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Autore: lesfl3ursdumal    21/06/2018    0 recensioni
«Ma il quadro? Che pensarne? Esso possedeva il segreto della sua vita, e raccontava la sua storia. Gli aveva insegnato ad amare la sua bellezza. Gli avrebbe anche insegnato a odiare la sua anima? L'avrebbe mai riguarrato?
No, non era che un'illusione che agiva sui sensi turbati. L'orrenda notte trascorsa aveva lasciato dietro sé quei fantasmi. Improvvisamente sera formato nel suo cervello quella piccola chiazza scarlatta dalla quale nasce la follia. Il dipinto non era mutato. Era una follia pensarlo.»
Ispirato a “Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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Oltre le tende di morbido tessuto vermiglio, un singolo spiraglio di luce filtrava dalla finestra, andando a colpire la grande tela posta su un cavalletto al centro della stanza. Lo studio del pittore non dava la parvenza di un luogo vissuto, ove le tempere e le tele vi facevano da padrone; l'ospite dell'artista non capiva da dove provenisse quel piacevole profumo che sovrastava persino l'odore dei colori ad olio. Forse erano le candele che, nonostante la luce del tardo pomeriggio, erano accese, o forse erano i cespugli di rose piantate sotto il suo balcone -- Seokjin non lo sapeva, ma era sicuro che quell'esperienza si stava dimostrando più piacevole di quanto si fosse aspettato. Osservare Yoongi dipingere aveva un non so che di rilassante, tanto che Seokjin si ritrovò a socchiudere appena gli occhi scuri. Nel frattempo, il pennello stretto fra le dita nivee di Yoongi continuava a scivolare silenziosamente sulla tela, andando a rifinire minuziosamente quei dettagli che non avevano bisogno della presenza del soggetto ritratto per raggiungere la perfezione. Il riflesso della luce contro l'orecchino di perla, le lunghe ciglia nere, le labbra rosee dalla forma particolare, il neo sotto uno degli occhi e sul suo labbro inferiore, un ciuffo ribelle di capelli che andava a coprirgli la fronte -- guardare quel quadro era come guardare una fotografia. Ogni sfumatura, ogni ombra era messa al posto giusto, tanto che quel ritratto pareva / vivo /. Seokjin aveva quasi creduto che lo sguardo del ritratto l'avesse seguito quando aveva messo piede nello studio, circa due ore prima. «È bellissimo, Yoongi. Penso sia il tuo lavoro migliore. Dovresti proporre a Namjoon di organizzare una mostra per esporlo. Sarebbe un peccato non mostrare il quadro più bello che tu abbia mai creato agli altri. Se vuoi posso – » «No!» Yoongi arrestò il movimento del pennello sulla tela, e lo sguardo si volse verso l'altro, allarmato. Seokjin s'accigliò per la reazione del pittore, che nel frattempo aveva incominciato ad agitarsi sullo sgabello su cui era seduto; Yoongi se ne accorse, e come l'inquietudine aveva preso possesso dell'animo dell'artista, così scomparve, come un serpente che morde la preda per poi ritirarsi lentamente. « – penso che non lo esporrò mai.» «Perché?» domandò Seokjin, mettendosi a sedere sul divano di velluto rosso su cui era sdraiato fino a poco prima. Yoongi non rispose immediatamente, eppure poggiò il pennello sulla tavolozza piena di colori, piano, senza far rumore, prima di voltarsi verso il giovane. «Rideresti di me. Ho messo troppo me stesso su questa tela.» Seokjin, in tutta risposta, si abbandonò sul divano, lasciandosi sfuggire un risolino divertito. «Sapevo che avresti riso!» «Rido perché voi pittori avete una mente strana: volete che la vostra arte sia conosciuta da più persone possibili, tentate disperatamente di farvi un nome, ma alla prima occasione vi tirate indietro. Ora che il tuo nome non è più uno dei tanti, sembra quasi che tu voglia perderlo.» «Ti sbagli – ma, sul serio, non posso.» «Eppure adesso lo stai mostrando a me. Se hai davvero racchiuso tutto te stesso qui, perché non vedo somiglianze? Senza offesa, ma – guardalo!» e a questo punto Seokjin si alzò dal divano e si avvicinò al pittore, posando una mano sulla sua spalla mentre con l'altra andava ad indicare il soggetto della tela. «Guarda la forma degli occhi, il naso, gli zigomi, le labbra... È tutto perfetto. L'armonia di questo viso è così bella da lasciare persino me senza fiato. Questo è Narciso. Tu hai senz'ombra di dubbio un'espressione intelligente e tantissimi altri pregi, ma la bellezza, la bellezza vera, finisce lì dove incomincia l'espressione intelligente. Quando pensi, tutto diventa brutto: il mondo perde i suoi colori e le sue sfumature, tutto è bianco oppure nero. Sono fermamente convinto che la vera bellezza sia irrazionale, irragionevole e spesso irraggiungibile. Il soggetto del tuo quadro non pensa mai, lo vedo dai suoi occhi.» Già, i suoi occhi. Occhi misteriosi che nascondevano così tanto, ma che allo stesso tempo erano terribilmente chiari; ti mostrava la crudeltà e la disperazione della vita con una calma tale da distrarti, da non farti rendere conto del fatto che tu, da un momento all'altro, contro quella realtà ti ci saresti schiantato con una tale violenza da toglierti il fiato. Erano due fuochi tra le ciglia, due cieli così scuri da sembrare due abissi che t'avrebbero strappato l'anima se avessi continuato a guardarli. I suoi occhi furono anche la prima cosa che vide del suo viso, soltanto tre mesi prima. ( . . . ) «Non credere che ti abbia portato qui solamente per scaldare quel divano, Yoongi.» la voce di Namjoon distolse l'attenzione del pittore dal calice di champagne stretto in una mano. Nonostante la musica che risuonava fra le mura dell'elegante salotto – un preludio di Chopin, forse –, la voce dell'amico era chiara e squillante come suo solito, tanto da strappargli un leggero sorriso. «Vorresti forse rovinare l'apparenza di intellettuale distaccato che sto cercando di costruire?» rispose a tono, alzando il calice di champagne nella sua direzione. Namjoon rise. «Vorrei presentarti un amico. Penso proprio che possiate andare molto d'accordo.» «E cosa te lo fa pensare?» «Sono mesi che sei alla ricerca d'ispirazione, di una musa che possa smuovere la tua creatività assopita. Lui è... Non posso descriverlo con qualche parola.» «Perché non puoi?» «Perché, mio caro, le parole non sono altro che artefici formali che ingabbiano la realtà. Le parole non descrivono il mondo che ci circonda: lo plasmano a nostro piacimento. A nessuno piacerebbe un'opera letteraria che descrive solamente il lato oscuro della vita; le persone hanno bisogno di bellezza, di maestosità, hanno bisogno del piacere. Sai perfettamente che l'uomo è nato con l'unico scopo di provare piacere. D'altronde anche tu dipingi ciò che ti piace proprio perché ti far stare bene.» «Dimenticavo di essere finito in un circolo di edonisti.» Namjoon rise di nuovo. La sua risata era piuttosto piacevole, notò Yoongi. E trovava molto carine quelle fossette che andavano a crearsi ai lati della sua bocca ogni qualvolta le sue labbra si piegavano in un sorriso. «È la tendenza del momento, mio caro. Ma c'è qualcuno persino peggiore di me – e quel qualcuno è il giovane che vorrei presentarsi. Su, vieni.» Yoongi non se lo fece ripetere due volte. Per quanto l'apparenza potesse ingannare, era sempre stato un tipo piuttosto curioso: da artista, era impossibile per lui non esserlo. Un artista, e ancor di più un pittore, deve sempre tenere gli occhi aperti per cogliere la bellezza anche nei dettagli più infimi. Tralasciare qualcosa potrebbe equivalere al lasciarsi sfuggire l'occasione di una vita. Abbandonò il calice sul tavolino di vetro posto davanti al divano – calice che venne presto recuperato da uno dei numerosi camerieri che vagavano per il soggiorno – e si alzò, per poi seguire l'amico verso il centro della stanza, ove un giovane era chino sul pianoforte, le dita affusolate che accarezzavano i tasti come se fossero la pelle diafana di una fanciulla. Le gambe di Yoongi minacciarono di cedere, per un attimo. Lo sconosciuto non si accorse dell'arrivo dei due, tanto era immerso nella sua musica: non stava suonando pure loro, o per i presenti. Suonava per se stesso, e Yoongi provò subito un moto di ammirazione nei suoi confronti. Namjoon attese che lo sconosciuto terminasse il brano, prima richiamare la sua attenzione sfiorandogli una spalla con i polpastrelli delle dita. Il giovane si voltò e Yoongi credette di non aver mai visto una creatura più bella in vita sua. «Volevo presentarti un mio caro amico. Questo è Yoongi, un talentuoso pittore sulla strada del successo. Yoongi, questo è Kim Taehyung. Pianista a tempo perso, giovane dotato di spiccata intelligenza e rara bellezza, come puoi ben notare.» «Sei sempre stato un adulatore, Namjoon.» Taehyung rise, prima di tendere la mano verso Yoongi, che la strinse in una stretta decisa e sicura – il tutto per nascondere il tremore che, invece, gli stava pervadendo il corpo. Le mani di Taehyung erano delicate, le dita sottili e il polso così fine da sembrare estremamente fragile – Yoongi però aveva come l'impressione che tutta quella delicatezza fosse solo una maschera dietro la quale si celava qualcosa di più profondo. Qualcosa di più crudele. Era forse l'elegante spietatezza che sembrava emanare a fargli tremare persino le pupille, come quando l'uomo posa gli occhi sull'oggetto che risveglia il suo desiderio ossessivo di piacere? «Lei è un pittore, quindi?» domandò, mentre la mano scivolava via dalla presa di Yoongi. «Sì, lo sono. Non di fama acclamata, è vero, ma sto incominciando a farmi notare.» «Che cosa dipinge maggiormente?» «Ritratti.» Le iridi scure di Taehyung sembrarono illuminarsi di una nuova scintilla. Curiosità, forse? Namjoon fece un passo in avanti, e poggiò la mano sulla spalla di Taehyung – spalla fasciata da un giacchetto nero aperto sul davanti, che lasciava intravedere entrambe le clavicole. Un collare argentato, invece, gli circondava il collo ; un orecchino di perla pendeva dal suo lobo destro. «Non eri tu quello che era alla ricerca disperata di qualche artista che ti facesse un ritratto?» domandò Namjoon, mentre con la mano libera andava ad indicare Yoongi – il quale sentì per un attimo lo stomaco chiudersi in una morsa ferrea, senza alcun motivo. Prese un profondo respiro, lo sguardo ancora fisso sulla figura dell'amico, e prima che potesse aprir bocca per commentare, il sorriso di Taehyung gli strappò via ogni parola. Era chiaro che ogni sillaba, ogni frase sarebbe stata sprecata, per una bellezza come quella di Taehyung. Namjoon nella sua follia di poeta aveva ragione: le parole ingabbiano la realtà. La trasformano, e anche quando le parole vogliono esaltare la bellezza della vita, spesso non fanno altro che farla mutare in un qualcosa di grottesco, che rasenta il surreale. La pittura, al contrario, pone su tela tutto l'essere dell’artista: persino il ritratto di un'altra persona può suggerirci tanti dettagli sull'autore che l’ha creato. «Non vorrei disturbare il nostro ospite con le mie richieste narcisistiche.» «Nessun disturbo.» Taehyung sembrò piacevolmente sorpreso per quella risposta. «Ne è certo?» Yoongi annuì, e un sorriso compiaciuto apparve sulle sottili labbra di Taehyung. «Domani, a casa mia. Scelga lei l'orario.» «Allora – domani, poco prima del tramonto. La luce in quel momento della giornata è meravigliosa.» mormorò l’artista, col solito tono di voce di chi dell'arte non ne aveva fatto un semplice interesse, ma il fine unico della propria vita. Yoongi viveva d'arte, respirava l'arte – e adesso stava guardando l’Arte. «Ci conto, Yoongi.» L'artista fece per andarsene, ma si bloccò, ben conscio dello sguardo di Taehyung che era fisso sulla propria schiena. «La prego di indossare quest'orecchino, domani. È particolare.» Si allontanò definitivamente, a lunghe ma frettolose falcate; lo sguardo di Kim Taehyung era ancora lì, che lo seguiva come un'ape che ronza attorno ad un fiore. ( . . . ) «Ti sbagli. Kim Taehyung pensa persino troppo, e ogni sua parola è calcolata per far crollare tutte le certezze dei suoi interlocutori. La sua bellezza sta anche qui, nella sua intelligenza.» «Kim Taehyung? È questo il suo nome?» Yoongi accavallò le gambe magre, poggiando entrambe le mani sul proprio ginocchio. «Sì, è questo il suo nome. Avrei preferito non dirtelo.» «E perché?» «Non saprei spiegarlo. Quando una persona mi piace infinitamente non rivelo mai il suo nome. Mi parrebbe di perderne una parte. Sono abituato ad amare in segreto.» Yoongi si alzò dalla propria seduta e si avviò verso il balcone del salotto, seguito da Seokjin. Il pittore respirò profondamente, la fresca aria primaverile gli invase i polmoni infondendogli un po' di quella tranquillità che aveva perso nel ricordare il primo incontro con Taehyung. Seokjin si avvicinò a lui, andando a poggiare i gomiti sulla ringhiera del balcone. La luce del sole illuminava i tratti del suo viso in maniera splendida, tanto che, se fosse capitato tre mesi prima, gli avrebbe proposto di fargli da soggetto per un suo quadro – ma nella mente del pittore vi era un solo viso, un solo ideale di perfezione che nessuno sarebbe mai riuscito ad eguagliare. Tracciava i suoi lineamenti ovunque, tanto su carta che sulle tele, con i colori ad olio e con il carboncino. Era diventato un'ossessione. «Non hai ancora risposto alla domanda che ti ho fatto poco fa.» «Quale?» chiese Yoongi, tenendo lo sguardo fisso verso il basso. «Lo sai benissimo.» «No, Seokjin.» «Dimmi perché non vuoi esporre il ritratto di Kim Taehyung. Dimmi la verità.» «Ti ho già detto la ragione vera.» «No, mi hai detto che c’è troppo te stesso in quel ritratto, ed è infantile.» Yoongi si voltò verso di lui, e Seokjin si ritrovò a dover reggere lo sguardo nostalgico del pittore. O almeno lui credeva che fosse intriso di una nota di nostalgia. Non era mai riuscito a decriptare lo sguardo criptico dell’artista. «Ogni ritratto dipinto con amore è il ritratto dell'artista, e non del modello. Il modello non è che l'occasione, un pretesto. Non è il soggetto che viene rivelato dal pittore. È il pittore che, sulla tela dipinta, rivela se stesso. Non voglio esporre il quadro, perché temo di aver reso evidente in esso il segreto della mia anima.» «E quale sarebbe questo segreto?» «Lui – non so spiegarlo, Seokjin. Quando l’ho visto per la prima volta mi sono sentito debole. Eravamo così vicini, tanto da poter vedere delle piccole pagliuzze nelle sue iridi scure. Mi sentii impallidire, e una strana sensazione di panico si impadronì di me. Non credevo che potesse esistere una creatura talmente bella che col semplice aspetto potesse rapire tutto il mio essere, la mia anima e la mia arte. Lo sai che tento sempre di evitare qualsiasi tipo di legame e che sono sempre stato il padrone di me stesso. Questo… fino a quando non ho incontrato Kim Taehyung. Appena ho posato lo sguardo su di lui, sui suoi occhi e sulle mani che scivolavano sui tasti del pianoforte come delle piume, ho capito che la mia vita avrebbe preso una svolta improvvisa. Ebbi la sensazione che il destino avesse un piano per me e che mi stesse preparando ad affrontare innumerevoli gioie, ed innumerevoli dolori. In un primo momento provai l'istinto di dargli le spalle e fuggire da lui – eppure più tentavo di allontanarmi e più mi avvicinavo. Si fece avanti, decise di diventare la mia musa ispiratrice – e da quel momento fino ad oggi non vi è giorno in cui non sento la necessità di vederlo.» «Strano. Credevo che non t'importasse nulla all'infuori della tua arte.» «La mia arte adesso si incarna in lui.» affermò il pittore, un sospiro ad abbandonargli le labbra. «Mi ha aperto un mondo e adesso riesco a vedere l’arte in un modo completamente nuovo.» «Se è riuscito a cambiare la tua concezione del mondo, devo proprio conoscerlo.» «Non riusciresti a vedere ciò che vedo io in lui.» Yoongi rientrò nella stanza, tornò a sedere sullo sgabello e riprese il pennello fra le dita. Seokjin lo seguì nuovamente. «E lui? Ti vuole bene?» «Gli piaccio. So di piacergli, e so quanto gli piaccia vedermi soffrire. È capriccioso, a volte.» volse lo sguardo verso l’altro, adesso tornato a sedersi sul divano a gambe accavallate. «Tu non vuoi che lo incontri, dico bene?» «No.» Seokjin era sul punto di replicare, quando uno dei maggiordomi della dimora fece il suo ingresso nello studio. «Il signor Kim Taehyung è nel salotto che la attende.» Seokjin sorrise, particolarmente compiaciuto. Yoongi ringraziò il giovane con un cenno del capo, prima di congedarlo. «Ora dovrai presentarmi a lui.» Seokjin si alzò dal divano e fece per avviarsi per il lungo corridoio che portava direttamente al salotto, ma Yoongi gli afferrò il polso prima che potesse compiere un ulteriore passo. «Taehyung è uno dei miei amici più cari. Ha un'anima pura. La tua influenza potrebbe corromperlo – lasciami da solo con questa cosa. La mia arte dipende da lui. Non portarmi via anche Taehyung.» Seokjin lo guardò per un attimo, in silenzio, prima di tornare a sorridere. «Non dire stupidaggini!» e allora lo afferrò per un braccio, percorrendo a grandi falcate il breve tratto che li separava dal salotto – salotto dove la figura di Kim Taehyung si stagliava in tutta la sua bellezza.
   
 
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