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Autore: edoardo811    16/06/2018    2 recensioni
L’idea di perdere una persona cara è qualcosa di terrificante, ancora di più se la vita di quest’ultima viene strappata per mano di qualcun altro. Ancora di più se questo accade per dei soldi.
Beast Boy non è mai stato un ragazzo particolarmente riflessivo, ma di una cosa è comunque certo: non si può barattare la vita di una persona con il denaro. È un gesto brutale, disumano, degno di un automa, una macchina priva di emozioni.
Ma è proprio con questa dura realtà che dovrà scontrarsi quando i Titans incroceranno la Mantide, uno degli assassini più pericolosi del continente, con decine di vittime nel suo repertorio.
Una donna brutale, spietata, una mercenaria sempre pronta a premere il grilletto al soldo del miglior offerente, giunta a Jump City a caccia della sua nuova preda.
Chi è la Mantide, realmente? Per BB non è altro che un guscio vuoto, un essere privo di umanità, succube dell'unico dio che per lei abbia importanza, il dio denaro. Ma è davvero giusto giudicare la realtà dalle apparenze?
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Beast Boy, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dopo secoli, ecco il secondo "episodio" di questa serie di storie che avevo detto di star scrivendo. Dopo Hero of War, vi presento La Mantide. I collegamenti ad Hero of War sono assolutamente miseri, ma se non avete ancora letto quella storia, vi consiglio caldamente di farlo. Bene, grazie per l'attenzione, buona lettura! (p.s. questa una volta era una storia di due capitoli, ma li ho accorpati in uno solo, per farla più simile a Hero of War)

 

 

II

La Mantide


Beast Boy sbadigliò sonoramente, coprendosi la bocca giusto per educazione, anche se per via del rumore disumano che produsse fu ugualmente adocchiato male da tutti i suoi compagni di squadra. Il verdolo abbozzò un sorriso di scuse, ma non servì a molto. Le porte dell’ascensore si spalancarono all’improvviso con un segnale acustico, e quello fu sufficiente per poter finalmente smettere di essere sotto i riflettori.

I cinque ragazzi entrarono in una grossa stanza, un ufficio per l’esattezza. Era probabilmente il luogo più elegante e lussuoso in cui BB aveva messo piede, con il parquet in legno, le grosse pareti vetrate che svettavano sulla città, i grossi vasi color oro con dentro alcune piante disposti ai quattro angoli e il lungo tappeto rosso con i bordi d’orati che conduceva ad una scrivania, sempre di legno, con un grosso computer sopra.

Per finire, a sottolineare quanto importante fosse quel luogo e la persona che dovevano incontrare, si trovavano due uomini eleganti, armati, disposti ai lati della scrivania. Come se incontrare i cinque eroi più famosi della costa ovest richiedesse davvero la presenza di quei due gorilla con la testa rasata apparentemente privi di emozioni.

Un terzo uomo, con un completo grigio fumo, era seduto dietro al computer. Si trattava di Larry Page, il COO di un’enorme società di investimento sotto la quale erano radunate decine e decine di altre aziende più piccole. Le cifre di soldi che dovevano girare dietro quella sua organizzazione dovevano essere talmente grosse da non possedere nemmeno una cifra ancora conosciuta all’essere umano. La sede principale della JCNI si trovava proprio lì, nel luogo dal quale prendeva il nome, ossia la loro città. Quando vide il gruppo entrare sorrise calorosamente e si alzò in piedi, passandosi una mano tra i corti ed ordinati capelli castani. «Ah, finalmente ho l’opportunità di conoscervi di persona! È un vero onore per me.»

«Anche per noi lo è» rispose Robin a nome i tutti, chinando il capo in segno di rispetto. Ovviamente non sapeva di non parlare anche a nome di BB, visto che il mutaforma avrebbe voluto trovarsi ovunque meno che lì, in quel momento. Odiava quei posti e odiava i fantocci milionari in giacca e cravatta, non gli importava quanto ricchi, grossi o potenti fossero.

«Vorrei andare subito al dunque, se non vi dispiace» proseguì l’uomo, mentre estraeva un telecomando dalla tasca e premeva un pulsante sopra di esso. Diverse serrande cominciarono a scendere, coprendo le pareti vetrate ed impedendo alla luce del sole di passare attraverso di esse. La stanza cominciò ad essere lentamente avvolta dalla penombra, mentre un proiettore fuoriusciva da uno scomparto nascosto sul soffitto, accendendosi.

Le immagini di una donna mora, il suo primo piano ed il suo profilo, apparvero sopra la serranda al fondo della stanza, alle spalle di Page. Aveva i capelli neri e lunghi, gli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, il volto grazioso dai lineamenti fini, delicati, con le labbra sottili ed il naso piccolo. Doveva essere sulla trentina come minimo, ma era comunque una delle donne più belle che il mutaforma aveva mai visto.

«La donna che vi sto mostrando in questo momento si chiama Marianne Neigns, altresì conosciuta dalle forze dell’ordine della maggior parte del paese come "La Mantide".» Larry fece una pausa, per permettere ai cinque ragazzi di metabolizzare le informazioni appena ricevute. «Si tratta di una mercenaria che ha acquistato una particolare fama lavorando in diverse regioni canadesi ed anche americane, la cui attività mai prima di ora era stata rilevata qui in California, ragion per cui, probabilmente, questa donna può apparire a voi sconosciuta.»

«Infatti è così» annuì Robin. «Non avevamo mai sentito parlare di lei prima.»

«Beh, vi sto parlando di lei ora.» Page appoggiò entrambi i palmi contro la scrivania, facendosi serio, e il fatto che la stanza fosse a malapena illuminata di sé non faceva atro che rendere la sua espressione ancora più buia. «E il motivo per cui lo sto facendo, è perché temo di essere finito nel suo mirino. E nonostante io possa vantare di uno dei migliori corpi di sicurezza esistenti, credo che questo non sia abbastanza.»

«Cosa le fa pensare di essere il suo prossimo bersaglio?» domandò ancora il leader dei Titans.

«Come ho già detto, la Mantide è una mercenaria al soldo del miglior offerente, e non credo vi sconvolgerà sapere che la mia concorrenza è disposta a tutto pur di eliminarmi dalla piazza. Ho in vista un meeting molto importante, con molti dirigenti di molte grosse aziende, dopo il quale lascerò il paese. Questa è l’ultima possibilità che hanno per eliminarmi. Certo il livello di sicurezza presente sarà alto, ma la Neigns è riuscita ad eliminare tutti i suoi bersagli fino ad oggi, non importa quanto essi fossero protetti. Immagino che in quanto criminale sia nei vostri interessi catturarla e consegnarla alla giustizia, mentre nei miei interessi, invece, rientra il desiderio di rimanere in vita. Credo che questo nostro gentlemen's agreement possa portarci entrambi dove vogliamo. Naturalmente verrete ricompensati per il disturbo, anche se la Mantide non dovesse presentarsi, e una volta che avrò lasciato il paese potremo considerare conclusa la nostra collaborazione. Allora, cosa ne pensate?»

I ragazzi si scambiarono diverse occhiate tra loro, anche se nessuno, a dire la verità, sapeva cosa pensare di quella situazione. Era chiaro che i giovani eroi si sarebbero semplicemente adattati alla decisione di Robin, non che a BB la cosa dispiacesse, a dire la verità. Robin era il loro capo proprio perché a lui piaceva pensare, del resto.

«Quando si terrà il meeting?» domandò ancora Robin, prima di dare una risposta definitiva.

«Tra una settimana.»

«Molto bene.» Il leader annuì, per poi porgere la mano a Page. «Non si preoccupi: garantiremo noi la sua incolumità.»

«Splendido.» Il COO ricambiò la stretta, con un sorriso smagliante. «Sapevo che avrei potuto contare su di voi.»

Robin ricambiò il sorriso, mentre BB si portava entrambe le mani dietro al collo, con svogliatezza. Si accorse, tuttavia, che il sorriso del suo leader non sembrava del tutto convinto. Il mutaforma represse a stento un sospiro esausto. Robin stava tramando qualcosa, anche se Larry sembrava troppo felice per rendersene conto. Il che poteva solamente significare che, una volta tornati alla torre, il leader li avrebbe incastrati tutti per esporre loro le sue perplessità in merito alla faccenda… per somma gioia del verdolo, che gettò il capo all’indietro frustrato, sotto gli sguardi perplessi dei suoi compagni.

 

***

 

«Marianne Neigns» annunciò Robin, nella Main Ops Room della torre, con alle sue spalle un ologramma della foto segnaletica della donna. «Entrata nella lista dei ricercati dopo aver assassinato suo marito, Jonathan Neigns, dal quale lei ha acquisito il secondo nome. A quanto pare, Jonathan era un business man proprio come Larry Page, il suo nome era piuttosto grosso in territorio canadese. È stato trovato in casa sua, con una ferita di coltello mortale sul petto. La casa era sigillata, l’antifurto era acceso e diverse guardie presidiavano la zona. Nessuno ha notato nulla e l’antifurto non è scattato, il che significa che l’omicidio è stato commesso dall’interno.

«Neigns è stato trovato dalla donna delle pulizie il mattino dopo l’omicidio. Marianne non era più in casa, ma le guardie hanno confermato la sua presenza, e anche le registrazioni delle telecamere sull’ingresso possono confermare la cosa. La sera dell’omicidio, solamente lei e suo marito erano in casa.»

Robin appoggiò i palmi sopra il computer della stanza, pensieroso. «Dopo l’omicidio, Marianne si è data alla macchia, percorrendo la strada che l’ha portata fino a qui. Dopo suo marito, altri dieci uomini d’affari sono stati assassinati da lei, più svariati altri che, malgrado non sia confermato, sono stati assassinati in maniera molto simile, riconducibile al modus operandi della Mantide, nome che le è stato assegnato perché… beh, credo che il motivo si spieghi da solo.»

BB, che aveva pensato di passare il tempo a sonnecchiare sul divano, si era trovato incredibilmente coinvolto in quella storia. Marianne Neigns, assassina del suo stesso marito per chissà quale motivo, aveva iniziato a fare mattanza di COO e General Manager lungo tutto il Canada e alcune porzioni degli Stati Uniti.

Assassina, mercenaria, cecchina al soldo del miglior offerente. Un automa priva di emozioni, un guscio vuoto che riteneva una cosa e una cosa soltanto importante, ossia il dio denaro.

Non gli sembrava vero. Lui stesso aveva perso la persona che aveva amato, una volta, ed era stato terribile. Non passava giorno in cui lui non pensava a Terra, anche se solo per poco. Ormai era diventata una routine per lui. Malgrado gli alti e i bassi che c’erano stati nella loro relazione, non l’avrebbe mai dimenticata.

Come aveva potuto Marianne fare una cosa del genere? Come aveva potuto uccidere a sangue freddo una persona che aveva sposato e che, con tutta probabilità, l’aveva amata sinceramente fin dal primo giorno? Come aveva fatto a rimanere sposata con lui per tutti quegli anni, fingendo per tutto il tempo e completando l’opera quella fatidica sera, senza provare alcun rimorso?

«Questa storia non mi convince…» mugugnò Robin all’improvviso, interrompendo i pensieri di Beast Boy.

«Perché?» domandò lui, incuriosito.

«Perché…» Il leader incrociò le braccia, voltandosi verso il divano su cui gli altri erano seduti. «… per quale motivo Marianne avrebbe dovuto uccidere suo marito?»

«Forse non lo amava davvero…» suggerì Stella, incerta.

Robin scosse la testa. «Non mi riferisco a questo.» Batté le mani sulla tastiera del computer e l’ologramma del profilo dell’ex marito della Mantide apparve al posto di quello della donna. Un uomo tutto sommato affascinante, con i capelli mossi, riportati all’indietro, gli occhi azzurri e una cortissima barba. «Jonathan Neigns era uno degli uomini più potenti e rispettati nel suo settore» proseguì Robin. «Se davvero Marianne è una persona come qui viene dipinta, ossia una mercenaria senza cuore a cui importa solamente dei soldi, non le sarebbe stato più semplice rimanere sposata con lui e fare la bella vita per il resto dei suoi giorni? Insomma, non mi pare nemmeno che Jonathan fosse qualche vecchio bavoso il cui unico fascino consisteva nella dimensione del portafoglio. Perciò perché avrebbe dovuto rinunciare a quest’uomo e ai suoi averi e buttare tutto alle ortiche in quel modo? Che cosa ci ha guadagnato?»

«Forse si stava semplicemente annoiando» suggerì Corvina. I Titans si voltarono verso di lei, confusi da quelle parole. La maga scrollò le spalle. «Forse la vita bella non faceva per lei. Forse questa Marianne è semplicemente una borderline, una pazza che vuole vivere all’estremo e a cui piace far parlare di sé. Queste persone non rimangono mai ferme troppo a lungo, hanno bisogno di svagarsi nelle maniere più svariate. Forse è proprio l’omicidio ciò di cui lei ha bisogno per divertirsi.»

«Ma… è orribile…» mormorò Stella, coprendosi leggermente la bocca.

Corvina annuì. «Lo è, è vero, ma purtroppo esistono anche questi individui. Ho già detto che l’essere umano, a volte, sa essere peggiore di qualsiasi mostro?»

«Credo di sapere molto bene di cosa parli…» mugugnò Robin, ripensando ad un uomo con la faccia truccata da clown di sua vecchia conoscenza. Scosse il capo per allontanare quei tetri ricordi, poi sospirò. «… ma… nemmeno questa storia mi convince. Sono stati sposati per cinque anni. Se davvero aveva bisogno di sfogarsi, non avrebbe potuto farlo prima? Perché aspettare tutto quel tempo? E poi perché fare mattanza di uomini d’affari?»

La maga scosse lentamente il capo, priva di una risposta da dargli. Il silenzio scese brevemente tra i titans, perfino BB non aveva idea di che cosa dire, o pensare, in merito a quella faccenda. Fino ad un secondo prima era stato pronto a crocifiggere quella donna e a considerarla colpevole su ogni fronte, ma i dubbi di Robin ora stavano facendo dubitare perfino lui.

«E se anche all’epoca lei fosse stata una semplice mercenaria?» suggerì Cyborg, dopo diversi istanti. «Se qualcuno l’avesse assoldata per eliminare proprio Jonathan, e sposarlo fosse stato l’unico modo per permetterle di avvicinarsi a lui? Magari anche all’epoca stava semplicemente... "lavorando", per così dire. Forse il matrimonio è stata tutta una montatura.»

«Ma non esistono precedenti della Mantide, prima di questo caso» ribatté Robin. «Prima della morte di Neigns, di lei non si era mai parlato.»

«Magari è stato il suo primo lavoro…»

Robin piegò le labbra in un’espressione dubbiosa. «Cinque anni di matrimonio per un primo lavoro?»

«O magari non era mai stata scoperta prima.»

«Rimane sempre il buco dei cinque anni di matrimonio. Non le sarebbe bastato un solo anno per finire il lavoro? O magari anche solo qualche mese? E poi perché eliminarlo proprio in quel modo?» Robin allargò le braccia. «Quella sera c’era solo lei in casa con lui. Le guardie l’hanno vista, le telecamere l’hanno vista! Non avrebbe semplicemente potuto manomettere i freni della sua macchina e lasciare che morisse in un incidente d’auto? Perché pugnalarlo quella notte, in una maniera che avrebbe portato tutti quanti a sospettare di lei? Una professionista che non è mai stata scoperta prima secondo te potrebbe commettere un errore simile?»

«Magari voleva di proposito l’attenzione di tutti su di sé!» Cyborg allargò le braccia, accigliandosi. «Forse perché è davvero una borderline! O magari non voleva che il suo burattinaio venisse scoperto! Santo cielo, Robin, ma che ti prende? Non importa cosa sia successo davvero quella sera, quello che conta è che ci sono altre decine di omicidi che lei ha commesso, con testimonianze vere! Storia confusa o meno, questa Marianne è davvero un’assassina e se davvero vuole attentare alla vita di Page, noi la dobbiamo fermare!»

Il leader scosse lentamente il capo, corrucciandosi. «Io non ragiono così, Cyborg, lo sai bene. Questa storia forse può ingannare i poliziotti, i telegiornali e le persone che li ascoltano, ma non me. È vero, è un’assassina, è una criminale e sicuramente merita la prigione, ma la storia di suo marito non mi convince per niente. Secondo me… non è davvero stata lei ad uccidere Jonathan.»

Un gemito sorpreso si sollevò dal resto del gruppetto. Robin cominciò a far vagare lo sguardo su ciascuno dei suoi compagni, e quelli fecero lo stesso tra loro. BB si strinse nelle spalle, pensieroso. Quella storia rischiava di spappolargli il cervello. Dopo quel militare psicopatico di Steen, l’ultima cosa di cui aveva bisogno, era di avere a che fare con un altro caso intricato come quello.

«Non so perché Marianne abbia deciso di diventare un’assassina, ma so che la morte di suo marito ha a che fare con tutto questo. E se anche lei è una specie di vittima, qui, io intendo capirlo» continuò Robin, deciso. «C’è anche qualcun altro che è rimasto impunito, in questa storia. E quando cattureremo la Mantide, noi scopriremo di chi si tratta.»

 

***

 

Una nuvola di fumo fuoriuscì dalla sua bocca, mentre teneva il capo sollevato, rivolto verso il cielo. Mentre i raggi del sole carezzavano la sua pelle pallida e morbida, si lasciò scappare un sospiro compiaciuto, misto anche alla tensione accumulatasi in quelle ultime ore. Quello era il suo ultimo tentativo. Se avesse fallito, allora non avrebbe più avuto alcuna possibilità. Gli ultimi anni trascorsi si sarebbero trasformati in un gigantesco spreco di tempo, risorse ed energie.

Il mozzicone di sigaretta cadde ai suoi piedi, per poi essere calpestato. La donna si coprì il volto con una bandana ed aprì la valigetta che si era portata dietro, tirandone fuori il contenuto e cominciando ad assemblarlo.

Posizionò il fucile di precisione sul bipiede e lo appoggiò sul cornicione del tetto di quell’alto palazzo. Controllò il mirino, assicurandosi che puntasse esattamente il luogo che voleva, dopodiché cominciò a regolarne la profondità di mira. Il grosso tavolo di legno all’interno della sala riunioni, convenientemente situata tra quattro pareti vetrate, apparve perfettamente alla sua visuale. L’auricolare posizionato all’interno del suo orecchio vibrò all’improvviso, costringendola a premere con un dito il pulsante su di esso. La voce di un ragazzo, graffiata da alcune interferenze, si fece sentire: «Sei in posizione?»

«Sì» rispose lei, tornando a tenere ben saldo il fucile.

«D’accordo. Il tuo amico arriverà tra poco. Fa attenzione, però. Non sarà da solo.»

«So gestire un paio di guardie.»

«Non mi riferivo a loro. Pare che il caro Page abbia chiesto aiuto ai pezzi grossi. Ci saranno anche i Titans a parargli le chiappe.»

«Loro non mi fanno paura» proseguì lei, con sicurezza. «Sapevo a cosa sarei andata incontro una volta messo piede in questa città.»

«Oh, lo so bene. Ma se quelli ti beccano, chi mi paga, Marianne?»

La Mantide abbozzò un sorriso dietro alla bandana. «Come se per te fosse un problema recuperare il resto della tua parte dal mio conto.»

«Sì, beh, non sarebbe giusto nei tuoi confronti. Sarò anche un criminale, ma non sono uno stronzo.»

«Accidenti, che uomo d’onore» borbottò ancora lei, ridacchiando tiepidamente. «Rilassati. Ho mezzo mondo alle calcagna, e nessuno mi ha mai sfiorata. Cinque ragazzini vestiti come se fossimo ad Halloween non cambieranno le cose.»

«Lo spero bene. Sia per te che per me.»

La Mantide fece per rispondere, ma il rumore di alcuni veicoli provenienti dalla strada la fecero distrarre. Si sporse appena oltre il cornicione, per poi vedere una limousine ed un SUV neri fermarsi di fronte al palazzo che stava sorvegliando. L’autista del lungo e lussuosissimo mezzo aprì poi la portiera al passeggero, che altri non poteva essere che Page. Non appena si accorse di lui, la donna strinse i pugni con forza. «Bersaglio acquisito. Ti richiamo dopo» disse, con un filo di voce a causa del nervoso, premendo di nuovo il dito sull’auricolare.

«Ok, Mary…» borbottò un ragazzo girato di schiena, seduto in una stanza buia, illuminata soltanto dal computer posizionato di fronte a lui. Posò il cellulare sulla scrivania, per poi sospirare profondamente, mentre faceva scorrere la pagina di cronaca nera sul monitor, quella dell’articolo di giornale che parlava della morte del famoso uomo d’affari Jonathan Neigns. 

«Ammazza quel figlio di puttana…» sussurrò, per poi spegnere il computer ed alzarsi.

Marianne indossò un grosso paio di occhialoni da sciatore neri e sollevò il cappuccio della tuta per coprire i capelli. Si posizionò dietro al mirino del fucile, quasi ringhiando. Avrebbe potuto sparargli in quel preciso istante e farla finita, ma non poteva rischiare di mancare il bersaglio ed essere individuata. Avrebbe dovuto aspettare che entrasse nella sala riunioni per avere una linea di tiro pulita. Il suo dito sfiorò il grilletto, ma di più non fece. Doveva attendere ancora un po’ per avere giustizia.

Aveva atteso anni quel momento, perciò qualche minuto in più non avrebbe dovuto fare differenza. Si era sbagliata. Una delle armi più letali per una assassina come lei, era la pazienza. La stessa pazienza che fino a quel giorno non l’aveva mai tradita e che, invece, proprio in quel momento, sembrava essere l’unica cosa che non possedeva.

Il battito del suo cuore accelerava man mano che i secondi passavano, il suo respiro si fece più pesante ed irregolare, le sue mani cominciarono a tremare. Quello era il momento che tanto aveva atteso. Quella era la fine. La fine di tutto quanto. E lei non poteva, nella maniera più assoluta, permettersi il benché minimo errore.

Finalmente, Page apparve nel suo mirino, seduto a capotavola. Si accorse solo in quel momento che altri uomini eleganti si erano seduti nella sala riunioni, probabilmente mentre lei era distratta al telefono. Vide il businessman sorridere calorosamente ai suoi compari in giacca e cravatta, mentre allargava le braccia, e vide loro ricambiare il gesto.

L’unica cosa a cui pensò l’assassina mentre premeva il grilletto, era che quel verme non meritava assolutamente di morire con un sorriso sul volto.

Lo sparo riecheggiò come un tuono nell’aria. Ciò avrebbe dovuto vedere subito dopo, era il corpo di Page che si accasciava a terra con un buco in fronte. Ciò che vide, invece, fu una strana barriera nera che prendeva forma attorno alla parete di vetro del palazzo, per poi svanire rapida com’era apparsa. La Mantide sgranò gli occhi, mentre gli uomini nella sala riunione, allertati, si alzavano in piedi sbalorditi. Una mezza dozzina di agenti di sicurezza irruppero nella sala subito dopo, sollevando le pistole e guardandosi attorno.

Marianne, scioccata, rimase immobile per diversi istanti, prima di riscuotersi e avvicinare di nuovo il dito al grilletto con un ringhio. Caricò un altro colpo e fece di nuovo fuoco, ma la rabbia, la tensione e lo stupore la fecero sbagliare, e il proiettile sfondo la vetrata senza colpire nessuno. La donna urlò di nuovo, tirò la culatta e fece per aprire il fuoco una terza volta, ma un bagliore verde improvviso la accecò. Qualcosa la colpì al petto e la cecchina fu scaraventata all’indietro, gridando di dolore.

«Marianne Neigns.» Una voce la chiamò mentre si rimetteva carponi, costringendola a spostare lo sguardo.

Robin si trovava sul tetto a braccia conserte, poco distante dalla donna. Ben presto, il resto dei Titans apparvero uno dopo l’altro, circondandola. «Sei in arresto.»

La Mantide si rialzò barcollando, per poi guardarsi attorno. Strinse i pugni quando si rese conto di non avere alcuna via di fuga. Per chiudere in bellezza, un elicottero della polizia arrivò a sorvolare il palazzo, con i tiratori seduti pronti ad aprire il fuoco su di lei. La voce di un agente ampliata da un megafono tuonò all’impazzata: «MANTIDE! SEI IN STATO DI ARRESTO! METTITI IN GINOCCHIO E CON LE MANI DIETRO LA TESTA, O APRIREMO IL FUOCO!»

«Chi li ha invitati quelli?» sbottò BB, osservandoli infastidito.

«Fa come dicono» proseguì Robin, facendo un passo verso la Mantide. «Non combatteremo se non siamo costretti.»

Marianne scrutò il ragazzo per diversi istanti, con espressione indecifrabile a causa del volto coperto. Dopodiché, lentamente, le sue mani cominciarono ad alzarsi. BB sgranò gli occhi. Si stava davvero arrendendo?

Corvina si avvicinò alla donna, puntandole contro una mano, probabilmente per immobilizzarla, quando l’elicottero della polizia virò bruscamente all’improvviso, e il grido di sorpresa dell’agente di poco prima si fece sentire. I cinque ragazzi spostarono lo sguardo sorpresi.

«Ma che cosa…» domandò BB, per poi gridare quando vide il velivolo avvicinarsi pericolosamente verso il tetto, mentre sbandava totalmente privo di controllo.

«ATTENTI!» gridò Robin, mentre saltava, evitando per un soffio una delle eliche. L’elicottero precipitò sul tetto, le pale raschiarono contro la superficie dura, andando in frantumi e schizzando come proiettili verso tutte le direzioni. Corvina sollevò una barriera di energia nera per cercare di contenere il grosso dell’esplosione, ma alcune schegge riuscirono a schizzare comunque via, costringendo il resto dei Titans a sparpagliarsi per non essere colpiti.

Marianne sorrise, grata dell’aiuto del suo caro angelo custode, mentre estraeva fulminea una pistola dalla giacca e la puntava proprio contro Beast Boy stesso. Quando il mutaforma si rese effettivamente conto di quello che stava succedendo, il proiettile aveva già penetrato la sua carne.

Il ragazzo schiuse le labbra. Sentì le forze mancargli e cadde in ginocchio. Cercò di chiamare aiuto, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Il caos stava divampando nel tetto, l’elicottero continuava a roteare su sé stesso nonostante la coda si fosse separata dalla cabina. Robin stava urlando, impartendo ordini a destra e sinistra, mentre Stella, Corvina e Cyborg si davano da fare per domare il velivolo e salvare i poliziotti al suo interno. E in mezzo a tutto questo, l’unica cosa che BB riusciva a sentire era uno strano fischio nelle sue orecchie.

Aveva il respiro pesante e sempre più irregolare. Le palpebre facevano sempre più fatica a rimanere aperte. Non riusciva più a pensare, a parlare, ad agire. La Mantide che si avvicinava a lui fu l’ultima cosa che riuscì a vedere prima che i suoi occhi si chiudessero del tutto.

 

***

 

La carcassa del velivolo in fumo era ciò che rimaneva dell’elicottero impazzito poco prima. I poliziotti al suo interno erano appoggiati contro il cornicione del tetto, un po’ doloranti e con un po’ di malditesta, ma vivi.

Robin si posò le mani sui fianchi, sospirando rumorosamente. La Mantide era sparita, ma se non altro Page era ancora vivo. Subito dopo lo sparo il meeting era stato interrotto e il COO era stato scortato verso l’aeroporto, al suo jet privato. Almeno la loro parte dell’accordo era stata rispettata. Tuttavia, la criminale ancora a piede libero lo lasciava alquanto infastidito.

«Robin.» Cyborg lo chiamò, costringendolo a voltarsi verso di lui. «Dov’è Beast Boy?»

Robin sollevò un sopracciglio. «Non è qui?»

«No» rispose il ragazzo bionico, cupo in volto. «E anche la Mantide è sparita.»

Il leader non ci mise molto a collegare i puntini. E lo stesso fecero il resto dei ragazzi.

«Puoi rintracciare il suo localizzatore, Cyborg?»

Cyborg scosse la testa, affranto. «Qualcosa disturba il segnale. Non riesco ad individuarlo da nessuna parte.»

«Dannazione!» Robin diede un calcio ad un detrito di un elicottero. Non era da lui perdere la calma in quel modo, ma se Beast Boy era davvero stato rapito da quell’assassina, allora era in grave pericolo. «Ci siamo fatti distrarre per un secondo e abbiamo perso sia lei che BB!»

«Robin…» mormorò Stella, unendo le mani di fronte al petto, preoccupata. Anche Corvina sembrava turbata dalla faccenda.

Il moro sospirò. «Dobbiamo trovarli. Setacciamo tutta la città. Chiediamo in giro, e avvisiamo anche la polizia. Cyborg, tu resta qui ed ispeziona meglio l’edificio. Cerca residui di impronte, DNA, qualsiasi cosa. Sono certo che riusciremo a trovare qualche indizio che possa portarci da lei.»

Cyborg annuì. «Va bene.»

Stella e Corvina si alzarono in volo e Robin si avvicinò alla sporgenza del palazzo. «Coraggio gente, diamoci da fare!»

 

***

 

Riaprì lentamente gli occhi, per poi essere immediatamente accecato dal bagliore bianco di una luce neon appesa sopra di lui. La testa gli doleva terribilmente, e gambe e braccia dovevano essere messe anche peggio, visto che nemmeno riusciva più a sentirle.

Tossì diverse volte, mentre cercava di mettere a fuoco con la vista appannata l’ambiente che lo circondava. La stanza in cui si trovava era umida, fredda e spoglia. Le piastrelle erano bianche e sporche e le pareti grigie. Una scrivania con un computer portatile acceso e una pistola su di essa si trovava contro il muro alla sua destra, mentre, alla sua sinistra, una rampa di scale conduceva verso l’alto. Era una cantina.

In un primo momento non capì il perché fosse stato portato lì, così decise di muoversi, ma non appena provò ad alzarsi in piedi, un dolore lancinante alla gamba lo costrinse a rimanere seduto contro il muro. Abbassò lo sguardo, per poi notare una fasciatura con una vistosa chiazza di sangue attorno al suo braccio destro. Gemette per la sorpresa e fece per avvicinare la mano ad esso, per poi accorgersi di una manetta che gli inchiodava il polso sinistro ad una tubatura esposta accanto a lui. Ciò gli fece tristemente capire che chiunque lo avesse portato lì non voleva che se ne andasse tanto presto.

Avrebbe potuto trasformarsi in un animale e liberarsi facilmente, ma quell’intenso dolore alla gamba destra lo fece desistere. Non aveva idea di cosa fosse preso al suo arto inferiore, ma nemmeno quello sembrava passarsela bene.

Sospirando abbattuto, il ragazzo adagiò il capo contro la parete. Ripensò a quanto accaduto in precedenza, prima che si ritrovasse in quella stanza, e non ci mise molto a realizzare cosa fosse successo. D’altronde, l’ultima cosa che ricordava era la Mantide che gli sparava addosso. Non ci voleva un Cyborg od una Corvina per capire che era stato catturato proprio da lei. Ma perché?

Lo scricchiolio dei gradini di legno della scala lo fecero distogliere dai suoi pensieri ed alzare lo sguardo.

Parlando del diavolo..., pensò mentre vedeva la figura scura della cecchina scendere al piano di sotto. Non appena toccò il pavimento, questa puntò il suo sguardo oscurato dalla mascherina opaca verso di lui. i due si scrutarono in silenzio per diversi attimi. Si studiarono a vicenda per quelle che parvero eternità. Alla fine, fu proprio la Mantide a distogliere lo sguardo per prima, abbassandosi il cappuccio e liberando una lunga coda di cavallo nera lucente, per poi togliersi anche la mascherina e la bandana di fronte alla bocca.

«Sei sveglio» commentò semplicemente, facendo udire la sua voce incolore, per poi scrutarlo nuovamente con i suoi occhi freddi. Non era la prima volta che BB la vedeva in faccia, ma vederla dal vivo fece tutto un altro effetto. Le fotografie non avrebbero mai potuto rendere giustizia alla sua bellezza. Ogni tratto del suo volto si trovava perfettamente al suo posto, senza sfigurare e senza rubare la scena agli altri. Avrebbe potuto scambiarla tranquillamente per una modella, guardandola così.

«Grazie per aver fatto saltare i miei piani» borbottò ancora lei, sciogliendo la coda e facendo cadere i propri lunghi capelli sulle sue spalle e di fronte al volto in maniera disordinata. Soffiò qualche ciocca di troppo e cercò di sistemarseli meglio, in modo da poter guardare ancora in faccia il proprio ostaggio.

«Dove siamo?» domandò il ragazzo, con tono calmo.

«Al mio rifugio. Lontani dalle centinaia di pattuglie che in questo momento staranno rastrellando ogni centimetro di questa città per trovarmi.»

«Perché mi hai rapito?»

«Perché avete rovinato il mio piano, e ho dovuto agire alla svelta. Avere un ostaggio come te potrebbe servirmi per arrivare a Page.»

«Non se scappo» la sfidò BB, sorridendo beffardo.

La Mantide fece schioccare la lingua. «Con un braccio e una gamba fuori uso dubito che riuscirai a trasformarti in qualcuno dei tuoi animali.»

A quelle parole BB sgranò gli occhi. Spostò lo sguardo verso la gamba che gli doleva. «Che hai fatto alla gamba?!»

«Te l’ho rotta mentre eri svenuto.» Toccò alla donna sorridere freddamente, mentre notava l’espressione basita del ragazzo. «Se non riesci a controllare due arti, dubito che potrai andare molto lontano da qui.»

BB serrò la mascella. Non avrebbe mai potuto immaginare che qualcuno potesse neutralizzare i suoi poteri in una maniera così basilare. Una gamba rotta ed un proiettile nel braccio. Non poteva trasformarsi in nulla senza che i danni dell’osso rotto, o del proiettile, si ripercuotessero su di lui. E in ogni caso, per fuggire avrebbe dovuto oltrepassare la donna, ma la pistola sulla scrivania gli faceva presagire che le cose non sarebbero state affatto facili.

«I miei amici mi troveranno! A quest’ora avranno già localizzato il mio...»

«Questo?» lo anticipò la donna, estraendo dalla tasca il trasmettitore del ragazzo, lasciandolo ammutolito. «Non preoccuparti, questo posto è completamente schermato. Nessun segnale entra od esce da questa cantina a meno che non lo voglia io. Nemmeno il tuo amico di metallo può fare molto per trovarci. Questo posto è invisibile. Il mio socio ha fatto un buon lavoro.»

«Socio?» domandò BB, inarcando un sopracciglio.

La donna spalancò gli occhi, poi fece una smorfia e distolse lo sguardo. «Ho detto troppo.»

Si avviò verso la scrivania, ignorando il ragazzo imprigionato. «Ehi!» protestò questo, mentre l’assassina si sedeva. «Beh, quindi che intenzioni hai? Vuoi chiedere un riscatto? Io in cambio di quel tizio che vuoi tanto uccidere?»

La donna cominciò a battere la tastiera del portatile. «Fa silenzio» sbottò, semplicemente.

«Non sto zitto quando Corvina mi minaccia, secondo te lo faccio perché me lo ordini tu?!»

«Quando la tua amica minaccia di ucciderti non è sincera. Io invece sì. Sta zitto.»

«Ah quindi vorresti uccidere anche me?» incalzò ancora BB, stringendo l’unica mano che ancora riusciva a muovere a pugno. «Certo, mi pare giusto, d’altronde a te che cosa cambia uccidere qualcuno in più, ormai? Dopotutto quelli che hai ucciso erano solo persone, con famiglie, figli che li aspettavano a casa, con delle vite, non valevano niente, vero?»

«Zitto...» rantolò la donna, smettendo di scrivere e chinando il capo.

«Così come tuo marito, neppure lui non contava niente per te, dico bene?»

La donna si irrigidì di colpo. Solamente dopo che la vide comportarsi così, BB intuì che forse aveva esagerato. La Mantide abbassò lentamente il portatile, poi si alzò dalla sedia, sempre con il capo chino e i capelli che le cadevano di fronte al volto, rendendo di fatto impossibile guardarla in faccia. Si avvicinò lentamente al ragazzo, per poi drizzare il capo e osservandolo tra le ciocche di capelli con sguardo glaciale.

«Non... nominare mio marito.» Si mosse fulminea, BB non ebbe nemmeno il tempo di sbattere le palpebre che si ritrovò lo stivale della donna premuto contro la gamba rotta. L’assassina cominciò a schiacciare con il piede l’arto del giovane, facendolo urlare di dolore. Il mutaforma cercò di dimenarsi, ma ciò non fece altro che arrecargli ulteriore sofferenza.

«MAI PIÙ!» urlò ancora la criminale, rigirando la suola della calzatura sopra la gamba martoriata di BB, costringendolo a gridare ancora più forte.

Quando finalmente la donna liberò l’arto e quel supplizio cessò, il mutaforma gemette ancora per il dolore, con le lacrime agli occhi.

«Hai ragione, mi servi e forse non ti posso uccidere...» sussurrò ancora la Mantide, chinandosi di fronte a lui e afferrandogli il volto per il mento, costringendolo a guardarla. BB rabbrividì quando vide i suoi occhi iniettati di sangue. «... ma sappi che non esiterò un solo istante a farti male, se necessario. Quello che hai appena avuto era solo un assaggio. E adesso taci, o la prossima cosa che ti romperò non si potrà aggiustare tanto facilmente.»

Il mutaforma deglutì. Non aveva affatto intenzione di sapere a cosa si riferisse la sua aguzzina, quindi rimase in silenzio, con ancora la gamba, ed anche il braccio, che non accennavano a smettere di fargli male.

La donna si alzò, per poi allontanarsi da lui, ma questa volta puntò direttamente alle scale. Tornò al piano superiore, lasciando sulla scrivania il trasmettitore del ragazzo e il computer ancora acceso. Mentre saliva, la vide portarsi una mano di fronte al volto, ma non per scostarsi i capelli o cose di quel genere, bensì per strofinarsela sotto agli occhi.

BB dischiuse le labbra. Stava... piangendo?

La Mantide finì di salire e svanì dal campo visivo del mutaforma, che rimase ancora con lo sguardo fisso sul punto in cui lei si era trovata un attimo prima. Poco dopo, però, scosse la testa. No, non stava piangendo. Che motivo avrebbe avuto una pluriomicida come lei di mettersi a piangere? Una come lei non poteva provare emozioni. O no?

Le parole di Robin durante la loro riunione nella Main Room rimbombarono nella sua mente all’improvviso, strappandogli una smorfia.

Sospirò pesantemente e appoggiò di nuovo il capo contro il muro, decidendo di lasciar perdere la questione. Sperò di poter recuperare un po’ di forze al più presto. Se era vero che i suoi amici non potevano trovarlo, allora avrebbe dovuto fare da solo. Ma in quel momento, tra il dolore al braccio e alla gamba, l’idea di muoversi anche solo di poco gli dava il voltastomaco.

E comunque, a giudicare da come la Mantide aveva reagito alle sue provocazioni... forse poteva perfino essere più utile da prigioniero che da libero. Aveva perfino scoperto che la donna aveva un socio. Magari sarebbe riuscito a farla parlare ancora, o magari lei stessa avrebbe finito con il farsi scappare qualche informazione preziosa.

Un sorrisetto con tanto di canino sporgente si dipinse sul volto del ragazzo. Sì, aveva appena avuto un’idea.



***



La sera era scesa ormai. Robin, Stella, Cyborg e Corvina erano radunati, avvolti nel silenzio, cupi in volto. Di Beast Boy non avevano trovato alcuna traccia. Nessuno sapeva o aveva visto nulla. Era quasi come se sia lui che la Mantide fossero svaniti. Ripensare a ciò che era successo quel giorno e a come il loro compagno fosse stato portato via da quell’assassina faceva ribollire il sangue di tutti loro, in particolare di Robin. Tuttavia, la rabbia avrebbe dovuto attendere, perché la persona che stavano attendendo mentre erano appostati su quel tetto si fece finalmente viva.

Page uscì dalla porta della sua lussureggiante villa guardandosi attorno furtivo. Diversi uomini in divisa elegante lo raggiunsero, coprendolo e facendogli da scudo umano mentre lo scortavano verso la sua limousine. Non fu una lunga camminata, ma l’uomo per tutto il tempo si mosse come se ogni passo avrebbe potuto essere l’ultimo.

Non appena raggiunse il veicolo, uno dei suoi gorilla armati aprì la portiera, invitandolo ad entrare. L’uomo abbassò la testa e fece per infilarsi sui comodi sedili, ma qualcuno alle sue spalle lo chiamò: «Page.»

Il COO trasalì, voltandosi di scatto. Tutte le sue guardie del corpo avevano infilato simultaneamente la mano all’interno delle loro divise, pronte ad estrarre la pistola, ma non appena si resero conto di chi avevano di fronte, parvero tutti tranquillizzarsi.

I Titans erano lì, nel cortile della villa, di fronte a loro. Da dove fossero sbucati fuori senza che nessuno dei suoi uomini se ne fosse reso conto, probabilmente Page non lo avrebbe mai scoperto.

Robin, colui che lo aveva chiamato, fece un passo avanti. «La Mantide è scomparsa» comunicò, freddamente. «Abbiamo perso ogni traccia di lei dopo questo pomeriggio.»

Page annuì. «Sì, sono stato informato di ciò. La vostra presenza deve averla intimorita al punto da spingerla a nascondersi.»

«Tornerà, è solo questione di tempo.»

«Non ha più importanza ormai.» Page sorrise beffardo. «I miei uomini stanno per scortarmi all’aeroporto, al mio jet privato. Tra meno di due ore sarò già molto lontano da qui. La Mantide aveva solo una possibilità, e l’ha sprecata. Grazie per avermi salvato la vita, tra l’altro. Se siete qui per la ricompensa, allora temo che dovrò deludervi: ci vorrà qualche giorno perché possiate averla, ci penserà uno dei miei uomini a…»

«Non siamo qui per quello» si intromise Cyborg. «Marianne ha rapito il nostro compagno.»

Larry annuì, mesto. «Ero a conoscenza anche di questo fatto. Purtroppo però, non c’è nulla che io possa fare per voi. Potete stare tranquilli, comunque, sono certo che non lo ucciderà. Non eliminerebbe mai qualcuno del calibro di un Titans a gratis.»

«Questa è una buona notizia, suppongo…» mugugnò Corvina.

«Ma certo che lo è, amica Corvina!» esclamò Stella, accigliata.

«Bene» annuì Robin. «Ma non siamo qui nemmeno per questo, Page. Vogliamo farti una domanda.»

«Certo, chiedete pure, ma vi prego di sbrigarvi» rispose l’uomo, per poi sorridere. «Sapete, no, io sarei pur sempre ancora in pericolo di morte, in questa città…»

«Non ci vorrà molto» lo rassicurò il leader, sollevando una mano. Si avvicinò di qualche passo al COO, per poi indurire la sua espressione. «Perché la Mantide vuole davvero ucciderti?»

Page parve leggermente spiazzato da quella domanda. «Che significa "davvero"? Ve l’ho già spiegato il motivo, qualche mio concorrente deve averla assoldata per…»

«Questa è la storia che già ci ha raccontato e, francamente, fatichiamo un po’ a crederci. Vorremmo sapere se c’è dell’altro che dovremmo sapere da lei, più precisamente riguardo Marianne e l’omicidio di suo marito.»

Il COO corrucciò la fronte. Deglutì e parve anche irrigidirsi. La sua espressione dapprima quasi altezzosa e rilassata cominciò ben presto a svanire, rimpiazzata da una molto più fredda e distaccata. Osservò il gruppo di ragazzi per un breve momento, per poi, infine, abbozzare un tenue sorriso. «Vi chiedo di scusarmi, ma ora devo proprio andare. Tra due giorni avrete la vostra ricompensa. Arrivederci, e grazie ancora.»

L’uomo si voltò e si sedette sulla limousine. Una delle guardie chiuse immediatamente la portiera, ed ogni protesta che avrebbe potuto nascere tra i Titans morì assieme a quel gesto. La limousine partì, seguita da un SUV parcheggiato dietro di lei, e nel giro di poco tempo i Titans e qualche guardia furono gli unici a rimanere lì.

«Siete pregati di lasciare questa proprietà» comunicò loro una guardia con il capo rasato, indicando il cancello automatico dal quale le auto erano uscite. 

Robin assottigliò le labbra, ma non replicò.

«Ma lui non ci ha risposto!» esclamò Stella, accigliandosi. «Noi non…»

«Non importa, Stella» la fermò Robin, sollevando una mano. «Ce ne andiamo.»

La tamaraniana si calmò, osservando la reazione del leader, ma rimase comunque imbronciata. I ragazzi si avviarono all’uscita del cortile, ed una volta fuori, ritornarono sul tetto dove si erano appostati poco prima.

 

***

 

BB non ricordava di essersi appisolato, ma non appena si svegliò e si rese conto che la cantina in cui era rinchiuso non era stata affatto parte di un brutto sogno, una smorfia scappò dalle sue labbra. Anche il dolore alla gamba e al braccio non erano minimamente cessati. Una cosa che notò, tuttavia, erano le garze pulite che coprivano il foro del proiettile. Il verdolo sollevò un sopracciglio, per poi realizzare che doveva essere stata la sua aguzzina a mettergliele mentre era assopito.

Il mutaforma non riuscì a comprendere il perché di quel gesto. Lo aveva fatto per pietà? O perché le serviva il più intatto possibile? O forse, semplicemente, per gentilezza? BB sospirò, appoggiando il capo contro il muro. Non aveva alcuna importanza perché lo avesse fatto. Finché era suo prigioniero, ed immobilizzato in quel modo, la sua unica preoccupazione sarebbe dovuta essere come fuggire da lì. O, ancora meglio, a come estorcere più informazioni possibili alla Mantide.

Fece viaggiare il proprio cervello a tutta velocità, cercando di pensare alle giuste parole da dirle una volta che l’avrebbe rivista, ma non gli venne in mente nulla. Non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto convincerla a portarla dalla sua parte e dirgli tutta la verità. Però avrebbe dovuto provarci. Già aveva commesso l’idiozia di farsi rapire, non voleva andarsene da lì, o farsi salvare dai suoi compagni, a mani vuote. Informazioni voleva, ed informazioni avrebbe avuto.

Non seppe per quanto tempo rimase a riflettere su cosa fare, prima che la porta della cantina si aprisse di nuovo e la Mantide cominciasse a scendere. Come l’ultima volta che l’aveva vista, aveva il viso completamente scoperto ed in bella vista, se non per qualche ciocca di capelli ribelle. Non appena i loro sguardi si incrociarono, Marianne si lasciò scappare un grugnito. «Sei sveglio.»

BB annuì lentamente. La Mantide distolse lo sguardo da lui, dirigendosi al computer. Si sedette e cominciò ad utilizzarlo, battendo sulla tastiera e spostando il cursore sullo schermo.

«Hai estratto il proiettile?» domandò il mutaforma all’improvviso, rompendo il silenzio.

«No» sbottò lei, senza neanche staccare gli occhi dallo schermo.

«Mi sono addormentato con ancora il proiettile nel braccio?» interrogò ancora Beast Boy. «Sarei potuto morire!»

«Ma non è successo» replicò la donna. «E ora sta zitto.»

«Mi si infetterà il braccio!»

«Sta zitto!» esclamò la Mantide, finalmente voltandosi. «Se apri ancora la bocca, giuro che il prossimo buco te lo apro in fronte!»

«Naturalmente!» sbottò ancora Beast Boy, abbozzando un sorriso sarcastico. «Tanto che differenza può fare per te uccidere una persona in più? Hai strappato via un sacco di uomini innocenti alle loro famiglie, ai loro figli e mogli, quanto potrà esserti difficile uccidere qualcuno che…»

«STA ZITTO!» gridò Marianne, alzandosi in piedi con uno scatto e lanciandogli addosso un coltello estratto da chissà dove. La lama si piantò sul muro, ad una spanna di distanza dalla guancia di BB, che si interruppe di scatto, deglutendo. Non seppe dirsi se l’avesse mancato di proposito oppure no. Avrebbe sospettato di sì, ma lo sguardo omicida della Mantide lasciava presagire il contrario.

«Tu non sai niente!» Marianne si avvicinò minacciosa a lui, afferrando la pistola rimasta sulla scrivania. Gli si inginocchiò di fronte, puntandogliela alla gola. «Se davvero credi che le persone che ho ucciso fossero innocenti, allora tu non hai capito assolutamente nulla! È vero, l’ho fatto. Li ho strappati via dalle loro famiglie. Ma anche loro hanno…» Marianne si interruppe all’improvviso. Parve esitare. La mano che teneva la pistola tremolò leggermente, e la donna si ritrasse da lui grugnendo infastidita. Gli diede le spalle, chinando il capo. Strinse i pugni con forza, fino a far sbiancare le nocche, poi scosse lentamente la testa. «Non devi credere a tutto quello che ti dicono, ragazzino. Se pensi che io sia orgogliosa di ciò che ho fatto, allora ti sbagli di grosso.»

BB schiuse le labbra, mentre Marianne ritornava lentamente alla scrivania. Le parole della donna… lo avevano lasciato di sasso. «Che… che intendi dire? A cosa non devo credere?»

«Gli serviva un capro espiatorio, qualcuno su cui scaricare la colpa, qualcuno di plausibile.» Marianne appoggiò la fronte contro il palmo, quasi come se fosse in trance. Non sembrava nemmeno più rendersi conto della presenza di Beast Boy. «Nessuno mi ha mai creduto. Le prove contro di me erano troppo schiaccianti.»

«Ma di che cosa stai parlando?» interrogò ancora BB. Più Marianne parlava, e più i pensieri di Beast Boy si dividevano in due. Da una parte era convintissimo di star lentamente capendo dove la donna volesse andare a parare, e dall’altra, invece, era sempre più convinto di stare per sbagliare clamorosamente.

«Io non ero in casa, quella notte.» Marianne tirò su con il naso, per poi singhiozzare sommessamente. «Ero fuori città, quel fine settimana, sarei tornata solamente il lunedì successivo. I filmati erano stati manomessi, mostrando quelli di una settimana prima, e l’allarme disinserito.»

BB sgranò gli occhi, finalmente realizzando di cosa stesse parlando. «Q-Quindi non… non sei stata tu…»

Marianne singhiozzò nuovamente, questa volta più forte. «Io… io lo amavo… lo amavo così tanto… volevamo… volevamo un figlio… era tutto così… perfetto… e loro… loro…» La donna strinse i pugni, digrignando i denti. «Me l’hanno portato via!» gridò, voltandosi di nuovo verso il mutaforma.

Non appena la rivide in faccia, non appena vide gli occhi rossi dal pianto e la sua espressione non più fredda, bensì stanca, spossata, quasi disperata, a Beast Boy tornarono in mente tutte le parole di Robin, durante la loro riunione. E in quel momento, BB realizzò che ciascuna di esse non potevano essere più vere. La Mantide… Marianne… non aveva davvero ucciso suo marito. Non era una semplice mercenaria a cui importava solo dei soldi.  

«Chi… chi è stato allora?» domandò ancora il mutaforma. «Chi… chi ha ucciso tuo marito? Chi…» BB si interruppe di colpo, colpito da un’illuminazione. La risposta era talmente semplice, ed ovvia, che sembrava quasi inverosimile. «Page…» sussurrò, più a sé stesso che alla donna.

La Mantide sospirò rumorosamente. «Jonathan era un uomo potente tanto quanto Page, anche di più, all’epoca, e di questo Page era spaventato. Mio marito aveva cominciato ad inglobare molte aziende sul suolo americano, aziende che per Page erano importanti. E lui… realizzando che presto o tardi sarebbe arrivato anche il suo turno, ha… ha deciso di farlo eliminare. Ma non è stata una decisione solamente sua. Gli uomini che ho ucciso… quei direttori, general manager, COO… erano tutti coinvolti in questa faccenda. Si sono uniti contro mio marito, ed hanno corrotto chiunque avrebbe potuto rappresentare un problema per loro. Quella notte, un altro assassino si è introdotto in casa mia, e ha pugnalato mio marito. Il giorno dopo, io ero su tutti i notiziari. Il fatto che fossi fuori casa non ha fatto altro che accrescere i sospetti su di me. E quando… quando ho capito che… che non avrei avuto giustizia…» continuò la donna, abbassando di nuovo la testa.

«… quando ho capito che nessuno mi avrebbe mai ascoltata, o creduto… ho deciso che avrei fatto da sola. Ho imparato ad usare le armi, ho imparato a combattere, giurando a me stessa che i responsabili della morte di mio marito avrebbero pagato. Io non sono una mercenaria, io non ho mai lavorato per nessuno eccetto me stessa. Tutte le voci che hanno sparso su di me sono false, dalla prima all’ultima, atte solo a dipingermi come un mostro senza cuore a cui importava solo dei soldi.»

Più la donna parlava, più il quadro appariva nitido agli occhi del mutaforma. La Mantide non era stata assunta da un rivale di Page per farlo fuori. La Mantide voleva Page non per denaro, ma per vendetta. E sempre Page, responsabile dell’omicidio di Jonathan Neigns, sapeva che la Mantide lo avrebbe sicuramente fatto fuori, se non si fosse rivolto a qualcuno come i Titans per essere protetto. 

«Come… come hai scoperto che si trattava di Page?» domandò ancora BB. «Insomma… hai delle prove, o…»

«Sono stata aiutata» tagliò corto Marianne. «Da qualcuno a cui il conto di mio marito interessava parecchio. Sono stata contattata da lui, da una cabina telefonica dispersa nel mezzo dell’Ontario. Mi ha detto dove andare e cosa fare se avessi voluto vendetta. Lui mi vedeva e mi sentiva ovunque andassi. Ha seguito tutti i miei passi, aiutandomi a trovare l’assassino, e l’assassino mi ha detto i nomi di tutti gli uomini coinvolti.»

BB schiuse le labbra, sorpreso da quella nuova parte della storia. «Questo... questo qualcuno sarebbe il tuo socio?»

«Sì.» La donna annuì. «Ma non ti dirò di chi si tratta. Non potrei farlo nemmeno se volessi. Questo tizio è come un fantasma, non esiste agli occhi di nessuno stato. Probabilmente mi ha pure dato un nome falso.» Marianne incrociò le braccia, tornando seria in volto. «Il conto bancario di mio marito era stato chiuso, ma lui mi ha detto che non avrebbe avuto problemi ad arrivarci, con il mio permesso ovviamente. È stato un vero gentiluomo, se devo essere onesta. Così, siccome non me ne importava nulla dei soldi, ho lasciato che si prendesse tutto ciò che voleva dal conto, in cambio del suo aiuto per trovare tutte le persone coinvolte in questa faccenda. In un certo senso, per tutto questo tempo è stato il mio angelo custode.»

Un sorriso amaro nacque sul volto della donna, dopo quell’affermazione. «Ironico, vero? Tra tutte le persone che ho incontrato, l’unico individuo a credermi e ad aiutarmi in tutto questo tempo è stato un criminale. Poliziotti, vecchi amici di mio marito, i miei stessi familiari… tutti mi hanno voltato le spalle, e mi hanno denunciata alla polizia ogni volta che ho provato a telefonare ad uno di loro.»

Marianne scosse lentamente la testa, strofinandosi nuovamente la mano sotto agli occhi. «Tutti mi hanno abbandonata… anche le persone con cui ho trascorso quei giorni fuori casa hanno negato tutto…» Drizzò il capo, puntando i suoi occhi lucidi dal pianto su di BB. «Almeno… almeno tu, credi a questa storia?»

Beast Boy esitò. Era una storia ai limiti della realtà. Una donna distrutta, privata di tutto ciò che aveva, sola contro il mondo, che si trasformava in una killer per vendicare il marito fatto uccidere da un gruppo di dirigenti di grosse multinazionali, diventando, oltretutto, maledettamente brava in quel mestiere.

E per chiudere il cerchio, un individuo misterioso, un fantasma, un mago dell’informatica che seguiva i suoi passi, che la aiutava a trovare i suoi bersagli e che le diceva come muoversi. Sembrava tutto assurdo. Eppure le parole della Mantide, le sue lacrime e il chiaro dolore che aveva dimostrato di provare per la scomparsa del marito, avrebbero reso convincente anche la più assurda delle storie.

«Sì… ci credo» mormorò infine BB, annuendo lentamente.

Quella risposta parve stupire leggermente Marianne. Dopo un attimo di esitazione, anche lei annuì. «Bene. Ora sai la verità. Sei contento adesso?»

BB rimase spiazzato da quel quesito. Era vero, ora sapeva tutta la verità. La cosa anziché rassicurarlo, tuttavia, lo lasciava parzialmente a disagio. «Perché… perché hai deciso di parlare?»

«Perché avevo bisogno che qualcuno mi ascoltasse…» Il cellulare di Marianne vibrò in quell’istante, interrompendola. La donna lo estrasse e osservò lo schermo per un istante, assorta. Pigiò qualche volta il dito sullo schermo, poi lo rimise via. Riportò lo sguardo su Beast Boy e proseguì: «E anche perché presto questa storia non avrà più importanza.» Marianne si avviò nuovamente verso di lui, ed estrasse il coltello rimasto piantato nel muro.

Non appena BB la vide compiere quel gesto, sgranò gli occhi. «E-Ehi! Che vuoi fare?! Ehi!»

«Sta calmo» intimò Marianne, estraendo un fazzoletto dalla tasca e strofinandolo sulla lama del coltello. «Se ti agiti farà solamente più male.»

«Cosa?!» urlò Beast Boy, realizzando cosa stesse per succedere. «Mi vuoi uccidere così?! Dopo tutto quello che mi hai detto?!»

«Sta. Zitto.» Marianne si inchinò di fronte a lui, cominciando a rimuovere le garze attorno al suo braccio.

«Io non sto zitto! Posa quel coso! POSALO SUBITO!» BB cominciò ad urlare e a dimenarsi, anche se tutto ciò non fece altro che arrecargli ancora più dolore alla gamba e al braccio. Penso a che animale trasformarsi per liberarsi da quell’impiccio, ma a causa del dolore non riuscì a ragionare lucidamente.

«Ti ho detto che devi calmarti!» esclamò Marianne, affondando il coltello nella sua carne.

BB strinse le palpebre ed urlò a perdifiato.

 

***

 

«Avevi ragione, Robin» cominciò Cyborg, una volta che Page fu lontano, incrociando le braccia. «Questa storia puzza di bruciato fino a qui.»

«Quel tizio ci nasconde qualcosa» concordò Corvina, facendo smarrire lo sguardo verso la miriade di strade, luci e semafori in cui la limousine si era smarrita.

«Che facciamo adesso?» domandò infine Stella.

Robin incrociò le braccia, sospirando. «Dobbiamo seguirlo fino all’aeroporto. Questa è l’ultima possibilità che la Mantide ha per eliminare il suo bersaglio, e sono certo che non se la farà sfuggire. Dobbiamo catturarla, farci dire dove ha portato BB, e dopo potremo anche…»

«Robin!» Cyborg interruppe il leader, che si voltò sorpreso.

«Che succede?»

Il titan bionico stava armeggiando con l’occhio robotico, assorto. Non appena parlò, un gemito sorpreso si sollevò tra il resto del gruppo: «Il localizzatore di BB si è riacceso.»

I ragazzi si guardarono tra loro, sorpresi. «Dove si trova?» domandò Robin.

«Il segnale proviene da un quartiere nella periferia, ad Est della città. Non capisco, però, là non c’è nulla che possa interferire con la trasmissione. Come ha fatto a rimanere schermato per tutto questo tempo?»

«Qualcosa non quadra» mugugnò il leader.

«Che sia una trappola?» suggerì Corvina.

«O quello, o un modo per sviare la nostra attenzione da Page.» Robin strinse i pugni, per poi osservare la squadra. «Non possiamo andare tutti là. Il segnalatore di BB è rimasto disattivato per tutto il giorno, non può essere una coincidenza che si sia riattivato proprio adesso. Corvina, tu va alla sorgente del segnale, ma fai attenzione. Se trovi BB, assicurati che stia bene. In ogni caso, contattaci non appena scopri cosa sta succedendo laggiù. Noialtri seguiremo la limousine. Tutto chiaro?»

I Titans annuirono, al che Robin fece lo stesso. «Molto bene, muoviamoci!»

 

***

 

Urlò ed urlò, per quelli che parvero minuti interi, fino a quando i suoi polmoni non riuscirono più a reggere. Il braccio gli faceva un male terribile, pensò che se avesse continuato in quel modo avrebbe perfino potuto morire dal dolore.

Non appena ebbe quel pensiero, tuttavia, riaprì lentamente gli occhi. Se provava dolore, significava che era ancora vivo. La Mantide riapparve nel suo campo visivo, il suo volto incredibilmente vicino a quello del mutaforma. Da lì, sembrava ancora più bella. Pareva quasi un angelo. Al che pensò di essere davvero morto e di essere finito in paradiso, ma quando vide la lama della donna conficcata nel suo braccio, capì che tutto quello era più vero che mai.

«Ti avevo detto di stare calmo» asserì Marianne, mentre muoveva il coltello nella ferita del mutaforma, arrecandogli quelle fitte di dolore terrificanti. Quando la lama, poi, si fermò contro qualcosa di molto più duro della carne, un altro urlo scappò dalle labbra del verdolo.

«Eccola.» La Mantide fece leva con la lama, strappando un altro grido al ragazzo, fino a quando il corpo estraneo incontrato dal coltello non saltò fuori dalla ferita. BB osservò la pallottola che era rimasta conficcata dentro di lui rotolare sul pavimento, senza parole.

Marianne gettò il coltello a terra e si rialzò in piedi, dirigendosi verso la scrivania. «Ti consiglio di aspettare l’arrivo dei tuoi amici, prima di ricominciare a muoverti» cominciò a spiegare, mentre si preparava.  Mise la pistola nella tasca interna della giacca ed afferrò il passamontagna e gli occhialoni da sciatore. «Sono certa che loro sapranno rattopparti come si deve.»

«A-Aspetta! I miei amici? Cosa cavolo…»

«Addio Beast Boy.» Marianne sospirò, per poi guardarlo un’ultima volta. Abbozzò un sorriso. «Grazie per avermi creduto.»

La Mantide salì di corsa le scale, prima che BB potesse dire o pensare qualsiasi altra cosa. Il mutaforma rimase immobile, con il fiato grosso e la fronte madida di sudore freddo.

Che cosa diamine era appena successo? Cosa c’entravano i suoi amici? Perché aveva estratto il proiettile? BB ripensò alle parole della donna. Nulla aveva più importanza, ormai. Il ragazzo sgranò lentamente gli occhi. Non c’erano molti posti in cui sarebbe potuta andare, quella sera, soprattutto considerando che Page avrebbe lasciato la città da un momento all’altro.

«No…» mormorò, cercando di alzarsi in piedi, venendo tuttavia trattenuto dal dolore alla gamba e dalla catena. Beast Boy gemette e rimase a terra. Non poteva lasciare che Marianne uccidesse quell’uomo, non importava quali motivazioni la spingessero. Doveva liberarsi e raggiungerla. A conti fatti, lui era l’unico che avrebbe potuto scongiurare l’omicidio senza usare la forza. BB le aveva parlato, aveva ascoltato la sua storia e sapeva meglio di chiunque altro cosa lei stesse passando in quel momento. Ma con la gamba rotta, non sarebbe andato da nessuna parte, almeno non fino a quando…

«BB?» Una voce lo chiamò all’improvviso, interrompendo i suoi pensieri. Il ragazzo schiuse le labbra. Conosceva quella voce, la conosceva molto bene.

Corvina scese le scale, tenendo una mano sul corrimano, per poi allarmarsi quando si accorse di lui. «Beast Boy!»

«Corvina?» domandò lui, sorpreso. «Ma… cosa…»

«Che ti ha fatto?» chiese ancora lei, raggiungendolo ed inginocchiandosi di fronte a lui. Osservò il braccio insanguinato e poco dopo il proiettile ancora sporco, a terra.

«Non preoccuparti per il braccio» mugugnò lui, accennando con il mento alla gamba non incatenata. «Ho un osso rotto.»

La maga annuì. «Va bene. Resisti.» Posò il palmo della mano sul suo petto, per poi mormorare la sua classica formula magica.

«Abbiamo ricevuto il segnale del tuo trasmettitore pochi minuti fa» spiegò Corvina, una volta che BB fu di nuovo in piedi accanto a lei. Quanto era gradevole potersi muovere di nuovo senza sentire alcun dolore, per lui. «Credevamo che fosse una trappola, od un modo per distogliere la nostra attenzione, perciò Robin ha chiesto a me di venire da sola.»

«Credo che fosse proprio questo che Marianne avesse in mente» convenne il mutaforma, per poi sgranare gli occhi. «E gli altri dove sono andati?»

«Scorteranno Page fino all’aeroporto.»

«Oh, no…» mormorò BB. «Stanno facendo un errore!»

Corvina sollevò un sopracciglio. «Cosa? Perché?»

«È stato Page!» esclamò il ragazzo. «Page è il motivo per cui Jonathan Neigns è stato ucciso!»

La maga schiuse le labbra, ma BB non aveva ancora finito: «Dobbiamo andare da loro e dirgli la verità! Dobbiamo fermare Page, e dobbiamo anche impedire a Marianne di ucciderlo!» Il mutaforma cominciò a correre verso le scale, senza nemmeno attendere Corvina, che rimase indietro a guardarla stupita.

«BB? BB, aspetta! Dobbiamo fare rapport…» La ragazza smise di parlare, quando realizzò che BB era ormai distante anni luce.

Corvina sospirò, poi si affrettò a raggiungerlo.

 

***

 

Page era seduto nella sua limousine, intendo ad agitare nervosamente il bicchiere di liquore scuro che teneva in mano. Continuava a guardare freneticamente fuori dal finestrino, grugnendo e brontolando. «Possiamo andare più veloce?!» domandò, accigliato, all’autista che protestò qualcosa a proposito del traffico e dei semafori.

Il COO grugnì e si stravaccò contro lo schienale, per poi prendere un lungo sorso dal bicchiere.

Robin e Cyborg saltavano sui tetti per rimanere dietro alla macchina, mentre Stella volava come suo solito.

Finalmente, la limousine prese una strada meno trafficata, dove l’autista poté accelerare, seguito a ruota dal SUV della sicurezza.

«Accidenti!» esclamò Robin, vedendo la macchina distanziarli notevolmente. «Sbrighiamoci o la perdiamo!»

La limousine attraversò un paio di incroci a grande velocità. Page sospirò profondamente, tranquillizzandosi, fino a quando un forte rumore non gli fece drizzare la testa di colpo.

Una moto sbucò fuori all’improvviso dall’incrociò che stavano attraversando proprio in quel momento, tagliando loro la strada. Una moto nera, con il pilota vestito con una tuta e un casco del medesimo colore.

L’autista sterzò bruscamente per non schiantarcisi contro, facendo sbattere Page contro la portiera.

«AH, maledizione!» protestò l’uomo, rivolgendosi all’autista. «Guarda dove va…»

Il rumore di una raffica di spari lo costrinse a zittirsi e a buttarsi a terra, mentre i finestrini dell’automobile saltavano in aria, in una pioggia di vetri. La moto passò accanto alla limousine, il pilota con una pistola automatica in mano. Page urlò, mentre tutto quanto attorno a lui veniva fatto a pezzi dai proiettili. La limousine accelerò per allontanarsi da quell’inferno, ma slittò a causa delle ruote forate, e l’autista non riuscì a controllarla. La macchina si intraversò, cappottandosi, e andò a sbattere sul bordo della strada, rimanendo con le ruote all’aria.

La moto puntò poi il SUV. Il fuoristrada si fermò, le guardie scesero e fecero fuoco sul mezzo che si dirigeva a tutta velocità verso di loro. Il pilota sparò, costringendo gli uomini a trovare riparo, e approfittando della loro distrazione saltò a terra, lasciando che la moto schizzasse a tutta velocità verso la macchina. Notandola, le guardie si allontanarono di corsa.

L’individuo rotolò a terra, mentre la moto si scontrava con il SUV, esplodendo. Gli uomini armati gridarono, venendo sbalzati via, e crollarono tutti privi di sensi.

Il pilota spostò l’attenzione sulla limousine e vi si avviò a gran velocità, mentre sostituiva il caricatore usato della pistola con uno nuovo. Page strisciò fuori dalla macchina ribaltata, tossendo, con un brutto taglio sulla fronte.

«Ti ho beccato, finalmente» rantolò l’individuo, togliendosi il casco. Marianne mostrò il volto all’uomo, ringhiando di rabbia.

Page gemette, mentre la Mantide puntava la pistola su di lui.

«Mantide!» esclamò Robin, quando riuscirono a raggiungerla. Il leader e Cyborg erano in strada, intenti a correre verso di lei. La donna si voltò, ringhiando, e fece fuoco contro di loro. I due titans si scansarono, mettendosi al riparo, e Marianne fece per approfittarne per finire il lavoro, ma Page era sparito. La donna sgranò gli occhi quando si accorse di Stella, con Page stretto a sé, in volo. Doveva averlo salvato mentre era distratta. La donna urlò e puntò la pistola contro di loro, ma Robin arrivò alle sue spalle, colpendole il braccio con la sua asta e disarmandola.

Marianne si voltò e gli sferrò un calcio, ma Robin saltò all’indietro, evitandolo. Cyborg le puntò contro il suo cannone e fece fuoco, ed ora fu lei a scansarlo gettandosi a terra, di lato. Si rialzò con una capriola, mettendo mano alla tuta per cercare il coltello, sgranando gli occhi quando realizzò di averlo lasciato al suo rifugio, dopo aver estratto il proiettile da Beast Boy.

«Portalo all’aeroporto!» esclamò Robin, indicando Stella, che annuì.

«NO!» gridò Marianne, quando vide l’aliena allontanarsi con il suo bersaglio. Fece per inseguirli, ma Robin e Cyborg si frapposero, tagliandole la strada.

«Arrenditi Mantide! Non hai speranze!» esclamò il leader, facendo rotare l’asta.

L’assassina digrignò i denti, piegandosi, preparandosi per combattere. Vi fu un attimo in cui il tempo parve fermarsi, mentre Robin, Cyborg e Marianne si studiavano tra di loro con lo sguardo. La donna espirò, concentrandosi sul suono del suo respiro e il battito del suo cuore, mentre una goccia di sudore scivolava lungo la sua fronte. Infine, attaccò per prima, con un grido.

Robin non si fece cogliere impreparato e sferzò l’aria con l’asta, ma Marianne parò l’attacco con l’avambraccio, per poi roteare su sé stessa e disarmandolo con un calcio dritto al suo polso. Il leader dei Titans gemette e si piegò a causa dell’impatto, ma Cyborg intervenne prima che la Mantide potesse infierire ulteriormente. Sferrò un pugno che avrebbe potuto distruggere un muro, costringendo la donna a scansarsi e a dare spazio a Robin per riprendersi.

I due Titans cominciarono ad attaccare la donna in simultanea, un assalto tale che avrebbe portato la donna a difendersi e basta, portandola lentamente a prosciugare le proprie forze.

Marianne parava, schivava e deviata calci e pugni con l’ausilio di braccia, gomiti e gambe, mostrando un’agilità ed una tecnica pari a quella di Robin, anche se la forza e la stazza di Cyborg rimanevano comunque un impiccio notevole per lei.

La situazione rimase in stallo per diversi momenti, nessuna parte sembrava riuscire ad avere definitivamente la meglio sull’altra, fino a quando Cyborg non sferrò un altro pugno in cui, forse, aveva messo troppa forza. Quella fu esattamente l’apertura per contrattaccare di cui la Mantide aveva bisogno. Evitò il pugno e si voltò, infilando il braccio sotto la sua ascella ed afferrandolo per il polso, strattonando con forza. Sfruttando la forza e la velocità che il titan aveva usato per colpirla, Marianne fece da perno e lo capovolse. Cyborg urlò mentre il mondo si capovolgeva di fronte ai suoi occhi. Il ragazzo sbatté sul suolo con un tonfo sordo, emettendo un verso soffocato.

Robin tentò un calcio all’addome della Mantide, che bloccò la gamba a mezz’aria, per poi sferrare una gomitata esattamente in mezzo ad essa, producendo un suono orribile. Il leader gridò e cadde a terra, temporaneamente privato dell’ausilio della gamba. Cercò di risollevarsi sui gomiti, ma Marianne lo centrò in pieno volto con lo stivale, ribaltandolo.

I due Titans rimasero a terra, temporaneamente neutralizzati. La donna fece per recuperare la pistola, ma un raggio di luce verde la colpì alla schiena, facendola gridare. Cadde in ginocchio, ma non ci mise molto a rialzarsi, ringhiando. Si voltò, trovandosi di fronte Stella, sospesa a mezz’aria con occhi e mani illuminati di quel verde brillante.

«Ora devi vedertela con me!»

Malgrado tutto, la Mantide abbozzò un sorrisetto. «Non avresti dovuto portare Page al sicuro, ragazzina?»

«E lasciare che tu uccida i miei amici?!» Stella si fiondò su di lei. Marianne serrò la mascella e si scansò, evitando uno dei devastanti pugni dell’aliena, contrattaccando con un calcio al suo ventre scoperto. La rossa mugugnò di dolore e ruzzolò a terra, rialzandosi quasi subito. Digrignò i denti e gridò con quanto fiato aveva in corpo. Marianne distese il suo sorriso, quando la vide dirigersi nuovamente verso di lei. La donna evitò l’attacco ancora una volta, afferrandola però per le caviglie. Roteò su sé stessa e sfruttò la velocità di Stella per scaraventarla contro il bordo della strada. L’aliena sgranò gli occhi, ma ormai era troppo tardi. Si schiantò contro la vetrata di un negozio, trapassandola e andando a sbattere al suo interno.

Stella barcollò di nuovo in strada, con le mani sollevate, pronta a combattere ancora, ma non passò molto prima che crollasse a terra a causa dell’impatto di poco prima, anche lei priva di sensi. Marianne si chinò, riprendendo fiato, ignorando il bruciore alla schiena causato dal dardo dell’aliena. Recuperò la pistola e cominciò a correre, poggiandosi il dito contro l’orecchio. «Riesci a vederlo?» domandò al socio fino a quel momento rimasto in ascolto.

«Sì. È piuttosto lontano, ma è conciato male, non dovresti metterci molto a raggiungerlo. Procedi di quattro isolati e poi svolta a destra.»

Marianne annuì. «Vado.»              

La donna lasciò la zona, e i tre Titans, alle sue spalle.

 

***

 

«Questa storia è assurda» commentò Corvina, mentre volava accanto a BB, trasformato in aquila.

«Lo so, ma è vero» replicò il mutaforma, che quasi aveva scordato quanto magnifico fosse volare. «Page ha fatto uccidere il marito di Marianne. Lei vuole solo vendetta.»

«Dobbiamo comunque fermarla» asserì la maga, calma. «Rimane pur sempre una criminale. La prenderemo, e poi faremo quattro chiacchiere anche con Page.»

BB annuì, concordando con lei.

Viaggiarono ancora per qualche istante, prima di scorgere un’auto in fiamme sotto i loro occhi. I ragazzi la osservarono sorpresi, rimanendo ancora più sconvolti quando si accorsero dei loro compagni a terra, svenuti.

I due Titans scesero in strada, riassumendo forme umane, soccorrendoli. Della Mantide, e di Page, nessuna traccia. Accorgendosi della loro assenza, BB si allarmò. «Corvina!» esclamò, facendola voltare verso di lui. Beast Boy indicò i loro amici. «Li lascio alle tue cure, io vado a cercare la Mantide! Se è a piedi non può essere lontana!»

Corvina lo osservò per un momento, pensierosa, per poi guardarsi attorno. Oltre ai loro tre compagni, anche gli uomini di Page, poco distanti da loro, sembravano messi male, e doveva controllare se l’autista della limousine fosse ancora tutto intero. La maga annuì lentamente. «D’accordo, ma stai attento: hai visto cos’ha fatto ai nostri amici, non farti ridurre così anche tu.»

«Non preoccuparti.» BB si trasformò nuovamente, rialzandosi in volo, mentre aggiungeva, a bassa voce: «Lei non mi farà del male.»

Si allontanò da tutti loro, mettendosi sulle tracce di Marianne. Sperava di poterla fermare, di poterle impedire di compiere un altro omicidio, ma soprattutto sperava che potesse farlo solamente parlandole. Lui aveva scoperto il suo lato più umano, non molto tempo prima, lei stessa glielo aveva mostrato. Forse non avrebbe dovuto combatterla, se solo fosse riuscito a tirare di nuovo fuori quel lato più intimo di lei, facendole capire che, per quanto stesse soffrendo, l’omicidio non era la risposta, e che ancora non era tardi per redimersi.

Salì in cielo fino a quando non riuscì ad avere una visuale più chiara dell’area, e si trasformò in un rapace per avere una vista più nitida. Non ci mise molto a scorgere un puntino correre verso nord, armato di pistola. BB grugnì, poi scese in picchiata.

 

***

 

Page zoppicò lungo un vicolo, tenendosi una mano sul braccio che non riusciva più a muoversi, il sangue che grondava dalla ferita e che andava a macchiare il lussuoso abito, già strappato in diversi punti. La Titan lo aveva scaricato in un vicolo, dicendogli di aspettarlo lì, perché voleva assicurarsi che i suoi compagni stessero bene, ed accorgendosi di come non avesse più fatto ritorno, l’uomo aveva deciso di proseguire da solo.

Maledisse la sua sfortuna per averlo condotto in quella schifosa situazione. Non sapeva nemmeno da che parte stava andando, l’unica cosa che voleva era allontanarsi da là al più presto, prima che quella psicopatica di Marianne lo trovasse.

Non appena girò l’ennesimo angolo, tuttavia, la fortuna lo tradì di nuovo: la Mantide sbucò fuori all’improvviso, centrandolo con un pugno in pieno volto.

L’uomo crollò a terra, coprendosi la faccia con un verso di dolore.

«Ora non puoi più scappare» rantolò la donna guardandolo truce, dall’alto.

Page realizzò cosa stesse davvero succedendo e cercò di allontanarsi da lei, strisciando all’indietro con gli avambracci. «T-Ti prego! Non… non puoi uccidermi!»

Il COO gridò quando la Mantide gli puntò contro la pistola, senza nemmeno rispondergli.

«Aspetta!» implorò ancora lui. «Ti darò… dieci milioni di dollari se mi lasci andare!»

Marianne si fermò di scatto, udendo quelle parole. abbassò la pistola, stordita. «Che… che cosa?»

«Sì, sì!» Page annuì come un forsennato, credendo di aver appena trovato la scappatoia che cercava. Si mise in ginocchio, congiungendo le mani come in segno di preghiera. «Dieci milioni, in contanti! Dimmi dove recapitarli, ed io…»

Non riuscì a finire la frase, perché un calcio lo centrò in pieno volto, spedendolo nuovamente sul suolo. L’uomo gemette di dolore, con le lacrime agli occhi e la bocca intrisa di sangue e diversi denti che mancavano all’appello.

«Tu… pensi davvero che…» Marianne strinse la pistola così forte da far sbiancare le nocche. «… che i soldi possano davvero placare la mia rabbia? Pensi davvero che per dieci schifosi milioni io possa perdonarti per ciò che hai fatto a mio marito?!»

La Mantide urlò, sferrandogli un altro calcio, strappandogli un grido strozzato. «Non accetterei NEMMENO PER UN MILIARDO, SCHIFOSO FIGLIO DI PUTTANA!» Marianne si chinò su di lui, per poi ficcargli la pistola in bocca, facendogli emettere un altro urlo, questa volta soffocato dalla canna dell’arma. Page ora iniziò a scuotere il capo con determinazione, con gli occhi intrisi di lacrime. Non c’era più alcuna traccia dell’uomo elegante, tranquillo e posato a cui tutti erano abituati. Ciò che stava mostrando in quel momento, era la vera natura dell’essere umano: proprio come per gli animali, il pericolo e la paura della morte lo stavano letteralmente facendo impazzire.

«È solo… una questione di soldi, per te, per voi, vero?» domandò Marianne, con un filo di voce, troppo arrabbiata per riuscire a controllarsi ed impedire che il tono si incrinasse. «Avete distrutto la mia vita… mi avete privata della mia identità, della mia dignità… mi avete dipinta come una mercenaria, il mondo ora mi conosce con il nome di un maledetto insetto cannibale… avete portato via mio marito, ed il figlio che non avrò mai… tutto solo per i soldi. Per gli stessi motivi per cui avete fatto credere ai telegiornali perché io agisca. Ma forse… è ora che tu capisca, Page… nulla è eterno. I soldi non sono eterni, e soprattutto, non sono una certezza.» Marianne si abbassò sull’uomo, arrivando a pochi centimetri di distanza dal suo volto. «L’unica, vera, certezza di questo mondo… è la morte.»

La donna si allontanò di nuovo da lui, per non sporcarsi troppo, ed avvicinò il dito al grilletto. Page strabuzzò le palpebre scosse il capo con ancora più insistenza, il volto ormai ridotto ad una maschera di sangue e lacrime.

Marianne chiuse gli occhi, una lacrima che rigava anche il suo viso. La pressione sul grilletto si fece ancora più insistente, ma una terza voce la costrinse ad allontanare il dito. «Marianne!»

BB era sceso appena in tempo, trovandosi di fronte quella scena desolante. La Mantide si voltò verso di lui, sorpresa. «Beast Boy?»

Il mutaforma avanzò verso di lei, sollevando le mani. «Ti prego, allontana quella pistola.»

Alcuni versi di assenso provennero da Page, cosa che non fece altro che far imbestialire ancora di più la donna. «Perché dovrei?!» sbraitò, spingendo ancora più a fondo la canna nella bocca del COO, che tentò nuovamente di urlare disperato.

«Perché dovrei risparmiare la vita di questo animale?!»

Beast Boy smise di camminare, esitando. «Perché… tu non sarai diversa da lui.»

Marianne assottigliò le labbra, mentre BB abbassava lentamente le mani. I due si guardarono negli occhi per un breve istante, poi il ragazzo accennò a loro con il mento. «Guardati, Marianne… guarda in che condizioni ti sei ridotta. E guarda come hai ridotto lui.»

La donna abbassò lo sguardo, osservando prima Page, poi sé stessa. Anche lei era piena zeppa di macchie di sangue, anche i suoi capelli ne erano incrostati. Aveva il fiato pesante, quasi rantolava, ed era fradicia di sudore. Aveva appena definito Page un animale, ma anche lei non si allontanava molto da tale appellativo. Tuttavia, quello era un lato di sé che, ormai, aveva imparato ad accettare. Che senso aveva, del resto, rimanere umana, quando non aveva più un valido motivo per farlo?

«Tu… non puoi capire…» mormorò, altre lacrime che scivolavano dai suoi occhi cristallini. «… non me ne importa niente, di cosa sono, o cosa sembro. Uccidere Page non mi restituirà Jonathan, ma questo verme non merita di vivere, non dopo ciò che mi ha fatto. Tu non puoi capire…» ripeté, con un sussurro.

«Sì, che capisco, invece» asserì BB, determinato.

Malgrado tutto, un sorrisetto nacque sul volto della donna. «Tu? Ma fammi il piacere. Cosa può saperne un moccioso come te di cosa ho passato io.»

«Anch’io ho perso una persona che amavo» spiegò il mutaforma, serio in volto. «So molto bene quello che stai passando, che tu ci creda o no.»

Marianne rimase in silenzio, a studiarlo. La mano ancora saldamente tenuta attorno alla pistola, ma il dito lontano dal grilletto.

«Avrei… dato qualsiasi cosa, pur di riaverla indietro…» proseguì BB, abbassando lo sguardo. «Ancora oggi, lo farei. Non passa giorno in cui io… non pensi a lei. E… il responsabile della sua scomparsa… è ancora a piede libero. Tu non… non hai idea…» Il verdolo strinse i pugni con forza. «… di quanto… vorrei potergli mettere le mani addosso. Ma non per ucciderlo, ma per sbatterlo in una cella e buttare via la chiave. È questo ciò che queste persone meritano, non la morte. Ogni volta che… che un assassino viene ucciso…» BB drizzò di nuovo la testa, tornando a fissarla negli occhi. «… il loro numero non cambia.»

La donna storse le labbra in un’espressione pensierosa, allentando la presa attorno alla pistola.

«L’hai detto anche tu, Marianne, nulla è eterno. Le cose cambiano. Io… l’ho imparato, mio malgrado. Vorrei che lo facessi anche tu.»

La pistola fu estratta dalla bocca di Page, che la richiuse con un gemito, sangue e saliva che macchiavano le sue labbra in un intruglio disgustoso. Marianne scosse lentamente la testa, con un sospiro. «Credi davvero che quest’uomo finirà in prigione, per ciò che ha fatto? Sborserà fior di quattrini pur di avere gli avvocati migliori del mondo.»

«Ci procureremo le prove» affermò BB, annuendo deciso. «Nessun avvocato potrà contestarle, te lo prometto. Tuo marito avrà giustizia.»

«Nemmeno il mio socio ha trovato qualcosa. Cosa ti garantisce che voi ci riuscirete?»

«Devi solo avere fiducia in noi.»

Marianne lo squadrò sorpresa, mentre un sorriso nasceva sul volto di BB. Lentamente, anche lei riuscì a ricambiarlo.

Le sirene delle voltanti della polizia cominciarono a farsi sentire in lontananza, facendo drizzare il capo della Mantide. La donna si guardò attorno, ma non cercò di scappare. Si alzò in piedi, lasciando cadere la pistola, e si avviò verso il mutaforma. Non sembrava avere cattive intenzioni, ma BB rimase comunque sull’attenti. Non appena fu abbastanza vicina, si ripulì la bocca con la manica della tuta, per poi distendere il suo sorriso. Annuì. «Va bene, BB. Voglio fidarmi di te.»

Anche il ragazzo distese il sorriso. Fece per rispondere, ma Marianne si chinò leggermente. Gli stampò un bacio sulla guancia, facendo letteralmente morire qualsiasi parola, pensiero, lucidità, razionalità, ogni cosa dentro di lui.

«E grazie» sussurrò al suo orecchio, suscitandogli una scarica di brividi dalla punta dei capelli fino alle piante dei piedi.

«E-Ehm… ehm… ahm… a… ah!» BB sgranò gli occhi, avvertendo un dolore piuttosto forte alla spalla. Spostò lo sguardo, scorgendo appena la mano della Mantide avvinghiata attorno ad essa. Aveva appena pizzicato il nervo. «Ah… ahhhh…» mormorò, le palpebre che si facevano pesanti.

BB crollò a terra, le guance lievemente arrossate, privo di sensi.

Marianne osservò dall’alto prima lui, poi Page. Sospirò. Mai avrebbe pensato che le cose sarebbero finite in quel modo. Mai avrebbe pensato che avrebbe risparmiato Page così, proprio in quel momento, quando era più vulnerabile che mai, ma non avrebbe tradito la fiducia di BB in quel modo. Si sarebbe fidato di lui, come lui si era fidato di lei. Quel ragazzino aveva qualcosa di speciale, doveva ammetterlo, e gli augurò di trovare una nuova persona in grado di amarlo davvero. Per lei, ormai, era troppo tardi, ma per lui l’avventura era solo all’inizio.

Mentre le sirene della polizia si facevano sempre più vicine, la donna corse via con un sorriso, lasciandosi alle spalle Page, BB e anche il suo stesso passato.

 

***

 

Page stava venendo caricato su un’ambulanza, mentre Robin, Stella e Cyborg erano riuniti, intenti a discutere con i paramedici ed alcuni poliziotti. BB osservava la scena distante, seduto sul marciapiede mentre si massaggiava infastidito la testa.

«Ti avevo detto di fare attenzione» sbottò Corvina, torreggiando su di lui a braccia conserte.

Il mutaforma fece una smorfia. «Se ti raccontassi cosa mi ha fatto per distrarmi, probabilmente non ci crederesti nemmeno…»

«Probabile» convenne la maga. «Se non altro hai salvato Page…»

«Dici che farà la fine merita?» domandò BB. «Voglio dire… ho promesso a Marianne che suo marito avrebbe avuto giustizia, però… forse Page è davvero troppo potente.»

Corvina storse le labbra. «Non lo so. Ma sicuramente Robin farà di tutto per vederlo dietro le sbarre, e Cyborg non farà fatica a raccogliere le prove che ci servono. Non ci resta che aspettare e vedere.»

BB annuì. «Credo tu abbia ragione.»

L’ambulanza partì in quel momento a tutta velocità, accendendo le sirene. Beast Boy la guardò allontanarsi, pensieroso. Robin, Cyborg e Stella li raggiunsero, con il primo che incrociò le braccia. «Rattopperanno Page. Non appena si sarà ripreso, potremo andare a trovarlo e fargli qualche domanda su questa faccenda di Jonathan Neigns.»

«E per la Mantide?» domandò Corvina.

«La scoveremo, non preoccuparti» rispose il leader. «Tuttavia, potrebbe cercare di uccidere di nuovo Page mentre è neutralizzato.»

«Non lo farà» asserì BB. «Se avesse voluto, lo avrebbe fatto mentre io ero svenuto nel vicolo, non credete? Lei confida sul fatto che Page verrà consegnato alla giustizia.»

«Forse hai ragione e uccidere Page non rientra più tra i suoi piani, ma è comunque fuggita, e noi non possiamo correre rischi. Ci converrà tenere occhio l’ospedale.»

Malgrado fosse contrario a quella decisione, consapevole del fatto che di Marianne poteva fidarsi, BB acconsentì con un cenno del capo. Non era affatto in vena di discutere con Robin in quel momento, ancora troppo stordito dagli ultimi avvenimenti.

Si massaggiò la guancia, non riuscendo, suo malgrado, a trattenere un sorrisetto idiota. Già, non se la sarebbe mai più lavata. I suoi compagni lo osservarono confusi, ma nessuno disse nulla.

Il mutaforma ripensò a cosa aveva detto alla donna, riguardo la persona che aveva amato. Terra. Chissà come stava, dove si trovava. Con un moto di nostalgia e malinconia, sperò che stesse bene, e che avesse davvero trovato tutta la felicità che si meritava. Se la meritava, dopo tutto ciò che aveva passato.

Si rialzò in piedi, cercando di allontanare la tristezza che quei ricordi generavano in lui, per poi rivolgersi agli amici. «Allora, che ne dite di una pizza? Offro io!»

«Certo, come no…» borbottò Cyborg, mettendosi entrambe le mani dietro il capo. «Lo dici tutte le volte che vuoi convincerci a mangiarla.»

«Ma questa volta è vero!» protestò BB, offeso.

«Dici sempre anche questo.»

Una tenue risata si sollevò tra il gruppo, mentre Beast Boy avvampava imbarazzato, ma non passò molto prima che anche lui si lasciasse andare insieme a loro.

I ragazzi si allontanarono. BB si guardò ancora una volta alle spalle, verso la rete di vicoli in cui Marianne era sparita, e sorrise. «Buona fortuna, Marianne.»

 

***

 

«Che intendi fare, ora?» domandò la voce nel suo orecchio. «Davvero vuoi lasciare carta bianca a quei fenomeni da baraccone? Non troveranno un bel niente, lo sai meglio di me.»

«Mi ha chiesto di avere fiducia, e fiducia gli darò» sbottò Marianne, calpestando un altro mozzicone di sigaretta. La donna buttò fuori un’altra nuvola di fumo, mentre osservava la città notturna dall’alto, sul tetto di quel grattacielo. Quello sarebbe stato un punto perfetto per uccidere qualcuno, pensò. Peccato solo che avrebbe voluto distanziare sé stessa da quell’attività il più presto e lontano possibile.

«Beh, come vuoi tu, Mary-Mary. Io la mia parte l’ho fatta.»

«Sì, e ti ringrazio. Non sai che aiuto mi hai dato.»

«Lo so bene, invece. Sono stato io a dartelo.»

Marianne ridacchiò, senza rispondere.

«Ma credo sia ora di prendere strade separate, se non ti dispiace. In ogni caso, aspettati altri contatti da parte mia, in futuro. Potremmo di nuovo avere bisogno l’uno delle capacità dell’altra.»

«Va bene, ma niente omicidi.»

«Non preoccuparti, anche azzoppare andrà bene. Ci vediamo, Marianne. Non farti beccare.»

«Ci vediamo» salutò Mary, avvicinando il dito all’auricolare. «E riguardati, Dom.»

«Contaci.»

L’hacker staccò la chiamata, mentre l’ormai ex Mantide afferrava l’apparecchio acustico, per poi distruggerlo. Sorrise alla città, in particolare all’enorme T gialla smarrita in lontananza. «Addio, Beast Boy» annunciò, per l’ultima volta. La donna si coprì come suo solito, poi fuggì dal tetto.

 

***

 

«Sono passate settimane dal tentato omicidio di Larry Page, il COO della famosa JCIN, società di investimento più grande della città, nonché una delle più importanti del paese. Colei che ha attentato alla sua vita, Marianne Neigns, detta la Mantide, pare essersi volatilizzata nel nulla, dopo essere stata fermata dal famigerato gruppo di supereroi Teen Titans. Diverse fonti affermano di averla vista lasciare il paese, ma non possiamo esserne davvero certi. In ogni caso, la caccia all’uomo, o in questo caso, alla donna, prosegue.

«Nel frattempo, diverse accuse si sono sollevate ai danni dello stesso Page, ritenuto coinvolto nell’omicidio di Jonathan Neigns, il defunto marito di Marianne. Il COO non ha lasciato alcuna dichiarazione a riguardo, lasciando il paese non molto tempo dopo, senza nemmeno querelare per calunnia colui che ha sollevato queste accuse, ossia il membro dei Teen Titans conosciuto come Beast Boy. Un’azione, questa, che ha destato non pochi sospetti, portando le forze dell’ordine a riaprire il caso dell’omicidio del COO della filiale canadese.

«Secondo il ragazzo dal potere di trasformarsi in qualsiasi animale, pare che Marianne sia stata incastrata con delle prove false da un’organizzazione di uomini di cui proprio Page era a capo. Qui di seguito, riportiamo l’intervista rilasciata proprio da Beast Boy non molti giorni fa, in cui ci ha parlato della sua esperienza mentre era prigioniero della Mantide…»

Una ragazza bionda spense il televisore, rimanendo ad osservare lo schermo nero. «I Teen Titans…» mormorò. «Beast… Boy…» Una fitta la colpì alla testa, strappandole un verso di dolore. La giovane si massaggiò la tempia, per poi alzarsi con un sospiro. Quelle fitte erano sempre più frequenti, si verificavano ogni volta che provava a concentrarsi su qualcosa, ed erano maledettamente frustranti per lei.

Il rumore di un’auto, proveniente dalla finestra socchiusa, tuttavia le fece riacquistare il buon umore. Conosceva quel suono, lo avrebbe riconosciuto tra mille. La ragazza afferrò la borsetta e corse fuori dalla stanza, incrociando alcune sue compagne di studi lungo il tragitto.

«Fai la brava, Tara!» le urlò la sua amica Amber, strappandole un falso verso di sdegno.

Tara uscì dal dormitorio, correndo lungo il marciapiede verso una macchina rossa, accostata sul ciglio della strada. Ad attenderla, appoggiato contro di essa, un ragazzo castano con le braccia conserte, con indosso un cappellino a visiera. Sorrise non appena la vide.

«Kevin!» esclamò lei, gettandogli le braccia al collo. Il ragazzo ridacchiò, sollevandola per i fianchi. «Ehi, principessa, come va?»

I due si scambiarono un lungo bacio, dopodiché salirono entrambi in macchina.

«Dove mi porti questa volta?» domandò Tara, emozionata.

«Ovunque tu voglia. Chiedi e ti sarà dato.»

«Mh…» Tara si prese il mento, per poi sorridere quando le venne in mente la destinazione ideale.

Quando la macchina partì, la bionda mise la testa fuori dal finestrino, lasciando i lunghi capelli biondi in balia della corrente.

 

***

 

«Ehi, svegliati!» Un secondino sbatté con forza il manganello contro le sbarre di una cella. «Hai visite!»

Il detenuto, assopitosi sul materasso pulcioso del letto a castello, si mise lentamente a sedere, mugugnando infastidito. Dall’altra parte delle sbarre, un uomo elegante lo osservò con un freddo sorriso.

«Finalmente posso fare la sua conoscenza, signor McMark.»

L’ex Ranger si alzò in piedi, avvicinandosi a lui. «Tu saresti?»

«Mi chiamo Larry Page» si presentò l’uomo, distendendo il sorriso.

«Mai sentito» borbottò Steen.

«Io invece ho sentito molte cose di te, Troy. E proprio a tal proposito, avrei una piccola proposta per te. Sempre che tu sia interessato, naturalmente.»

Troy scrutò l’uomo, in silenzio, per diversi istanti, fino a quando un sorrisetto non cominciò a prendere forma anche sul suo volto.

«Sono tutt’orecchi.»

 

 

 

 

 

 

E finalmente anche questa storia è conclusa. Ringrazio luciferomorningstar e playstation per aver recensito.

Il finale è un po’… strano, lo so, tre paragrafi dedicati a nessun membro dei Teen Titans (o meglio, quasi nessuno), e quasi interamente a degli OC, ma come già dissi, questa serie di storie vuole accomunarsi alla serie animata, ed io sto semplicemente gettando delle fondamenta per gli episodi che dovranno arrivare, presentando nuovi villain e nuovi eroi/antieroi che in futuro ricopriranno altri ruoli di spicco e che avranno sicuramente a che fare con i cari Teen Titans.

Immagino che una scena in particolare vi possa aver infastidito qualcuno, ossia quando Stella torna indietro per combattere Marianne. Probabilmente per molti di voi è stata una cosa stupida, ma cercate di vedere la cosa anche dal punto di vista di lei: Robin e Cyborg erano a terra, sconfitti, e Marianne stava raccogliendo la pistola, mi sembra normale che Stella, vedendo la scena, abbia temuto il peggio per loro, perché dopotutto per lei la Mantide è davvero un’assassina spietata, nessuno dei Titans, eccetto BB e dopo Corvina, erano a conoscenza della verità su Marianne.

Chiaramente, Marianne non avrebbe mai sparato a Robin e Cyborg mentre erano a terra, ma questa è una cosa che possiamo sapere solamente noi.

Quindi, fronzoli a parte, spero che la storia vi sia piaciuta, spero di non aver fatto orrori ortografici, non mi resta altro che salutarvi e augurarmi di rivedervi presto!

In futuro potrei unire i due capitoli, in modo da crearne uno solo un po' come Hero of War, se mai vedrete un capitolo svanire, capirete il perché. Bye, alla prossima!

   
 
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