciogliere e liberarla dalle costrizioni che la sua mente le imponeva.
- Risparmiati le frecciatine, Shade. Stamattina non sono in vena –
- Esattamente, quando sei in vena, Fine? –
Lei lo fulminò con gli occhi, continuando imperterrita ad avanzare.
Sorrise: probabilmente lo odiava ogni giorno di più.
- Alzarsi presto ti rende nervosa. Fatto le ore piccole anche stanotte, stellina? Vergognati: lo sai che dormire poco non fa bene alla pelle. Fa venire le rughe –
- Anche avere un broncio da iena depressa tutto il tempo fa invecchiare a vista d’occhio – gli sibilò lei in risposta, contrattaccando con un colpo da maestro.
Shade ghignò, divertito dal suo broncio permaloso.
Odioso, era semplicemente odioso. Perché si divertiva tanto a renderle la vita impossibile? Come se tutta la situazione paradossale che stava vivendo in quel momento non fosse già abbastanza. Rein detestava tutto quello scompiglio, così come detestava Shade quando prendeva a punzecchiarla in quel modo. Stupida lei che continuava a dargli corda. Perché si ostinava sempre ad abbassarsi al suo livello?
Quella mattina erano andati al limite della secca, fino a toccare il fondale marino solamente con la punta dei piedi, ed il moro le aveva espressamente ordinato di sdraiarsi a pancia in su e provare a tentare qualche bracciata verso il largo a dorso, per poi tornare a nuoto fino a riva.
- Scordatelo – gli aveva risposto Rein risoluta – Più in là di così non vado -
- Non ti sto chiedendo se vuoi farlo, ti sto dicendo che devi farlo. Chi è l’insegnante di nuoto tra i due? –
- Lo sai che vado nel panico in mare aperto! Come puoi chiedermi di spingermi a largo come se niente fosse? – gli disse lei, il cuore a mille.
- Fine, tu sai nuotare, devi solo essere in grado di liberarti dal tuo blocco psicologico. Ti sto dicendo di avere fiducia in te stessa – le aveva risposto lui secco – Libera la mente e lasciati andare. Il tuo corpo sa come si fa -
Rein deglutì un boccone di saliva amaro, volgendo una rapida occhiata all’orizzonte, così vasto da toglierle il respiro. Pensò che non ce l’avrebbe mai fatta a spingersi più in là di dove era in quel momento: a malapena sapeva muovere qualche bracciata di stile, figuriamoci nuotare a dorso, senza neanche guardare dove fosse diretta mentre guizzava nell’acqua. L’idea di non avere il controllo della situazione la mandava letteralmente nel pallone.
Osservò Shade negli occhi, pregandolo di aiutarla ad uscire da quella situazione di impasse. Lui le restituì uno sguardo determinato, deciso.
- D’accordo, ho capito. Mettiti a pancia in su con la testa rivolta verso di me – le disse in un sospiro, capendo che non era ancora il momento per chiederle un simile salto nel vuoto.
- Ma…- protestò ancora lei, più cocciuta di un mulo, ma Shade fu irremovibile. In pochi secondi Rein si ritrovò pancia all’aria, con la testa appoggiata al petto del moro, e le spalle a premergli sugli addominali.
Istintivamente, il suo cuore fece un sobbalzo nel petto.
Shade le ordinò di muovere le gambe una dopo l’altra, mentre con la punta delle dita le sfiorava le braccia, guidandola nei movimenti un passo alla volta. Ogni volta che si sentiva sfiorare, una scossa elettrica simile ad una scarica di adrenalina le accendeva i sensi, andandole ad ingigantire il cuore.
Uno, due, uno, due.
- Brava, così – sentì Shade sussurrarle all’orecchio, con voce calda e malleabile – Concentrati soltanto su ciò che senti -
Rein chiuse gli occhi, mentre il cuore continuava a bruciarle in petto, andandole ad infiammare la gola e la bocca. Se soltanto avesse potuto, avrebbe chiesto a Shade se una simile sensazione la stesse provando anche lui in quel momento. Possibile che nuotare con lui le facesse sempre quell’effetto?
Ancora uno, due, uno, due.
La voglia di baciare Shade sulla punta delle labbra tornò a roderle prepotentemente la bocca dello stomaco. Perché quell’istinto così primitivo tornava a tormentarla? Perché proprio in quel momento?
Se stava in silenzio, poteva udire il mormorio sommesso dell’acqua nelle orecchie, lo scoppio degli schizzi provocati dalle sue braccia, il respiro pesante del moro su di lei, ed i loro cuori battere all’unisono.
Uno, due, uno, due.
Le sembrò quasi di stare nuotando da sola.
- Ce l’hai fatta, Rein!-
Per un istante soltanto, le parve che Shade la stesse chiamando con il suo nome.
Fu la sensazione di un attimo, ma quando riaprì gli occhi, spaesata e disorientata da tutto quel frastuono di emozioni, vide soltanto un paio di occhi bui come la notte scrutarla impassibili, affondando le iridi nelle sue, agganciandosi al cuore.
Istintivamente arrossì, trattenendo il fiato. Nonostante l’imbarazzo del momento, si sentiva inspiegabilmente a casa. La distanza tra le loro bocche era pari a quella di un respiro.
Shade sorrise malizioso, provocatorio.
- Non mi sembra ti dispiaccia poi tanto – le sussurrò, beffardo.
- Cosa? – chiese lei, senza capire.
Lui, ancora una volta, sorrise.
- Il mio broncio da iena depressa – continuò, e subito Rein avvertì una punta di spillo pizzicarle la coscienza, e la ragione impadronirsi di lei.
Nonostante il suo sguardo truce, il rossore sulle sue gote parlava da sé.
Shade si abbandonò ad una risatina che sapeva di consapevolezza e vittoria.
- Toh, è comparsa un’altra ruga – disse, e non fece in tempo ad aggiungere altro, perché già Rein aveva preso ad insultarlo, rompendo in un istante la curiosa sintonia che si era creata tra loro in un battito di ciglia.
 
¤¤¤¤¤¤
 
- Bright, che cosa ci fai qui?-
Con quelle parole Fine lo accolse quella mattina, sorpresa ed imbarazzata, non appena se lo vide spuntare sotto la soglia di casa con un sorriso raggiante ed un pacchettino tra le mani.
Il biondo sorrise, trattenendo a stento l’entusiasmo di vederla.
- Sono venuto a portarti la colazione! – esclamò euforico, mostrandole il contenuto del pacchetto – Brioche al cioccolato e ciambella. So che sono i tuoi preferiti – e le fece un occhiolino complice, sapendo di averla letteralmente presa per la gola.
A Fine si illuminarono gli occhi, mentre sentiva già pervadersi dall’acquolina in bocca.
- Che meraviglia! – esclamò sognante, ed i cattivi pensieri svanirono.
Come poteva deprimersi di fronte ad una brioche al cioccolato?
Aveva già fatto colazione con un’abbondante tazza di latte e biscotti, ma non sapeva proprio dire di no alle prelibatezze che le spaziavano seducenti davanti agli occhi, soprattutto perché a portarle era stato Bright. Lo stesso Bright che le aveva appena proposto di condividere la colazione sugli scogli, in riva al mare.
Fine arrossì: quell’invito aveva tutta l’aria di una specie di appuntamento, ma non volle dirlo ad alta voce per paura di rovinare tutto, e distruggere la magia di quel momento.
Sorrise nell’osservare la figura del biondo accanto a sé, così gentile e premuroso nei suoi confronti, tanto da farle ingigantire il cuore.
Quel gesto che per molti poteva risultare quasi banale, scontato, sdolcinato, per Fine rappresentava qualcosa di più.
Pensò, non senza una nota di preoccupazione, che Rein si sarebbe infuriata a morte nel venire a sapere che, ancora una volta, lei riempiva il suo amato corpo di schifezze cioccolatose e zuccherate, ma l’avrebbe certamente perdonata non appena le avrebbe raccontato con chi aveva avuto la fortuna di condividere quelle prelibatezze, e sotto invito esplicito, per giunta.
Sospirò. Bright aveva qualcosa di inspiegabile, di intangibile, e quel lato tanto dolce e premuroso che inevitabilmente la attraeva a lui, facendole acquistare sicurezza in se stessa. Non sapeva spiegarsi neanche lei perché, ma quando era in sua compagnia, la punta di gelosia che le si accendeva nel petto nel pensare a sua sorella e Shade soli in acqua, svaniva completamente. Si sentiva altrettanto fortunata, a condividersi con una persona straordinaria come lui. Ed il cuore le si faceva sempre più gonfio in petto.
Per un istante, le parve quasi che anche il problema dello scambio di corpi passasse in secondo piano. Esistevano soltanto lei, lui, il mare, ed un paio di brioches condivise.
Vide Bright osservare una coppia di ragazzini giocare con il proprio cane nella spiaggia sottostante, e lo sentì sospirare malinconico.
- Cinofobia – sussurrò lui, perso tra i ricordi.
- Eh? – fece lei, senza capire.
Bright le sorrise.
- Credo si chiami così -  disse – la mia paura dei cani –
Fine annuì, abbassando la testa pensierosa.
Il fragore delle onde che si infrangevano sugli scogli riempiva il silenzio che si era improvvisamente interposto tra loro.
- Dimmi una cosa, Bright – prese coraggio lei ad un tratto, catturando la sua attenzione – Perché hai tanta paura dei cani? Voglio dire, se posso saperlo, è ovvio – si affrettò a correggersi non appena lo vide incupirsi, e subito gli strappò un altro sorriso che le fece perdere un battito di cuore.
- Quando eravamo piccoli, io e mia sorella avevamo un cane. Si chiamava Sparkle, ed era come un fratello per noi – cominciò a spiegarle, perdendosi tra i ricordi – Non c’era giorno che non passassimo a giocarci insieme, a coccolarlo. Dormiva persino con noi nel letto di notte, era parte integrante della famiglia. Gli volevo un bene dell’anima, ed il solo pensiero che potesse succedergli qualcosa di brutto mi spaventava a morte. Mi uccideva –
Fine l’osservò di sottecchi, con gli occhi persi all’orizzonte, ed inevitabilmente si ritrovò a pensare a quanto la sua dolcezza lo rendesse fragile, ed allo stesso tempo così amabile ai suoi occhi.
- Un giorno, proprio qui a Wonder, io e Altezza eravamo usciti con Sparkle al guinzaglio per fare la nostra solita passeggiata sul lungomare. Mamma e papà ci lasciavano sempre una mezz’ora di tempo per stare soli con lui, anche se mia sorella aveva quattro anni ed io sette. Sapevano che per noi era importante – sorrise, addolcendosi – Passammo proprio nelle zone della casa del vecchio Jack, dove allora era ancora tutta campagna, e le poche case che c’erano erano protette da recinti malconci, sgangherati, ed era perciò facile per qualsiasi tipo di persona o animale scavalcarli e ritrovarsi in strada – deglutì, sentendo la gola farsi secca – Avevo lasciato ad Altezza il compito di tenere Sparkle al guinzaglio, senza rendermi conto che una delle case vicine aveva il cancello aperto, ed un cane di grossa taglia e dall’atteggiamento aggressivo aveva cominciato a correrci incontro abbaiando come un forsennato. Probabilmente gli stavamo invadendo il territorio, ed avvertiva noi e Sparkle come una minaccia –
Fine trattenne il fiato, già temendo di sentire la conclusione di quel racconto.
Il labbro di Bright cominciò a tremare.
- Istintivamente, urlai ad Altezza di tornare indietro, mentre Sparkle già si parava in atteggiamento difensivo davanti a mia sorella, con l’intenzione di proteggerla. Accadde tutto in un attimo, e non riuscii a fare nient’altro se non osservare la scena, pietrificato dalla paura. Il cane si scagliò su mia sorella, che subito si raggomitolò su se stessa nel tentativo di proteggersi, e la sfiorò con i denti alla testa, ferendola. Poi subito arrivò Sparkle, che cominciò una vera e propria lotta contro il cane, con il tentativo di impedirgli di aggredire anche me. Io provai ad inserirmi per cercare di fermarli, e portare via con me sia Aletzza che Sparkle, ma più provavo ad avvicinarmi più la lotta tra i due si faceva violenta. Non avevo modo di salvare il mio cagnolino dalle grinfie del suo aggressore – si bloccò un istante, trattenendo a stento le lacrime – Vedevo schizzi di sangue ovunque, sia nel punto in cui i due cani lottavano, sia dalla testa di mia sorella, che continuava a sanguinare copiosa mentre lei strillava tra le lacrime. Provai a chiamare aiuto, ma sembravamo esserci solo noi in mezzo alla campagna. Così dovetti fare una scelta. Caricai mia sorella sulle spalle, con il tentativo di riportarla a casa il prima possibile, ed intimai a Sparkle di venire con me. Lui fece per seguirmi, ma il cane si fiondò su di lui, non ancora soddisfatto, ed il mio cagnolino fu costretto a trattenerlo, per difendere noi. Corsi a casa il più in fretta possibile, con l’intenzione di tornare a recuperare Sparkle non appena avessi lasciato mia sorella alle cure di mia madre. Nel tornare indietro, a metà strada, con il cuore in gola ed il petto che scoppiava dalla paura e dalla fatica, vidi Sparkle dirigersi zoppicando e rantolante verso di me, una gamba completamente maciullata e pieno di sangue e morsi ovunque. Lo portammo dal veterinario d’urgenza, nella speranza di riuscire a curarlo, ma ci dissero che era tutto inutile, ormai. Sparkle aveva riportato ferite e lesioni ad organi vitali troppo profonde, e non aveva speranza di salvarsi –
Piombò un silenzio lugubre, cupo, quasi assordante, e Fine vide gli occhi di Bright inumidirsi, mentre avvertiva le lacrime bruciare gli occhi anche a lei.
Non era sicura di essere abbastanza forte da riuscire a reggere tutto quel dolore.
- Quel giorno, persi il mio cagnolino. E non volli avere più animali domestici per il resto della vita – concluse Bright, dopo un istante di apnea. Quei ricordi gli avevano appesantito l’anima, bloccandogli il fiato nei polmoni.
Fine deglutì un boccone di saliva amaro, avvertendo una lacrima sfuggirle dagli occhi.
- Come mai Altezza non mi ha mai detto niente su questa storia?- riuscì solo a dire.
- Altezza era troppo piccola perché potesse ricordare, sebbene anche per lei il trauma sia stato difficile da affrontare. Non so nemmeno se si ricordi di Sparkle, ma non ho voglia di parlargliene. Fa ancora male, dopo tutto questo tempo – le disse Bright, sorridendole malinconico, distrutto, in procinto di piangere.
- Del cane che vi ha aggrediti che ne è stato? – domandò ancora Fine, tentando di digerire ciò che le era appena stato raccontato.
- Siamo venuti a sapere successivamente, che quel cane era da sempre stato tenuto legato al guinzaglio e maltrattato. È stata semplicemente sfortuna che quel giorno fosse stato lasciato libero – sospirò – Non detesto gli animali, ma chi dà loro una cattiva educazione e li maltratta. Se i padroni di quel cane non fossero stati così crudeli con lui, probabilmente tutto questo non sarebbe successo. Un cane non è aggressivo di natura, dipende da come lo educhi. E loro, se non lo avessero adottato, probabilmente avrebbero compiuto un’azione migliore. È andata così, semplicemente – disse secco.
Fine l’osservò riportare lo sguardo all’orizzonte, cercando una distrazione tra le onde nel mare. Lo vide deglutire a fatica, quasi si stesse trattenendo con tutto se stesso dal piangere.
Istintivamente, gli posò una mano sulle sue. Mai aveva azzardato un simile contatto di sua spontanea volontà con lui, fino a quel momento. Era un gesto che le era venuto dal cuore.
Bright portò lo sguardo nella sua direzione, ancora malinconico, ancora spaesato.
- Scusami – gli disse lei, sinceramente dispiaciuta – Non avrei dovuto farti una simile domanda –
Lui le sorrise dolcemente, il cuore pieno.
- Hai fatto bene, invece. Mi sono liberato di un peso che mi opprimeva da tempo – le rispose, profondamente riconoscente.
Fine lo osservò un istante negli occhi, e subito lo fece.
Si avvinghiò a lui, soffocandolo in un abbraccio che sapeva di condivisione e conforto. Non seppe spiegarselo nemmeno lei, ma era come se sapesse che Bright, al momento, non avesse bisogno di nient’altro che quello.
- Puoi piangere, se vuoi – gli sussurrò, nascosta nel suo petto – Non devi vergognarti davanti a me -
Il biondo sgranò gli occhi incredulo di fronte a quel gesto così spontaneo ed inaspettato, e subito rispose all’abbraccio, affondando il viso tra i capelli di lei. Profumavano di dolce.
Chiuse gli occhi, ancora senza lasciarla andare, sentendo la cicatrice nel cuore rimarginarsi pian piano. Fine aveva il potere di aggiustare le persone. Per questo l’ammirava tanto.
E pianse.
Non fu un pianto sguaiato, strillato, disperato, ma un pianto silenzioso, discreto, fatto di lacrime che inumidivano le guance ed i capelli, senza fare rumore.
- Grazie – le sussurrò impercettibilmente.
Si sciolsero dall’abbraccio, un po’ impacciati ed irrigiditi per l’imbarazzo, con le gote in fiamme.
Fine tornò a raggomitolarsi su se stessa mentre Bright si asciugava gli occhi, chiedendosi cosa mai le fosse preso così di punto in bianco. Per poco non le era passato per la testa di baciarlo sulle guance ancora umide, fino ad arrivare alle labbra.
Lo osservò ancora una volta tornare sereno, la brezza a scompigliargli i capelli.
Lo trovò incredibilmente bello, nella sua nostalgia. Rein aveva ragione ad innamorarsi di uno come lui.
Arrossì, ripensando nuovamente alle parole che le aveva sussurrato all’orecchio, pochi giorni prima.
“Davvero ti interesso, Bright?”
Quella domanda si fece prepotentemente spazio tra i suoi pensieri, e per poco non se la lasciò sfuggire dalle labbra.
Si morse la lingua, conscia che era opportuno tenersi quel dubbio per sé.
- E tu, Rein? – le chiese Bright ad un tratto a bruciapelo, tornando a sorriderle – Di cosa hai paura? Oltre che dell’acqua e dei crostacei –
Fine sgranò gli occhi, colta alla sprovvista, scavando dentro se stessa per cercare le parole.
Nulla poteva nascondere a quello sguardo docile e comprensivo, capace di abbattere qualsiasi muro.
Deglutì a fatica, sentendosi pungere gli occhi di sconforto, e ricacciando a forza le lacrime in gola.
- Ho paura di perdermi – rispose soltanto, con un filo di voce.
 

Angolo Autrice:

Non riesco a crederci, ogni tanto aggiorno anche in tempi decenti.
Ebbene sì, ogni tanto torno a farmi viva con qualche aggiornamento, ed oggi è toccato a Switch. In questo capitolo ho voluto dedicarmi al rapporto di Rein con Shade, ma soprattutto di Fine con Bright. Come ho detto sin dall'inizio, la mia intenzione era quella di rendere, nei limiti del possibile, entrambe le gemelle protagoniste di questa storia, e devo ammettere che la difficoltà raddoppia, perchè non solo sono scambiate di corpo, e quindi per far accadere determinate cose devo aspettare che tutti i personaggi siano "psicologicamente pronti" a farle, ma pensare ogni volta a scene pseudo fluffose per l'una e per l'altra gemella, senza essere ripetitiva e cercando di essere anche un minimo originale, mi costa davvero parecchia fatica.
Però ammetto che tutto questo mi diverte, e nonostante tutto spero diverta anche voi.
So che chi mi legge è in attesa di momenti più "scottanti", io posso solo dirvi che arriveranno, ma prima le due gemelle devono essere veramente pronte e, perchè no, anche Bright e Shade :)
Io ringrazio infinitamente chi mi ha seguita fin qui.
Baci

_BlueLady_

 
  
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