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Autore: Hollow23    14/06/2018    2 recensioni
Immaginate che, per assurdo, l’idol più famosa del panorama contemporaneo internazionale sia trascinata giù per il pozzo mangia ossa da un filo rosso. E continuate a immaginare, sempre per assurdo, che dall’altra parte del pozzo, ci sia Sesshomaru a tirare incuriosito il filo. Quando gli sguardi dei due si incroceranno, il destino verrà riscritto.
Una serie di peripezie porteranno Anija e Sesshomaru a conoscersi l’un l’altra, andando oltre le semplici concezioni di ‘umano’ e ‘demone’, per risalire a quella comune di ‘persona’. Bizzarro che tutto ciò accadrà proprio nel tentativo di spezzare il legame che c’è fra i due, vero?
Anija porta al collo la Sfera dei Quattro Spiriti, ed il pozzo mangia ossa non la lascerà tornare nel presente finché il filo rosso che la unisce indissolubilmente a Sesshomaru non sarà tagliato.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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6. CAN’T STAND YOU

L’improbabilissimo gruppo era in viaggio da tre giorni, ma ad Anija parve la durata di una vita intera. Se non fosse stato per l’allegra Rin, la presenza di Sesshomaru e Jaken l’avrebbe già portata al suicidio. Se il kappa semplicemente le causava disgusto, Sesshomaru aveva una personalità così contorta e solitaria che ogni qual volta Anija lo guardava, non poteva che tornarle in mente l’immagine di un cane randagio. Ecco, esattamente: Sesshomaru era un cane randagio. Distaccato e rabbioso, non potevi avvicinarti a lui senza una spranga di ferro in mano. Eppure, con Rin che era sempre così buona con lui, sembrava addolcirsi. Si fidava di lei, e la bambina era troppo innocente per valutare correttamente il rischio che correva standogli attorno.
La destinazione era la capanna di un certo Saiyuki, un bonzo rifugiatosi da anni su una montagna, vecchio amico della venerabile Kaede, che pazientemente gli aveva proposto di riferirsi a lui. La miko li aveva avvertiti della scontrosità dell’uomo, ma aveva garantito che, se gli avessero riferito che li mandava lei, indubbiamente li avrebbe aiutati.

Sesshomaru aveva notato come, ogni qual volta la donna fosse sovrappensiero, cominciasse a canticchiare fra i denti, come si infuriasse ed umiliasse Jaken 
ogni qual volta il kappa cominciasse a parlare di qualsivoglia argomento, e trovò curioso come non lasciasse mai quello strano strumento in legno che portava sulla schiena. Capitò che Rin, per salire su Ah-Un, lo urtasse per sbaglio, e quello producesse un suono assurdo, mai sentito. Curiosa fu anche la reazione di Anija al demone drago a due teste: Sesshomaru si sarebbe aspettato un rifiuto categorico come era successo per Jaken, invece la donna si avvicinò all’animale con gli occhi che le luccicavano, si lasciò annusare da uno dei musi dell’animale e dopo aver preso confidenza cominciò ad accarezzargli il collo. Disse che un animale così, nel suo tempo, si poteva trovare solo nei libri per bambini. L’essere così diversi, così distanti, eppure legati da quel filo rosso, gli faceva esplodere il cervello. Com’era potuto succedere?

« Si sta facendo buio, fermiamoci. » asserì il demone, piantando i piedi al suolo.

Anija si guardò attorno. Era così sovrappensiero che non si era neppure accorta di essere arrivata al centro di un bosco, e che il sole stava già calando oltre le montagne. Guardò la cima più alta: lì si trovava la casa del bonzo Saiyuki. Si sedette contro un albero, stremata dal viaggio. Camminavano incessantemente tutto il giorno, e non appena trovavano un corso d’acqua cacciavano del pesce da poter mangiare la sera. Quel ritmo l’avrebbe prima o poi distrutta. La piccola Rin saltò giù dalla groppa di Ah-Un e le corse affianco, per poi sedersi vicino e ricominciare con le sue interminabili domande. Il Re dei Demoni osservò la scena. Per quanto stanca fosse, Anija non riusciva a dire di no alla bambina, e rispondeva e raccontava paziente qualsiasi cosa le si chiedesse. Mentre Jaken accendeva il fuoco col suo bastone a due teste e metteva a cuocere i pesci su dei bastoncini, Rin diede finalmente voce alla sua curiosità, e posò la mano sulla custodia della chitarra.

« Che cos’è questo? »

Anija strabuzzò gli occhi, poi rise di gusto. Si era completamente dimenticata che nel Sengoku non esistevano le chitarre moderne, allora sfilò la cerniera della custodia, e si portò l’acustica in grembo.

« È una chitarra, uno strumento musicale. » spiegò, col sorriso sulle labbra.

« La sa suonare, signorina Anija? Ci suoni qualcosa! Per favore! » la implorò la bambina, con un sorriso che andava da parte a parte del viso e gli occhioni scuri che brillavano.

Anjia rise, annuendo. Poi si schiarì la voce, e con la punta delle dita incominciò a pizzicare le corde dello strumento, mentre l’altra mano le fermava in posizioni ripetitive. Il suono che arrivò alle orecchie di Sesshomaru gli fece dimenticare di respirare per qualche attimo. Anija cominciò a cantare, e il mondo stesso sembrò fermarsi. Le fronde degli alberi smisero di tremare, le cicale di cantare, e il torrente di scorrere fra le rocce, affinché nulla potesse disturbare tanta perfezione. La voce della donna, Sesshomaru non riuscì a definirla. Mai aveva sentito nulla di simile. Suscitava la sensazione di mille lucciole nello stomaco, della luna riflessa nelle acque limpide, della brezza primaverile che accarezzava le fronde degli alberi. Era una voce dolce ma risoluta, sottile ma potente. Un paradosso vivente come la donna che la cantava.
E in quel momento – Sesshomaru, incantato, la fissava, Anija era bellissima. La cascata di capelli corvini le ricadeva sulle spalle e poi in terra, gli occhi semichiusi e attenti osservavano lo strumento e a volte si chiudevano del tutto, mentre le labbra rosee, carezzate dalle parole della lenta canzone, si schiudevano in un tenero e spassionato sorriso. Le fiamme del fuoco parevano danzare al ritmo di quella musica, e rigettavano sul viso della donna dei bagliori a decorarla e giocare sul suo volto pallido. Si accorse di quanto le sue mani fossero minute, e le sue dita flebili e affusolate mentre le corde vibravano sotto il loro tocco, di quanto veloce le muovesse per raggiungere ognuna di loro in tempo per reggere la melodia. E più Anija cantava, più Sesshomaru si sentiva vulnerabile.

Poi qualcosa, una sensazione alla bocca dello stomaco, lo distrasse e lo fece tornare coi piedi per terra. L’atmosfera attorno a loro era cambiata davvero da quando Anija aveva preso a cantare. Sesshomaru si concentrò, corrucciando lo sguardo. Tutto lo spazio attorno era stato completamente purificato: non c’era traccia di demoni all’infuori di loro per almeno un chilometro. Tutte le minacce erano scappate quando Anija aveva incominciato a cantare, come se l’aria, purificandosi, li avesse buttati fuori. Sesshomaru stesso percepì un lievissimo fastidio, mentre Jaken si teneva la testa ed Ah-Un mostrava una leggera irrequietezza. Quando la canzone finì, quella sensazione si alleviò.

« Ma è bravissima, signorina Anija! » Rin esplose in una raffica di applausi e complimenti che fecero arrossire Anija per la loro genuinità.

« Ora va’ a lavarti, ho visto una piccola sorgente di acqua calda là infondo. » le disse la giovane, accarezzandole la testa con tenerezza « Io ti raggiungo subito. »

Rin annuì allegra ed obbedì, seguita da Ah-Un, mandato assieme a lei da Sesshomaru per difenderla in caso di pericolo. Quando anche Jaken si dileguò, in cerca di erbe di campo per insaporire il pesce, Anija rimase da sola col glaciale demone. Si rese subito conto di come lui la fissasse insistentemente, e per un primo periodo cercò anche di non badarci, ma infine cedette sotto al peso del suo sguardo.

« Dimmi, vuoi farmi anche tu i complimenti? » sbottò lei, guardandolo dritto negli occhi felini con aria strafottente.

« Hai il costante bisogno della gratificazione altrui, ningen? »

« Hai il costante bisogno di guardare il mondo dall’alto in basso come se fossi davvero superiore a qualcuno, yokai? »

Anija si sentì pietrificare dallo sguardo che Sesshomaru le riservò, ma si impose di non lasciarsi impressionare per così poco. Lei stessa non riusciva a spiegarsi per quale assurdo motivo le intimidazioni del demone non la ammutolivano; anzi, avevano l’effetto contrario. Contro quell’atteggiamento così altezzoso e scorbutico, Anija non riusciva davvero a frenare la sua vena ribelle, e cominciava a vomitare provocazioni a ruota libera.

« Se ti credi davvero così potente, allora perché non mi hai già uccisa? Non saresti più legato a “un’infima umana”, no? » insistette lei con un sorriso sornione e derisorio.

Non passò un attimo che si ritrovò il Re dei Demoni a due centimetri dalla faccia, e la sua mano stretta al collo. La stretta le soffocò il respiro, eppure i suoi occhi rimasero fissi in quelli dorati del demone, senza mai spostarsi. Sesshomaru era così confuso da non riuscire a capire, e questo lo fece imbestialire ancora di più. Sentiva la sua pelle morbida pulsare al battito accelerato del suo cuore sotto la possente mano, la frequenza dei suoi respiri aumentare, eppure la donna non mostrava alcun segno di rimorso o terrore. Lo sguardo di Anija rimaneva risoluto e provocatorio, le sue labbra disegnavano ancora quel leggero sorriso che tanto dannava l’anima del demone.

« Potrei farlo. »

« Avanti, sto aspettando. »

Sesshomaru corrucciò le sopracciglia, gli occhi gli divennero rossi per la rabbia, e la pupilla blu cobalto. Anija osservò il repentino cambiamento del demone, e quasi si maledì per esserne rimasta affascinata.

« Per quale ragione non hai paura di me, umana? »

La donna ci pensò qualche secondo prima di rispondere.

« Non avrai mai la mia paura, Sesshomaru. » asserì sfacciatamente « Ma se comincerai a chiamarmi col mio nome, forse riuscirai a guadagnarti una briciola del mio rispetto. »

Il demone lasciò la presa sul collo della donna solo quando sentì i passi di Rin farsi più vicini, per poi spiccare un salto e farsi lontano fra le fronte degli alberi ed il buio della notte. Rin guardò la scena confusa, senza dire una parola.

« Non farci caso, » le sorrise Anija « potrei aver ferito un po’ il suo orgoglio. »

« Mi sa tanto che lei e Lord Sesshomaru ci metterete un po’ di tempo per andare d’accordo … » rifletté a voce alta la piccola, seriamente crucciata.

« Lo spero, Rin. » rispose invece la donna, accarezzandole i capelli ancora umidi.


 
Il demone non si dava pace. Di notte non dormiva, di giorno il suo umore peggiorava ogni secondo che passava. Anija e quel suo sorrisetto carico di derisione e superiorità lo stavano facendo impazzire, infestandogli la mente come spiriti irrequieti. Nonostante l’avesse quasi uccisa – era sul punto di farlo se solo non fosse arrivata Rin, lei era rimasta arzilla e serena come qualsiasi altro giorno; addirittura gli rivolgeva parola quando necessario. Al contrario, Sesshomaru non riusciva neppure a guardarla negli occhi tanto gli ribolliva il sangue. Sentire la pelle candida di lei sotto alla sua possente stretta, il suo collo così minuto e fragile pulsare fra le sue dita, non gli aveva dato così tanta soddisfazione come credeva.
Le uniche cose intrappolate nella sua mente erano le sue labbra carnose, incurvate in quel sorriso da omicidio, ed i suoi occhi azzurri carichi di risolutezza: e per questo Sesshomaru volle maledirsi, ma a ripensare alla scena di quel volto lui provava piacere. Perché non la temeva? Perché il suo corpo non tremava alla sua vista, all’idea di ciò che avrebbe potuto farle? Era quella motivazione a fargli venire la pelle d’oca, era stato per quella sola ed unica ragione che un brivido gli percorse la schiena. Ed era per quel piacere che la odiava così tanto. Ma la cosa che più dava pensieri al giovane demone fu l’ultima frase che la donna gli rivolse: Ma se comincerai a chiamarmi col mio nome, forse riuscirai a guadagnarti una briciola del mio rispetto. Rispetto? Chi aveva bisogno del rispetto di una femmina umana? Sesshomaru non capiva lei come non capiva se stesso in quel momento, incapace di darsi tregua per una così futile vicenda.

« Sesshomaru … »

La sua voce lo chiamava, e lui per poco non imprecò. Non si voltò neppure a guardarla, non volle vedere il suo volto. E se, posando distrattamente gli occhi su di lei, avesse provato ancora quel piacere? L’idea lo disgustò.

« … Sesshomaru … »

Ancora, la sua voce lo dannava. Ancora, il demone la ignorò. Doveva, era costretto a farlo. Non le avrebbe dato tanto potere su di lui; Sesshomaru, il Re dei Demoni, non poteva cedere la sua vulnerabilità a un paio di occhi così limpidi. Continuare ad ignorarla, ecco cosa avrebbe fatto.

« Sesshomaru-sama! »

« Cosa vuoi? » le ringhiò lui, mostrando le zanne, evidentemente esasperato.

Anija semplicemente gli indicò un punto poco lontano fra l’erba, dove un uomo anziano era intento a rincasare con un cesto fra le braccia.

« Abbiamo trovato il bonzo Saiyuki. »
   
 
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