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Autore: sascy    20/06/2018    3 recensioni
[Alycia Debnam-Carey - Eliza Taylor]
[Alycia Debnam-Carey - Eliza Taylor]Elycia AU dove Eliza Taylor è un'attrice famosa e Alycia Debnam-Carey è una sua fan che decide di andare ad una convention dove sarà Eliza sarà presente come ospite. Sì, sono reduce dalla Con-Clave. XD
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Questa fanfiction nasce più per la voglia di fare due risate che per altro, sono reduce dalla Con-Clave e mi è venuta questa strana idea. Avevo pensato di fare una Clexa AU, ma alla fine i personaggi si sarebbero stravolti talmente tanto rispetto alle loro personalità che ho deciso di provare a fare una Elycia AU. Ovviamente anche in questo modo i personaggi sono abbastanza stravolti, ma penso che sia comunque più adeguato di una Clexa. Non so ancora dove andrà a parare questa storia, ma mi farebbe piacere ridere con voi di questa mia pazzia senza troppo senso.

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi farebbe tanto piacere :) grazie mille a tutti coloro che vorranno leggere e o commentare, siete mitici!

Un abbraccio.

Sascy

 

 

Alycia

 

Ero maledettamente in ritardo, ed io ho sempre odiato arrivare tardi, per qualsiasi occasione.

Quel giorno a maggior ragione avrei tanto voluto essere in anticipo e invece quel maledetto treno mi stava facendo impazzire.

Era arrivato in stazione con ben venti minuti di ritardo e per di più la sua corsa era stata molto più lenta del previsto.

Dannazione...
Continuavo a pensare nella mia testa, non riuscendo a resistere alla tentazione di guardare l'orologio sullo schermo del mio telefono ogni trenta secondi, come se questo fosse mai riuscito a far scorrere il tempo più velocemente.

Ogni volta che accendevo il display del telefono, oltre all'orario, potevo però permettermi di ammirare il volto di quella bellissima ragazza che troneggiava sullo sfondo.

Eliza Taylor era sempre stata per me il simbolo della perfezione. Mi ero follemente innamorata di lei sin dal primo momento che avevo potuto vederla in tv, nel telefilm di cui era la protagonista. Erano ormai passati tre anni da quando avevo deciso, svogliatamente, e sotto consiglio della mia migliore amica, di vedere “The grounders” e da quel momento non ero riuscita a togliermela dalla testa.

I suoi occhi blu, in sintonia con il biondo dei suoi capelli che le ricadevano sempre sulle spalle in modo così maledettamente sensuale, mi facevano innamorare ogni volta. Per non parlare di quel piccolissimo neo che le contornava le labbra soffici che tante volte avevo sognato segretamente di baciare.

Quando, qualche mese prima, era stata annunciata la sua presenza ad una convention a meno di tre ore di viaggio da casa mia, ero letteralmente impazzita. Nonostante i miei pochi risparmi, avevo deciso di dare fondo al conto in banca riuscendo ad acquistare pass ed extra in meno di 10 minuti dalla loro pubblicazione online nello shop della convention.

Su quel treno però l'ansia continuava a salire e non riuscivo a tenere ferme le gambe, tanto che ad un certo punto urtai involontariamente la signora seduta di fronte a me, che mi fulminò con lo sguardo, facendomi arrossire per la vergogna.

Dopo altri quaranta minuti di agonia, finalmente dall'interfono annunciarono che stavamo arrivando in stazione. Il mio cuore accelerò quando realizzai che di lì a meno di 24 ore sarei stata capace di vedere la bellissima e famosissima Eliza per la prima volta, senza che uno schermo ci dividesse.

Cosa le avrei detto? Come mi sarei comportata? Sarei riuscita a non svenire?

Presi la valigia dal vano in alto sopra al sedile e le mani non riuscivano a smettere di tremare, tanto che rischiai di farmela cadere rovinosamente addosso.

La signora davanti a me continuava a lanciarmi strane occhiate di disapprovazione, chissà cosa stava pensando in quel momento. Era in ogni caso l'ultimo dei miei problemi.

Scesi dal treno velocemente e mi diressi verso la fermata dei taxi. Un uomo dai capelli brizzolati e una folta barba ben curata mi invitò a salire sull'auto, gli sorrisi e lo ringraziai quando mi prese la valigia e la sistemò nel bagagliaio con molta cura.

Una volta che entrambi fummo saliti in macchina, detti all'autista l'indirizzo dell'albergo nel quale si sarebbe svolta la convention e lui si voltò e mi guardò sorridente.

“Anche lei alloggia lì per la convention signorina?” mi chiese cortesemente.

“Ehm... si, la “Grounders-Con” – risposi imbarazzata – domani sarà una giornata intensa”. Cercai di non far trapelare tutto il mio timore, ma non so quanto riuscii a risultare effettivamente tranquilla.

“So che la ragazza, l'attrice per cui la città sta impazzendo, è già arrivata questa mattina. C'erano un sacco di persone sotto l'albergo, ma lei non si è fatta vedere” mi annunciò l'uomo alzando un sopracciglio.

La notizia mi arrivò come un pugno in uno stomaco, Eliza era già li? E perché non avevo letto niente sui social? Perché non ne ero al corrente? Lei era veramente così poco distante da me in quel momento? Stava realmente alloggiando nello stesso albergo nel quale io avrei passato la notte?

Il mio cuore perse un colpo, si fermò per un attimo e forse trattenni il fiato troppo a lungo perché l'autista del taxi mi guardò in modo strano e mi chiese se stessi bene.

Annuii riprendendo fiato e sentendo il cuore cominciare nuovamente a battere, in modo sconnesso, tanto quanto lo erano i miei pensieri. L'auto partì e per tutto il viaggio non riuscii a parlare, nonostante l'uomo brizzolato cercasse di coinvolgermi in conversazioni di circostanza, su quanto quell'estate fosse calda e sul traffico cittadino che di anno in anno andava peggiorando.

Niente di tutto quello mi interessava, non ero nemmeno capace di sentire quanto effettivamente fosse caldo. Riuscivo soltanto a concentrare i miei pensieri su quegli occhi blu meravigliosi e su quelle labbra contornate da quel bellissimo neo.

Una volta arrivata in albergo pagai il tassista in fretta e presi da sola la mia valigia dal bagagliaio. Fuori dall'ingresso non c'era nessuno. Forse mi aveva preso in giro? Non c'era traccia di fan.

Sospirai, quasi delusa e mi avvicinai all'ingresso.

“Signorina, mi scusi” un uomo, o per meglio dire, una montagna, in giacca e cravatta, con occhiali scuri e un'auricolare all'orecchio mi fermò e mi scrutò dall'alto in basso. Sentii una goccia di sudore scendermi lungo le tempie.

“Si?” chiesi titubante, con un filo di voce.

“Ha una prenotazione in questo albergo?” mi chiese. Annuii, continuando a guardarlo spaesata.

“Qual è il suo nome?”

“Alycia Debnam-Carey” risposi, cercando di prendere la mia carta di identità dalla borsa. Il telefono mi cadde di mano e finì rovinosamente a terra.

L'uomo davanti a me parlò con qualcuno tramite l'auricolare, poi si chinò e raccolse il telefono da terra, porgendomelo educatamente.

“Mi scusi signorina, la sua prenotazione è confermata e può proseguire – mi spiegò con un sorriso sulle labbra – questa mattina abbiamo avuto dei problemi e non possiamo far entrare nessuno che non abbia una prenotazione”.

“Problemi?” chiesi sperando che confermasse la versione del tassista.

“Sì, abbiamo dovuto chiamare le forze dell'ordine per far allontanare un gruppo di persone, ma stia tranquilla signorina Debnam-Carey, è tutto risolto”. L'uomo sorrise cercando di essere rassicurante.

Oh mio Dio, allora era vero! Deglutii a fatica, cercando di sorridere a mia volta mentre prendevo il mio telefono dalle mani di quella montagna di fronte a me.

Non riuscii a dire niente, feci soltanto un cenno del capo e mi diressi verso le porte d'ingresso.

Le gambe mi tenevano a stento in piedi, ma cercai di non far notare il mio nervosismo quando fui davanti alla ragazza della reception. Riuscii a fare il check in senza iperventilare e con il mio bagaglio al seguito presi l'ascensore e mi diressi verso la mia camera.

Mi feci una doccia, cercando di schiarirmi le idee e decisi che avrei provato ad andare a prendermi qualcosa da bere al bar, sperando che anche lei, Eliza, avrebbe deciso di fare lo stesso.

Alle 18 in punto scesi di nuovo con l'ascensore e mi diressi verso il bancone, vicino alla reception. Mi guardai intorno, tutto sembrava così tranquillo e normale, non vi era traccia della presenza di Eliza Taylor da nessuna parte e in nessun volto.

Ne rimasi delusa, ma anche sollevata perché ancora non sapevo come avrei potuto reagire nel ritrovarmela davanti. Cercavo disperatamente di prepararmi un discorso da farle, non volevo essere invadente, ma nemmeno lasciarmi sfuggire una tale occasione. Forse la cosa migliore da fare sarebbe stata quella di comportarsi come se fosse stata una normalissima ragazza. Ma lei,indubbiamente, non lo era.

Sorseggiai svogliatamente il mio mojito, che mi aiutò ad alleviare leggermente la tensione che mi attanagliava lo stomaco, poi mi guardai nuovamente intorno in cerca di qualcosa che purtroppo ancora non c'era.

Amareggiata decisi di uscire a prendere una boccata d'aria.

Fuori regnava la quiete, non vi erano tracce di fan accaniti, né di alcuna altra anima, mi sedetti sul muretto e osservai per un po' le macchine che passavano nella strada a pochi metri da me.

Presi il telefono per controllare l'orario e mi resi conto che il vetro del display era rotto in un angolo. Non era riuscito a salvarsi dalla caduta come avevo pensato.

Ero pronta a cominciare ad imprecare, quando sentii la presenza di qualcuno vicino a me.

Mi voltai distrattamente per vedere chi fosse e il cuore mi saltò in gola. Eliza Taylor in persona si stava accendendo una sigaretta a meno di due metri di distanza da me, seduta a sua volta sul muretto.

Probabilmente si sentì osservata e mi fece un saluto con un cenno del capo, io per tutta risposta deglutii, ma mi resi conto che non avevo più traccia di saliva nelle fauci.

Lei seguitò a fumare, guardando il cellulare.

Cosa avrei dovuto fare? Dovevo andare a salutarla? A chiederle qualcosa? Me la stavo facendo letteralmente sotto e non riuscivo a trovare il coraggio di muovere un solo muscolo. Riuscivo soltanto a continuare a fissarla ininterrottamente.

I suoi capelli biondi le ricadevano sul collo e sulle spalle, illuminati dal sole in maniera quasi abbagliante. Aveva dei jeans attillati che mostravano tutte le sue forme e un top scuro che lasciava intravedere l'assenza del reggiseno al di sotto.

Il mio cuore non riusciva a calmarsi e mi resi conto che le mani mi stavano tremando.

Non potevo lasciarmi sfuggire una simile occasione, dovevo necessariamente fare qualcosa, aspettavo da anni questo momento e l'avevo sognato svariate volte. Mi ero immaginata di riuscire ad essere sicura di me stessa, mi ero disegnata come una persona decisa, mi ero vista andarle incontro senza timori e parlarle, guardarla nel blu profondo dei suoi occhi e dirle una frase ad effetto che l'avrebbe colpita a tal punto da rimanere scolpita nella sua mente. Non volevo essere una fan tra tanti, volevo essere almeno minimamente speciale per lei. Una di quelle persone che anche se le vedi una sola volta nella vita, ti rimangono dentro e che ogni tanto ti tornano alla mente, donandoti un sorriso. Sì, volevo essere un sorriso per lei.

Presi coraggio, o almeno ci provai, mi alzai in piedi e mi avvicinai a lei, in modo da starle davanti, facendo ombra sulla sua pelle.

Lei si accorse della mia presenza così vicina e alzò lo sguardo, incastrando i suoi occhi nei miei.

Non dire qualcosa di scontato, trova una frase d'effetto da dirle, non dire niente di scontato. Non dire niente di scontato!
Continuavo a ripetermelo nella mente come un mantra. Aprii bocca e trovai difficile farvi uscire un qualsiasi suono. Lei continuò a fissarmi, accennando un mezzo sorriso. Oh mio Dio quanto fu bello quel sorriso. Avrei voluto baciare quelle labbra lievemente incurvate.

Il cuore fibrillava e io cercavo disperatamente di parlare. Presi fiato, gonfiai il petto per farmi coraggio e dissi: “Sei bellissima...”.

Tutto qui? Davvero ero riuscita a dire la cosa più scontata di questo mondo? Addio alla mia bellissima frase ad effetto, addio all'idea di rimanerle in testa per sempre, addio all'idea di voler fare la differenza. Mi sarei tanto volentieri tirata una gomitata nello stomaco. Me la sarei meritata, una di quelle che ti lasciano senza fiato. Anche se alla fine senza fiato ero già da un pezzo.

Inaspettatamente lei si alzò, il suo sorriso ammaliante si ampliò ancora di più, gettò la sigaretta a terra e mi abbraccio.

“Grazie” mi sussurrò, con quella sua voce profonda. Il suo dolce profumo si stava impossessando delle mie narici e della mia anima.

Fece una risata quasi imbarazzata. Imbarazzata? Dovevo essermelo immaginato, non era possibile che io avessi fatto quell'effetto su di lei con una frase tanto scontata, chissà quante persone glielo avevano ripetuto durante la sua vita, anche prima che diventasse famosa.

Mi resi improvvisamente conto della presenza delle sue mani sulla mia schiena, una delle due si muoveva dall'alto verso il basso e viceversa. Mi stava accarezzando. Nella mia testa c'era lo stesso casino che c'è ad un concerto heavy metal. I miei neuroni stavano pogando uno contro l'altro.

Avrei voluto rimanere così per sempre, riuscivo a percepire il suo respiro tra i miei capelli e tutta la mia pelle stava andando a fuoco, la testa girava e le ginocchia rischiavano di cedere da un momento all'altro.

Poco dopo però Eliza mi lasciò dall'abbraccio, ma mantenne una mano sulla mia spalla, mi guardò dritta negli occhi e mi disse: “Anche tu lo sei”.

“Mai... mai quanto te” riuscii a balbettare.

Lei sorrise di nuovo, la bellezza fatta persona era esattamente davanti a me e adesso avevo la mente completamente vuota e lo stomaco in pieno subbuglio. Niente più concerto, ma tante farfalle che battevano le loro ali in modo incontrollato.

Qualcuno la chiamò dall'ingresso dell'albergo e lei si voltò, interrompendo il contatto dei nostri occhi. Cosa che mi causò non poco dolore.

“Scusami, devo andare – mi disse – ma se domani sei qua alla convention sarò felice di rivederti”.

Mentre cominciava ad allontanarsi le sue dita poggiate sulla mia spalla percorsero tutto il mio braccio fino a raggiungere la mia mano, la strinsero per qualche frazione di secondo e poi la lasciarono. Rimasi in piedi, immobile, a fissarla mentre rientrava in albergo. Non capivo più niente, non avevo nemmeno più idea di come mi chiamassi o da che parte del mondo mi trovassi, ma ero sicura del fatto che non avrei mai più fatto una doccia per non lasciarmi scivolare via di dosso la sensazione del suo tocco. Volevo che il suo profumo non mi abbandonasse mai.

 

Tornai in camera con passo incerto, sbagliando strada più volte, mi spogliai e mi misi un vestito rosso che metteva in risalto il seno, lungo fin sopra al ginocchio. Nemmeno io sapevo perché lo avevo portato, ma adesso volevo che Eliza mi vedesse di nuovo e volevo che avesse sotto gli occhi la versione migliore di me. Mi lisciai i capelli e mi truccai finemente gli occhi, allungando il più possibile le mie ciglia con il mascara. Optai per mettere in risalto le labbra con un rossetto rosso fuoco e chiusi il tutto con una spruzzata soffice di profumo. Presi l'ascensore evitando di fare le scale con le scarpe con il tacco e mi diressi al mio tavolo per la cena, sperando ardentemente che anche Eliza sarebbe stata presente.

   
 
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