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Autore: T612    14/06/2018    2 recensioni
Un personalissimo spaccato di vita del Sergente Barnes, da Washington al Wakanda.
Una marea di ricordi, due anni trascritti su un'agenda: nomi, luoghi, persone si intrecciano sulle note di "Amsterdam" degli Imagine Dragons.
(Missing Moments - WinterWidow!)
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Avviso dalla regia:
Ultimamente ho rivisto Civil War (si mi voglio del male) e non ho potuto fare a meno di associare la vita di Bucky, durante questo film in particolare, alla canzone “Amsterdam” degli Imagine Dragons. Ripercorro le sue vicende da “The Winter Soldier” fino a “Civil War”, non me la sento di affrontare il discorso “Infinity War” nuovamente (discorso affrontato ampiamente in altre due storie, se volete andare a darci un’occhiata nel mio account sarete i benvenuti).
Questo che segue è quello che ne è venuto fuori dalla mia mente che fantastica un po’ troppo.
Buona lettura.
 
Desclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà di Marvel Comics/Marvel Studios, questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.
 
 
Vago senza meta, non ho un posto dove andare.
O meglio, ce l’avrei ma non sono sicuro di volerlo raggiungere.
Mi nascondo, non so di preciso da chi, ma so che non devo farmi trovare. Non voglio farmi trovare.
Vivo all’ultimo piano di un grattacielo in costruzione a Brooklyn, gli addetti ai lavori non si fanno vedere da settimane, per un po’ di giorni posso fermarmi.
Stare fermo è una sensazione strana, mi sono sempre spostato da un luogo all’altro, da una missione all’altra. Niente radici, niente casa.
Ho rubato un portafoglio, non ho ucciso nessuno… con quei soldi posso mangiare per un po’ di giorni, ho comprato un’agenda e il giornale dal gazzettino all’angolo della strada.
Mi sposto per la città, cerco persone, luoghi, qualsiasi appiglio per la mia memoria. Ho visitato un museo dove parlavano di me, ho evitato le telecamere, non devo farmi trovare. Non voglio farmi trovare fino a quando la mia mente non risolve il puzzle.
 
Ormai è diventata routine. Mi sveglio, compro il caffè e il giornale.
Leggo i titoli, di quei giorni non si parla d’altro che della caduta dello S.H.I.E.L.D., di Steve, di Natasha… ma non di me, io sono un fantasma. Loro sanno che sono da qualche parte, meglio non informare i civili.
Vado in biblioteca ed accedo ad internet, mi informo, scopro chi sono i morti che ho sulla coscienza.
Ho detto alla bibliotecaria che sto facendo una ricerca per l’università e che mi laureo tra poco in storia contemporanea. Mi ha creduto e non ha fatto domande, mi ha augurato buona fortuna.
Non le ho detto che mi chiamo James, ma questo non ha importanza.
 
 
I'm sorry, brother... I'm sorry, I let you down
Well, these days you're fine - No these days you tend to lie
You'll take the West train, just by the side of Amsterdam
Just by your left brain, just by the side of the Tin man



Ha importanza per Steve.
“Il tuo nome è James Buchanan Barnes”
Devo ricordarmelo, è importante. L’ho scritto nell’agenda.
 
Al bar dove compro il caffè c’è un televisore che trasmette il notiziario ogni mattina, ho visto la conferenza a New York. Stark dice che va tutto bene, che ora gli Avengers si impegneranno a smantellare tutte le basi HYDRA in giro per il mondo. Steve è d’accordo, sorride alla telecamera e ripete che tutto sarà sistemato al meglio, che si risolverà tutto.
Io lo conosco, so di conoscerlo, sta mentendo.
Dice di stare bene anche quando soffre le pene dell’inferno, è tipico di Steve.
È un ricordo nuovo, è importante. L’ho scritto nell’agenda.
Tony Stark continua con il suo discorso, informa tutti che a breve ci sarà una conferenza con la NATO e il Congresso, tutte persone importanti.
Steve si intromette e prima di andarsene dichiara di avere un treno da prendere, Tony e Pepper lo guardano confusi ma lasciano perdere e glissano sulle domande dei giornalisti.
È un messaggio per me, l’uomo di latta gli ha fornito un aereo privato ma lui deve prendere un treno.
Io sono precipitato da un treno… è il suo modo per dirmi che mi cercherà.
Il grattacielo in costruzione non è più un luogo sicuro, devo andarmene.
Non voglio farmi trovare, l’ho deluso.
Ho deluso mio fratello, non sono stato con lui fino alla fine.

Your time will come if you wait for it, if you wait for it
It's hard, believe me... I've tried
But I keep coming up short

 
Mi sono spostato di nuovo, ora vivo in un appartamento nel Queens, ho rubato le chiavi di casa ad un vecchietto di nome Gary. Posso stare qui una settimana, è andato a trovare la figlia, non sa che il ragazzo che gli ha portato su la spesa perché l’ascensore era rotto ha visto la copia delle chiavi e se le è messe in tasca. Mi sono ripromesso di non rubare niente, per qualche giorno voglio solo un tetto sulla testa, un computer funzionante e un letto dove dormire. Sono tre mesi che mi presento in biblioteca per fare ricerche, la bibliotecaria sta iniziando ad insospettirsi.
Mi sto rendendo conto solo negli ultimi giorni che se non fosse per i condizionamenti mentali sarei tornato da Steve molto prima, c’erano dei momenti in cui ero lucido e progettavo la mia fuga ma riuscivano sempre a bloccarmi prima. Aspettavo il mio momento, quei lassi di tempo in cui c’erano i cambi delle guardie, era difficile ma ci provavo, tentavo ma il risultato era solo una collezione di fallimenti uno dopo l’altro.

I'm sorry, lover... You're sorry; I bring you down
Well, these days I try and these days I tend to lie
Kinda thought I was a mystery and then I thought I wasn't meant to be
You said yourself fantastically, "Congratulations you were all alone"



Dopo tre giorni che sono nell’appartamento di Gary i notiziari iniziano a parlare di Natasha.
Pepper continua a tenere conferenze dove spiega che la Vedova Nera è operativa in campo, non può dare informazioni per non compromettere la missione. I giornalisti insistono, sono dubbiosi sullo schieramento di Natasha, dopo Washington i file che circolano su internet sul suo conto la mettono in una brutta posizione.
È scappata in Russia, quando le cose si complicano si desidera fare ritorno a casa. Era il motivo per cui mi ero nascosto nel grattacielo a Brooklyn, stava a due isolati dalla strada in cui abitavo nel 1940.
Natasha è tornata a San Pietroburgo, ne sono certo.
È importante, ci sono stato a San Pietroburgo, devo tornarci. Lo scrivo nell’agenda.
 
Il giorno dopo abbandono l’appartamento di Gary, non lascio traccia del mio passaggio.
Mi imbarco di nascosto in una nave che trasporta container in Europa, salgo su un treno merci e dopo due settimane mi ritrovo davanti al Palazzo d’Inverno.
Lo visito e quando mi ritrovo nel salone principale mi ritrovo a canticchiare la melodia di un pezzo swing.
Mi ricordo di una delle fughe notturne con Natasha, l’avevo portata al palazzo per gioco e le avevo mostrato le sue origini, non sapeva di essere una Romanoff.
Era il giorno del suo compleanno, non sapeva nemmeno questo, una leggenda non ha data di nascita. Una leggenda non ha nome, nella Stanza Rossa Natalia era solamente la Vedova Nera, una bambina cresciuta troppo in fetta innamorata della morte. Io ero morte e lei mi ha infuso la vita, mi ha reso umano e ho ricambiato il favore nonostante l’amore sia per i bambini. Era il suo compleanno, le avevo insegnato a ballare nel salone delle feste e l’avevo baciata sotto il lampadario scintillante.
È un nuovo ricordo, importantissimo. Lo scrivo nell’agenda.
 
Ho rubato un altro portafoglio e provo ad affittare un appartamento in un motel squallido in periferia, il proprietario è anziano, mi riconosce. Alza le mani in segno di resa appena vede le mie spalle irrigidirsi, mi spiega che l’ultima volta che mi ha visto era il 1956 ed aveva dieci anni. Suo padre mi lasciava gratis la stanza all’ultimo piano in memoria a non so quale debito aveva nei miei confronti.
Mi lascia la stessa stanza, non mi fa pagare, promette di non fare domande.
Quando entro nella camera la riconosco, Natalia ed io ci nascondevamo qui quasi ogni notte quando scappavamo dal Cremlino.
Il mattino dopo il proprietario mi recapita la colazione senza che io l’abbia ordinata. Quando chiedo spiegazioni mi risponde in russo che aveva avuto l’ordine dalla donna che aveva pernottato nella stessa camera prima del mio arrivo.
-La donna aveva i capelli rossi? –la domanda mi esce spontanea.
Il proprietario annuisce.
-Porta la colazione a chiunque alloggi qui?
-Si, questa specifica colazione. –risponde portando dentro il carrello della colazione mostrandomi un piatto fumante di pancake e un mazzo di rose rosse.
-Fino a quando sa che la dovrà recapitare?
-Fino a quando qualcuno mi chiede se la donna aveva i capelli rossi.
Lascia sopra al tavolo la colazione e si chiude la porta alle spalle.

L'ordine è stato impartito da Natasha, è il suo modo per dirmi che lei ricorda e mi sta mettendo in guardia, quando finiranno di smantellare le basi HYDRA lei e Steve torneranno a cercarmi.
È l’unica che può sapere dei pancake e delle rose.
Alla fine di una delle nostre notti focose prima di ritornare nella Stanza Rossa, mentre ce ne stavamo accoccolati in mezzo alle lenzuola, Natalia fantasticava su come sarebbe stato bello avere una casa nostra, di fare colazione insieme e di comportarci come una coppia normale. In quel momento avevo espresso il desiderio di mangiare dei pancake a colazione, quelli che preparava Sarah ogni mattina quando da bambino mi fermavo a dormire a casa di Steve. Natasha aveva promesso che quando ci saremmo rincontrati in un’altra vita avrebbe fatto in modo di prepararmi pancake ogni mattina, qualunque cosa fossero.
Era stato uno dei pochi momenti in cui Natalia si era permessa di fantasticare, subito dopo aveva decretato che l’amore è per i bambini e che avevo ragione a ripetere sempre che, in caso ci avessero scoperto, potevano spedirci in Siberia o peggio.
La mia piccola ballerina dai capelli rossi…
Le avevo fatto recapitare un mazzo di rose rosse quando si era esibita al Bolshoi, era il nostro segnale, la nostra fuga definitiva dal Cremlino era programmata per la notte seguente.
Ci avevano scoperti e separati, mentre mi trascinavano via da lei l’avevo supplicata di perdonarmi per tutto quello che le avrebbero fatto da quel momento in poi. Mi ero convinto che non era destino… forse in un’altra vita.
Pierce prima di resettarmi, mentre ero legato alla sedia elettrica, con finta commiserazione me l’aveva detto: “Congratulazioni, l’hai lasciata tutta sola Soldato, non te l’aveva detto che l’amore è per i bambini?”
Sono ricordi importanti, sono un punto debole, lei è il mio punto debole.
Troppo pericoloso per scriverlo nell’agenda, faccio esiccare un petalo di rosa in mezzo alle pagine.

Your time will come if you wait for it, if you wait for it
It's hard, believe me... I've tried



Al notiziario si parla di Sokovia, gli Avengers hanno distrutto la città per eliminare Ultron.
L’ultima base HYDRA è andata, Natalia mi ha avvisato, lei sa dove trovarmi.
Non voglio farmi trovare, ho quasi finito il puzzle.
Quella notte parto con l’ultimo treno che parte da Mosca, Bucarest mi sembra un buon posto dove nascondersi per un po’.

But the rain won't fall for the both of us
The sun won't shine on the both of us
Believe me when I say, that I wouldn't have it any other way

 
Sono passati quasi due anni da quando ho tirato fuori Steve dal fiume… sono quasi due anni che mi nascondo.
Ho comprato un appartamento, sono quattro muri all’ultimo piano del condominio, è tremendamente spoglio ma non voglio arredarlo. Non è casa, non so tra quanto dovrò abbandonare anche questo posto, lo zaino per la fuga è sempre pronto.
 
Compro del cibo al mercato, cerco di rubare meno portafogli possibile, non faccio più certe cose.
Il tabacchino dall’altro lato della strada mi osserva, ogni volta che incrocio il suo sguardo lo distoglie.
Mi calo il cappellino in testa per coprire meglio il volto, muovo un paio di passi nella sua direzione e lui scappa correndo via dall’abitacolo.
Mi ha riconosciuto. Il primo istinto è di rincorrerlo ma mi rendo conto che stava leggendo un articolo sul giornale, mi avvicino e leggo i titoli.
“SOLDATO D’INVERNO AVVISTATO A VIENNA. ESPLOSIONE ALLA SEDE DELL’ONU”
Non sono stato io, non ha importanza… è questione di ore prima che mi trovino.
 
Quando torno all’appartamento entro dalla finestra sul retro per precauzione.
Steve è in cucina con una delle mie agende in mano, vede il petalo di rosa esiccato, continua a sfogliare e trova tutte le informazioni che ho raccolto su di lui in quei due anni.
 “Forze tedesche in arrivo” sento la ricetrasmittente, saranno qui in poco tempo.
-Ricevuto –mormora Steve prima di girarsi nella mia direzione, se è sorpreso della mia presenza non lo dà a vedere.
-Mi riconosci? –niente convenevoli, non c’è tempo per chiacchere inutili, tra poco le squadre speciali sfonderanno la porta.
-Sei Steve, ho letto di te in un museo tempo fa.
“Hanno stabilito il perimetro” gracchia la ricetrasmittente, abbiamo meno tempo di quello che pensavo, devo recuperare lo zaino prima che sia troppo tardi.
-So che sei nervoso, hai tutte le ragioni per esserlo, ma non mentire. –mi conosce troppo bene, anche a distanza di anni sa quando ometto la verità.
-Io non ero a Vienna, non faccio più quelle cose.
“Entrano nell’edificio” ci avvisa la ricetrasmittente e capisco che non c’è più tempo.
-Persone che ritengono il contrario stanno venendo qui e non intendono portarti via vivo. –il tono di urgenza nella voce, la paura palpabile di perdermi di nuovo ora che è riuscito a trovarmi dopo due anni.
-Intelligenti, ottima strategia. –sono cinico, voglio fargli capire che ormai non siamo più dalla stessa parte, lui combatte alla luce del sole mentre io mi nascondo tra le tenebre e la pioggia.
“Sono sul tetto, sono compromesso” ci avvisa la voce, non c’è più tempo.
-No deve finire con uno scontro Buck.
-Finisce sempre con uno scontro. –mi tolgo i guanti rendendo visibile la mano di metallo.
-Tu mi hai tirato fuori dal fiume! Perché? –la necessità di capire il perché l’ho salvato dall’annegamento e poi sono fuggito via, una domanda improrogabile, non sa se avrà un’altra occasione per ricevere risposta.
-Non lo so. –non posso dirgli che mi sono gettato dall’Helicarrier per paura che si ripetessero gli eventi dopo la mia caduta dalle Alpi, per non deluderlo di nuovo, per seguirlo fino alla fine.
-Si che lo sai.
Vorrei urlargli in faccia che deve smetterla di essere così testardo e deve credermi se gli ripeto che, a prescindere dalla mia fuga, le cose non sarebbero andate diversamente.
Non c’è tempo, lanciano le granate e i lacrimogeni dentro l’appartamento, mi sparano contro e devio i proiettili con la protesi di metallo. Scaravento contro ai mobili e le uscite chiunque mi si scagli contro.
-Buck smettila! Ucciderai qualcuno!
Lo atterro per proteggerlo dai proiettili, si spaventa impercettibilmente quando sfondo le assi del pavimento vicino alla sua testa e recupero lo zaino per la fuga.
Non ci sono viveri o munizioni, solo agende e giornali pieni di ricordi.
-Non ucciderò nessuno.
Provo a credere in quello che dico, non faccio più certe cose… ma non posso agire diversamente.
Steve salva il salvabile ma, alla fine, mi ritrovo lo stesso rinchiuso in una cella.

Your time will come if you wait for it, if you wait for it
It's hard, believe me... I've tried
But I won't wait much longer 'cause these walls they're crashing down

 
Mi hanno rinchiuso in una gabbia e hanno richiesto un consulto psichiatrico.
Non posso biasimarli, non sanno come posso reagire e, nel caso mi liberi, se gli si scaglierà contro il Sergente Barnes o il Soldato d’Inverno.
Cerco di stare calmo, so che il psichiatra è qui davanti a me per pura formalità ma non voglio parlargli, qualunque cosa esca dalla mia bocca è compromettente.
Voglio parlare con Steve, lui capirebbe, in realtà capirebbe anche troppo.
Mi hanno strappato via lo zaino, probabilmente pensavano che fosse pieno di armi e munizioni. Vorrei vedere la faccia delusa di chi si è accollato l’ingrato compito di metterlo sottosopra, alla ricerca di qualcosa con cui incolparmi per poi deludere i superiori… lì dentro non c’è nulla di utile, solo carta scarabocchiata.
-Il suo nome di battesimo è James?
Non rispondo.
-Non sono qui per giudicarla, voglio solo farle qualche domanda… sa dove si trova James?
Silenzio.
-Non posso aiutarla se non risponde, James.
-Mi chiamo Bucky. –risposta scontrosa, metto in chiaro che non voglio parlare con lui.
-Non sei una persona collaborativa vero?
-No.
-Puoi farmi un esempio?
-No.
Se lo sto innervosendo non lo dà a vedere, sistema gli appunti e cambia approccio.
- Dimmi Bucky, hai visto molte cose brutte vero?
-Non ho voglia di parlarne.
-Hai timore che parlandone con me quegli orrori non finirebbero? Non preoccuparti, noi dobbiamo parlare solo di uno.
Riceve una notifica sul tablet e sorride appena, un sorriso inquietante, prima che salti la luce.
-Cosa diavolo succede?
-Parliamo di casa tua, non della Romania e di certo non di Brooklyn, mi riferisco alla tua vera casa.
Evita la mia domanda e tira fuori il libretto rosso dalla valigetta.
-Брама
-No. –riconosco la sequenza di attivazione del Soldato.
-ржавый
-BASTA! –cerco di oppormi, di liberarmi, di fermarlo.
-семнадцать
Stringo i pugni, faccio forza con il braccio di metallo mentre divelgo le manette di contenimento.
-печь. Ноябрьский. доброкачественный. Возвращение. Один. грузовой вагон.
Sono riuscito a sfondare il vetro, la mia mente urla in un angolino ma il controllo del corpo ce l’ha il Soldato.
-солдат?
-готов подчиниться. (*)
La mia mente si spegne.
 
Prendo per il collo un uomo di colore e lo scaravento dietro di me contro la gabbia dove ero rinchiuso.
Un soldato biondo mi corre incontro, schiva i colpi, gli faccio sbattere la testa contro il muro e lo faccio precipitare nello scheletro vuoto di un ascensore.
Risalgo dai sotterranei, ho ricevuto l’ordine di fuggire e di mettere fuori gioco tutti i testimoni.
Degli uomini armati cercano inutilmente di fermarmi, mi blocco solo quando l’ultrasuono dell’uomo con gli occhiali da sole mi stordisce momentaneamente facendomi imbestialire, gli ritorco contro la pistola che mi sta puntando addosso, premo il grilletto ma il proiettile si blocca contro il guanto dell’armatura rossa.
Una donna bionda mi colpisce al fianco spostandomi lontano dall’uomo con gli occhiali da sole, la colpisco mettendola fuori gioco.
Un’altra donna mi colpisce allo stomaco, mi chino per il colpo e si arrampica sulle mie spalle. Con un movimento delle cosce può spezzarmi il collo ma non lo fa, mi colpisce alla testa, mossa stupida.
La schianto contro uno dei tavolini della zona bar, l’afferro per la gola tentando di soffocarla.
Ha i capelli rossi… mi blocco e non stringo le dita.
-Potresti almeno riconoscermi.
Gli occhi verdi non supplicano, comunicano qualcosa di diverso. Esito.
I muri mentali si crepano, la mente tenta di comunicare al corpo ma mi colpiscono nuovamente e il collegamento va in frantumi.
Combatto contro un uomo troppo agile per essere un comune essere umano. La mente suggerisce al corpo che non serve ferire i testimoni, la prerogativa è fuggire.
Raggiungo l’elicottero sul tetto ma il soldato biondo di prima mi blocca, lo riconosco, è la mia missione.
Afferro la cloche e cerco di ucciderlo con le pale dell’elicottero. Non ci riesco.
Sfondo il vetro della cabina di controllo e lo afferro per il collo. L’elicottero precipita dal tetto e mi trascino dietro l’uomo biondo.
Sbatto la testa contro il vetro quando l’elicottero impatta con l’acqua.
Buio.
 
Mi risveglio in un magazzino abbandonato con il braccio di metallo bloccato in una pressa.
Evidentemente il condizionamento mentale si è interrotto quando ho sbattuto la testa sul vetro, so già di aver combinato un disastro.
-Capitano.
Mi volto e vedo l’uomo che ho scaraventato contro la cella, dovrebbe chiamarsi Sam, e poi lo vedo.
-Steve…
-Con quale Bucky sto parlando?
-Tua madre si chiamava Sarah… e tu ti riempivi le scarpe di fogli di giornale.
-Questo non si legge nei musei. –si rilassa un po’, ha capito chi ha davanti.
-All’improvviso è tutto apposto?
La voce sconcertata di Sam fa da accompagnamento alla sua faccia basita, ho appena deciso che odio Sam.
-Cosa ho fatto? –meglio informarsi subito per cosa devo torturarmi con i sensi di colpa.
-Abbastanza.
-Me l’ero immaginato…tutto quello che l’HYDRA mi ha messo dentro è ancora lì, è bastato che lui pronunciasse quelle parole…
-Chi era? –la voce del sospetto, non posso biasimarlo.
-Non lo so.
-È morta della gente, l’attentato, tutta la montatura… il dottore l’ha fatto per stare dieci minuti con te, non puoi liquidarmi con un semplice “non lo so”.
Steve finisce l’elenco delle mie cattive azioni, pretende una risposta ma la mia mente è andata fuori fase, fa fatica a collegare. Non lo faccio apposta ma è più facile rispondere “non lo so”.
Cerco di fare uno sforzo, mi aveva posto una domanda precisa, una di quelle risposte che avevo scritto nell’agenda… Natalia. Non mi aveva chiesto di Natalia, aveva chiesto cosa era successo dopo Natalia, quando capisco mi si congela il sangue nelle vene.
-Voleva sapere della Siberia…dov’ero confinato, voleva sapere esattamente dove.
Ho fatto un disastro.
-Perché voleva questa informazione?
-Perché io non sono l’unico Soldato d’Inverno.
Ho fatto decisamente un disastro.
 
Gli spiego chi è rinchiuso nelle celle, gli parlo dello squadrone della morte dell’HYDRA e li metto di fronte alla più dura delle consapevolezze. Il dottore vuole distruggere un impero dall’interno e con loro ci riuscirebbe, parlano trenta lingue e sono visibili restando invisibili, si infiltrano, uccidono, destabilizzano… conquisterebbero un paese in una notte senza che nessuno se ne accorga.
In confronto a loro, io sono docile.
 
Recuperiamo le armi tramite una ragazza bionda. Si chiama Sharon, è la nipote di Peggy.
Mi ricordo di Peggy, del suo vestito rosso e della prima volta in cui mi sono sentito invisibile davanti a una donna. Lei aveva scelto Steve… non ho mai saputo se alla fine era riuscito a baciarla.
È assurdo… Steve è praticamente mio fratello e non ho la più pallida idea se è riuscito a fare colpo con la donna della sua vita. Sono troppo distante per leggere il labiale ma lo vedo da come si muove… le donne Carter, per Steve, hanno lo stesso effetto della luce con le falene.
-Puoi tirare avanti il sedile? –mi sforzo di chiederglielo gentilmente.
-No.
Odio decisamente Sam.
Quando Steve bacia Sharon sono soddisfatto per lui, la faccia esasperata di Steve è la conferma che sono riuscito a metterlo in imbarazzo da bravo fratello maggiore.
Certe cose non cambieranno mai, per mia fortuna.
 
Ci scontriamo con Natasha all’aeroporto.
-Perché non ti fermi?
-Sai che non posso.
Tra i tre lei è quella che capisce meglio la situazione.
Non mi rivolge lo guardo per non cedere, parla a Steve ma ricevo comunque il messaggio.
 -Me ne pentirò.
Mi dispiace Natalia, non è destino nemmeno in questa vita.
Colpisce la Pantera Nera con i dardi elettrici e ci lascia andare.
 
Siamo in volo verso la Siberia e il senso di dejà vu mi destabilizza. Questa volta non ci sono stati addii, io non ho parlato, lei nemmeno. Non era il momento e nemmeno il luogo adatto, non so quando e se la rivedrò, lo sa anche lei. Il destino a volte è crudele.
-Cosa succederà ai tuoi amici?
-Comunque vada, me ne occuperò io.
-Non so se valgo tutto questo Steve…
Non è giusto che, a causa mia, debba rinunciare a tutto quello che è riuscito a costruire qui. Per questo l’avevo lasciato sulla riva del fiume ed ero scappato, volevo evitare che abbandonasse tutto e tutti per seguirmi in un viaggio probabilmente senza ritorno, non ne avevo il diritto.
-Quello che hai fatto in questi anni… non eri tu, non hai avuto scelta.
-Lo so, ma l’ho fatto.
Si ostina a non capire, non importa quanto mi impegni per tenere sotto controllo il Soldato, non importa che con il passare del tempo i muri del controllo mentale stanno crollando uno dopo l’altro.
Bastano dieci parole per far riemergere il Soldato e spedire la mia mente nell’abisso dell’incoscienza.
Non ho avuto scelta ma l’ho fatto.
 
Reclamo un mitragliatore dallo scompartimento di Natasha. Lei usa le pistole, la fila di mitragliatori è lì apposta per me, lei sa che mi sarebbe servito. L’ho addestrata bene, la mia piccola ballerina.
-Ti ricordi di quella volta che siamo dovuti tornare da Rockaway Beach sul retro di quel camion congelatore?
-Quando abbiamo speso i soldi del treno per comprarci gli hot dog?
-Hai perso tre dollari per tentare di vincere l’orsacchiotto per quella rossa.
Ho sempre avuto un debole per le rosse. Stringo più forte l’impugnatura del mitragliatore facendo sbiancare le nocche della mano destra, evito di pensare ad un’altra rossa che per colpa mia è nei guai fino al collo. Di nuovo.
-Com’è che si chiamava?
-Dolores, tu la chiamavi Dott.
-Ora dovrebbe avere almeno cent’anni…
-Anche noi amico.
Fa che quest’incubo finisca presto.
 
But I won't wait much longer 'cause these walls they're crashing down
And I keep coming up short

 
I Soldati erano già morti, era una trappola.
Ho ucciso Howard. Ho ucciso Maria. Erano miei amici, erano i nostri amici.
Io, Steve, Margaret, Howard e Maria… una birra, una pista da ballo e un pezzo swing ogni sera quando non piovevano proiettili. Per due di loro la pioggia di proiettili l’ho portata io.
Capisco il dolore di Tony, gli ho ucciso i genitori, capisco il perché la vendetta lo spingeva ad uccidermi… gliel’avrei lasciato fare ma Steve si è messo in mezzo.
-Sei sicuro di farlo?
-Non posso fidarmi della mia mente, finché non trovano un modo per togliermi questa roba dalla testa… rifarmi congelare è la cosa migliore, per tutti quanti.
È la cosa migliore per Tony. È la cosa migliore per Natasha. È la cosa migliore soprattutto per te, Steve.
Non lo esprimo a voce, è doloroso ammettere il fallimento così apertamente.
Non dovrò aspettare a lungo, i muri mentali sono già crepati, è questione di tempo.
Se non trovano una cura l’unica cosa che posso fare è collezionare solo un fallimento dopo l’altro.
 
Perdonami fratello, perdonami se ti ho abbandonato.
Andrà tutto bene, ma di questi giorni tendo a mentire.
Perdonami amore, perdonami per tutto quello che ti faranno a causa mia.
Ci ho provato ma non era destino, né in questa vita, né in quella precedente.
Credetemi quando dico che non sarebbe potuta andare diversamente.

 
Ghiaccio. E poi il buio.
 
 
 
 
Note dalla regia:
 
In quanti hanno riconosciuto Gary?
 
(*) sequenza di attivazione del Soldato d’Inverno presente nel film:
- Brama. Arrugginito. Diciassette. Alba. Fornace. Novembre. Benigno. Ritorno. Uno. Vagone merci.
-Soldato?
-Pronto ad ubbidire.
 
 
Commento dalla regia:
 
Se sei giunto fino a qui presumo sarai stanco di leggere.
Sarò breve e concisa: Grazie per aver finito la storia e non averla abbandonata a metà, a questa ci tengo particolarmente. Opinioni, critiche e scambio di idee sono ben accette!
T.
   
 
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