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Autore: DantesXY    17/06/2018    0 recensioni
La storia narra delle avventure di Matt, un ragazzo di 17 anni che desidera ascendere alla carica che regola e governa il mondo fantastico di Astoria: essere uno Zodiac. Per raggiungere il suo obiettivo, però, verranno messe a dura prova le sue conoscenze e le sue capacità contro mostri, nemici potenti e personaggi oscuri che cercheranno di ostacolare lui e i suoi compagni in un'avventura ricca di mistero e dove la linea di confine fra scienza e magia è impercettibile.
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 9: L’ULTIMA CITTA’
Myrion era lì, dormiente nel suo letto con le coperte che gli arrivavano fino a metà busto e una maschera, collegata a una bombola di ossigeno, che gli copriva il naso e la bocca. Il treno aveva ripreso il viaggio alle prime luci dell’alba, dopo che il gruppo ebbe preso tutta la loro roba dall’albergo e fatto ritorno alla stazione, ed era diretto verso la tappa successiva: la città di Tarax. Tutti si erano addormentati nei posti più vari ma Matt rimase seduto al capezzale del padre, con il braccio poggiato su un bracciolo per sostenere la sua testa pesante e addormentata. Si destò soltanto quando sentì qualcosa toccargli il braccio: era la mano del vecchio uomo che dolcemente cercava di svegliarlo. -Ehi...- disse Matt mentre si stropicciava gli occhi -Come ti senti?-. -Molto meglio...- rispose Myrion con voce roca attraverso la mascherina e si mise a sedere con l’aiuto del figlio -Mi porteresti un bicchiere di succo? Ho una sete tremenda-.
Dopo aver mandato giù il succo tutto d’un fiato, Myrion chiese -Com’è andata ieri sera? L’avete preso?- e Matt ovviamente confermò le sue aspettative con un cenno del capo -Erika ha ricevuto il rapporto della polizia e abbiamo saputo che si trattava di Vladimir Tepis, “L’Uomo Nero”-. Il volto rugoso dello Zodiac venne attraversato da una smorfia preoccupata -A quanto pare deve aver trovato un modo per evadere dalla prigione di Zatracal. Però l’importante è che l’avete catturato. Ottimo lavoro-. Quelle parole e il suo sorriso però non sortirono il minimo effetto sulla morale del ragazzo, il quale rimase a fissare il pavimento con un’espressione preoccupata. Il silenzio calò sui due e poi Myrion riprese -Immagino che Erika vi abbia raccontato quello che è successo...- la mano andò a grattare con fare nervoso la corta e scombinata chioma albina -Purtroppo quello era l’unico piano alternativo che mi è venuto in mente. Non potevamo entrare così di prepotenza e correre il rischio di farvi uccidere-. Gli occhi di Matt si staccarono dal pavimento e si volsero verso il padre -Quando Erika mi disse che potevi creare un antidoto contro qualsiasi forma di veleno pensai che fosse un’abilità straordinaria. Ma ha perso il suo fascino quando mi ha spiegato che è necessario che tu venga esposto a quella tossina per farlo- sospirò pesantemente per trattenere la voglia di urlargli contro quelle parole e poi continuò -E’ così che ti sei ammalato?-. Myrion si strinse gentilmente la mano al petto. -Un gruppo di terroristi minacciava di far esplodere una bomba contenente un gas nervino mortale. La mia abilità nel trattare con sostanze del genere era ben nota, per cui venni mandato come ultima risorsa nel caso in cui le cose fossero andate male. E infatti...- rimase in silenzio per alcuni secondi -Non mi pento di come ho agito quel giorno, neanche per tutte le volte che l’ho fatto. Uno Zodiac deve fare il possibile per tenere al sicuro le persone, anche se il prezzo da pagare è la vita stessa-. Matt volse gli occhi verso il pavimento e si lasciò andare sulla sedia come se avesse svolto un faticoso esercizio e disse flebilmente -Io non voglio che tu muoia...-. Venne tirato verso il padre, sbilanciandosi con il busto in modo da appoggiare sul suo petto. Il battito pacato del suo cuore e le carezze sul capo lo tranquillizzarono al punto da entrare in un nuovo stato di sonnolenza che, dopo poco tempo, lo portò ad addormentarsi.
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Quando Matt si risvegliò dal suo sonno, la prima cosa che notò fu la mancanza del padre nel letto. Ciò lo portò in uno stato di agitazione che lo fece scattare in piedi, guardare per tutta la stanza in cerca dell’uomo e, una volta appurata la sua assenza, correre verso il salone principale. Lo vide seduto al suo solito posto, con addosso la sua vestaglia bianca con ricami smeraldo, intento a parlare con Erika e ad addentare un toast, intervallando ogni morso con la rimozione veloce della mascherina che gli permetteva di respirare. Tutti gli altri stavano pranzando e discutendo come se gli eventi della scorsa serata fossero un lontano ricordo, per cui il ragazzo si tranquillizzò e si mosse in silenzio verso l’angolo bar per prendere un caffè. Non aveva tanto appetito e nel mentre che metteva l’acqua dentro la macchinetta si accorse che l’orologio appeso alla parete indicavano le due passate. -Ti sei svegliato, principino?- queste parole indussero Matt a voltare il capo quel tanto per inquadrare Alex che, finito anche lui di mangiare, ebbe la voglia anche lui di un caffè bollente. -Sai, non ti va tanto di dormire quando tuo padre sta a letto in punto di morte- rispose lui brusco. L’altro continuò a sorridere beffardo. -Comunque...- continuò una volta sistemata la macchinetta sul fornello e preparate due tazze -Sai quando arriveremo a Tarax?- e il compagno rispose -Fra meno di due ore. I capoccioni ci hanno detto che lì avremo un paio di giorni per rilassarci e per comprare le ultime cose prima di partire-. Matt si appoggiò con la schiena al bordo del tavolo da lavoro e rivolse gli occhi verso Alex che proseguì -Cambiando argomento, volevo sapere cosa ti ha spinto a lanciare quel colpo così violento contro Vladimir. Va bene che era un assassino ma poco ci mancava che lo folgorassi-. Matt, ricordandosi improvvisamente di quella situazione, gli raccontò la strana sensazione di vigore percepita all’interno della chiesa che, in qualche maniera, ha potenziato il suo attacco. -In principio di base è quello di una mossa stordente. Quindi quando l’ho quasi polverizzato sono rimasto sorpreso pure io. E’ stato così strano…- concluse nel mentre si apprestava a versare il caffè appena fatto nelle due tazzine. -Ce la siamo cavata abbastanza bene però- verbiò ad un certo punto. -E’ vero ma senza mio padre saremmo rimasti in balia di quel gas. Dobbiamo darci da fare perché una cosa del genere non ricapiti...diventare ancora più forti- Matt sussurrò le ultime parole di quell’affermazione, ottenendo il consenso dell’amico che rispose semplicemente -Parole sante-. Entrambi bevvero un sorso dalle rispettive tazze e, sotto gli occhi divertiti di tutti, lo sputarono con forza per terra. Si erano dimenticati di mettere lo zucchero. In tutto ciò, il treno proseguì indisturbato il suo tragitto in dirittura di Tarax, la città dei due mari.
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La città di Tarax sorgeva sull’istmo che collegava Empeiron e Ipeiron e, come suggeriva il suo titolo, era bagnata da due mari: a Est dal Mar Verde e a Ovest dal Mar Blu, chiamati così per via del colore donato alle loro acque dai due diversi fondali marini. Nonostante si trovasse vicino l’equatore, le correnti marine mitigavano le caldissime temperature tipiche di quelle latitudini, rendendo il clima mite e la zona ricca e florida di vegetazione. All’inizio i due mari erano separati ma poi vennero scavati due canali in modo tale da consentire alle imbarcazioni di passare da un versante all’altro senza problemi. In base a ciò, la città era distinta in tre parti:
  • BORGO ANTICO: Si trovava sulla porzione di terra compresa fra i due canali e comprendeva i primi insediamenti e le antiche costruzioni di coloro che occuparono in tempi remoti quella zona, costituendo il centro storico della città. Un nutrito gruppo di cittadini viveva lì, principalmente pescatori che vivevano del commercio di pesce e mitili freschi nel rinomato porto.
  • BORGO NUOVO: Si trovava a sud dell’isoletta ed era più recente visto il bisogno, a seguito dell’aumento demografico, di ampliare i confini della città. Comprendeva palazzi e edifici moderni e negozi di ogni genere e, affacciato sul Mar Blu, vi era l’arsenale, separato dal centro urbano da un alto muraglione di pietra, per ospitare le navi della Marina. L’unico contatto fra i due borghi era il “Ponte Trasverso”, un gioiello dell’ingegneria moderna che, mediante un particolare meccanismo, si apriva in due: una metà ruotava orizzontalmente verso un lato e l’altra metà ruotava verso l’altro. In questo modo veniva consentito l’accesso all’uno o l’altro mare anche alle navi più grandi.
  • AREA INDUSTRIALE: Si trovava a nord dell’isoletta e comprendeva il centro siderurgico/cristallino “MiDrol”, adibito alla produzione di materiali in acciaio e mithril e all’estrazione dell’energia marina per la creazione dei cristalli dell’Acqua. L’unico contatto fra il borgo antico e l’area industriale era il “Ponte di Pietra”, luogo di un’antica battaglia di cui riportava ancora le cicatrici.
Secondo la leggenda, la città di Tarax venne creata per volere di Mobius, il Monarca dell’Acqua e patrono della città. Quando Thestalia e Margran, rispettivamente i Monarchi del Fuoco e della Terra, diedero forma a quelle terre che sarebbero diventate i continenti, Mobius posò il suo sguardo su quell’appezzamento di terra che rappresentava il perfetto equilibrio tra la terra e il mare che tanto amava. Dunque guidò in quel luogo le prime popolazioni, a cui insegnò l’arte della pesca e della navigazione, e alla sua partenza nominò Teraxius la loro guida, da cui verrà il nome “Tarax”. Nel corso dei secoli la città divenne un importante centro di comunicazione fra i due continenti e fu la prima a possedere un’organizzazione paramilitare, la moderna Marina, e una propria flotta, grazie alla quale riuscì a respingere le incursioni di mostri e pirati. La sua potenza non risiedeva completamente nella flotta ma anche nel suo esercito: i soldati venivano addestrati severamente, portati ad apprendere a memoria tutte le strategie e gli schieramenti e a dimenticare paura e sconfitta.
In particolare due eventi narravano della resistenza e della forza di questo popolo.
Il primo risaliva alla Grande Guerra dei Cristalli. Caladon e Molodon cercarono di reclutare i soldati e la flotta di Tarax nei rispettivi ranghi ma quella decise di rimanere neutrale, offrendo il suo supporto ad entrambi sotto forma di rifornimenti di cibo e medicine. A differenza di Caladon che accettò l’offerta, Molodon non digerì questo rifiuto e decise che avrebbe ottenuto la forza militare della città solo dopo averla conquistata. L’esercito non si fece cogliere impreparato e respinse l’armata nemica in quella che veniva chiamata “La Battaglia del Ponte”, in quanto sostenuta vicino al ponte di pietra. In fatto di numeri si parlò di un esercito di un migliaio di uomini contro diecimila, con una perdita da un lato di un centinaio di vite contro le parecchie migliaia dall’altro. La vittoria di quella battaglia portò a un cambiamento nella posizione della città, che offrì il suo supporto all’esercito di Caladon come promesso a quest’ultimo.
Il secondo invece risaliva alla Battaglia della Piana. Milok e il suo esercito stavano per raggiungere l’istmo e l’esercito degli Zodiac non avrebbe fatto in tempo a raggiungerlo e ad impedirgli la traversata. Vedendo la criticità della situazione, la città di Tarax dispose un’ultima resistenza nel tentativo di far guadagnare tempo all’esercito alleato. L’esercito, composto da tremila soldati più alleati delle città limitrofe, si dispose all’altezza del fiume Dart e lì trattenne il nemico per due giorni nonostante fossero soverchiati dalle numerose truppe avversarie. L’intero esercito, così come il suo primo cittadino che aveva guidato l’operazione, venne annientato ma quel sacrificio permise all’esercito alleato di giungere in tempo per impedire ai nemici di superare la piana. Sulla Piana della Caccia, vicino alle sponde del fiume Dart, vi era una stele per commerare i caduti de “La Battaglia del Fiume”.
Dalla fine della guerra, la città stava vivendo un periodo di pace e stabilità.
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Il treno arrivò alla stazione di Tarax nel primo pomeriggio e gli Zodiac concessero ai ragazzi la possibilità di visitare la città e godersi il mare. Tutti si vestirono con abiti estivi e costumi da bagno, portati per ogni evenienza, e nel giro di poco tempo si ritrovarono a passeggiare per il lungomare della città in cerca di una spiaggia dove potersi sistemare. Una lunga serie di alberi e palme si snodava lungo il corso e sul lato rivolto verso il mare vi erano diverse scale che conducevano verso una lunga distesa di sabbia bianca e scintillante bagnata dall’acqua cristallina. Il gruppo discese una di quelle scalinate e si sistemò in uno spiazzo libero posizionando un paio di ombrelloni e i loro effetti personali, per poi lanciarsi in una veloce corsa verso l’acqua fresca. Matt arrivò con un certo ritardo: avendo la pelle particolarmente sensibile al sole, si attardò a mettersi la crema protettiva. Per un’ora abbondante si dimenticarono della missione, del viaggio e degli Zodiac e si divertirono come se fossero in vacanza e la voglia di mollare tutto e rimanere lì a godersi quella spensieratezza si fece molto forte.
Dopo qualche nuotata, il gruppo ritornò agli ombrelloni e si distesero sugli asciugamani, chi al sole e chi all’ombra, per abbronzarsi e giocare un po’ a carte. -Sapete...- disse Matt mentre gettò un due di picche a terra -Non mi aspettavo si vedesse Axia così da vicina- volgendo lo sguardo verso il mare. In lontananza si stagliavano sull’orizzonte dei monti di un blu scuro rispetto al celeste chiaro del cielo, sovrastati da un banco di nuvole scure e temporalesche. -E’ il luogo dove avvenne la Grande Guerra, vero?- chiese Ellen, alzandosi sui gomiti dal suo asciugamano -L’equilibrio di quel posto è stato reso instabile dall’energia liberata nello scontro-. -Che vuoi dire instabile?- chiese Elisa mentre gettava un due di quadri, con dispiacere di Matt. -La geografia, l’habitat e le condizioni ambientali in quel posto sono state compromesse in maniera irreversibile. Vulcani in costante eruzione, uragani, terremoti e addirittura una piana dove cadono migliaia di fulmini all’ora- spiegò Ellen -E’ un miracolo che abbiano deciso di combattere in un posto tanto isolato- poi si distese per riprendere il sole. Intanto Alex sembrò mostrare qualche problema con i suoi cristalli dato che, da quando era tornato dall’acqua, non avevano smesso di brillare e pulsare. -Che succede, Al?- si avvicinò Fabrice per guardare meglio e Alex rispose -Non lo so. E’ come se i miei cristalli attingessero energia da una fonte che non sono io-. -Forse è il mare?- chiese Andrew ma a quella domanda lui scosse il capo -Non è la prima volta che faccio un bagno in mare e non mi è mai successa una cosa così-. Matt scagliò sul telo le carte per la frustrazione, con Elisa gongolante per la vittoria, e la sua attenzione si rivolse verso l’amico. -Sembra quello che mi è successo alla chiesa- disse dopo aver dato uno sguardo –Facciamo un giro e vediamo se riusciamo a capire la causa- e così Matt si alzò, raccolse le ciabatte e gli occhiali da sole e con Alex e Daniela si diresse verso il corso.
Il trio, una volta risalite le scale fino al corso, cominciarono a camminare all’ombra degli alberi del lungo viale, riempito di numerosi chioschi e mercatini e di turisti. Alex alternava lo sguardo fra il cristallo nella sua mano e il luogo circostante nella speranza di capire da dove venisse quella strana energia, con al seguito Matt e Daniela che si godevano intanto la passeggiata. Il loro cammino attraverso il lungomare si arrestò davanti all’inizio di una grande piazza semicircolare dove, rivolta verso il mare, vi era una statua di marmo celeste. Questa raffigurava un incrocio tra un mostro e una corrente marina: buona parte del suo corpo e alcune caratteristiche, come zanne e scaglie, mostravano una linea sinuosa e travolgente come le onde del mare durante una tempesta, mentre da quello che doveva essere il corpo principale si ergevano numerosi anelli d’acqua burrascosa. La testa era la parte più delineata e il suo aspetto ricordava quello di un serpente o un coccodrillo, con numerosi denti che sporgevano dalla sua bocca spalancata e con sei occhi che puntati verso il mare e l’orizzonte. I suoi occhi, in particolare, emanavano delle bolle che si innalzavano verso il cielo prima di sparire. Alex sentì quella sensazione intensificarsi in prossimità della statua e Daniela lesse la targa collocata sotto il piedistallo -In onore di Mobius, il Monarca dell’Acqua e padre fondatore della città di Tarax-. -Matt- chiamò Alex -Quella statua che era dentro la chiesa a Borrago. Ti ricordi di chi era?-. Il ragazzo scosse leggermente la testa -Purtroppo sotto la statua non c’era una targa. All’inizio credevo che fosse un qualche cavaliere o eroe ma adesso penso che si trattasse di un altro monarca-. -Caius, il Monarca dell’Ombra- concluse Daniela. I due si girarono verso di lei -Queste reazioni si verificano solo in prossimità di una di queste statue. Se con Alex è successo con Mobius, allora l’unico che poteva reagire con te era Caius. Cosa aveva di particolare?-. Il ragazzo alzò la testa per esaminare meglio la gigantesca statua e quando guardò i suoi occhi gli venne l’illuminazione -Gli occhi…-. Gli altri alzarono la testa per guardare. -Dall’elmo della statua usciva del fumo nero. Da questo invece escono delle bolle da quei cristalli. Forse l’effetto viene da loro…- concluse Matt. -Credo…- commentò Alex -Che si trattino di cristalli elementari altamente puri e potenti. Mi chiedo dove li abbiano trovati. Ad ogni modo, ora che abbiamo risolto il mistero, possiamo anche tornare dagli altri…Non prima di aver preso una granita- e con un gesto indicò la bancarella lì vicino dedita alla vendita di gelati e bevande, subito raggiunta dai tre ragazzi con i soldi in mano.
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Verso il tramonto i ragazzi fecero ritorno alla Excalibra ma non si godettero la vita notturna di Tarax in quanto la mattinata successiva sarebbe stata ricca di impegni. Il giorno dopo gli studenti, accompagnati da Erika, si diressero nella città vecchia per trovare un equipaggiamento adatto ad affrontare le avversità del Continente Chiuso. Dopo aver attraversato un labirinto di vicoli stretti, il gruppo si ritrovò davanti a un negozietto dall’aria malmessa con sopra un’insegna: “L’Armeria”. -Di certo il proprietario sa come vendere la sua merce- commentò Ellen. Erika le lanciò un’occhiataccia -Risparmiati questi commenti quando saremo dentro. Non vorrei dover pagare degli extra per colpa tua- poi sospinse la porta, consentendo a tutti quanti di entrare.
Una volta dentro, Matt cominciò a guardarsi intorno nel negozio e si accorse che la maggior parte delle armi in vendita erano in realtà vecchie e incrostate dalla ruggine e dalla polvere, come se stesse camminando in un sito archeologico. Dietro il bancone in legno vi era il proprietario intento a leggere il giornale: un signore di mezza età, con capelli radi e castani e un pizzetto biondo e un’espressione grave sul volto segnato dalla vecchiaia che avanza, con indosso un grembiule di cuoio usurato. Quando sentì il campanello della porta alzò lo sguardo verso il cliente e subito un sorriso comparve sul suo volto. -Erika!!- esclamò ripiegando il giornale -Ohè, ma ce fin’e fatt?!-. La Zodiac rispose al sorriso e si avvicinò al bancone -Salve, Aegis. Lo so, è da tanto che non vengo ma vedo che qui le cose non sono cambiate. Soprattutto tua brutta faccia non è cambiata di una virgola! Ahahahahah-. -Eeeeeh…- quello allargò le braccia -Quedda stodeca de Maria me vo fa sbaraccà tutt cos! Ma ij so capa tuest: a qua sta, a qua addà rmanè! Ahahah-. Matt e gli altri ascoltarono la conversazione e di quello non capirono assolutamente una parola. -Ma voi ci state capendo qualcosa?- chiese Elisa sotto voce ma solo Ellen parve cercare di tradurre quel dialetto -L’ho sentito parlare un po’ in giro per la città ma mai così stretto. Sto andando ad intuito ma niente-.
-E u’ martidd? Te ste funzion?- chiese Aegis verso Erika, intenta nel mentre a cercare qualcosa nella borsa. -Ovvio. Lo sai che tutti i tuoi lavori sono perfetti. Comunque ascoltami…- e a quel punto lascio cadere sul bancone un sacchetto pieno di monete sonanti -Abbiamo bisogno di un po’ di equipaggiamento per questi che vedi…- e a quella pausa il proprietario ne approfittò per squadrarli uno ad uno -Niente di troppo complesso. Se mai dovesse esserci qualche extra te li aggiungerò tranquillamente-. L’uomo prese in mano il sacchetto, lo soppesò con la mano e con voce seria chiese -A do è ca da scè?- ma lei non rispose: fece un solo cenno del capo. -Amm’ capit…- verbiò dopo un profondo respiro -Statt tranquill: pigghiè quell che te sirv! Se proprio è, famme nu picch’ de pubblicità!- prendendosi una leggera pacca dalla ragazza. A quel punto il proprietario trafficò dietro al bancone alla ricerca di qualcosa e quando si rialzò il bancone cominciò a sparire verso la parete di fianco, rivelando infine un passaggio verso una cantina o un seminterrato. Una volta sceso lui, Erika si soffermò a spiegare verso il gruppo -Aegis è il miglior fabbricante di armi della città e vi fornirà un equipaggiamento di base. Se avete delle richieste particolari, potete chiedere tranquillamente a lui. I miei amici sono anche amici suoi-. -Però una cosa…- si intromise Andrew -Perché nasconde la sua merce in una stanza nascosta?-. -Devi guadagnarti il suo rispetto- spiegò Erika -Altrimenti non ti mostra niente. Gli ho detto che così non avrà mai tante entrate ma lui è un tipo all’antica. Adesso andiamo- e tutti la seguirono verso il piano inferiore.
Quest’ultimo era decisamente più grande del piano superiore, con numerosi articoli, dalle armi alle protezioni, esposti su numerosi scaffali disposti lungo le pareti oppure in mezzo la sala da parte di alcuni espositori appositi. Tutti si dispersero nelle varie direzioni per curiosare e vedere qualche arma particolare su cui mettere le mani. Sebbene l’intenzione di Matt fosse inizialmente quella, ripensò alla lama da polso che ha lasciato sul treno e spendere altri soldi per qualcosa che magari non avrebbe usato gli parve una decisione non saggia. Di conseguenza si spostò verso il reparto adibito alla vendita di armature, protezioni e oggetti di supporto.
Alex mise le mani sopra quello che gli parve essere un semplice bastone in metallo, lungo poco più di due metri e finemente decorato, di cui lo incuriosiva più che altro il prezzo esorbitante. -Mi scusi- chiamò il venditore che si avvicinò con un sorrisetto stampato sul volto -Perché questo costa così tanto? A me pare un semplice bastone-. Aegis non parlò ma prese tranquillamente il bastone fra le mani e si spostò in fondo alla sala, dove vi era una zona adibita all’esercitazione delle armi con inclusi anche dei manichini. Tutti si radunarono attorno a lui, intento nel mentre a trafficare con il bastone, poi lo afferrò per l’estremità più bassa e lo fece ruotare con uno scatto. Dai lati della superficie liscia del bastone sbucarono quattro fila di lame seghettate e frastagliate, cosa che suscitò lo stupore dei presenti a parte Erika. -E’ strano. Non c’erano segni o fori sul bastone…- commentò Alex ma il proprietario non aveva ancora finito. Puntò uno dei manichini e compì il plateale gesto di lanciarlo verso di lui ma quello non si dipartì per colpire il suo bersaglio e rimase lì ben stretta nella mano di Aegis. Con quello slancio però il bastone si separò in numerose sezioni, collegate l’una con l’altra da un filo di ferro, e come una frusta andò a colpire il bersaglio. Tutti rimasero a bocca aperta, anche dopo che quello ebbe riavvolto il bastone e retratto le lame, e ad Alex venne data la possibilità di avvicinarsi all’uomo. -Mo ma da ‘scultà- ottenendo un cenno di assenso dal giovane, sebbene Matt avesse avuto l’impressione che fosse solo per accontentarlo, e continuò -Mo t’ mitt qua e t’a studi. Quan e finit, me o dic-. Da quel momento Alex cominciò a testare l’arma nelle varianti in cui poteva trasformarsi, ovvero la forma di frusta o di bastone con o senza le lame.
Successiamente gli altri si unirono a lui per testare le armi scelte sui poveri manichini. Andrew scelse un paio di cestus in acciaio battuto che ricoprivano tutto l’arto fino a metà avanbraccio; Fabrice optò per, a descrizione del proprietario, una “lancia-bracciale”, ovvero una spessa lama posta sopra l’avambraccio che poteva essere usata nei combattimenti ravvicinati e che, tramite un meccanismo di propulsione, poteva essere usato per sfondare oggetti o nemici come una sorta di ariete. Ellen e Daniela si limitarono ad armi più sobrie come un fioretto e dei pugnali mentre Elisa fu l’unica del gruppo a prendere un’arma da fuoco: un grosso fucile a caricamento manuale che aveva la caratteristica di sfruttare non soltanto munizioni normali ma anche munizioni elementali, in maniera non dissimile dalle armi viste a Quiburn alcuni giorni prima. In aggiunta Erika fece aggiungere per tutti delle protezioni standard, come schinieri e corazze in acciaio rivestite di cuoio, a parte Daniela e Andrew: loro chiesero dei particolari modelli di cui era possibile modificarne il peso per renderli, rispettivamente, più leggeri e più pesanti.
-Aaah, mo m’hai recurdat. E sintut di quedda uagned? A “Punitrice de Tarax”?- chiese Aegis mentre era intento a sistemare ordinatamente gli equipaggiamenti in apposite scatole. -Si, ho sentito…- rispose Erika -Il fatto che agisca per il bene della città non le dà il diritto di uccidere i criminali-. L’uomo alzò leggermente il capo verso di lei -E u sacc. Però mo a criminalità se ste cag ‘nguedd e Tarax e qiù tranguill. Ce vulit fa?-. -Per stavolta passeremo oltre. Abbiamo già dato…- in quel momento lanciò una rapida occhiata a Matt -Magari per quando torneremo si sarà calmata, altrimenti saremo costretti a rivederci. Grazie ancora per tutto, Aegis. Manderemo qualcuno a ritirare le cose- e dopo una stretta di mano e un saluto generico, il gruppo risalì le scale per poi uscire dal negozio alla volta della stazione.
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Per tutto il giorno i ragazzi svolsero numerose altre mansioni che li indussero a riposarsi nel vagone durante il pomeriggio. In seguito venne loro concessa la possibilità di svagarsi la sera con la condizione di non rientrare troppo tardi data la partenza in mattinata del giorno dopo. Tutti si mossero verso il centro, dove si fermarono a mangiare in un ristorante di pesce, per poi sedersi a uno dei tanti tavolini di un pub affacciato sul mare nei pressi del ponte trasverso. L’aria fresca e salata pervase le narici di Matt mentre questo si concedeva un robusto sorso di birra e una chiacchierata con gli altri. Poi ci fu un sonoro scoppio in lontananza che fece sobbalzare tutti dalla sedia. -Che cosa è stato?!- chiese Daniela guardandosi intorno. Ellen indicò con il dito indice la direzione del fragore e lì, in lontananza dall’altra parte del ponte, vi era l’impianto siderurgico da cui si innalzavano delle enormi nuvole di fumo grigio. -Magari è successo un incidente?- domandò Daniela ma Fabrice la tranquillizzò -Non ti preoccupare. Da quello che so, questi scoppi si verificano durante la lavorazione del mithril. Sono del tutto controllati-. Daniela perse l’ansia iniziale ma continuò a fissare le enormi colonne di fumo che piano piano acquistavano un colore tendente al nero. -Ma quei fumi non sembrano essere vapore…- commentò voltandosi verso gli altri e Elisa verbiò -La creazione e raffinazione di quel metallo porta alla creazione di residui tossici, soprattutto polveri che vengono immessi nell’atmosfera. Sebbene il lavoro sia redditizio, gli operai e la città ci rimettono la salute-. -E allora perché non fanno niente?- intervenì Matt -Insomma: sanno che quella fabbrica fa male. Dovrebbero chiuderla!- e Alex lo riprese con tono calmo -La fabbrica non produce solo metallo ma anche i cristalli, i quali sono forgiati in maniera pulita e senza problemi. Chiudi parte o tutto l’impianto sarebbe un grosso colpo per l’economia, soprattutto per quella di Tarax su cui praticamente ci mangia sopra-. -E poi…- proseguì Fabrice -Alla città venne offerta la possibilità di esprimersi in merito alla chiusura dell’impianto. Non si presentò neanche il numero necessario per convalidare la votazione. Preferiscono più morire di malattia che di fame-. Matt si sentì incapace di controbattere a quella logica così fredda e distorta. Si sedette a fissare la condensa formatasi sul boccale di birra finchè una forte pacca sulla schiena non lo fece trasalire. -Dai, adesso non farti altre paranoie!- spronò allegramente Andrew -Domani si parte finalmente per il Continente Chiuso! Io non vedo l’ora di cominciare questa avventura!-. Il morale di tutti si alzò leggermente e l’ombra di un sorriso cominciò ad apparire su qualche volto. -Certo, qui è stata una bella vacanza e ci sono belle gnocche ma so che ne varrà la pena! Un uccisore di mostri e un avventuriero di certo aiuta nel rimorchio! Ahahahah- e a quel punto tutti ripresero a scherzare e a discutere tranquillamente. Ma non passarono neanche cinque minuti che le luci della strada, dei locali e delle case in quella zona si spensero, introducendo tutti a una misteriosa oscurità. -Che succede? Un blackout?- domandò Matt agli altri ma non ottenne risposta, perché tutti erano con le orecchie tese ad ascoltare un suono lento e meccanico. I ragazzi, come molti altri lì presenti, si voltarono nella direzione del ponte che lentamente si stava aprendo, con le due metà intente a ruotare una nella direzione opposta all’altra, fino a quando il canale non fu completamente libero. Il ragazzo cercò di intravedere qualche enorme nave di passaggio ma sia da un lato che dall’altro non vi era nulla. -Laggiù…- gli indicò Ellen verso il fondo del canale. All’interno di quest’ultimo vi era una piccola barca, molto più simile a una scialuppa, con a bordo due uomini incappucciati e una versione in miniatura e in oro massiccio della statua di Mobius. Lo scrosciare dell’acqua e le preghiere sussurrate dai cittadini accompagnarono il passaggio dell’imbarcazione, resa ancor più mistica dalla luce blu elettrica di due candelabri poste a prua e a poppa e dal fatto che si muovesse da sola, senza l’ausilio dei due uomini incappucciati disposti ai lati della statua come suoi guardiani. Tutto ciò fece venire la pelle d’oca a Matt, il quale sobbalzò quando una voce disse -E’ la Cerimonia del Monarca-. Si trattava di un’anziana signora che, avendo intuito dalla loro reazione la loro estraneità all’evento, si lasciò andare alla spiegazione -Ogni giorno, a mezzanotte precisa, preghiamo il nostro fondatore e guardiano perché protegga le nostre vite e i nostri commerci. Una statua consacrata parte dal tempio nella città vecchia e compie un giro attorno ad essa su quella barca e di certo non possiamo permetterci di farla passare con il nostro baccano-. Infatti Matt non se ne era reso conto all’inizio ma poi vide che tutta la zona circostante era calata in un incredibile silenzio, interrotto solamente dalle preghiere dei fedeli. Perfino le auto avevano smesso di circolare e spento i fari in segno di rispetto per l’evento. La barca era quasi allo sbocco verso il Mar Verde quanto Andrew chiese -E’ ha sempre funzionato?- con un po’ di scetticismo nella voce. La signora in cambio si concesse una breve risata e rispose -Non sempre. Ma è sempre meglio che non farlo. Secondo la leggenda, una volta non si tenne la cerimonia per un disguido tecnico e il giorno dopo la città venne colpita da un forte nubifragio che durò per un mese. Potrebbe essere stata un’incredibile coincidenza ma preferiamo non correre rischi-. Detto questo, la signora si incamminò verso la sua strada e nel mentre le luci si riaccesero, facendo sì che la vita riprendesse il suo consueto ritmo.
Matt rimase affascinato dalla cosa e anche quando gli altri tornarono ai fatti propri lui non smise di pensarci, chiedendosi come poteva una città così bella e fedele alle tradizioni essere intrappolata da quel mostro di fuoco e acciaio che si stagliava oltre il canale. Una domanda che rimase senza risposta, mentre il gruppo decise di tornare alla base per riposare in vista della prossima giornata.
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Il giorno dopo il risveglio fu decisamente tumultuoso. Il letto di Matt, così come quello degli altri, venne colpito con un potente calcio di Massimo e di Erika, con la voce burbera del primo che disse -Sveglia, signorine. Sono le sei e stiamo per partire. Avete dieci minuti o vi lasciamo qui- per poi uscire fuori con la Zodiac al passò. Il ragazzo sbadigliò sonoramente durante tutta la vestizione e nel mentre disse agli altri -Ho come la sensazione che questa non sarà la prima volta che ci sveglieranno così-.
Il gruppo, incluse le ragazze, uscì fuori dal vagone con le proprie valigie e si trovò davanti, oltre alle prime luci del sole, Pria e Sara, vestite come sempre con un vestito nero, e due grosse jeep. -Buongiorno a tutti- cominciò Sara -Durante la notte abbiamo svuotato l’Excalibra e spedito tutto ad Aridia, la nostra prossima meta. Dato che il treno non può arrivare fino a lì, viaggeremo su queste jeep-. Pria continuò al silenzio di Sara -Arriveremo a metà giornata, così avrete un po’ di tempo per riposarvi prima della partenza-. -Attraverseremo stasera la barriera?- chiese Elisa, che non potè fare a meno di nascondere l’eccitazione nella voce. -Esatto- rispose quella -E adesso salite-.
Le due sorelle si divisero sulle due jeep, ognuna guidata da un apposito autista, mentre il gruppo si spaccò in due: Matt, Ellen e Fabrice salirono su una e Elisa, Alex, Andrew e Daniela sull’altra. La città era quasi del tutto deserta e Matt potè godersi il vento che gli scompigliava i capelli, così come i suoi compagni di viaggio. Fabrice ne approfittò per continuare a dormire, Ellen invece guardava fuori dalla jeep nel completo silenzio. Un silenzio che lui considerò innaturale. -Sei nervosa?- chiese con tono tranquillo. -Tu non lo sei?- domandò di rigetto l’amica. -Abbastanza. Ma voglio godermi questo momento prima della tempesta-. Intanto il mezzo aveva appena imboccato il ponte trasverso, permettendo a tutti di ammirare la vastità del mare che si stagliava da una parte all’altra. -Ho come la sensazione…- proseguì lei -Che finirà male. Che non rivedremo più questo panorama-. Un brivido percorse la schiena di Matt all’udire ciò. -Non ti pare di essere un po’ troppo pessimista?- domandò lui, non nascondendo preoccupazione nella voce. Lei lo fissò e accennò un breve sorriso -Forse sì ma non riesco a scrollarmi questa sensazione di dosso-. Matt abbassò lo sguardo e solo allora si accorse delle sue mani che tremavano leggermente. A quel punto la destra andò a prenderle delicatamente nella sua, rendendosi conto per la prima volta di quanto effettivamente fossero piccole, e disse -Ely, devi stare tranquilla. Finchè continueremo a esserci l’uno per l’altro, non abbiamo nulla di cui temere. Va bene?-. Ellen fece un cenno del capo in segno di assenso e trattenne a stento una risata quando Fabrice verbiò nel sonno -Per me il pasticcino al lampone-. Anche Matt sorrise e poi disse all’amica -Perché non ti riposi pure tu? Vedrai che al risveglio starai meglio-. Così anche lei si unì all’amico al sonno, mentre lui rimase sveglio a guardare il panorama, ammirando quell’enorme e silenziosa fabbrica a cui promise, una volta tornato dal viaggio, di smantellarla pezzo per pezzo. Un motivo in più per tornare vivo dalle terre del Continente Chiuso.
   
 
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