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Autore: RYear    17/06/2018    0 recensioni
1942.
Elisabeth Erskine - figlia dello scienziato Abraham Erskine – conosce, grazie al suo amico ‘Bucky’, Steve Rogers a una festa e se ne innamora. Quando scopre che suo padre vuole rendere il ragazzo un super soldato, decide di diventare come lui per proteggerlo e per mantenere una promessa. Tuttavia l’impresa avviene con non poche difficoltà: a seguito dell’uccisione dello scienziato, Elisabeth dovrà ricorrere all’aiuto di una vecchia conoscenza, Howard Stark. Sarà lui a realizzare il desiderio della fanciulla i cui unici obbiettivi sono diventati vendicare suo padre e sterminare l’Hydra. Nel cercare di raggiungerli, però, finirà in grossi guai che la porteranno all'eterna fuga.
Cosa accadrà quando, per sdebitarsi di un favore con una sua conoscenza, si ritroverà ad ospitare gli Avengers durante l’attacco di Ultron, incrociando di nuovo gli occhi del suo Steve?
L’ordine cronologico degli eventi è volutamente casuale.
La storia è presente anche su Wattpad, sul mio profilo: D_Year
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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L'INCONTRO
 

Girai e rigirai su me stessa per controllare, per l’ennesima volta, che ogni cosa fosse al suo posto: capelli perfettamente in piega, gonna a balze rossa e un top bianco, eleganti e non volgari. La borsetta color beige si abbinava splendidamente con le scarpe.
Non ero mai stata una maniaca della moda, sia chiaro, ma per una volta volevo essere presentabile e femminile, nonostante stessi andando a una festa controvoglia, costretta da mio padre a partecipare. Ovviamente non sarei restata al suo fianco per tutto il tempo, c’era il mio grande amico James ad attendermi lì e farmi compagnia finché avrei avuto voglia di restare.
Sospirai davanti allo specchio.
Avanti, Elizabeth, vai bene così.
Chiusi gli occhi, presi un gran respiro e girai sui tacchi.
-    Sono pronta, papà – annunciai arrivata davanti alla porta di casa, pronta per uscire.
-    Ce ne hai messo di tempo! Andiamo, tesoro – sorrise divertito.
Misi una mano sotto il suo braccio, pronti per incamminarci verso la fiera non molto distante da casa.
I miei lunghi capelli color biondo platino acconciati in morbidi boccoli ricadevano sulle spalle, il rumore dei tacchi sul parquet riecheggiava nella casa. Ero stranamente su di giri, felice di poter passare una giornata diversa ma incerta su come sarebbe davvero andata. Probabilmente papà non mi avrebbe permesso di allontanarmi troppo per timore di aver bisogno di me in qualsiasi momento.
L’assistente di uno scienziato, eppure sono un’infermiera!

1942 – Festa al parco.
Rimasi incantata a guardare la ruota panoramica quando sentii alle mie spalle qualcuno che mi richiamava.
-    Ciao Elizabeth! – mi salutò Bucky venendomi incontro.
-    Ciao James! Come stai? – chiesi salutandolo calorosamente e lui ricambiò con un baciamano, quale gentiluomo era.
-    Non c’è male. Ti ricordi del mio amico Steve, quello di cui ti ho parlato? – mi domandò facendosi da parte per presentarmelo.
Come dimenticarlo! Bucky parlava in continuazione di lui, ero tanto curiosa di conoscerlo di persona e quando lo vidi rimasi… sbalordita. Era davvero minuto, proprio come mi era stato descritto eppure in quegli occhi brillanti vidi tanta bontà.
Il frastuono attorno a noi era assordante, la gente continuava a gironzolare come niente fosse ma per me, in questo piccolo cerchio di amici, il tempo era come fermo.
-    Sì, mi ricordo. Molto piacere – sussurrai tendendogli la mano.
-    P-piacere mio – balbettò imbarazzato.
-    Allora, siamo pronti per divertirci?! – chiese di punto in bianco James, interrompendoci.
Lo guardai ammaliata e sorrisi divertita.
-    Da cosa vuoi cominciare bambina? – domandò sardonico avvolgendomi le spalle con un braccio.
-    Ehi! – Lo canzonai – Vediamo… mi piacerebbe molto andare sul carosello! – risi.
Bucky sospirò divertito – ti piacciono i cavalli, eh?! E carosello sia!
E così mi trasformai per davvero in una bambina. Per quanto la giostra non fosse poi così entusiasmante, essere in loro compagnia mi mise di buon umore. Il mio cavalluccio era posto in mezzo agli altri due, che avevano un viso meno divertito del mio ma pur sempre sorridente.
Alla mia sinistra potei osservare in tutta la sua bellezza James Buchanan Barners, soprannominato Bucky. Ricordavo quand’eravamo piccoli: all’epoca vivevamo a Shelbyville e le nostre mamme erano come sorelle, il pomeriggio era loro usanza portarci al parco per lasciarci giocare insieme. Diventammo grandi amici da subito, ma dopo qualche anno sua madre venne a mancare e non lo vidi più. Quando avevo sette anni ci trasferimmo a Brooklyn e poco dopo morì anche mia madre, di una malattia a noi ancora misteriosa. Fu un periodo davvero difficile per me e fu dura riprendere la vita di tutti i giorni dopo aver subito un trauma simile ad un’età così tenera.
Intrapresi gli studi come infermiera e, dopo un paio d’anni, rincontrai il mio vecchio amico James. Anche lui si rialzò valorosamente dopo aver perso sua madre e, innamorato della vita militare, intraprese un percorso che lo portò a diventare quello che era: un soldato a tutti gli effetti.
Ci incontrammo quasi per caso, in una caffetteria, e da quel giorno – di tanto in tanto -  trascorrevamo le giornate insieme. Mi raccontò di tutti quegli anni trascorsi lontani, della sua famiglia e del suo amico Steve che mi avrebbe fatto conoscere un giorno.
Inconsapevolmente quel giorno arrivò e la persona tanto agognata sedeva alla mia destra, su un cavalluccio blu: situazione piuttosto buffa, direi!
Lo osservai intensamente: Steve era immerso con lo sguardo chissà dove, in un punto dritto davanti sé. Notai come dal suo corpo gracile trasparisse tutto l’orgoglio che l’ometto aveva nell’animo. Le labbra piene, un naso fine ed uno sguardo sognante e fiero, ma con un velo di rassegnazione celata. Ero curiosa di sapere a cosa stesse pensando, ma l’improvviso fermarsi della giostra mi fece capire che il nostro giro era finito.
Scesi da lì affranta ma con una voglia di divertirmi e al contempo di poter scoprire altro su Steve. Inutile dire quanto le storie di Bucky mi avessero incuriosita ed affascinata, per cui avrei voluto viverle in prima persona.


Camminai con lo sguardo perso su un’attrazione con dei peluche appesi che realizzai poco dopo essere il “Tiro al bersaglio”.
-    Sei attratta da qualcosa in particolare? – Qualcuno a me molto vicino quasi mormorò questa frase all’orecchio. Dei brividi mi percorsero la schiena e, girando lentamente la testa, rimasi sorpresa nel vedere Steve guardarmi intensamente.
La sua domanda mi scosse un po’ mettendomi a disagio.
-    C-cosa? – balbettai imbarazzata.
-    Stai guardando quei peluche da almeno cinque minuti, ti piace qualcosa nello specifico?
Fui stupita da una tale accortezza da parte sua. Annuii distogliendo lo sguardo.
-    Quella carpa koi, non credi sia molto bella? Inoltre l’animale in sé racchiude un grande significato: immortalità e coraggio, forza ed intrepidezza. Si dice che sia in grado di risalire agilmente le cascate e, se catturata, affronti la lama del coltello senza paura.
Mi accorsi troppo tardi di star parlando da sola e che un chioma bionda era fuggita dal mio fianco per avvicinarsi all’attrazione e cercare di vincere quel pupazzetto.
James si allontanò da me per il classico motivo: uomo a caccia donne. Non gli diedi molta corda e mi concentrai ad ammirare Steve.
Dopo vari tentativi – in cui più volte mancò il bersaglio – riuscì nel suo obiettivo raggiungendomi trionfante con il peluche in mano.
-    Ecco a te – sorrise soddisfatto per poi guardarmi dolcemente.
-    G-grazie, non dovevi davvero. Sei stato molto gentile.
Mi regalò uno dei più dolci sorrisi – seppur timido – che mi avessero mai rivolto, e, visibilmente imbarazzato, girò sui tacchi raggiungendo il nostro amico Bucky.
A seguito di quel gesto i miei giudizi su di Steve furono del tutto positivi ed il mio cuore… non ne capiva più un bel niente!

Fu una delle serate più lunghe e strazianti – ma belle al contempo – di tutti i tempi. Bucky ci raggiunse dopo non molto accompagnato da due ragazzine viziate che, per mia fortuna, non mi prestarono la benché minima attenzione, lasciandomi relativamente sola con Steve. Fui felice di aver fatto la sua conoscenza, fui colpita da lui e la sua compagnia mi fece molto piacere. I suoi interventi durante le conversazioni furono davvero rari ma riuscirono sempre a strapparmi un sorriso. Tuttavia era un tipo molto timido e non riuscii ad avvicinarmi più di tanto. Insomma, perché toccava sempre a me fare il primo passo? Forse perché non gli interessavo più di tanto, oppure era semplicemente… imbarazzato.
Lo intuii notando il modo in cui si guardava attorno, come si rigirava tra le mani quel sacchetto di popcorn che gentilmente mi aveva porto e dal quale ne avevo preso una manciata, il tutto senza pronunciar una parola.
Ci rinuncio pensai.
-    Ehi, James – lo richiamai aspettando che si girasse verso me.
-    Ti ringrazio per avermi invitato a unirmi a voi ma… si è fatto tardi e devo raggiungere mio padre, si starà preoccupando di sicuro. E’ stato davvero un piacere.
-    Oh – sembrò sinceramente deluso – il piacere è stato tutto nostro, vero Steve?
-    Sì, certo… - sussurrò.
-    Ci vediamo, ok? Ciao ragazzi – Girai sui tacchi e raggiunsi papà al tendone, chiudendo gli occhi e sospirando.


Ero seduta in un angolo appartato di quel tendone, con la testa appoggiata al palmo sinistro e con la mano destra disegnavo un soldato con alle spalle la bandiera americana, sospirando di tanto in tanto, aspettando che papà finisse con le sue stupide ‘osservazioni’.
-    Non hai capito il senso delle uscite a quattro, dai portiamo le ragazze a ballare.
-    Voi andate avanti, io vi raggiungo – Udii una voce a me familiare parlare non molto distante da qui. Mi aveva seguita? Sperava di vedermi? Mi affacciai vedendo quella chioma bionda darmi le spalle. Il cuore perse un battito.
Bucky sospirò – vuoi veramente provarci di nuovo?
Provare cosa?
-    Beh è una fiera, tento la fortuna.
-    Nei panni di chi? Steve dell’Ohio? Ti scopriranno o peggio ti arruoleranno.
Arruolare? Stava parlando dell’esercito? Steve voleva andare in guerra?
Spalancai gli occhi spaventata, tendendo il più possibile l’orecchio per tentare di ascoltare.
-    Senti… - cominciò Steve a testa bassa – lo so che tu pensi che io non sia all’altezza ma..
James lo interruppe – questo non è ridicolo, è una guerra.
-    Che cosa stai spiando, ragazzina? – la voce di mio padre mi fece sobbalzare e, cercando di mascherare l’imbarazzo, mi girai verso di lui.
-    N-niente papà – mi portai una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Abraham mi studiò incuriosito e mi oltrepassò uscendo per i corridoi e guardandosi attorno, cercando di capire cosa stessi udendo. Poi vide due ragazzi intenti a discutere e si appoggiò lateralmente al muro origliando la conservazione. Scossi la testa divertita, “copione” pensai.
Intanto i due continuarono…
-    Lo so che è una guerra.
-    Perché ci tieni tanto a combattere? Puoi fare tanti lavori!
-    Raccatto i pezzi di metallo con il carrettino rosso?
-    Sì! Perché no?
-    Non me ne starò seduto in una fabbrica. Bucky, andiamo; ci sono uomini che sacrificano le loro vite, io non ho nessun diritto di fare meno di quegli uomini. E’ questo che non vuoi capire. Non si tratta di me.
-    Appunto, tu non devi dimostrare niente.
Wow… Incredibile constatare quanta grinta e volontà avesse quel piccoletto. Quale pazzo vorrebbe arruolarsi a tutti i costi nell’esercito rischiando la propria vita?
-    Ehi, sergente, andiamo a ballare o no? – roteai gli occhi al cielo. Una di quelle ochette richiamava a gran voce James.
-    Sì che andiamo – rispose allargando le braccia. Pft, tipico, ghignai.
Poi si voltò verso Steve e, sospirando, gli disse: - non fare nulla di stupido finché non torno.
-    Come potrei, la stupidità te la porti tutta con te.
Ah però, touché! Ben ti sta James, risi. Che caratterino!
Vidi Steve allontanarsi e mio padre seguirlo. Stavano venendo verso di lei.
-    Oh, cielo, devo andar via di qui – mormorai raccogliendo le mie cose e scappando via di lì.  
Nell’uscire di fretta mi scontrai col biondino.
-    Ehi, non dovevi andar via? – abbassai la testa per guardarlo. Era più basso di me di una decina di centimetri ma mi metteva ugualmente soggezione.
-    I-io – mi voltai verso la stanza che era una sala medica improvvisata – non mi sono sentita tanto bene e sono venuta qua ma stavo giusto andando via, tu?
-    Esercito – mi guardò dritto negli occhi, fiero.
Ammiccai un sorriso – buona fortuna, allora. Ciao.
-    Ciao... – sussurrò.
Più avanti c’era papà intento a entrare nella stanzetta.
-    Tesoro dove vai?
-    Torno a casa papà, scusami.
-    Non mi aspetti? Non assisti al reclutamento per il mio progetto?
-    Il tuo progetto? – lo guardai stranita – No, non sto molto bene, devo proprio andare.
-    D’accordo, sta attenta.
Andai via di lì con il cuore a mille e il respiro che non aveva intenzione di placarsi.
Steve, sta attento…

 

Nota Autrice
Salve gente! Dopo tanto tempo sono ritornata anche qui, su efp. Come già scritto nella descrizione della ff, questa storia è presente anche su wattpad e vi invito a seguirmi lì se siete registrati, il mio nome account è "D_Year".
Io adoro la Marvel e in particolare il nostro Capitano *-* per cui non potevo non scrivere una fanfiction dedicata a lui!
Ho grandi progetti per questa storia e spero di riuscire a portarli a termine garantendo il massimo, mi impegnerò con tutta me stessa per farcela.
Detto questo, vi chiedo di dirmi la vostra, ovviamente accetto anche critiche purché siano costruttive.
Al prossimo capitolo! (Che sarà tra non molto ahaha)

   
 
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