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Autore: shinepaw    21/06/2018    0 recensioni
A seguito di una violenta tempesta, Mira si ritrova su un'isola sconosciuta, popolata da draghi e dai loro domatori. Impossibilitato a tornare a casa, il ragazzo dovrà imparare a vivere sulla nuova isola.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Barcollava, stanco, fradicio e disorientato, sulla spiaggia sconosciuta. Non sapeva nemmeno lui dove stava andando. Sapeva solo che aveva tanto, tanto freddo.

Camminò per un po', lentamente, trascinando i piedi scalzi e dolenti sulla sabbia, finché non iniziò a scorgere in lontananza un villaggio. Allora raddrizzò la schiena, si fece forza ed allungò il passo, rincuorato.

Giunse all'entrata del villaggio, ma non fece in tempo a mettervi piede che degli uomini grandi e grossi sbucarono da chissà dove e lo immobilizzarono.

- Chi sei? Da dove vieni? E cosa vuoi? - gli chiesero bruscamente, mentre gli legavano le braccia dietro la schiena. Egli non rispose, spaventato e confuso.

Lo spintonarono lungo la strada, e le persone nelle case si affacciavano dalle finestre a osservare la scena. Le case erano graziose, più grandi e solide della sua. Chissà cosa ne era stato della sua casetta.

Arrivò un ragazzo della sua età dai capelli biondi e i penetranti occhi verdi, che li fermò.

- Be'? - disse, squadrandolo da capo a piedi.

- Non vuole parlare!

- Forse non capisce la nostra lingua - azzardò uno degli uomini. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.

- Non mi sembra una minaccia. È davvero conciato male. Sarà sotto shock; lasciatelo andare - ordinò, e gli uomini obbedirono. In cambio ricevette un'occhiata colma di gratitudine.

- Capisco la vostra lingua. Mi chiamo Mira - disse Mira con un filo di voce, dopo essersi strofinato le braccia. Riprese a tremare, ora solamente di freddo e non più anche di paura. - Non sono qui per causare problemi.

Il biondo sconosciuto gli fece cenno con la testa di proseguire.

- Una tempesta si è abbattuta sulla mia isola, spazzando via tutto - spiegò Mira, percependo la testa dolere al sol pensiero. - Non mi ricordo null'altro. Mi son risvegliato sulla spiaggia, e credetemi, vorrei davvero tornare a casa.

Il ragazzo annuì.

- È troppo tardi, al momento, per riportarti a casa - lo informò, aggiungendo tra sé: se una casa ancora esiste. - Ci penseremo domani. Sarai stanco, e stai tremando. Vieni con me. Puoi passare la notte a casa mia.

Poi ringraziò e congedò gli uomini e iniziò ad avviarsi.

- Mi chiamo Leif - si presentò, girandosi a guardarlo con quei suoi penetranti occhi verdi. - Scusa per la pessima accoglienza. È raro che capitino forestieri da queste parti.

- Non fa niente - mormorò Mira.

- Spero non ti abbiano trattato troppo male e che il resto della tua permanenza sia piacevole - proseguì Leif. Sembrava gentile, nonostante il suo sguardo incutesse soggezione.

La casa di Leif era molto grande, più delle altre. La sua famiglia era composta dai genitori e la sorella maggiore. Quest'ultima era però fuori, gli disse Leif.

- Mamma, papà, lui è Mira. La tempesta di ieri l'ha fatto naufragare sull'isola.

I genitori di Leif avevano gli occhi verdi e penetranti come il figlio e gli stessi capelli biondi. Gli strinsero la mano con cortesia, senza particolare calore. Mira sentì una punta di nostalgia della propria famiglia farsi strada nel suo cuore.

Leif gli diede dei vestiti asciutti, prima di lasciarlo solo per permettergli di asciugarsi e cambiarsi.

Mira si affrettò a raggiungerlo appena pronto. Il ragazzo lo condusse nel luogo adibito a sala da pranzo. Sul tavolo di pietra la madre di Leif stava posando dei piatti ricolmi di pesce cotto e crudo.

- Domattina ti riporteremo a casa con i draghi - esordì Leif per rompere il ghiaccio, una volta che si furono seduti attorno al tavolo. Mira gli lanciò un'occhiata confusa.

- Con i draghi?

Leif e i suoi genitori gli donarono un'occhiata stranita.

- Sì, i draghi - rispose, inarcando un sopracciglio.

- I draghi - ripeté Mira, piano.

- Mira. Non hai mai visto un drago?

Timidamente, il ragazzo fece un cenno d'assenso. Leif scambiò un'occhiata incredula con i propri genitori.

- Nessuno sulla tua isola ha mai avuto un drago? - insistette.

Mira si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.

- Sull'isola vivevamo solo io, la mamma, il papà e la mia sorellina - spiegò, percependo per un istante le lacrime affiorargli agli occhi. - E il mio cane, Cocco.

- Vivevate? - domandò la madre di Leif, la quale stava, come il marito, seguendo la conversazione silenziosamente.

- Una notte di tempesta i miei genitori sono scomparsi - disse tristemente Mira.

- E cosa facevi tutto il giorno sull'isola, da solo? Senza un drago? - chiese Leif, stupito e curioso.

- Leggevo. Suonavo il flauto o ne intagliavo uno nuovo se si rompeva. Raccoglievo le noci di cocco. Pescavo. Giocavo con Cocco. Ascoltavo i suoni delle conchiglie. Stavo con la mia sorellina.

Leif annuì.

- Be', Mira... devi sapere che noi viviamo con i draghi. L'intero villaggio ci vive. Tutti hanno un drago; essi ci aiutano nei più disparati compiti, o semplicemente ci fanno compagnia. Ci sono draghi che controllano il fuoco, l'acqua e il ghiaccio, le piante, l'elettricità, l'aria. I draghi che controllano il fuoco non hanno paura di niente e di nessuno e possono essere molto aggressivi, ma anche leali e protettivi. I draghi che controllano l'acqua e il ghiaccio sono astuti e dispettosi. Quelli che controllano le piante sono i più mansueti; sono assai pazienti, ma non bisogna mai scambiarli per deboli. I draghi che controllano l'elettricità sono davvero imprevedibili. E per finire i draghi che controllano l'aria: sono dei giocherelloni con una forza incredibile - raccontò. - Noi, intendo, la mia famiglia, siamo dei Domadraghi. I nostri antenati sono stati i primi a domare i draghi di fuoco.

Gli mostrò l'interno del polso, il quale recava un tatuaggio d'una piuma rossa.

- Tutti i Domadraghi hanno questo simbolo, di colore diverso a dipendenza di ciò che controlla il drago - proseguì, prima di portarsi una mano al collo, al quale portava una collana di corda nera a cui era appesa una squama rosso-arancio, e sorridere con orgoglio. - Ogni Domadraghi, quando trova il proprio drago e riesce a domarlo, deve indossare una sua squama, un dente o un artiglio. Questa è una squama del mio drago, Rubino, che ho domato sei estati fa e che conoscerai domattina.

Mira si sfregò un polso da sotto il tavolo, indeciso se tacere o no. Perché anche lui, sullo stesso polso di Leif, aveva una piuma bianca tatuata.

In quel momento Leif si riscosse dai propri ricordi e il suo sguardo si posò sul proprio ospite; più precisamente sul suo collo, al quale portava un artiglio di drago bianco-giallastro.

- Ma... quello è un artiglio di drago! - esclamò. I suoi genitori si scambiarono un'occhiata e annuirono. - Tu... sei un Domadraghi?

Mira si grattò la testa.

- Non... non credo? Me l'ha regalato la mamma, questo - disse. Poi allungò il braccio sul tavolo, sul quale spiccava il tatuaggio dello stesso colore dell'artiglio.

Leif rivolse un'occhiata incredula ai propri genitori.

- Non ne ho mai vista una di un colore simile! - esclamò. Loro annuirono. - Mira! Sei un Domadraghi?!

- Ma io non ho mai visto un drago - reiterò Mira, con un pizzico d'imbarazzo.

- I tuoi genitori erano dei Domadraghi! Non può essere altrimenti! - affermò Leif, preso dall'entusiasmo. A quel punto il suo ospite iniziò a piangere, prima piano e poi sempre più rumorosamente, come un bambino: la stanchezza, la preoccupazione per la propria famiglia, la paura presa e ora tutte quelle ipotesi con cui stava venendo bombardato gli avevano provocato un crollo emotivo.

- Leif. Sarà stanco. Lascialo riposare - disse suo padre. Tentennando, il figlio si alzò per accompagnare Mira nella propria camera, in cui gli aveva preparato un letto. Il ragazzo si aggrappò alla sua maglia, singhiozzando, e non si staccò nemmeno una volta entrati in camera.

Leif si sedette sul proprio letto e gli passò un braccio attorno alle spalle a mo' di abbraccio, e così rimase finché Mira non si fu calmato.

Mentre piangeva ebbe modo di osservarlo meglio: aveva i capelli rossicci, un po' mossi verso le punte, gli occhi grandi e dolci, blu mare, il viso spruzzato di lentiggini e la pelle dorata dal sole.

- Va meglio? - domandò, staccandosi imbarazzato.

- Sì. Scusami. Sono un po'... ecco... stravolto - farfugliò Mira.

- Immagino.

Una volta assicuratosi che stesse bene, Leif gli fece promettere di svegliarlo per qualunque esigenza e gli augurò la buonanotte. Non appena toccò il letto, Mira sprofondò nel sonno. Sognò la propria isola, la propria casa e la propria famiglia, con l'unica differenza che, al posto di Cocco, c'era un draghetto bianco.


   
 
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