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Autore: rhys89    16/06/2018    1 recensioni
[Logan/Scott]
Scott sta preparando la sua valigia e, tra un vestito e l’altro, si crogiola nei ricordi.
Ricordi di un passato che sembra tanto vicino da poterlo toccare, quando per colpa di un guasto alla moto è rimasto bloccato nel bel mezzo del nulla… costretto a rimanere ospite per giorni di un burbero benzinaio/meccanico di nome Logan.
Era successo per caso, in un pomeriggio che avrebbe dovuto essere solo uno tra tanti altri: l’attimo prima guidavi tranquillo lungo la strada che ti avrebbe portato dalla tua ragazza, quello dopo la tua vita era cambiata per sempre – senza averlo voluto, senza averlo cercato, senza aver potuto fare nulla per impedirlo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Scott Summers/Ciclope
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino dell'autrice

Salve gente! ^^
Eccezionalmente pubblico l'ultimo capitolo (perché, sì, è proprio l'ultimo) con un giorno di anticipo perché non so se domani riuscirò ad avere internet, e mi sentirei terribilmente in colpa a farvi aspettare più del necessario!

Anche stavolta lascerò che sia il capitolo a parlare da solo, io mi limito a ringraziare di cuore MyThyla
 che ha recensito lo scorso capitolo e anche tutti voi che seguite la storia. Spero tanto che continui a piacervi ^^

Disclaimer: i personaggi e la storia di X-Men non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Titolo storia: Semplicemente sei
Fandom: X-Men (film)
Personaggi e pairing: James 'Logan' Howlett (Wolverine), Scott Summers (Ciclope), Logan/Scott
Pacchetto (e cosa avete utilizzato): America (estate, festa dell?indipendenza, stelle)
Introduzione storia: Scott sta preparando la sua valigia e, tra un vestito e l?altro, si crogiola nei ricordi. Ricordi di un passato che sembra tanto vicino da poterlo toccare, quando per colpa di un guasto alla moto è rimasto bloccato nel bel mezzo del nulla… costretto a rimanere ospite per giorni di un burbero benzinaio/meccanico di nome Logan. Era successo per caso, in un pomeriggio che avrebbe dovuto essere solo uno tra tanti altri: l’attimo prima guidavi tranquillo lungo la strada che ti avrebbe portato dalla tua ragazza, quello dopo la tua vita era cambiata per sempre – senza averlo voluto, senza averlo cercato, senza aver potuto fare nulla per impedirlo.
Note autore: modern!AU senza poteri; inframmezzate al testo ci sono delle frasi [tra parentesi quadre], tratte dall?ultima strofa della canzone “The Other Side”, di The Greatest Showman; l?ho scelta perché credo che sia perfetta per questa storia (e perché in questo periodo ne sono ossessionata), ma sono frasi usate più che altro come espediente per suddividere i paragrafi, quindi non si tratta di una song-fic; altre note alla fine.

Semplicemente sei

III parte: martedì e mercoledì

 All’inizio è solo un leggero fastidio, il naso che si arriccia per protesta all’interruzione della quiete che fino ad ora aveva cullato il tuo sonno. E poi, lentamente, alcuni rumori fanno breccia nella tua coscienza ancora mezza addormentata: le molle del materasso che cigolano piano, lo strusciare di qualcosa sul pavimento, uno sportello che si apre.
 Sollevi lentamente le palpebre e le sbatti un paio di volte per snebbiare la vista sulla sagoma di un uomo che, chino sul comodino a fianco del letto, ne sta richiudendo il cassetto con una lentezza esasperante, probabilmente per non disturbarti. Quel pensiero ti fa sorridere.
 «Logan?» lo chiami con voce impastata. Lui si volta e ti sorride a sua volta.
 «Scusa,» mormora «non volevo svegliarti.»
 Annuisci appena, gli occhi pesanti.
 «Mmm… ’e ore shono?» mugugni, il viso mezzo affossato nel cuscino.
 «È presto… dormi un altro po’.»
 La sua voce è un sussurro ipnotico; sospiri.
Sì, non è una cattiva idea…
 Subito prima di scivolare di nuovo nel mondo dei sogni, delle dita gentili ti scostano i capelli dalla fronte con una carezza così lieve che la percepisci a malapena.
 
 Ti risvegli col profumo del caffè appena fatto nell’aria e l’appagante sensazione di aver dormito come si deve per la prima volta da giorni… forse anche perché il letto di Logan è molto più comodo del suo divano.
O forse perché Logan stesso è una compagnia molto migliore dei tuoi pensieri.
 Sorridi tra te e ti stiracchi pigramente, avviandoti con tutta calma prima in bagno e poi verso la cucina.
 Quando arrivi, Logan sta sbattendo le uova in una ciotola con tanto impegno che non si accorge minimamente di te. Sorridi e ti prendi qualche momento per osservarlo: ha ancora i capelli un po’ umidi per la doccia, ma addosso la stessa maglietta spiegazzata che usa come pigiama.
Lo dicevi, tu, che è un tipo strano.
 Sorridi di quel pensiero, ma è un sorriso venato dalla tenerezza che il ricordo di stanotte – e di stamani – porta con sé… ma poi Logan alza gli occhi fino ad incrociare i tuoi, e allora ti riscuoti da quella specie di contemplazione e ti avvicini al tavolo.
 «Buongiorno» lo saluti con un sorriso. «Serve una mano?»
 Sorride anche lui, ma scuote la testa.
 «Ho praticamente finito… sarei venuto a svegliarti tra poco.»
 Annuisci e cominci ad apparecchiare in silenzio, godendoti quella vostra piccola routine mattiniera. D’un tratto, però, lo sguardo ti cade sul calendario appeso alla parete.
 «Ti vanno i pancake?» gli domandi a bruciapelo.
 Logan ti fissa perplesso un momento, ma poi si stringe nelle spalle.
 «Sì, perché no» risponde tranquillamente. «Farina e zucchero sono in dispensa, il resto in frigo.»
 Tiri fuori ciotole e padella e inizi a racimolare tutti gli ingredienti.
 «Come mai questa voglia improvvisa?» ti chiede la voce divertita di Logan mentre sei alla ricerca del burro. «Carenza d’affetto?» insinua con un sorrisino malizioso.
 Gli sorridi di rimando, ma ignori quest’ultima postilla.
 «Beh, è la Festa dell’Indipendenza… mi sembrava giusto fare qualcosa di speciale» gli spieghi con semplicità.
 Lo sbuffo di Logan è più forte del solito e ti volti a guardarlo interrogativo, poi sogghigni.
 «Tu non sei molto patriottico, eh?» lo prendi in giro.
 «Il mio vecchio lavoro me l’ha reso impossibile» ribatte lapidario.
 Ti congeli sul posto, mortificato per quella gaffe, ma prima che tu abbia il tempo di scusarti – o anche solo di cambiare argomento – Logan abbozza un sorriso.
 «Però è una vita che non rimangio i pancake» aggiunge impacciato. «Quindi…»
 Lascia la frase in sospeso senza concluderla, ma dopotutto non c’è bisogno che dica altro.
 «Capito, via» borbotti con finta insofferenza – senza però sforzarti di trattenere un sorriso. «Faccio doppia dose.»
 
“Je mi ha detto che alla fine non sei andato a LA da lei… certo che potevi anche sforzarti di dirmelo tu sai? Comunque oggi ti aspetto qui da noi. Niente scuse. Non voglio che passi il 4 luglio da solo.”
 Sospiri e ti passi le dita tra i capelli, imprecando mentalmente contro l’eccessiva premura della tua migliore amica. Non che la cosa ti dispiaccia, beninteso, ma a volte Ororo è davvero troppo protettiva.
 Sospiri ancora e ti guardi intorno cercando l’ispirazione giusta per rispondere a quel messaggio con qualcosa di abbastanza credibile da riuscire a tranquillizzarla – e a impedirle di tormentarti ancora, magari.
 Fuori dalla finestra vedi Logan finire di aprire il distributore e poi dirigersi verso il garage, probabilmente per riprendere ad aggiustare la tua moto. Sorridi.
“Non ti ho chiamato perché comunque le ferie ormai le avevo prese e allora le ho usate per andare a trovare un amico fuori città. Ora sono qui da lui. Ci vediamo quando torno ok? Saluta tutti”
 Invii la risposta e rimetti il telefono in tasca, poi ti metti i vestiti “da lavoro” e raggiungi Logan – che nel frattempo ha già tirato fuori quel che gli occorre per cominciare.
 «Sai, stavo pensando…» inizi con tutta la nonchalance che riesci a racimolare. «Beh, oggi è festa nazionale, e lo so che a te non interessa,» aggiungi in fretta, mettendo le mani avanti «ma se ti facessi lavorare anche oggi poi dovrei pagarti gli straordinari, quindi… ecco, perché non ti prendi un giorno di pausa?»
 Il discorso è appositamente contorto, anche se forse un filo di più di quanto avevi programmato; una squallida scusa per chiedergli di passare la giornata insieme ma allo stesso tempo dargli il modo di rifiutare senza mettervi entrambi in imbarazzo – non troppo, almeno.
 Logan ti guarda attentamente per qualche lungo secondo, studiando la sua espressione, poi sbuffa in modo così teatrale da farti sorridere.
 «Tsk, e io che speravo di fare qualche soldo in più» borbotta, alzandosi per rimettere via gli attrezzi.
 
 In definitiva alla fine non fate niente di che, – due chiacchiere, una birra fredda, qualche svogliata partita a carte tra un cliente e l’altro – ma è quel “niente di che” che ha il sapore della quotidianità, e che ti scalda dentro con un tepore che non ha nulla a che vedere col sole di luglio.
E poi, ovviamente…
 «Ora ci starebbe bene un bel gelato» ti provoca Logan dopo aver lanciato la lattina vuota nel cestino lì a fianco.
 Alzi un sopracciglio e sorridi ironico.
 «Ora sei tu quello in carenza di affetto?»
 Logan esita giusto il tempo di una pausa strategica, poi sorride malizioso.
 «Se ti dicessi di sì cosa faresti?»
… ovviamente anche questo, ormai, fa parte della quotidianità.
 
[Oh, damn, suddenly we’re free to fly…]               
 
 La sera arriva in punta di piedi, senza nessun avvenimento degno di nota, e dopo aver messo il lucchetto al cancello e sistemato anche l’ultimo cartello “Chiuso” rientrate in casa per cena.
 «Allora pizza?» ti chiede Logan, andando verso il congelatore.
 Annuisci e ti avvicini al forno, studiando qualche momento le manopole per capire come si accende.
 «A quanti gradi dev’essere? Quattrocento?» gli domandi da sopra la tua spalla. Lui gira la scatola e controlla.
 «Tra i trecentonovanta e i quattrocentotrenta 
[1]» legge. «Fai quattrocentodieci e non ci si pensa più.»
 Sogghigni e imposti il forno alla temperatura mediana, poi cominci ad apparecchiare.
 «Mangiamo fuori, ti va?» ti propone Logan all’improvviso, fermandoti con le tovagliette a mezz’aria.
 Non esiti neppure un secondo: ti piace fin troppo l’idea di cenare sotto le stelle con lui.
 «Certo, perché no» accetti con un sorriso. «Come mai questa novità?» gli chiedi poi, tanto per chiacchierare.
 Per qualche motivo, quella domanda sembra metterlo a disagio – anche il sorriso che ti fa è strano, ma strano “come” non sapresti dirlo.
 «Beh, è una bella serata… e forse potremmo anche vedere i fuochi d’artificio di qualcuno più patriottico di me» commenta con autoironia. Abbozzi un sorriso ma non ribatti: qualcosa ti dice che non ha finito.
E che la seconda parte probabilmente non ti piacerà.
 «E poi… questa è la tua ultima sera qui» riprende infatti Logan, accentuando quel sorriso strano – è un sorriso triste, ora lo riconosci. «La tua moto è praticamente pronta, domani potrai ripartire.»
 Il groppo che ti chiude la gola, a quelle parole, ti coglie così di sorpresa da impedirti quasi di respirare. Logan continua a guardarti in silenzio, studiando la tua espressione, e allora ti sforzi di sorridergli come se nulla fosse.
 «Ok» sussurri con un filo di voce. «Io… ti serve una mano a portare fuori il tavolo?» gli chiedi, indicandolo con un cenno.
 Logan scuote piano la testa.
 «No, in garage ho uno di quelli da pic-nic» ti spiega, la voce forzatamente naturale. «Gli do una pulita e usiamo quello.»
 «Bene» commenti.
 «Bene» risponde lui. E dopo qualche altro secondo di imbarazzata impasse, ti fa un ultimo mezzo sorriso ed esce dalla cucina.
 Aspetti quel tanto che basta per essere sicuro che non torni indietro, poi ti appoggi al bancone alle tue spalle e chiudi gli occhi, respirando a fondo per riprendere il controllo. Dopotutto è ridicolo reagire così… insomma, lo sapevi fin dall’inizio che questo tuo soggiorno improvvisato sarebbe finito presto; anzi, dei due è strano che sia durato così a lungo, perché in definitivaLogan doveva cambiare soltanto il radiatore, non fare la revisione completa della tua moto.
Lo sapevi, certo, ma hai scelto di non pensarci.
 Una smorfia amara ti si disegna spontanea sulle labbra: sei diventato dannatamente bravo a non pensare agli argomenti scomodi.
Il giorno della tua partenza, la realtà che ti aspetta a centinaia di miglia da qui… la tua fidanzata.
 La luce rossa del forno si spenge, segnalando il raggiungimento della temperatura giusta, così tiri fuori le pizze dalla scatola e le metti a cuocere impostando il timer su dieci minuti.
Tic tac, tic tac, tic tac.
 Il suono del conto alla rovescia è insieme ipnotico e inquietante, e il collegamento al poco tempo che ti rimane da trascorrere in questo posto – con Logan – è così immediato da far male. Osservi la manopola girare lentamente – nove minuti e mezzo… nove… otto… – fino a che qualcosa non scatta dentro di te: un interruttore che neppure sapevi di avere, quel vaffanculo che tante volte avresti voluto gridare al mondo quando tutto diventava troppo, ma che ti sei sempre tenuto dentro perché i bravi ragazzi fanno così.
 Stasera no. Stasera non vuoi essere un bravo ragazzo: stronzo, ingenuo o egoista, forse; magari persino tutti e tre… ma lo scoprirai domani.
Stasera vuoi solo essere felice.
 
 Circondati dal buio della notte, appoggiati alla recinzione che delimita lo spazio privato da quello del distributore, vi lasciate cullare dal silenzio sonnacchioso del deserto. Fuochi d’artificio alla fine non ce ne sono stati, – o forse sì, ma erano troppo lontani per poterli distinguere dalla linea dell’orizzonte – in compenso, però, le stelle offrono uno spettacolo così bello da non farti rimpiangere minimamente le luci artificiali.
 «Dalle mie parti posso solo sognarmelo un cielo così…» sussurri a Logan – perché un’atmosfera così magica non va mai rovinata parlando ad alta voce.
 Lui ti sorride.
 «È uno dei pochi veri vantaggi del vivere lontani dal mondo civilizzato» mormora di rimando, tornando a guardare in alto.
 Nessuno dei due ha più fatto cenno alla tua prossima partenza, un tacito accordo che ha spazzato via quel velo di ghiaccio che aveva iniziato ad avvolgervi – e che minacciava di rovinare le vostre ultime ore insieme.
 Annuisci convinto, il mento ancora rivolto all’insù, e con lo sguardo perso nell’infinito ti senti così piccolo che farebbe quasi paura se non ti facesse stare così bene. In pace.
 Una stella più luminosa delle altre ammicca maliziosa in mezzo alle sue sorelle. Sorridi.
 «Quella è la Stella Polare, vero?» chiedi a Logan, indicandola con un dito.
 «Sì» conferma lui. «È
la punta dell’Orsa Minore» aggiunge, disegnando nell’aria una specie di arco. «Laggiù invece» continua, voltandosi un po’ verso sinistra «c’è l’Orsa Maggiore. E lì intorno ci sono il Dragone, la Giraffa e qualcos’altro che ora non mi ricordo.»
 Lo ascolti affascinato, ma non ti lasci sfuggire l’occasione di stuzzicarlo un po’.
 «Non ti facevo così intellettuale» lo prendi in giro, facendolo sorridere.
 «Conosco solo una costellazione o due» si sminuisce. «Nulla di che.»
 Ed è l’esitazione di un battito di ciglia, – il tempo di goderti qualche momento ancora la vista del suo profilo illuminato soltanto dal chiarore della luna– poi ti costringi a distogliere gli occhi da lui.
Gli occhi, ma non l’attenzione.
 «Qual è il Dragone?»
 «Quella specie di striscia tra l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore» ti spiega. «La vedi?» ti chiede dopo qualche secondo – forse vedendoti perplesso – e ti ritrovi a negare con un sorriso imbarazzato.
 «Sono sempre stato una frana con queste cose» gli riveli.
 Logan però, contrariamente a quanto ti aspetteresti, non lascia cadere il discorso: si avvicina fino a mettersi alle tue spalle, allineando il viso al tuo, e poi ti indica di nuovo lo stesso gruppo di stelle di prima – solo che adesso sembrano completamente diverse.
 «Ecco, è quella lì. Ora la vedi?» soffia nel tuo orecchio.
 Sorridi e ti appoggi con la schiena contro al suo petto, e anche se, no, ancora non riesci a vedere niente di più che un sacco di puntini tutti uguali, quando Logan ti cinge la vita con il braccio che non è impegnato a indicarti il cielo ti dici che in effetti va benissimo anche così.
 «Oh, il Dragone, certo. Come no.»
 Le labbra di Logan sono così vicine che puoi quasi sentire il rumore del suo sorriso. Sorridi anche tu, di nuovo, e inclini la testa all’indietro voltandola verso di lui.
 «E le altre?» sussurri, solo per il gusto di guardarlo farti da insegnante ancora un altro po’.
 Logan inizia a indicarti una costellazione dopo l’altra, – la Lince, i Gemelli, Cassiopea… – ma ad un tratto lo vedi sorridere divertito.
 «Le stelle sono dall’altra parte, ragazzino» ti prende in giro, ma c’è così tanta tenerezza in quelle parole che sembra quasi un complimento.
 «Questo lo dici tu» ribatti con lo stesso tono, specchiandoti finalmente nei suoi occhi.
 Logan continua a sorridere di quel sorriso che ti piace da impazzire, e dopo un momento che sembra infinito comincia ad avvicinarsi lentamente, quasi volesse darti il tempo di cambiare idea, se lo volessi. Sorridi anche tu – allontanarsi adesso è un pensiero così assurdo da non esistere neppure – e per tutta risposta socchiudi gli occhi, mentre Logan ti sfiora piano il naso col suo prima annullare anche quell’ultima effimera distanza… e posare le labbra sulle tue. E sai bene, ormai, che Logan è un uomo burbero, irascibile e dai modi bruschi… eppure quel primo bacio è tra i più dolci che tu abbia mai ricevuto.
 Dolce ma troppo, troppo breve. Un misero assaggio del nettare che aneli da giorni, e che lungi dall’averti dissetato ti ha messo anzi ancora più sete. E così, quando Logan si allontana, ti rigiri nel suo abbraccio, gli prendi il viso tra le mani e lo baci di nuovo, attratto come una calamita dalle sue labbra. Lo senti sospirare sulla tua bocca per poi approfondire il bacio, stringendoti a sé come se ne andasse della sua stessa vita.
Questo è un bacio come si deve. Un lungo bacio passionale, languido e sincero, che ti manda il cuore in gola, le farfalle nello stomaco e in petto una voglia di lui difficile da frenare, e quando finisce Logan ti guarda con occhi lucidi e luminosi in cui leggi lo stesso desiderio che deve riflettersi nei tuoi… e poi scioglie l’abbraccio.
 «Si è fatto tardi…» borbotta con voce roca. «Meglio rientrare.»
 Lo guardi stranito.
 «Ma… perché?»
 Lui sospira senza rispondere, e allora insisti.
 «Logan, davvero–»
 «Senti,» ti interrompe stancamente «tu domani te ne tornerai dalla tua fidanzata, e io… magari ti sembrerà strano, ma io non voglio la scopata di una notte.»
 E detto questo ti volta le spalle e si incammina verso casa senza darti il tempo di ribattere alcunché.
 «E allora cosa vuoi?» gli urli dietro quando ormai ha raggiunto la porta d’ingresso.
 Logan si ferma, ma non si volta. Ti prudono le mani per la voglia che hai di raggiungerlo, strattonarlo per costringerlo a guardarti di nuovo e avere una fottuta risposta… ma invece resti dove sei, e poco dopo lui sparisce oltre la soglia, lasciandoti solo.
 
 Ti lasci sfuggire un profondo sospiro: in tutti questi anni di matrimonio, Logan non è cambiato di una virgola. Insomma, non hai mai preteso che vi scambiaste i diari segreti come due tredicenni, ma con lui certe volte anche solo parlare diventa un’impresa quasi impossibile.
 Spolveri con uno straccio umido i soprammobili e le cornici che hai deciso di portarti dietro – la scelta è stata più dura del previsto, ma sei riuscito a contenerti– e intanto ammetti con te stesso che tutto sommato alla fine non è poi una gran tragedia. Cioè, è dannatamente irritante, quello sì, ma… ma Logan è sempre stato un uomo più d’azione che di pensiero.
 E ha sempre preferito mostrarti quello che provava, piuttosto che dirtelo a parole.
 Avvolgi gli oggetti più fragili in degli asciugamani puliti e li sistemi in valigia tra i vestiti, sperando che superino il viaggio senza incidenti, poi ti guardi intorno un’ultima volta: vestiti, foto e soprammobili ci sono, manca solo… lei. La medaglietta militare di Logan, quella che ti ha regalato dopo quasi tre mesi di convivenza al posto di quel “ti amo” che aveva già nel cuore ma che non voleva proprio uscire dalle sue labbra – o almeno così ti ha confidato Logan al vostro quarto anniversario, dopo un bel po’ di alcol e un orgasmo coi fiocchi.
 Sorridi e ti avvicini per prendere il ciondolo che avevi appoggiato sul comodino, e che adesso – con i raggi del sole che lo colpiscono in pieno – brilla come di luce propria. Ne accarezzi dolcemente la superficie riscaldata, poi lo metti in tasca.
 Bene, ora dovrebbe essere davvero tutto.
O almeno lo speri.

 
 Il sole è già alto quando ti risvegli dal tuo sonno breve e tormentato. Recuperi il telefono e illumini lo schermo: sono le dieci e ventidue; a quest’ora sicuramente Logan è già fuori che lavora.
E non ti ha chiamato.
 Sospiri e rimetti il cellulare nello zaino, tornando a fissare apatico il soffitto; come stanotte. O stamani, forse. Non hai idea di che ore fossero quando il sonno ha finalmente avuto la meglio su di te, ma di certo era molto tardi – o molto presto, a seconda del punto di vista.
 Ti massaggi stancamente le tempie, imprecando contro tutti e nessuno – ma soprattutto contro te stesso, perché in fondo te la sei cercata, e lo sai – prima di sospirare di nuovo e deciderti ad alzarti dal divano.
 Dopotutto, ti dici con una smorfia amara, devi cominciare a fare le valige.
 
 In cucina trovi una caraffa mezza piena di caffè e un piatto con la tua solita colazione – beh, la solita dell’ultima settimana, visto che a casa mangi soltanto pane tostato e marmellata – ormai fredda, strategicamente appoggiato proprio accanto al microonde. Ma lo stomaco protesta solo a vedere qualcosa da mangiare, quindi declini l’invito e ti versi invece una tazza gigante di caffè: di quello proprio non puoi fare a meno. Non dopo aver passato quasi l’intera notte in piedi nel corridoio, a guardare la camera di Logan come se fissando abbastanza intensamente la porta chiusa potessi leggerci i pensieri di chi dormiva dall’altra parte.
Che poi avrà dormito davvero? ti chiedi. Di sicuro non ha avuto incubi, però; lo sai perché sei rimasto sempre in allerta, pronto a captare ogni segnale. E forse, in fondo, la parte più nascosta ed egoista del tuo cuore un po’ ci aveva anche sperato.
 Perché sarebbestata la scusa perfetta… perché ti avrebbe costretto ad andare da lui.
Perché allora lui non ti avrebbe rifiutato. Non di nuovo.
 
 Quando ricontrolli il telefono vedi una chiamata persa di Jean, e il tuo cuore fa una specie di strana capriola: ti eri quasi scordato di lei… di essere fidanzato con lei.
Dio, che stronzo.
 Ti siedi sul divano con i gomiti sulle ginocchia, fissando lo schermo del cellulare senza in realtà vederlo davvero. La cosa più assurda, rifletti amaramente, è che nonostante tu stia malissimo per quello che è successo con Logan è solo perché alla fine è andata come è andata, e non perché hai tradito la tua ragazza. Quello ti lascia del tutto indifferente.
E, paradossalmente, è proprio il non sentirti minimamente in colpa che ti fa sentire una merda.
 Sospiri profondamente, passandoti le dita tra i capelli, e intanto cerchi di dipanare almeno quella parte della tua matassa emotiva.
 Problema: hai baciato un altro – baci che, se fosse dipeso da te, sarebbero stati soltanto l’inizio – ma non ti senti in colpa.
Perché?
 Perché quel qualcuno è Logan? Forse.
 Perché tutta questa situazione è così surreale da sembrare un sogno? Probabile.
 Il telefono squilla di nuovo. Osservi il nome di Jean lampeggiare sotto la sua foto e abbozzi un sorriso stanco.
Perché la verità è che la vostra storia è finita da un pezzo, ma tu non volevi capirlo.
 Sospiri ancora, ti schiarisci la gola e rispondi alla sua chiamata.
 «Buongiorno!» la saluti, fingendo un’allegria che in effetti è finta solo in parte – nonostante tutto, sei davvero contento di sentire la sua voce.
 Ti saluta anche lei, tutta pimpante, e per qualche minuto parlate a ruota libera. La ascolti raccontarti per filo e per segno di tutti gli appunti che ha preso ieri a quell’evento e delle mille idee che ha per l’articolo che dovrà scriverci su, e ti ritrovi a sorridere sinceramente.
 Vuoi ancora un bene infinito alla tua Jean, cercare di negarlo sarebbe solo stupido… ma ormai questo non basta. Non più.
 «Jean… noi stiamo ancora insieme?»
 Le occorre qualche lungo secondo per capire che quella domanda era dannatamente seria – e che tu vuoi davvero una risposta.
«Ma, Scott… cosa… perché questi discorsi?» ti chiede titubante. Senza rispondere.
 Sospiri stancamente e ti lasci andare all’indietro per appoggiarti allo schienale.
 «Ci ho pensato parecchio in questi giorni, Je» le dici – e forse non è del tutto vero, ma non è nemmeno falso perché anche se non li esprimevi ad alta voce quei dubbi c’erano comunque. «E… non so, noi non ci vediamo da quasi tre mesi, e tu sei così lontana da casa, e sei sempre impegnata col tuo lavoro… e anche io, certo» aggiungi subito per prevenire le sue proteste. «E io… non so» ripeti, anche se in realtà non è vero, perché invece ormai lo sai bene cosa sta succedendo tra voi… cosa è già successo. E probabilmente lo sa anche lei.
 Jean sospira pesantemente dall’altro capo del telefono, ma non ribatte. Ti lasci cullare dal silenzio ancora qualche secondo, prima di continuare il tuo monologo.
 «Ho paura di essere rimasto attaccato a qualcosa che ormai non c’è più» le confidi in un soffio. «E se è vero, allora… allora non ha senso continuare così.» Non c’è traccia di accusa o di rancore nella tua voce, e speri che Jean possa capirlo.
 Forse sì. Dopotutto ha imparato a conoscerti bene, in questi anni.
 «Jean?» la chiami. Lei sospira.
«Anche io… anche io ho pensato molto, a noi due» ti confessa. «E credo… penso che tu abbia ragione. Non ha più senso stare insieme. Non così.»
 Sorridi appena.
 «Allora è finita.»
«Già… immagino sia così. Mi dispiace…»
 «Non devi… non è colpa tua, è successo e basta. Non hai fatto nulla di male.»
Al contrario di me, aggiunge sibillina la tua coscienza.
«Non volevo ferirti.»
 «Lo so… va bene così. Davvero.»
 Silenzio.
«Allora… addio, Scott.»
 Ridacchi contro il microfono.
 «Non essere melodrammatica, Je!»
 È come se riuscissi a vederla sorridere, e sorridi anche tu.
«Ok, allora ciao.»
 Chiudi la chiamata con la sensazione di esserti tolto un gigantesco peso dal cuore.
Il tuo unico rimpianto è di non averlo fatto prima.
 
[We’re going to the other side!]
 
 Alle undici, nonostante i lunghi minuti persi a guardare il vuoto e la telefonata con Jean, hai già finito i preparativi per la partenza: lo zaino è pronto, il divano è tornato a essere un semplice divano e la federa e le lenzuola che hai usato sono finite nella cesta dei panni sporchi insieme ai tuoi provvisori vestiti da lavoro.
Una piccola parte di te avrebbe voluto portarsi via quest’ultimi come ricordo; l’altra, quella con ancora un briciolo di amor proprio, è imbarazzata per averlo anche solo pensato.
 Ti guardi lentamente intorno, come cercando di memorizzare ogni singolo particolare di quella casa che, in così poco tempo, ti ha dato così tanto. Poi sospiri, raddrizzi la schiena ed esci a cercare Logan.
 
 Lo trovi al distributore che fa il pieno ad un cliente, e aspetti in disparte fino a quando non ha finito di servirlo.
 «Ciao» lo saluti non appena rimane solo. Logan alza gli occhi su di te e accenna un sorriso.
 «Ciao» risponde con naturalezza, ma subito dopo distoglie lo sguardo. «La moto è a posto, se vuoi puoi andare a preparare le tue cose» spiega al tubo che sta rimettendo via.
 Ingoi a vuoto per mandare giù quel dannato groppo alla gola.
 «Sì… in effetti ho già preparato tutto» sussurri – è una tua impressione o Logan si irrigidisce, a quelle parole? «Ho anche messo a lavare federa e lenzuola, e anche i vestiti che mi avevi prestato» aggiungi, tanto per dire qualcosa. «Cioè, li ho messi nei panni sporchi. Non ho dato il via alla lavatrice perché c’era ancora spazio e non sapevo se volevi metterci altro, quindi… ecco, ho lasciato così» continui imperterrito. Sei consapevole di parlare a vanvera, ma non riesci a smettere. Stupido nervosismo.
 Ma poi Logan si gira verso di te, e sei quasi contento di esserti reso tanto ridicolo perché almeno puoi guardarlo di nuovo negli occhi. Ha in volto un sorriso strano, e la sua espressione… la sua espressione è così combattuta che dentro di te comincia sperare che forse anche lui vorrebbe soltanto cancellare le ultime ore e riprendere dal punto esatto in cui vi siete interrotti ieri sera… ma non lo fa.
 «Ok» risponde invece. «Allora ti porto la moto qui davanti.»
 Annuisci come in trance.
 «Bene, prendo lo zaino e sistemiamo tutto per… per il conto.»
 Logan ti lancia un’occhiata indecifrabile, ma sei dannatamente stanco di dover interpretare ogni suo singolo gesto con la costante paura di attribuirgli un significato che non ha. Così, semplicemente, volti i tacchi e rientri in casa. Proprio come ha fatto lui neanche dodici ore fa.
«E allora cosa vuoi?»
 Un sorriso amaro ti si disegna sulle labbra. Se solo lui ti avesse fatto la stessa domanda, la risposta sarebbe stata fin troppo facile: tu vuoi Logan. Da morire.
 Il problema è che, a quanto pare, lui non vuole te.
 
 Il tempo di recuperare le tue cose e sei di nuovo nel piazzale. Nessun ripensamento dell’ultimo minuto, nessun addio melenso e fuori luogo a un posto che, per quanto importante, non rivedrai mai più.
 Stringi i denti e cerchi di non pensare a quanto faccia male rendersene conto così distintamente. È un dolore tanto intenso da essere quasi fisico, e ignorarlo diventa più difficile ogni secondo che passa.
Soprattutto quando vedi la fattura.
 «È… tutto?» gli chiedi titubante: il totale arriva a malapena a coprire il prezzo netto del radiatore nuovo – senza nessun cenno al lavoro fatto né all’affitto che in teoria avresti dovuto pagare.
 Lui ti porge il POS.
 «È tutto.»
 Inserisci la carta di credito e digiti il pin con dita tremanti.
 Vorresti chiedergli cosa significa, vorresti chiedergli se ce l’ha un significato, e poi vorresti insultarlo perché è un idiota e insieme pregarlo di parlarti come si deve, perché quel qualcosa tra voi non puoi essertelo solo immaginato ed è folle lasciarselo sfuggire tra le dita solo perché siete troppo orgogliosi per mettervi in gioco…
 Eppure non fai nulla di tutto questo: aspetti che Logan finisca l’operazione e ti porga la ricevuta, poi cerchi i suoi occhi.
 «Chiedimi di restare» gli dici soltanto.
 Logan appoggia il dispositivo sulla colonnina a fianco; non lo vedi in volto, ma lo senti sospirare.
 «Perché dovrei?»
 «Perché potrei dirti di sì.»
 Lui fa uno sbuffo e un mezzo sorriso, girandosi di nuovo verso di te.
 «Va’ dalla tua fidanzata, Scott» ribatte. «Sposati, fai tanti figli e vivi felice.»
 Scuoti la testa, sorridendo mesto.
 «Non è più la mia fidanzata, Logan… e in ogni caso non andrò da lei. La nostra storia era finita prima ancora che si trasferisse,» ti spieghi meglio «o non avrebbe mai accettato un lavoro a settecento miglia da casa… ma io non volevo capirlo.»
 L’espressione di Logan è di nuovo criptica come sempre, e ovviamente continua a rimanere in silenzio. Sorridi tra te, stringendoti nelle spalle: dovevi almeno provarci.
 «Beh, buona fortuna, Logan. Per tutto» lo saluti. Esiti solo un altro secondo, gli occhi nei suoi, poi ti volti per andare a raccogliere il casco. Pronto a tornare a casa tua, alla tua vecchia vita… lontano da lui.
 Neanche il tempo di fare un passo e ti senti strattonare all’indietro con tanta forza che rischieresti di rovinare a terra se Logan non ti sorreggesse quasi di peso, e l’attimo dopo ti ritrovi stretto tra le sue braccia.
 «Resta…» sussurra commosso, la fronte premuta contro la tua. «Resta qui… con me.»
 Il sorriso che ti si apre in volto è così grande che ti fanno male le guance, e con gli occhi lucidi e la gola bloccata dall’infinità di emozioni che ti hanno travolto come un fiume in piena riesci solo ad annuire. Passi le dita tra i suoi capelli e te lo tiri ancora più vicino.
 «Sempre» mormori sulle sue labbra.
E poi non c’è più spazio, per le parole.
 
 In fondo, ti dici chiudendo finalmente la zip, forse un po’ è vero che il destino esiste: se ti fossi lasciato con Jean quando lei si è trasferita, senza tirare avanti una storia che già non esisteva più, non avresti mai conosciuto Logan… e chissà cosa ne sarebbe stato, della tua vita.
 Attraversi il corridoio lentamente, e quando arrivi nell’ingresso tuo nipote si affretta a toglierti la valigia di mano.
 «Non sono così vecchio, Thomas!» lo rimproveri bonariamente.
 Lui borbotta qualcosa che vorrebbe essere a metà tra una rassicurazione e una scusa mentre ti precede fuori di casa, e tu sorridi intenerito: quel ragazzo è troppo beneducato per rinfacciarti la tua età.
 Anche quando ti ha proposto di trasferirti in città, dopo il funerale di Logan, l’ha fatto con una delicatezza che probabilmente ha ereditato da quella santa donna di sua madre, perché né tu né tuo fratello l’avete mai avuta.
«Sai, zio, ora che Jess è di nuovo incinta ci servirà una mano coi gemelli, e io pensavo… beh, lo so che è chiederti molto, ma mi aiuteresti davvero tanto se venissi da noi per un po’.»
 Ti fermi un momento sulla soglia, accarezzandola in punta di dita.
 Sai che non puoi restare qui; che a settantadue anni suonati sarebbe da incoscienti vivere da soli in pieno deserto, isolati da tutto e da tutti.
Ma questo non vuol dire che questa casa non ti mancherà.
 «Sei pronto, zio?»
 Incroci lo sguardo di tuo nipote.
No che non sei pronto… ma probabilmente non lo saresti mai.
 Stringi la mano destra attorno al ciondolo nella tua tasca, per farti coraggio.
«Non fare il cacasotto, ragazzino!» urla la voce di Logan da qualche meandro della tua coscienza.
 L’ombra di un sorriso ti compare istintivamente sulle labbra, e Thomas ti sorride incoraggiante di rimando. Annuisci una volta.
 «Certo. Andiamo.»

 








 
[1] Dato che in America usano i gradi Fahrenheit, ho fatto lo stesso: la pizza surgelata si cuoce a 200/220°C --> 392/428 °F.








 

Angolino dell'autrice bis

Salve di nuovo!
Giuro che non soffro di manie di protagonismo (beh, non troppo, almeno), ma ci tenevo a prendermi questo spazio per alcune note che ritengo molto importanti.

Partendo dal titolo, ha quattro diverse interpretazioni:
- “Sei” inteso come verbo essere: Scott e Logan sono così come appaiono, perfetti nella loro imperfezione, e si amano, sopportano e supportano con tutti i pregi e i numerosi difetti. Sono sempre, semplicemente loro, senza mai cercare di cambiarsi a vicenda.
- “Sei” inteso come numero: il 6 è contenuto nell’esagramma, la stella a sei punte, ed è l’intersezione di due triangoli equilateri che si intersecano capovolti (merkaba). Essa rappresenta le forme opposte che si completano a vicenda fino a prendere la forma di un corpo unico… come Logan e Scott, con i loro caratteri opposti (eppure simili, per certi versi).
- In numerologia il numero 6 significa anche “scelte”; quando questa cifra compare nella griglia numerologica della persona, significa che deve necessariamente tagliare dei “rami secchi” della propria esistenza. Esattamente come Scott si libera del “ramo secco” che era diventata la sua relazione con Jean per iniziare un nuovo percorso con Logan.
- Infine, sei sono i giorni che hanno impiegato Scott e Logan a conoscersi, piacersi e decidere che valeva la pena mettersi in gioco e provare a stare insieme.

Secondo, avrai notato che,nel filone “centrale” della storia, Scott pensa a Logan al presente nonostante lui sia già morto e quindi sarebbe stato grammaticalmente corretto l’uso del passato. Ebbene, la mia è una scelta ben ponderata, per sottolineare come, quando si perde una persona cara, i primi tempi sia dannatamente difficile parlarne/pensarne al passato, perché inconsciamente c’è il rifiuto di lasciarla andare – e anche quello di affrontare il dolore della perdita.

E, infine, so che Scott dopo la (apparente) morte di Jean in X-Men 2 ha reagito in modo molto più drastico (e isterico), ma c’è da considerare che le circostanze erano completamente diverse: lì la sua ragazza si era sacrificata per salvarli tutti, andando incontro a una fine prematura e inaspettata; in questa storia, Logan muore di morte naturalea ottantasette anni, e neppure Scott è più un ragazzino (checché ne dica Logan). Per questo, lo Scott di questa storia affronta con molta più tranquillità il lutto della persona che ama rispetto allo Scott del film.

Ps: se ve lo steste chiedendo (probabilmente no), Scott è un ingegnere… è per questo che infila ragionamenti inerenti alla matematica ad ogni piè sospinto.


E con questo ho davvero finito: ringrazio di tutto cuore voi che siete arrivati fin qui... spero che la mia storia sia riuscita ad emozionarvi almeno un poco ^^

A presto!
rhys89 
   
 
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