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Autore: Ness by Moon    18/06/2018    2 recensioni
Si era innamorata di lei da quel giorno al Rabbit Hole, quando si era soffermata ad ascoltarla andando oltre ciò che la città le chiedeva di essere. Si era innamorata di lei per il modo in cui la faceva sentire, viva più che mai e immersa in un bagno di lava che le faceva bruciare il cuore. Si era innamorata dei suoi occhi, così maledetti scuri e sporchi, che la stendevano al tappeto al primo sguardo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Emma asserì di aver indagato su Laya per una settimana senza aver trovato nulla, ma Alexis fu certa ci avesse perso al massimo qualche ora. I suoi conflitti con Regina per via di Henry erano sempre più all'ordine del giorno, non lasciando alla donna molto tempo per far altro. Inoltre, il bambino premeva affinché la sua Operazione Cobra andasse avanti. Aveva passato del tempo con loro e aveva potuto vedere quanta dedizione ci mettesse in quella sua missione. Non si fidava ancora da rivelarle qualcosa, ma era sicura si trattasse della maledizione, non c'era stata una sola volta in cui lo aveva visto senza il suo libro sotto braccio. Aveva cercato di parlare da sola con Emma, per convincerla ad impegnarsi di più nella sua ricerca, ma era stato quasi impossibile. Perciò decise di proseguire le sue ricerche autonomamente, il tempo scorreva a suo sfavore e non poteva permettersi di perdere un solo secondo dietro un ragazzino petulante. Scavò dunque all'interno dello zaino per recuperare ciò che le sarebbe servito, lo infilò nelle tasche e lasciò la stanza che aveva preso in fitto al Granny's. Non era stato facile convincere Ruby e sua nonna, aveva dovuto inventare che a casa sua erano scoppiate delle tubature e che non aveva un posto dove stare. C'era voluta più convinzione di quanto avesse immaginato ma alla fine era riuscita nel suo intento. Si segnò mentalmente di costruire una statua d'oro a sua madre per averle messo a disposizione una cospicua somma di denaro da usare in casi di emergenza. Uscì dalla stanza accertandosi di aver chiuso a chiave la porta, poi scese di sotto. Evitò di fermarsi a fare colazione, il suo stomaco era sigillato quella mattina e per di più non era semplice mangiare con un paio di occhi costantemente puntati sulla schiena. Ruby non si fidava di lei, era innegabile. Inoltre aveva dormito peggio del solito, per tutta la notte la sua mente non aveva fatto altro che formare immagini di Laya e ricordarle quanto poco tempo le restava per trovarla. E lei, aveva quasi esaurito le scorte di idee buone per avere successo. Di pessime invece, ne aveva anche troppe. 
Provò ancora una volta a girare per tutta la città, a cercare nei pochi punti di interesse. Camminò a lungo, sperando che la collana reagisse, e senza nemmeno accorgersene arrivò ai confini opposti della città. Una serie di fattorie sorgevano in quel punto, in mezzo a campi e serre. Alexis sospirò, si era così persa nei suoi pensieri da non essersi accorta di essere giunta fino a quel punto. Aveva perso ancora altro tempo. Si maledisse per questo. Diede una rapida occhiata al paesaggio attorno a lei constatando che forse non era mai arrivata in quella parte della città, nemmeno a casa sua. Era su una strada costeggiata da piccole case con terreni coltivabili tutto intorno, qualche animale al pascolo. Si chiese come avesse fatto a camminare tanto senza rendersene conto, ma soprattutto come sarebbe tornata indietro. Sbuffò sonoramente prendendosela con sé stessa. Girò i tacchi, pronta per rimettersi in marcia verso il centro quando una luce la inchiodò con i piedi per terra. La sua arpa stava brillando sotto la maglia, la sua arpa le stava bruciando la pelle per quanto era calda. La gola le si seccò di colpo e gli occhi presero a divorare tutto ciò che incontravano, cercando ciò che li avrebbe acquietati. Terra, coltivazioni, mulini, case rosse, staccionate. Non vedeva altro. Teneva così stretto il ciondolo tra le dita che la mano prese a bruciarle, ma non le importava. Non avrebbe perso ancora quell'occasione. 
Eppure non vedeva assolutamente nulla.
Ma i suoi piedi non volevano saperne di darle il permesso per andare in giro a cercare meglio.
Riuscì appena a voltare la testa verso la fattoria alla sua sinistra e vi trovò solo un cane grosso e bianco che correva verso di lei scodinzolando. 
Non poteva essersi sbagliata ancora, l'arpa non poteva farle quello. 
Il cane le fu accanto richiamando la sua attenzione leccandole le dita, ma a lei non importava. 
-Jasper! Torna qui! -
Il sangue le si gelò nelle vene, il cuore smise di battere per un attimo e poi riprese ad una velocità fin troppo elevata. Non avrebbe potuto scambiare quel timbro basso e appena roco con nient'altro. Finalmente si voltò verso la casa dalla quale era arrivato il cane, e la vide. Lei era lì che le correva incontro. Le lacrime le riempirono gli occhi, dopo mesi rivedeva il suo viso da sveglia e non nei sogni. Era realmente davanti a lei e non solo nella sua testa. Le correva incontro, i capelli mossi dal movimento. Era bella da togliere il fiato. Lacrime calde presero a scivolare veloci sulle guance di Alexis, incapace di trattenersi. Un sorriso enorme nacque sul suo viso. Aspettò che la raggiungesse per potersi finalmente perdere nei suoi occhi scuri, per poter immergere le mani nei suoi capelli, stringersi a lei e respirare il profumo buono della sua pelle abbronzata. Persino vedere la sua cicatrice sotto il collo non le faceva male.
-Scusalo, non mi sta mai a sentire-
Boccheggiò diverse volte di fronte al suo viso, incapace di trovare le parole giuste. Ma non ve ne erano, Laya era lì e non c'era nient’altro di importante. Cercò di pronunciare il suo nome ma ne uscì solo un suono strozzate ben lontano dalle sillabe corrette. 
-Ti ha spaventata? - le chiese preoccupata.
-Laya... ti ho trovata-
Finalmente quelle parole vennero fuori seppur annegate tra le lacrime. 
-Come scusa? -
La sua risposta la freddò, gelando qualsiasi cosa al suo interno. Mente, cuore, polmoni, non vi era nulla che funzionasse come doveva. 
-Laya, sono io-
Quelle tre singole parole abbandonarono le sue labbra con una nota tanto dolorosa da farle scricchiolare il cuore provocandole un dolore insopportabile. 
-Mi spiace, credo tu mi stia confondendo con qualcun'altra. Il mio nome è Hannah, Hannah Dolls-
 
Alexis approfittò del fatto che entrambe le sue madri fossero ad una riunione cittadina per poter frugare nello svuota tasche situato all'ingresso. Non ci mise molto ad identificare il portachiavi con la mela rossa lucida al quale erano attaccate le chiavi della macchina. Lo aveva regalato lei a sua madre, una mela per una e un cigno per l'altra. Sgattaiolò fuori casa sua come fosse una ladra per poi infilarsi in auto, consapevole che se sua madre se ne fosse accorta, l'avrebbe come minimo uccisa. Ma lei moriva dalla voglia di mettersi alla guida di quella vettura e dall'alto dei suoi sedici anni, si sentiva completamente in grado di poter guidare. Mise in moto, il motore rispose con un rumore sordo e metallico e il maggiolino giallo uscì in retromarcia dal vialetto di casa Swan-Mills. La ragazza sentiva una gran scarica di adrenalina nel girare per le vie di Storybrooke a bordo di quella macchina tanto storica. Viaggiò con calma fino al negozio del Signor Gold dove Gideon l'aspettava. Poté vedere anche da una certa distanza il suo sguardo sorpreso, gli occhi strabuzzati. Si fermò fuori la vetrina del negozio, aprì la portiera per far salire il ragazzo con un enorme sorriso dipinto sulla faccia.
-Era questa l'idea geniale che avevi avuto, Alexis?-
-Dai salta su, andiamo a fare un giro-
Gideon non era proprio d’accordo, ma acconsentì lo stesso salendo in auto. Poteva vedere sul viso della sua migliore amica quanto fosse eccitata per quella pessima, pessima idea che aveva avuto. E nonostante sarebbe dovuto essere la voce della ragione, chiuse la portiera e si lasciò scorrazzare in giro. Dopotutto, non era mica Kyle Hopper!
-Lo sai che se ci beccano siamo morti? - le chiese.
-Oh smettila, quanto sei pesante! Nonno mi ha insegnato a guidare, so quello faccio! E poi, domani potremmo andare in auto all’inaugurazione del nuovo Rabbit Ho… -
Non ebbe quasi il tempo di finire di pronunciare quella frase che Gideon urlò un “attenta” e fermò l'auto con la magia. Il maggiolino inchiodò bruscamente spegnendosi con un borbottio contrariato. Di fronte ai due amici una ragazza in camicia scozzese e jeans era rimasta impalata accanto al suo pick-up, sul suo volto la paura di veder danneggiata la sua vettura e se stessa. Il suo stesso sguardo si specchiò negli altri due, in particolare in quello di Alexis. Saltò fuori dalla vettura elargendo un numero infinito di scuse lasciandosi prendere dal panico.
-Mi dispiace da morire, ti prego scusami! Giuro che non volevo investirti! -
Gideon guardò l'amica credendo fosse impazzita o quanto meno c'era estremamente vicina. 
-Quindi dovrei ringraziarti? - domandò la sconosciuta. 
-No, certo... cioè, si... cioè, certo che no-
Alexis arrossì violentemente di fronte a quegli occhi tanto scuri quanto belli, Gideon se ne accorse e, riconoscendo l'imbarazzo della sua amica, pensò di intervenire.
-Scusala, ha battuto la testa da bambina. Ciò che sta cercando di dire è che le dispiace, Agnés-
Alexis annuì agitando più volte il capo continuando ad arrossire. Quella ragazza era stata capace di metterla in soggezione con un singolo sguardo. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, ipnotizzata da quel nero tanto profondo da darle l'impressione di perdersi. 
-Tutto okay, Gold. È stato un dispiacere conoscerti Alexis, cerca di star lontano dalle auto. Magari eviti di ammazzare qualcuno-
Andò via strizzandole l'occhio e lasciando nello sguardo di Alexis nient'altro che la sua andatura e il movimento ondulatorio dei suoi lunghi capelli scuri. La guardò camminare fino alla portiera del suo furgone e anche in quel momento non fu capace di distogliere lo sguardo.
-Torna sulla terra, idiota-
-Conosce il mio nome-
Gideon si passò una mano sul volto, sconvolto dall'idiozia della sua amica.
-Sei la figlia del sindaco e dello sceriffo, dovresti esserci abituata. E potresti giocare alla ragazzina innamorata dopo? Adesso dovremmo andare-
Ma Alexis sembrava essere volata su un altro pianeta dove tutto si riduceva ad un paio di profondi occhi neri. L'unica cosa che riuscì a riportarla sulla terra furono le sirene dell'auto della polizia.
-Merda! - esclamarono i due ragazzi in coro. 
L'auto bianca accostò appena dietro il maggiolino. La portiera del passeggero si aprì che ancora non era del tutto ferma. Una rapida e quanto mai furente Emma ne venne fuori avvicinandosi a grandi passi alla figlia e all'amico. David la seguì a ruota subito dietro.
-Va' a casa, Gideon- intimò la donna.
-Emma lei non...-
-Hai diciotto anni, per lo stato del Maine sei legalmente punibile. Vuoi continuare questa conversazione? -
-No, signora-
Bastarono gli occhi verdi ed incandescenti di Emma a far restare al suo posto il giovane. Lanciò una rapida occhiata alla sua amica e nonostante il suo sguardo supplichevole fu costretto a lasciarla in balia della madre. Non se la sarebbe cavata con poco, l'intera Storybrooke sapeva quanto Emma Swan tenesse al suo maggiolino giallo.
-Che ti è saltato in mente? -
Il suo tono fu rude e tagliante, i suoi occhi incredibilmente duri. 
-Mi dispiace mamma, volevo solo...-
-Hai quasi investito una ragazza, te ne rendi conto? -
Alexis non ci provò nemmeno a chiedersi come lo sapesse. Il fatto che la macchina dello sceriffo sfrecciasse per la città con alla guida una persona che non fosse stata lei aveva insospettito molti cittadini. 
-Emma, non qui. Andate a casa- la riprese suo padre.
Un piccolo gruppo di persone si era radunato intorno a loro per vedere cosa stesse accadendo e David sapeva quanto a Regina non piacessero i pettegolezzi circa la sua vita privata. 
La donna stette a sentire e con un solo cenno del capo comandò alla figlia di salire a bordo del maggiolino, mentre lei scambiava ancora qualche parola con l'uomo. 
-Torno io alla riunione, tu portala a casa-
-Si, non dire nulla a Regina. Le parlerò io a stasera, darebbe di matto altrimenti-
David annuì, stava per tornare alla sua vettura quando si voltò e chiamò nuovamente sua figlia. 
-Emma, non essere troppo dura con lei. Hai fatto tante sciocchezze anche tu-
-È proprio per questo che devo esserlo-
La donna tornò in auto e partì senza rivolgere una sola parola alla ragazza. Alexis si sentiva sinceramente in colpa, non voleva causare problemi a nessuno. L'auto di sua madre l'aveva sempre incantata e non vedeva l'ora di poterla guidare, ma col senno di poi era stata un'idea veramente stupida. Sapeva bene quanto Emma tenesse a quel vecchio catorcio e sapeva che era una sorta di cimelio storico proveniente dal suo passato. Infatti la ragazza la venerava e la rispettava ed era proprio per quello che moriva dal desiderio di guidarla. Sua madre glielo aveva sempre negato, dichiarandola non pronta per quel genere di auto nonostante le guide saltuarie che aveva fatto con suo nonno. E forse capiva il perché. Guardò il viso di suo madre da sotto le ciglia, la donna guidava concentrata e con una mano a sorreggere la fronte. Si chiese in quali pensieri fosse persa, la sua espressione non lasciava intendere nient’altro. 
Il vialetto di casa sua arrivò troppo in fretta, ma Alexis sapeva che la vera battaglia sarebbe iniziata quando Regina fosse rientrata. Non aveva detto una sola parola da quando sua madre l'aveva fatta salire in auto. 
-Mamma...-
-Va' in camera tua-
La ragazza non pensò nemmeno per un attimo di replicare, sapeva fin troppo bene che la donna era più infuriata per la lite che avrebbe avuto con sua moglie che per il fatto in sé. Salì in camera sua e si gettò sul grosso letto a braccia aperte senza nemmeno togliersi la giacca. Sospirò contro il soffitto e si preparò psicologicamente al ritorno a casa di sua madre. Pensò quanto meno di limitare i danni per cui prese il cellulare dalla tasca e scrisse a Gideon. 
 
"Non dirlo a Leo, altrimenti giuro che ti appendo all'albero di mele di mia madre!"
 
Inviò il messaggio e attese la risposta che non tardò ad arrivare. 
 
"Sei viva? Pensavo di preparare l'epitaffio."
 
Alexis roteò gli occhi, alle volte avrebbe volentieri preso a sberle il suo migliore amico. La faceva facile lui, non aveva come mamme le donne più in vista della città. 
 
"Imbecille! Piuttosto chi è quella ragazza?"
 
"Si chiama Laya Agnès, ha più o meno la mia età. Perché ti interessa, testa di rapa?"
 
Alexis arrossì, dunque si chiamava Laya. Trovò che fosse un nome bellissimo. Ripensò agli occhi scuri della ragazza e sentì distintamente le guance ardere. 
 
"Così, curiosità..."
 
"Piuttosto, non ti pareva familiare quel pick-up?"
 
"Era di mio nonno, ne sono abbastanza sicura"
 
Il tempo sembrava essersi fermato nella sua stanza, l’attesa di sua madre lo aveva congelato. Sapeva fin troppo bene che Regina conoscesse già cosa fosse accaduto, o almeno parte di ciò che aveva combinato. Per quanto Emma odiasse le riunioni cittadine, aveva imparato a saper presenziare cercando di trattenere anche i suoi sbadigli. Se David aveva dovuto chiamarla, qualcosa di grosso bolliva in pentola. E Alexis era consapevole di essere la pietanza prescelta. Aveva provato a distrarsi meglio che poteva, leggendo un libro, facendo vorticare in aria le penne dalla scrivania, aveva fatto una doccia e indossato una tuta ed una felpa al posto dei jeans. Eppure il tempo non passava e la sua ansia aumentava sempre più. Emma era al piano di sotto, la sentiva parlare al telefono con il padre ma non le era passato per la mente nemmeno per un attimo di andare a cercare la sua compagnia. L’aveva spedita in camera sua e Alexis lo aveva interpretato come un “se non ti vedo non ti ammazzo”. Era pur vero che quello era più il modus operandi di Regina, ma Emma sapeva essere una bambina quando si trattava di alcune cose. Tra queste, il suo maggiolino.
Non fu difficile accorgersi quando sua madre tornò dalla riunione, le finestre tremarono e il nome della figlia riecheggiò per tutta la villa.
-Alexis Swan-Mills, vieni immediatamente giù-
La ragazza non se lo era fatto ripetere due volte, si era letteralmente catapultata al piano di sotto dalla sua stanza.
-Ciao mam…-
-Seduta! - comandò indicando con un dito smaltato di rosso il divano.
Ancora una volta non ci pensò un solo secondo a contraddirla, andandosi ad accomodare, a passo anche sostenuto, dove le era stato indicato. Vide con la coda dell’occhio Emma infilarsi la giacca, pronta per uscire e deglutì pensando che avrebbe dovuto sostenere sua madre da sola.
-Swan! Seduta anche tu- la bloccò l’altra donna.
-Veramente io…-
Le sue parole ebbero il terrore di continuare a venir fuori dalle sue labbra di fronte allo sguardo infuocato della moglie.
-Sì, Regina-
Si accomodò e, tra le due, Alexis non seppe dire chi stava cercando di sprofondare di più nel divano. Regina si piazzò avanti a loro, camminando avanti e indietro per tutta la lunghezza del sofà. Il ticchettio dei suoi tacchi sembrava scandire il battito cardiaco delle due imputate. Agli occhi della donna sembrò di avere di fronte due bambine, una di sedici anni e una di cinquanta. Si fermò avanti alla minore che continuava a fissarla con il capo tra le spalle, come se fosse una tartaruga.
-Come ti è venuto in mente di rubare la macchina di tua madre e andartene a zonzo per la città? –
Il suo tono era incredibilmente calmo ma Alexis sapeva bene quanto in realtà la donna si stesse trattenendo dal non dare di matto.
-Io volevo solo fare un giro, mamma- sussurrò la ragazza.
-E sentiamo come mai, di grazia, pensi di saper guidare se non hai ancora iniziato il corso per la patente? –
Emma si irrigidì al suo fianco, pronta a prendersi la sua parte di colpa. Forse la maggiore. E seppe che era il suo turno di parlare.
-Ecco, vedi amore…- tentennò e quello diede il tempo alla moglie di sovrastarla.
-Come ho fatto a non pensare prima che c’entrassi tu? Ancora non ha imparato a stare fuori dai guai, Signorina Swan? –
Madre imputata e figlia si guardarono di sottecchi per un solo istante consapevoli che l’appellativo che la donna aveva utilizzato era la manifestazione perfetta di quanto fosse adirata. Quello sguardo non sfuggì a Regina.
-Avete un minuto per dirmi cosa avete combinato-
Quell’ultimatum bastò alle due a vuotare il sacco di fronte a Regina che le fissava con le braccia incrociate sotto il seno e lo sguardo duro. Emma ammise che suo padre aveva dato qualche lezione di guida ad Alexis nei fine settimana e che si fossero accertati di non girare in zone trafficate o simili. La ragazza, per dar man forte alla madre, giurò e spergiurò di essere sempre stata attenta mentre era alla guida del maggiolino.
-Tua padre che cosa?!-
Questa volta il tono della voce di Regina era stato elevato e acuto, la calma non le apparteneva più ormai.
-E’ successo solo qualche volta! – si difese Emma.
-Definisci qualche, Swan-
La donna proferì un paio di volte mentre la figlia, per cercare di salvare il salvabile, allungò la tempistica a circa un mese. Si guardarono sgranando gli occhi in simbiosi, mettendo in risalto quel verde che caratterizzava entrambe le iridi.
-Non voglio sentire altro, da tutte e due! – e ci tenne ad indicare con il dito madre e figlia- Siete in punizione! –
Ad Emma colpì particolarmente il plurale usato da sua moglie, e cercò di farle notare che era una donna adulta. Ma Regina replicò asserendo che sarebbe stata “adulta” quando non si sarebbe comportata come una ragazzina.
-Amore, non puoi sul serio mettermi in punizione-
-Oh mia cara, posso eccome-
L’intera famiglia capì a cosa si riferisse la punizione inflitta ad Emma, e sua figlia avrebbe volentieri fatto a meno di saperlo. Nonostante non fosse una stupida, preferiva non venir a conoscenza di ciò che accadeva nella loro camera da letto.
-Quanto a te- rivolse il dito verso la ragazza- spero che questa tua gita in auto sia stata proficua, perché ti assicuro che non metterai il naso fuori da quella porta per parecchio tempo. Questo per aver rubato la trappola mortale di tua madre. Per aver quasi investito una cittadina della mia città, –Regina notò come si sgranavano gli occhi di sua figlia e sapeva cosa significava quello sguardo, era lo stesso che aveva Emma quando mangiava la cioccolata di nascosto e scopriva che Regina lo sapeva- niente magia, niente telefono, niente TV, niente colazioni pranzi e spuntini al Granny’s e soprattutto niente rapporti con il figlio di Gold-
La donna sapeva di aver mirato a ciò che più la figlia amava, in particolare la tavola calda ed il suo migliore amico, ma era indispensabile. Ci teneva affinché crescesse nel giusto e con sani principi, in grado di capire dove e quando avesse sbagliato. Nel suo passato e in quello della moglie c'erano stati così tanti errori di gioventù, che non avrebbe mai voluto Alexis ne commettesse a sua volta. Era anche però abbastanza intelligente da rendersi conto che era impossibile. Al termine della sua sfuriata congedò madre e figlia, permettendo a Emma di tornare in centrale e alla ragazza alla propria camera. Una volta rimasta sola, scalciò via i tacchi, sfilò la giacca e si diresse verso la cucina per preparare la cena. Avrebbe atteso il ritorno di
 Emma a casa per poterle parlare, era loro abitudine avere un confronto di idee quando si trattava della loro bambina. Era consapevole di essere stata dura nei suoi confronti e che molto probabilmente Emma sarebbe stata più indulgente o si sarebbe infuriata per le ragioni sbagliate. Preparò tutto per la cena, imbandì la tavola e stappò una bottiglia di rosso. Aveva pensato di salire in camera di Alexis e parlarle, cercare di spiegarle il perché fosse stata tanto impassibile circa l'accaduto ma preferì lasciar perdere. Sorseggiava quindi il suo vino nell’attesa ripensando ancora a quel pomeriggio. Sapeva che Alexis non aveva cattive intenzioni, avevano cresciuto bene la figlia, ma non poteva transigere. Non avrebbe permesso alla piccola Storybrooke di pronunciare anche una sola parola di rimprovero verso la ragazza. Emma la prendeva in giro dicendole di avere ancora dei rimasugli delle regole della Foresta Incantata, dove atti del genere erano decisamente più gravi.
-Sono a casa –
Fu proprio la sua voce a rompere i pensieri della donna, sorrise per il perfetto tempismo con il quale sua moglie era tornata. Stava appunto pensando a lei. La vide sfilare la sua giacca e appenderla all’appendiabiti, era già un gran risultato considerando che fino a pochi anni prima la gettava dove capitava, e scalciare gli stivali. Passò per il bagno lavandosi le mani e trovò infine la sua meta, le braccia della moglie. Abbracciò Regina lasciandole un tenero bacio sulle labbra e assaporandone il sapere di vino e casa.
-Lex è di sopra? – le chiese.
Regina annuì
-Dobbiamo parlarne, Emma. E per l’amor del cielo smettila di chiamarla a quel modo-
Odiava il diminutivo che l’altra aveva affibbiato alla ragazza, odiava che ormai fosse rimasta l’unica a chiamarla con il suo nome.
-Amore, ha rubato il mio maggiolino ed è stata messa in punizione. Ha capito di aver sbagliato, credimi. Non infierire-
Regina ebbe la conferma dei suoi pensieri di poco prima, sua moglie non aveva afferrato la vera ragione della sua ira verso la figlia.
-Emma non si tratta solo della tua trappola mortale, poteva fare e farsi del male. E poi che insegnamento vogliamo darle, che se desidera qualcosa basta che lo prenda? Non voglio che mia figlia sia così-
La verità era che Regina temeva commettesse i suoi stessi sbagli, così come ogni genitore. Temeva di vederla camminare su una strada di prepotenza e convinzione di essere superiore a chiunque altro essere vivente.
-Regina, nostra figlia vive immersa nell’amore di una solida famiglia. Non dovrà crescere da sola o troppo in fredda come è capitato a noi, lascia che compia gli errori di una qualunque sedicenne-
La donna osservò a lungo gli occhi verdi e intensi della moglie e non vi trovò nulla che potesse farle dubitare delle parole appena pronunciate. Avevano avuto quella stessa conversazione diverse volte da quando Alexis aveva iniziato ad affacciarsi realmente al mondo. Ed Emma, era sempre riuscita a mettere a tacere le sue paure. A farle dimenticare chi era stata.
-Basta che non compia i tuoi di errori, non voglio doverla andare a trovare in carcere- sussurrò poi baciando la moglie.
Il sorriso che nacque sul volto di Emma bastò a farle dimenticare il resto.
 
Aprì la porta di casa mettendo solo il collo fuori, assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi. Gideon l’aspettava poco lontano da casa, pronto a correre via non appena avesse visto l’amica. Recuperò le sue cose cercando di far meno danni possibile, Emma le aveva concesso due ore di libertà a patto che non si fosse fatta beccare da Regina, bloccata in ufficio per tutto la sera, e che fosse tornata in tempo. La ragazza non se lo era fatto ripetere due volte e aveva concordato fuori scuola l’appuntamento con Gideon. Ringraziò ogni forma di divinità per aver dato a sua madre l'idea di far costruire un liceo per Storybrooke, se avesse dovuto studiare in casa, si sarebbe ammazzata. Cercò di fare più attenzione possibile, se fosse stata scoperta avrebbe avuto bisogno davvero dell’epitaffio e anche Emma. Si chiuse la porta alle spalle e prese a correre come se fosse una ladra in casa sua. Vide la figura di Gideon farle cenno con la mano di sbrigarsi.
-Oddio non immagini quanto tu mi sia mancato! –
Asserì la ragazza saltandogli al collo. L’altro l’abbracciò velocemente per poi tirarla per la manica lontano dalla strada principale.
-Sappi che non sono d’accordo, se tua madre ci scopre nemmeno il Signore Oscuro potrà salvarci-
-Non ci scoprirà, andiamo! –
Quella sera c’era l’inaugurazione del nuovo Rabbit Hole, il locale aveva da poco ristrutturato e cambiato gestione adeguandosi alle nuove mode e alla nuova clientela. Alexis non voleva assolutamente mancare, trainandosi dietro anche Gideon. I due amici corsero veloci per le vie secondarie di Storybrooke, il sindaco aveva occhi in ogni angolo. Giunsero al locale circa venti minuti dopo, eccitati e col batticuore. Alla porta c’era Leroy, promosso a buttafuori per il suo caratteraccio. Nessuno si sarebbe sognato di mettersi a litigare con lui, ma per lei era diverso. I sette nani adoravano Alexis e Grumpy non faceva differenza, anzi, aveva sentito diversi racconti circa la commozione che aveva avuto alla sua nascita. Si avvicinarono a lui di corsa incontrando il suo grugno.
-Ciao Leroy! – salutò la ragazza con gli occhi più mielosi che trovò nel repertorio.
-Non puoi entrare, principessina –
Gideon sghignazzò coprendosi la bocca con le mani a quel nomignolo. Sapeva quanto la sua amica lo detestasse ma in città molti , proprio come il nano, la chiamavano a quel modo.
-E dai, solo un paio d’ore. Ti prometto che farò la brava- supplicò Alexis congiungendo le mani avanti al viso in segno di preghiera.
Leroy, borbottò qualcosa circa la sua protezione e il fatto che quello fosse un postaccio ma non durò poi molto. Dopo soli cinque minuti di contrattazione, che comprendeva il non bere altro che acqua e l’essere fuori di lì in meno di un’ora e mezza, i due furono dentro.
L’onnipresente rosso all’interno del locale era stato sostituito con una serie di mattoncini grigi, gli archi sopra la zona del bar con nicchie in pietra e i tavoli antichi con altri più moderni e giovanili. La musica risultava alta e le luci forti, pareva essersi radunata quasi tutta Storybrooke lì dentro. I due ragazzi dovettero fare a gomitate per riuscire a trovare un minuscolo spazio in cui posizionarsi. Trovarono due posti liberi al bancone per puro miracolo, solo perché una coppia li aveva lasciati in favore del bagno. 
-Santo cielo questo posto è fantastico! – urlò Alexis per farsi sentire.
-E’ decisamente cambiato parecchio rispetto a prima-
Ordinarono da bere guardandosi attorno scherzando su chi fosse e lì e su chi non si sarebbero mai aspettati di vedere in un posto simile. Fu allora che Alexis andò a sbattere contro un paio di occhi scuri che la fissavano già da qualche metro di distanza. Rimase immobile a contemplarli, soffermandosi di tanto in tanto sulle labbra distese in un sorriso sfacciato. Se ne stava poggiata ad un muro con le braccia incrociate sul busto fasciato da una t-shirt rossa. Avrebbe voluto fare mille cose in quel momento, come invitare Gideon a parlarle di lei, chiedere ad un cameriere di offrirle da bere e mettere sul suo conto, andare da lei. Ma non riuscì in nessuna tranne perdersi nei suoi pozzi. Poteva distintamente sentire il cuore batterle nelle orecchie, sovrastando anche il rumore della musica. 
-Lex mi ascolti? -
Fu capace di riprendere contatto con la realtà solo perché il suo amico le aveva sventolato una mano avanti la faccia, interrompendo il contatto visivo con Laya Agnès.
-Eh? - domandò confusa. 
Gideon guardò nella direzione dove volgeva il suo sguardo e ne capì immediatamente l'interesse. 
-Va’ a parlarle- le propose col sorriso. 
-Cosa? Sei matto! -
Il viso di Alexis si incendiò diventando lo stesso colore della sua maglia. I suoi occhi si spostarono da un punto all’altro del locale senza fermarsi, il peso del corpo veniva spostato da una gamba all’altra. 
-Muoviti testa di rapa-
Le diede una spinta con una pacca sulla schiena per poi brindare a lei alzando la sua bottiglia di birra. Alexis si fece forza e si avviò verso l'altra che l’aspettava senza scomodarsi e senza levarle un attimo gli occhi di dosso.
-Ciao- salutò educatamente. 
-Sei riuscita a non causare incidenti, oggi? -
-Sono venuta a piedi-
Per quanto cercasse di nascondere al meglio tutto il suo imbarazzo, Laya lo aveva visto in ogni sua sfaccettatura. Le guance rosse, gli occhi bassi e la postura rigida erano sintomi chiarissimi che la facevano apparire, ai suoi occhi, incredibilmente carina. 
-Hai l’età per bere? - le chiese sorridendo.
-Certo! -risposte l’altra prendendo il primo sorso della sua birra.
Non le piaceva minimamente l’alcol, ma non voleva sembrava una bambina andando in giro per il locale con una bibita gassata.
Laya la guardò poco convinta di ciò che le aveva detto. Si staccò dal muro, infilò le mani nelle tasche del jeans e si avvicinò a lei.
-E quanti anni avresti? -
-Ventuno-
La risposta era arrivata in fretta, troppo in fredda, non era nemmeno riuscita a completare la domanda quasi.
-Ah sì? Ventuno eh? -
Alexis arrossì, giocherellò con il liquido all’interno della bottiglia per un po’ prima di riprendere a parlare senza guardarla negli occhi. 
-Diciotto? -
-Me lo stai chiedendo o lo stai affermando? -
La ragazza fece roteare gli occhi alzandoli al cielo, era una bugiarda ridicola!
-Ok, sedici-
Laya scoppiò a ridere di una risata vera a cristallina. Una risata che costrinse l'altra ad alzare lo sguardo dalla sua bottiglia per vederla. La fissò con l’aria di chi aveva capito diverso tempo prima che l’altra stesse mentendo, le ricordò quasi sua madre quando la contemplava con il sopracciglio alzato e le mani sui fianchi. Notò anche usante la piccola gobba sul naso le stesse bene, nonostante fosse un difetto.
-Me lo dovrò ricordare- disse sfilandole la bottiglia dalle dita e prendendone un gran sorso.
Alexis la guardò interrogativa, ma Laya si degnò di risponderle solo diversi secondi dopo informandola che avrebbe lavorato in quel bar. La nuova gestione l’aveva assunta come barista.
-Quindi, principessina, faresti meglio a non mentire più sulla tua età-
-Non chiamarmi in quel modo ridicolo-
Era palese quanto la cosa l’avesse infastidita e si chiese come diavolo facesse quella perfetta sconosciuto a conoscere quel soprannome orribile e decisamente fuori luogo. Laya Agnès era riuscita a farle saltare i nervi in meno di dieci minuti, un record.
-Perché no? A quanto pare ti chiamano così i nani, le fate e anche Snow White se non sbaglio-
Alexis sgranò gli occhi, sconvolta.
-Come fai a saperlo? –
Laya prese un altro sorso profondo dalla sua birra, le rivolse un sorriso compiaciuto e poi rispose.
-Sono una persona con un grande spirito di osservazione, principessina-
-Potresti chiamarmi semplicemente con il mio nome, per favore! –
L’altra alzò i palmi in segno di resa, ma senza levarsi dalla faccia quel suo sorriso irritante e spocchioso.
-Alexis Swan-Mills credo sia un po’ troppo lungo, non trovi? –
-Solo Lex andrà più che bene- la corresse spazientita.
Il fatto che l’intera città sapesse praticamente tutto di lei l’aveva sempre fatta particolarmente irritare, come quell’assurdo soprannome. Aveva pregato chiunque si impuntasse ad utilizzarlo di evitare, quantomeno, di usarlo in pubblico. Era divertente quando aveva cinque anni e sua nonna la mostrava in giro come una bomboniera. Lei, di reale, non aveva un bel niente se non il grado di parentela.
-Lex? Cosa sei, un cane? –
-Per tua informazione mia madre, lo sceriffo di Storybrooke, ha scelto quel diminutivo-
Aveva sperato di risollevare un po’ la sua posizione che il “principessina” aveva fatto cadere a picco e tirare in gioco lo sceriffo le era sembrata una grandissima idea…
-La cosa dovrebbe impaurirmi? –
… fino a quel momento. Guardò l’altra finirsi la birra che lei aveva acquistato e lasciare la bottiglia su un tavolo. Ma non aveva mai staccato gli occhi dai suoi.
-Forse non dovrei flirtare con la figlia dello sceriffo e del sindaco di soli sedici anni. Sei troppo piccola e fiabesca per me-
-Io non sono fiabesca! E tanto meno piccola, quanti anni hai che te la tiri tanto? –
Il suo tono fu talmente irritato da far girare qualche testa verso di lei, curiosa di sapere cosa stesse accadendo. Persino il suo corpo aveva reagito a quelle parole, abbandonando la rigidità e permettendo al piede destro di piantarsi con forza sul pavimento.
-Ventitré, veri però. Pensa, posso andare al banco e offrirmi una tequila, tu vuoi dell’acqua? Naturale ovviamente, le bollicine potrebbero far male al tuo regale pancino-
Alexis serrò così tanto le mascelle e i pugni che quasi temette di sentir i denti sgretolarsi e le dita spezzarsi. Quella ragazza era una vera e propria vipera, nessuno l’aveva mai irritata tanto nella sua vita. Neppure Leo, ed era tutto dire. Sentiva sotto la pelle il bisogno impellente di mettere a tacere quella sua impertinenza. Si avvicinò a Laya con sguardo infuocato, il verde dei suoi occhi tanto carico da apparire come un prato dopo un temporale. Le fu talmente vicina da sentire l’odore della birra nascere dalle sue labbra.
-Io non sono una principessina, e tantomeno una reale o qualsiasi cosa tu pensi io sia. Non mi conosci, non puoi giudicarmi-
Sul viso della bruna, apparve l’ennesimo sorriso. Ridusse ancora di poco la distanza tra sé stessa e l’altra, le prese una ciocca di capelli castano chiaro tra le dita giocherellandoci e posizionandola poi dietro l’orecchio.
-Questo allora cambia tutto-
Soffiò appena quelle parole, un minuscolo spostamento d’aria che atterrò sulle labbra di Alexis facendola rabbrividire. Si soffermò sui suoi occhi scuri, lasciando che i brividi continuassero a solcarle la schiena fino ad arrivare alla nuca. Le luci a intermittenza ci passavano di tanto in tanto attraverso, ma non riuscivano a portar via un po’ di oscurità. Erano bellissimi.
-Magari la prossima volta potrei anche pensare di offrirti un coca cola-
Le parlò muovendo le labbra contro il suo orecchio e poté chiaramente sentire l’altra ragazza trattenere il respiro. Scivolò al suo fianco trascinandosi dietro un paio di occhi verdi.
-Ci vediamo, Lex- sussurrò facendole l’occhiolino.
Alexis riprese a respirare, a vedere altri colori al di fuori del nero. Riprese a pensare, a ragionare e si ricordò che quando era arrivata al Rabbit Hole, era con Gideon.      
 
La punizione di Alexis fu lunga, prolungata e noiosa. Aveva tardato fin troppo di ritorno dal Rabbit Hole e ad aprirle la porta di casa era stata sua madre, mani sui fianchi, sguardo omicida e labbra arricciate. Alle sue spalle Emma non sapeva come aiutarla, non poteva fare assolutamente nulla. Si era fidata di Alexis e ora erano entrambe nei guai.
 I giorni seguenti furono tutti uguali; tornata da scuola si gettava sul suo letto e sperava che il pomeriggio passasse alla svelta per riprendere il giorno seguente. In ognuno dei suoi momenti di vuoto, in cui avrebbe preferito far qualsiasi altra cosa piuttosto che contemplare le mura di casa sua, non aveva fatto altro che pensare a Laya Agnès. Ai suoi occhi scuri. A distrarla in minima parte dai suoi nuovo e personali aguzzini c’era sua nonna che le faceva spesso compagnia, e per quanto avesse praticamente l’età delle sue madri, si comportava proprio da nonna. Le proponeva di fare dolci, o darle una mano con lo studio. Alle volte tendeva quasi a preferire starsene da sola ma la donna sapeva perfettamente come riconquistare la fiducia della nipote. Sin da quando era bambina adorava ascoltare i racconti delle loro vite passate, in particolare quelle che parlavano della bandita Snow White e dei suoi sette amici. Nonostante fosse grande ormai, la ragazza ancora si accomodava sul divano con una tazza di caffè fumante tra le mani ad ascoltare di quella volta in cui era scappata dai troll o aveva affrontato le guardie della regina. Mary Margaret stava ben attenta a non dirle mai qualcosa che potesse infangare il nome di Regina, non che la ragazza non conoscesse i giorni da Evil Queen di sua madre, ma per tutti era ormai una storia vecchia di anni e anni. Quella donna assetata di potere e spietata era morta al primo bacio con Emma Swan, la Salvatrice.
-Nonna, come funziona il colpo di fulmine? –
Avrebbe di gran lunga preferito parlarne con Gideon, ma tutti i mezzi di comunicazione con lui si limitavano ai cinque minuti in cui passava fuori scuola. Rimpianse di non aver voluto imparare a mandare messaggi tramite colomba, come si usava nella Foresta Incantata.
-Beh… ecco… -
La donna si trovò in una scomoda posizione, aveva saputo di cosa David avesse fatto e non voleva rischiare di immischiarsi in qualcosa che non le competeva. Non sapeva nemmeno se Emma e Regina le avessero già fatto il famoso “discorsetto”. Inorridì al pensiero e si scosse per cacciarlo via.
-Guarda che non sono più una bambina, e poi non ti ho chiesto di parlare di sesso-
Le guance di Mary Margaret presero fuoco, i suoi occhi si sgranarono fino a che fu loro possibile. Non aveva avuto bisogno di affrontare l’argomento con Emma, era adulta da un pezzo quando l’aveva incontrata, a suo figli aveva pensato David e non si sentiva pronta tantomeno ad affrontarlo con la nipote. Per cui si limitò a fare una delle cose che le riusciva meglio, parlare a cuore aperto dell’amore.
-Tesoro, ti piace qualcuno? –
Alexis arrossì violentemente e quel profondo paio di occhi scuri tornarono nella sua mente. Si sentiva una perfetta idiota a parlarne, l’aveva vista solo due volte. Eppure era bastato. Annuì alla domanda della nonna e colta da un totale imbarazzo prese a torturarsi le dita.
Forse non c’era nulla di male se ne parlava con lei, non vedeva l’ora di raccontarlo a qualcuno. Gideon l’aveva presa in giro di ritorno dal Rabbit Hole e l’aveva incoraggiata a rivederla. Mary Margaret invece, aveva creato il frutto del Vero Amore, chi meglio di lei poteva consigliarle cosa fare con quella ragazza che l’aveva stregata? Per cui si limitò ad annuire, pregando che le sue guance non fossero diventato troppo rosse. Non avrebbe fatto nomi con lei, Mary Margaret non era famosa per saper tenere la bocca chiusa, ma si limitò a chiacchierare con lei come fosse un’amica.
Dopotutto, aveva bisogno di parlare di Laya, ormai occupava ogni centimetro della sua mente e non poteva farne a meno.
  
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