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Autore: Strega_Mogana    20/06/2018    5 recensioni
Il Preside Piton deve trovare un sostituto per la cattedra di Pozioni.
La soluzione sarà del tutto inaspetatta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Universo di Eligis tuum iter'
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Questa storia fa parte dell'universo Eligis tuum iter (Scegli ciò che desideri) .
Dello stessa saga potrete trovare anche le storie Hopeless Hope e Porcospino.
Storia scirtta per la sfida estiva del forum Il Calderone di Severus
 
 Eredità
 
 
 
Fa caldo.
Un caldo quasi impossibile per l’Inghilterra.
Se gli studenti pensano che i professori si godano tre mesi di vacanza si sbagliano di grosso.
Finita la scuola restano altre tre settimane per chiudere i programmi, riempire scartoffie del Ministero, correggere gli esami e preparare la prima bozza del programma per l’anno successivo.
E, due settimane prima dell’inizio dell’anno scolastico, ci sono i gufi da inviare con la lista dei libri, la stesura definitiva del programma e ulteriori scartoffie da compilare.
Un lavoro noioso e, a volte, inutile, ma non potevano sottrarsi a quella parte del loro compito.
Essere Preside non diminutiva il lavoro, anzi c’erano ancora più carte, più riunioni e gufi da inviare.
Se poi un membro del corpo docente andava in pensione, era ancora peggio.
Severus Piton, Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts da quasi quarant’anni e professore da praticamente tutta la sua vita, di scartoffie inutili ne aveva riempite fin troppe.
Ma, ogni volta che un suo insegnante andava in pensione, si sentiva un po’ più vecchio. Aveva salutato tutti i professori della sua adolescenza.
Prima Minerva, poi Vitius e Pomona, perfino Madama Chips se n’era andata.
Ed ora toccava a Lumacorno.
Stranamente l’ultimo ad abbandonare la scuola.
Quindi quell’estate l’aveva passata a riempire moduli, scrivere lettere alla ricerca di un valido sostituto. Il fatto che lui stesso avesse ricoperto il ruolo di professore di Pozioni per più di vent’anni rendeva la ricerca ancora più difficile.
Sapeva che Pozioni era una materia complicata e che l'insegnante doveva trasmettere, oltre alle formule, anche la passione per il calderone: per evitare scoppi improvvisi e incidenti con preparati mediocri; oltre a tener alto il nome della scuola.
Sotto il profilo di insegnare la passione lui non era un buon esempio, i suoi studenti erano meritevoli solo perché le sue punizioni erano più terrificanti degli effetti collaterali di qualche pozione sbagliata.
Per quanto riguardava il nome della scuola, i suoi allievi erano sempre arrivati agli esami finali con voti ben al di sopra della media.
Lumacorno, per quanto viscido, non aveva fatto eccezione. Era un valido insegnante, non elemosinava complimenti e i suoi studenti erano meritevoli dei voti assegnati.
La sua decisione di andarsene definitivamente in pensione l’aveva disorientato.
Negli ultimi dieci anni si era ritrovato solo nel castello, i suoi colleghi erano andati via, sostituiti da insegnanti più giovani che, invece di trattarlo da collega, o meglio da amico, lo trattavano, invece, come loro superiore, facendolo sentire  vecchio.
E lui odiava sentirsi vecchio.
Aveva passato tutta quella torrida estate alla ricerca di un valido sostituto ed ora, a meno di un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico, era ancora senza professore di Pozioni.
Sotto lo sguardo ironico della moglie aveva scartato un curriculum dietro l’altro facendosi beffe delle ridicole lettere di raccomandazioni allegate.
Nessuno sembrava all’altezza di quel ruolo.
Nonostante il suo amore per Difesa Contro le Arti Oscure, Pozioni restava la materia che più l’aveva fatto sentire vivo, dopo l’abbandono di Lily, era stata la materia che l’aveva salvato durante i primi anni di insegnamento, quando pensava che neppure la promessa di proteggere Potter potesse aiutarlo a superare il dolore.
Pozioni era la sua materia del cuore e non poteva lasciarla nelle mani di inetti incapaci che non conoscevano l’importanza di schiacciare il fagiolo soporifero, anziché tagliarlo.
No, impensabile.
Sua moglie, la sua dolce metà, la donna che l’aveva salvato dalla morte, quella testarda, petulante e bellissima donna che l’aveva fatto innamorare di nuovo, diceva che era lui a pretendere standard troppo elevati.
E che, se proprio non riusciva a trovare un sostituto degno di quella cattedra, poteva tornare ad insegnare.
L’aveva guardata allibito da quella proposta dicendole che aveva troppo di cui occuparsi senza doversi subire, di nuovo, gli sfoghi ormonali di ragazzini di undici anni.
Segretamente, però ci aveva pensato.
Forse non proprio così segretamente perché sua moglie, sempre la sua anima gemella, la luce dei suoi occhi e una fastidiosa, nonché bellissima, spina nel fianco, aveva insistito ad ogni curriculum gettato nel camino e ad ogni sbuffo dietro una lettera di raccomandazioni.
Aveva capito troppo tardi che lo stava raggirando, che lei aveva già una soluzione, ma che aspettava il momento giusto per proporgliela.
Ed ora che era alle strette aveva lanciato bomba.
L’aveva fissata un istante, era scoppiato a ridere per l’idiozia di quella proposta e se n’era andato.
Lei non si era offesa, la loro vita e l’inizio del loro amore era stato così travagliato che ci voleva ben altro  per offendersi a vicenda.
Ma sua moglie era un passo avanti a lui, come di consueto negli ultimi trentacinque anni del loro matrimonio e, appena arrivato nel suo ufficio, aveva trovato sulla scrivania un nuovo curriculum e non poche lettere di raccomandazioni.
Albus, nel suo ritratto, se la rideva sotto i baffi candidi.
In quel lunghissimo periodo di pace e serenità, il ritratto del vecchio Preside, aveva preso l’abitudine di assentarsi per lunghi periodi, girovagando per i ritratti di altri maghi o per infilarsi in altri suoi quadri ad osservare la vita scorrere.
Quando i suoi figli erano piccoli stavano ore seduti in salotto con i cuginetti ad ascoltare rapiti le storie narrate da quel vecchio mago dipinto.
 Nonno Albus, l’avevano chiamato. Spesso lo chiamavano così ancora oggi.
Quell’estate aveva deciso che il suo passatempo preferito era dargli il tormento, probabilmente coalizzato con sua moglie.
Appoggiò l’ultima lettera di raccomandazioni sulla scrivania e si tolse gli occhiali da vista per massaggiarsi la radice del naso adunco.
Era vecchio, almeno nel privato del suo studio lo ammetteva.
Sospirò tornando ad indossare gli occhiali e prese, di nuovo, in mano il curriculum di quel giovane mago.
Albus si lasciò scappare una risatina.
- Andiamo, Severus, hai veramente bisogno di leggerlo di nuovo?
Non si voltò, non ne aveva bisogno per parlare con il pallido riflesso dipinto di un amico che non c’era più da troppi anni.
E poi fissare troppo la sua immagine gli faceva sentire enormemente la sua mancanza.
Poteva essere anche un vecchio Preside con gli occhiali da vista e il passato discutibile, ma di fronte ad Albus Silente restava il giovane mago senza anima e senza futuro che gli chiedeva aiuto e, inconsciamente, affetto.
- Da quanto tempo tu e mia moglie complottate questa cosa?
- Da quando Horance ti ha comunicato la sua decisione di andare in pensione.
Avrebbe dovuto immaginarlo.
Sospirò nuovamente e fece scorrere la lunga lista di meriti e riconoscimenti attribuiti a quel nuovo ed inaspettato candidato per la cattedra di Pozioni.
Non ne aveva bisogno, Silente aveva ragione, conosceva molto bene quel mago.
Aveva seguito da vicino ogni sua mossa e scoperta. Aveva letto le sue ricerche, le sue relazioni e articoli per le più famose riviste di settore.
Aveva un curriculum invidiabile.
- Qual è il problema, Severus?
Il mago appoggiò la pergamena sulla scrivania e si alzò per guardare fuori dalla finestra.
Era un’assolata mattina d’estate, il sole picchiava forte nel parco del castello. Gli incantesimi della professoressa di Erbologia tenevano l’erba verde e morbida, ma aveva visto dei giardini Babbani bruciati dal caldo. In lontananza il sentiero che portava al villaggio di Hogsmeade tremolava per la calura estiva.
Decisamente quell'anno faceva troppo caldo per i suoi gusti.
- Non mi hai risposto, Severus. - insistette il quadro di Albus.
- É troppo giovane.
- Sciocchezze.  Tu eri molto più giovane.
- Erano tempi diversi e circostanze diverse. Lui può fare molto di più che fossilizzarsi dietro una cattedra a correggere compiti.
- Può fare entrambe le cose, amico mio. E lo sai bene anche tu. Così come hai fatto tu.
- Lui é decisamente più in gamba di me.
- Di questo non ne sono così certo, ragazzo mio.
Severus sorrise sentendosi chiamare in quel vecchio modo. Erano anni che Silente, seppur un Silente fasullo, non lo chiamava così.
Mentre lo sguardo era perso sull’immagine tremolante del sentiero che conduceva al villaggio, sentì qualcuno bussare alla porta.
 Era lui. 
Tornò a sedersi alla scrivania e lo invitò ad entrare.
Sgranò gli occhi di ossidiana.
Il giovane aspirante si era presentato in abiti Babbani: un paio di jeans scoloriti e una vecchia maglietta a maniche corte.
I capelli mossi e castani erano legati in una morbida treccia con quello che sembrava comune spago.
Era visibilmente abbronzato e si intravedeva sul collo un tatuaggio di quello che assomigliava ad un serpente nero.
Quello all’orecchio era un orecchino fatto con una piuma?
L’avrebbe cacciato fuori intimandogli di presentarsi ad un colloquio di lavoro in abiti più consoni.
E senza quell’orecchino.
Aprì la bocca, ma fu preceduto dal giovane mago.
- Mi scuso per l'abbigliamento, Preside Piton, ma sono di ritorno da un viaggio in Amazzonia dove ho studiato una tribù indigena e i loro metodi di utilizzare alcune erbe del luogo. Il viaggio con l'America é stato molto stancante e la Passaporta intercontinentale si è attivata in ritardo. Non sono riuscito a cambiarmi in tempo. - appoggiò quella che sembrava una vecchia borsa scolorita per terra e afferrò la bacchetta - Mi dia un istante.
Bastò un cenno e un incantesimo non verbale per tramutare gli abiti Babbani in un vestito da mago blu scuro molto più consono per l’occasione.
Il tatuaggio e l’orecchino erano rimasti al loro posto con suo disappunto.
Severus lo squadrò bene dai lunghi -  fin troppo - capelli castani leggermente mossi agli occhi neri e penetranti, aveva lineamenti marcati, ma gradevoli alla vista.
Con quell'atteggiamento e l’abbronzatura già prevedeva calderoni di giovani studentesse scoppiare perché troppo intente a fissare il bel professore, invece delle istruzioni alla lavagna.
- Meglio iniziare. - tagliò corto cercando di non guardare troppo l’orecchino o la testa del serpente che si intravedeva sotto il colletto della giacca - Non mi aspettavo una sua candidatura e, sinceramente, sono un po’ perplesso.
Il giovane gli sorrise e si sedette su una delle sedie davanti alla scrivania.
- Sono qui per dissipare ogni suo dubbio, Preside.
 Arrogante. 
- Bene. Vorrei sapere perché vuole insegnare. Il suo curriculum è notevole, ci sono altre possibilità per lei.
- Ho trent’anni, Preside. Lavoro nel campo delle pozioni da quando ne ho memoria. Ho superato i M.A.G.O. con i voti più alti del mio anno, ho lavorato al reparto di ricerca del Ministero. Ho contribuito a realizzare un pozione antilupo che elimina la trasformazione durante la luna piena e viaggio per la maggior parte dell’anno alla ricerca di nuovi ingredienti. Voglio un po’ di stabilità, continuerò le ricerche e viaggerò quando gli impegni scolastici me lo permetteranno. Voglio insegnare ai ragazzi la passione per le pozioni come é stata insegnata a me. – fece un timido sorriso - Ho avuto un eccellente maestro.
- Bene. Nonostante conosca il suo lavoro nel campo delle pozioni, mi è d’obbligo porle qualche domanda per testare anche le conoscenze basilari. A volte pozionisti eccellenti si perdono con le preparazioni più semplici.
- Le basi prima di tutto. – rispose il giovane sempre con quel sorriso – Sì, il mio insegnate me lo ripeteva spesso.
- Qual è l’ora del giorno più indicata per cogliere l’erba Fondente?
- Non si coglie di giorno. Per avere un effetto più potente è necessario tagliare la piantina ad un centimetro sopra la radice, in una notte di luna nuova.
- Come raccoglie il muco dei vermicoli?
- Faccio mangiare ai vermicoli foglie di the che ne aumentano la produzione e li lascio in un vaso chiuso. Dopo una settimana galleggiano nel loro stesso muco.
- E se accidentalmente finisse avvelenato da una delle pozioni dei suoi studenti?
- Ho sempre un bezoar in tasca.
Severus restò in silenzio valutando le risposte del giovane.
Non che ce ne fosse bisogno: erano tutte giuste, ovviamente.
- Ha risposto a tutte le domande, Severus. – disse Silente alle sue spalle: anche se non lo vedeva poteva ben immaginare il suo sorriso. 
Il giovane lo fissava sorridendo, sembrava tranquillo, ma Severus notò che tamburellava le dita sulla gamba.
Non era poi così arrogante e neppure così tranquillo. 
- Questa é la mia proposta. - disse infine - Potrà occupare la cattedra di Pozioni quest’anno. - il mago iniziò a ringraziarlo, ma lo fermò solo con cenno della mano - Ma se il lavoro di insegnante frenerà le sue ricerche o il suo lavoro sul campo, l’anno prossimo mi troverò un nuovo insegnante. Il suo talento non andrà sprecato in un’aula.
- Ma…
- Le condizioni non sono trattabili. - dichiarò con fermezza.
Il mago si mordicchiò l’interno della guancia poi annuì.
- Va bene. Non la deluderò.
Il Preside gli sorrise e si alzò in piedi subito seguito dal nuovo insegnante.
- Non ho dubbi. - gli tese una mano - Bentornato a Hogwarts, professor Piton.
Il giovane ricambiò il sorriso specchiandosi in quegli occhi neri che aveva ereditato dall’uomo che aveva di fronte.
Ricambiò la stretta di mano.
- Grazie, Preside Piton. 
- Ben fatto, Elijah!
- Grazie, nonno Albus. 
- Bene. – fece Severus sorridente – Dovrai arrivare ad Hogwarts due settimane prima dell’inizio ufficiale. Ci saranno moduli da compilare e la preparazione del programma.
- Ho già approntato il programma mentre ero in Amazzonia.
Elijah era, tra i suoi due figli, quello che più racchiudeva l’essenza di lui e Hermione. Amante dei libri e del calderone, passava ore a studiare e leggere, non si era stupito quando il Cappello Parlante l’aveva smistato nei Corvonero.
Hope, invece, era una Serpeverde fin nelle ossa, cosa che le è servita nella sua carriera al Ministero della Magia.
Era estremamente orgoglioso di entrambi i suoi figli.
Anche se il rapporto di Hope con Al gli faceva ancora storcere il naso.
- Bene. – gli disse – Tua madre vorrà vederti. Sono settimane che non fa altro che parlare del tuo ritorno. Se fossi in te, toglierei quell’orecchino.
Elijah scosse lentamente il capo.
- No, papà. L’orecchino resta.
- E quello che vedo sul collo?
- Oh…- il ragazzo si portò una mano al collo imbarazzato – è un tatuaggio che mi hanno fatto nella tribù. Ho salvato una bambina dal veleno di un serpente. Mi hanno fatto questo e mi hanno soprannominato takaliba
Severus si limitò ad alzare un sopracciglio.
Elijah ridacchiò.
- Significa signore dei serpenti.  E’ una tintura naturale, nel giro di un mese sparirà.
- Meglio così. Ora andiamo a casa. Poi stasera ci aspetta una lunga festa alla Tana in tuo onore, vorranno sapere tutto quello che hai visto e anch’io sono molto curioso.
Lo sguardo di Elijah si illuminò, andò alla sua sacca e l’aprì, ci rovistò dentro e ne estrasse un cofanetto di ebano che Severus conosceva bene. Glielo aveva regalato lui per un compleanno, un prezioso scrigno per rari ingredienti.
- Questo ti piacerà, - disse il giovane aprendo il cofanetto – è un fungo che cresce su alcuni alberi in amazzonia. Gli indigeni lo usano sia come veleno per le punte delle frecce, sia come antidoto.
Affascinato Severus osservò il piccolo fungo blu nel cofanetto.
- Hai già studiato le sue proprietà?
- No, speravo che il mio insegnante mi desse una mano.
Il Preside alzò lo sguardo e sorrise al figlio.
- Come ai vecchi tempi.
- Non studiamo una pozione insieme da una vita, papà.
- D’accordo ragazzino. – fece il mago – Ora però metti via quel fungo. Inizieremo a lavorare domani; oggi ci godiamo questa calda giornata in famiglia.
Uscirono insieme dalla presidenza.
Silente fissò la porta chiusa poi sgattaiolò nel suo ritratto a casa Piton, non voleva perdersi quella riunione di famiglia. 
 
FINE
   
 
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