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Autore: Mahlerlucia    21/06/2018    7 recensioni
{ Sequel di "Falco a metà" e “Leave a light on” }
Shun aveva appena scherzato pesantemente col fuoco che stava iniziando a divampare per l'intera area di Parco Sempione. L'impulsività e la rabbia di Mitsuru si compirono nel giro di pochi secondi e lo portarono a saltare d'improvviso addosso a quel gran pusillanime del suo compagno. Lo bloccò mettendosi a cavalcioni sul suo addome e portandogli le braccia sopra la testa, non senza una certa veemenza. L'attaccante non si fece intimorire, ma al contrario, continuò ad osservarlo dal basso mostrandogli un ghigno beffardo. Aveva tutte le intenzioni di sfidarlo per capire fino a che punto potesse arrivare. Trovava quella sua infantile gelosia parecchio divertente, oltre che appagante.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Gino Hernandez, Mitsuru Sano/Sandy Winter, Shingo Aoi, Shun Nitta/Patrick Everett
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Growing up beside you'
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Appuntamento a Milano

- 1° parte -



 

Sì, viaggiare
Evitando le buche più dure
Senza per questo cadere nelle tue paure
Gentilmente senza fumo con amore
Dolcemente viaggiare...

 

Aeroporto di Milano-Malpensa, maggio 2012

L'Airbus A330-200 proveniente da Tokyo era in procinto di atterrare al terminal uno dell'aeroporto di Milano-Malpensa, dopo oltre dodici interminabili ore di volo diretto. Durante l'esecuzione delle manovre di rito, un'elegante hostess mostrò ai passeggeri la maniera più corretta per allacciare la cintura di sicurezza durante la fase di discesa. Compì ogni gesto con una sicurezza tale da rendere palesi, ad ogni singolo passeggero, i suoi numerosi anni d'esperienza nel campo.
Shun e Mitsuru erano seduti uno a fianco all'altro nella fila di sinistra. Il piccolo fantasista dell'Avispa Fukuoka aveva preferito accomodarsi accanto all'oblò laterale, sia per poter ammirare il panorama dall'alto, sia su richiesta del suo compagno. Il giovane attaccante del Kashiwa Reysol, infatti, aveva iniziato ad avvertire una sorta di nausea a metà del viaggio. Non era mai stato con i piedi scollati da terra per così tanto tempo e la cosa lo rendeva ansioso.

“Finalmente atterriamo! Cominciavo seriamente a non poterne più!”

“Dai Shun! Pensa a tutte le volte in cui Tsubasa, Wakabayashi e Hyuga hanno dovuto fare tutto questo tragitto. È solo questione di abitudine!”

“Sì, ma loro lo fanno per lavoro. Noi stiamo solo andando a trovare Shingo!”

“E ti pare poco?! Abbiamo anche tante cose da vedere a Milano! Non vedo l'ora!”

Shun guardò l'altro di traverso, senza alcuna voglia di rispondere alla sua domanda dal sapore retorico. Non era per nulla un mistero per lui il fatto che Mitsuru avesse sempre voluto un gran bene al numero venti della nazionale. La loro amicizia si era evoluta ancor prima del loro avvicinamento 'speciale'. Inoltre, doveva considerare che inizialmente l'invito ad andare in Italia era stato rivolto a Jito e non direttamente a lui. Era poi stato il piccolo fantasista a mettersi d'accordo con l'amico per far sì che gli concedesse il suo biglietto aereo.

Il velivolo atterrò senza nessun problema e raggiunse la meta prestabilita in perfetto orario.
I due giovani calciatori scesero dalla scaletta esterna e raggiunsero l'interno dell'aeroporto per recuperare i loro bagagli. Non appena Mitsuru tirò giù l'ultima - enorme - valigia dal nastro trasportatore, sentì attivarsi la suoneria del suo telefono, finalmente tornato 'in vita' dopo ore di silenzio forzato.

“Pronto?”

“Mitsu! Siete arrivati?! Io fra poco sarò in stazione con Gino. Prendete il Malpensa Express per Milano Cadorna. Noi vi aspettiamo qui!”

“Ma scusa, non siamo già a Milano?!”

“Non esattamente. Prendete il treno che vi ho detto. Lo riconoscerete facilmente perché esternamente è tutto rosso bordeaux.”

“Ok.”

“Non vi preoccupate, tanto dovete scendere al capolinea. Quando arriverete, vi aiuteremo noi con i bagagli!”

“Va bene. Ci vediamo tra poco allora. Ciao!”

Per quasi l'intera durata del breve viaggio in treno i due ragazzi non si rivolsero la parola. Shun si stizzì più del consueto dopo aver udito la conversazione telefonica avvenuta poco prima in aeroporto. E non aveva tutti i torti.
Ci siamo fatti un viaggio intercontinentale di dodici ore abbondanti e questi neanche si sognano di venirci a prendere in aeroporto?! Quanta grazia!

Il piccolo fantasista si lasciò distrarre dalle voci delle persone sedute intorno a lui. Parlavano quasi tutti una lingua insolita, dalla pronuncia morbida, nella quale la maggior parte delle parole terminavano stranamente con delle vocali. Era molto diversa dall'inglese che aveva studiato a scuola, ma abbastanza simile allo spagnolo che gli era capitato di sentire qualche volta da Tsubasa durante i ritiri con la nazionale.
Di tanto in tanto qualcuno si girava verso di loro e li fissava con sincera ed inevitabile curiosità. In effetti davano proprio l'idea di non aver chiara la posizione geografica che stavano occupando in quel preciso momento. Lonate Pozzolo, Busto Arsizio, Castellanza, Saronno... Ma dove caspita siamo?
Alla prima stazione il cui nome includeva la parola-cardine, Mitsuru saltò d'impeto sul sedile e gridò in uno strampalato italiano:

“Milano!”

Di fronte a lui si erano da poco seduti un ragazzo ed una ragazza che avevano tutta l'aria di essere due studenti universitari ormai rassegnati alla vita quotidiana fatta di orari improbabili, professori umorali, appunti e pendolarità. Si scambiarono una fugace occhiata con la quale decretarono che forse era il caso di andare incontro a quei due nipponici palesemente disorientati. Specie il piccoletto dalla folta chioma castana.
La discussione avvenne, chiaramente, in inglese.

“Posso aiutarvi? Dove state andando precisamente?”

“Milano Ca-dor-na... Penso si pronunci così... Non saprei...”

“Sì, è corretta! Non vi preoccupate, è l'ultima fermata. Non potete assolutamente sbagliarvi!”

“Oh, grazie tante!”

Il fantasista guardò quei due studenti con fare imbarazzato, specie dopo aver attirato involontariamente l'attenzione di tutti i presenti su di sé. Shun si era addirittura messo una mano davanti agli occhi per non dover constatare quanto fosse risultato ridicolo nel mostrare quegli atteggiamenti puerili anche in terra occidentale.

Una decina di minuti dopo, finalmente, arrivarono a destinazione. Gli studenti universitari si dimostrarono ancora una volta gentili e disponibili, aiutandoli a tirare giù le valigie dal portabagagli posizionato all'inizio della carrozza del treno pendolare. Li salutarono calorosamente augurando loro un sincero Have a nice holiday in Italy!

“Mitsu, Shun... siamo qui!”

Mitsuru udì la potente voce di Shingo provenire da un punto indefinito di fronte a lui. Vide una mano agitarsi dal retro dei tornelli d'uscita della stazione, ma non fu in grado di vedere, in un primo momento, il volto della persona a cui apparteneva quel braccio. Riuscì, invece, a distinguere la figura di un ragazzo piuttosto alto, dai capelli chiari, l'abbigliamento sportivo e il viso seminascosto da un cappellino con la visiera. Gli sembrava qualcuno di abbastanza familiare. Mentre cercava di mettere a fuoco quelle due figure fu illuminato dall'intervento di Shun.

“Vedo Gino Hernandez laggiù. Quel piccoletto che si agita come un forsennato deve essere Aoi!”

L'ex giocatore della Hirado corse verso i tornelli automatici, passò il biglietto e, dimenticandosi completamente dei bagagli, si gettò tra le braccia dell'amico, buttandolo affettuosamente a terra.

“Ciao Shingo! Come stai? Mi sei mancato tanto!”

“Ma se ci siamo visti solo qualche settimana fa per le qualificazioni del torneo asiatico?!”

“Hai ragione... ma il fatto è che... siamo sempre così lontani...”

Mentre i due compagni appena ritrovatisi sembravano essere totalmente presi dalle loro rispettive nostalgie, Shun era rimasto dall'altra parte dei tornelli con tutte le valige e gli zaini da far transitare attraverso quelle porte automatiche di vetro plastificato. Per non parlare del fastidio causato dall'avere di nuovo tutti quegli occhi europei puntati addosso.
Hernandez si offrì gentilmente di dargli una mano. Passò attraverso la corsia dedicata agli addetti ai lavori, non senza chiedere prima l'autorizzazione ai diretti interessati. Un macchinista stava già commentando da qualche minuto con un collega bigliettaio quel turbolento, quanto comico, ritrovo asiatico.

“Ecco fatto, questa è l'ultima!”

Gino si era rivolto al numero diciotto della nazionale nipponica parlando tranquillamente in italiano, dimenticandosi, per un attimo, che i nuovi arrivati non ne comprendevano mezza parola. Non era difficile immaginare in quel momento un enorme punto di domanda aleggiare sulla testa del giovane giapponese.

“Oh, scusami! Piacere di conoscerti Mister Nitta!”

Shun rimase per qualche secondo completamente imbambolato di fronte all'imponente presenza fisica di quel bel ragazzo italiano che, oltretutto, si era dimostrato anche molto gentile nei suoi riguardi. Aveva due enormi occhi di uno splendido azzurro cielo. E un sorriso luminosissimo, come se ne vedevano pochi in Giappone.

“Ehi Shun! Ti sei incantato?! Non mi saluti?”

“Eh?! Ah, giusto ci sei anche tu. Ciao Aoi!”

“Chiamami pure Shingo! Te l'ho già detto un sacco di volte!”

Gli fece un simpatico occhiolino di saluto e corse a stringergli la mano. Avrebbe voluto anche abbracciarlo, ma temeva la sua reazione. La sua personalità era sempre stata piuttosto indisponente e ora che aveva creato questo rapporto speciale con Mitsuru lo teneva, in maniera ancora più evidente, a debita distanza.
Ma in quel momento intervenne il suo stomaco per far notare a tutti che desiderava essere riempito con del cibo.

“Va bene... Shingo! Ma ora andiamo a mangiare qualcosa che sto morendo di fame!”

 

***

 

Milano ogni volta
Che mi tocca

di venire
Mi prendi allo stomaco
Mi fai morire
Milano senza fortuna
Mi porti con te
Sotto terra o sulla luna...

 

Milano, maggio 2012

Gino caricò tutti gli averi dei due orientali nel bagagliaio del suo SUV verde bottiglia. Li invitò a salire sul sedile posteriore e li accompagnò in albergo per permettere loro di fare il check-in alla reception e lasciare, quindi, i bagagli nella stanza prenotata. Una volta sistemate valigie e pratiche burocratiche, uscirono di nuovo e si recarono in un ristorante poco distante, nella centralissima Via Dante. Non appena entrarono furono accolti da un cameriere elegantemente vestito che s'inchinò al loro cospetto pronunciando un maccheronico e cerimonioso Welcome!
Si sedettero ad un tavolo ricoperto da una candida tovaglia di raso bianco, con posate d'argento, tovaglioli ricamati e due diversi bicchieri suddivisi per tipologia di bevanda. Mitsuru prese la forchetta tra le mani e la studiò con lo sguardo. Non era di certo la prima volta che vedeva un coperto all'occidentale, ma quel luogo gli sembrava un po' troppo “lussuoso” per i suoi standard, eccessivamente tronfio. Si guardò in giro lievemente inquieto. Non c'era molta gente, ma i presenti sembravano tutti piuttosto benestanti. Sentì parlare prevalentemente in italiano, ma a qualche tavolo si conversava anche in inglese e in francese. Che figata! Mi sento un poliglotta!

“What the hell is Bistecca alla milanese?”

Gino scoppiò a ridere suscitando la curiosità della famiglia seduta al tavolo dietro. Trovandosi davanti il viso sconcertato dell'attaccante del Kashiwa Reysol decise di calmarsi e di rispondergli. O meglio, gli indicò l'immagine presente sul menù scritto in ben quattro lingue. Ma, ovviamente, il giapponese non era stato contemplato, nonostante l'alto tasso di turismo nipponico presente ogni anno nella città meneghina.

“Grazie!”

I quattro ragazzi ordinarono i loro piatti, consumarono voracemente e chiacchierarono del più e del meno con Shingo che fungeva da tramite per la comprensione globale. Gino chiese loro della J-League, della situazione in classifica delle loro rispettive squadre, della nazionale e di Tsubasa. Parlarono, inevitabilmente, degli europei che stavano per iniziare in Polonia ed Ucraina e del campionato internazionale che da lì a poco sarebbe partito anche in Asia. Il fantasista dell'Inter arrivò a fine pranzo senza più voce a forza di tradurre ogni singolo commento che veniva riportato dai compagni. Disse di proposito una frase in inglese per far sì che tutti si allineassero alla sua richiesta implicita di prendere in prestito la lingua anglosassone per intendersi più facilmente.

Durante il pomeriggio passeggiarono per Parco Sempione, entrando dall'ingresso principale di Piazza Castello (Sforzesco) in Cairoli. Faceva piuttosto caldo per essere solo la fine di maggio e per questo decisero di distendersi qualche minuto sull'erba che, nonostante la temperatura, aveva mantenuto la sua freschezza. Shingo cominciò a rotolarsi nel prato macchiando la sua maglietta strategicamente bianca, come le nuvole che giravano in cielo in quella splendida giornata di tarda primavera.
Gino lo rimproverò in maniera bonaria, facendogli notare le tonalità verdi che aveva assunto persino la sua faccia. Come al suo solito, Aoi non si era reso conto del “danno” e guardò il compagno di squadra con un certo imbarazzo, portando la mano dietro la nuca e mostrando un sorriso a trentadue denti.
Shun li osservava in silenzio, senza capire cosa si stessero realmente dicendo, ma intuendo in maniera chiara lo splendido rapporto che si era instaurato tra i due. Per quanto lo trovasse eccessivamente irriverente, doveva pur ammettere che uno dei principali pregi del carattere del suo strampalato compagno di nazionale era proprio quello di riuscire a legare facilmente con tutti, senza mai incorrere in pericolose preferenze o futili antipatie concorrenziali. Privilegio più unico che raro al giorno d'oggi.

“Ehi Shun! Dov'è che avevi letto che a Milano piove sempre e c'è la nebbia?! Forse ti confondevi con Londra...”

“Non credo. Siamo pur sempre a fine maggio, eh!”

“Se è per questo può piovere anche in pieno agosto. Comunque si sta davvero bene qui.”

“Sì, il biondo qua di fianco è simpatico.”

“Solo simpatico?! Tu hai un debole per i portieri che se la menano!”

L'attaccante del Kashiwa Reysol si girò verso il compagno e lo guardò con una certa punta di soddisfazione. Sei geloso, mio caro nano malefico. Geloso marcio! Ed è fantastico tutto ciò!

“Stai tirando fuori ancora i soliti, vecchi scheletri dall'armadio!”

“Non è vero!”

“Ti riferivi per caso a Wakashimazu?! Così, giusto per dire un nome a caso!”

“Wakashimazu?! Cosa state dicendo? Si è fidanzato!?”

“Sì... con me!”

Shun aveva appena scherzato pesantemente col fuoco che stava iniziando a divampare per l'intera area di Parco Sempione. L'impulsività e la rabbia di Mitsuru si compirono nel giro di pochi secondi e lo portarono a saltare d'improvviso addosso a quel gran pusillanime del suo compagno. Lo bloccò mettendosi a cavalcioni sul suo addome e portandogli le braccia sopra la testa, non senza una certa veemenza. L'attaccante non si fece intimorire, ma al contrario, continuò ad osservarlo dal basso mostrandogli un ghigno beffardo. Aveva tutte le intenzioni di sfidarlo per capire fino a che punto potesse arrivare. Trovava quella sua infantile gelosia parecchio divertente, oltre che appagante.

“Dillo un'altra volta se hai il coraggio!”

Hernandez, che fino a quel momento non aveva preso parte a quella discussione per ovvie difficoltà di comprensione linguistica, si voltò verso di loro e sorrise, divertito, di fronte a quel surreale siparietto. Cominciò realmente a pensare che gli fossero capitati a tiro due giapponesi totalmente atipici. Compostezza, riservatezza, contegno... un paio di palle! Ma dovette ammettere a se stesso che erano piuttosto dilettevoli. D'altronde erano pur sempre amici di Shingo, un adorabile caciarone per definizione.

“Ragazzi, please! Siamo in un parco pubblico!”

Il piccolo fantasista avvertì un certo turbamento, non avendo ancora realizzato il grado d'irruenza della sua reazione, già di per sé spropositata. Si trovava sopra al suo Shun, in pieno centro a Milano, in compagnia di Shingo e Gino Hernandez. E di tante altre persone che li stavano osservando sbigottite. Cazzo! Che figura di merda!

“Oh... scusatemi!”

“Ecco, ridimensionati un attimo che sei assurdo!”

“Mi scuso con loro, non con te. Stasera facciamo i conti!”

“L'unico conto da fare riguarderebbe la tua ammissione di pura gelosia. Sei geloso marcio di qualcosa che in realtà non esiste!”

“Mi auguro che sia così! Altrimenti ti tarpo le ali, dannato Falco provocatore!”

 

***

 

 

Sapessi com'è strano
Darsi appuntamento a Milano
A Milano
In un grande magazzino
In piazza o in galleria
Che pazzia
Che pazzia!

 

Gino Hernandez, promuovendosi al ruolo di cicerone anglosassone improvvisato, accompagnò i tre ragazzi alla celeberrima piazza del Duomo. Shun e Mitsuru rimasero sbalorditi dall'enormità di quella cattedrale e dalla sua particolare struttura. La mastodontica facciata era ricca di rifiniture artistiche quali guglie, pinnacoli, statue di ogni tipo, rosoni e decori. Il più grande complesso gotico d'Italia si presentava in tutta la sua grandezza sin dall'ingresso: le cinque enormi porte erano tutte ricoperte di bronzo, mentre la statua della Madonna, presente sulla guglia più elevata, era interamente ricoperta d'oro. Il tetto era accessibile - a pagamento - dalle scale o da un ascensore esterno.
Di fronte al Duomo, videro l'enorme statua dedicata a Vittorio Emanuele II, così come l'enorme galleria situata alla sua sinistra, carica di negozi, chioschi - nei quali era possibile acquistare viveri e souvenir di ogni genere - e lussureggianti punti di ristoro.
Attraversarono la solenne struttura e si ritrovarono in Piazza della Scala, esattamente tra il Municipio, rappresentato architettonicamente dal maestoso Palazzo Marino, e il Teatro alla Scala.

Shingo propose di cenare all'aperto, seduto sulle panchine di quella piazza che profumava di multietnicità, storia, arte, politica e cultura. Gino si occupò del recupero dei viveri, optando per il sempreverde Luini, la panetteria più famosa di Milano. I suoi panzerotti, di chiare origini pugliesi, erano apprezzati da chiunque. Per alcuni turisti quel piccolo forno costituiva un punto di ritrovo o un luogo da “tastare” quasi obbligatoriamente.
Mitsuru assaggiò quello strano involucro caldo con titubanza, non sapendo bene cosa fosse e cosa potesse contenere; ma dopo un primo assaggio ne rimase totalmente rapito. È buonissimo!
Shun, invece, aveva quasi terminato il suo pasto in pochi morsi. Aveva già sentito nominare quei famosi panzerotti di Milano. Se non ricordava male, doveva essere stato Taro quello che gliene aveva parlato, visto e considerato che da sempre era stato costretto a muoversi da un posto all'altro a causa delle mostre artistiche a cui prendeva parte suo padre per lavoro.

“Beh, a giudicare dalla velocità con cui te lo sei divorato... direi proprio che ti è piaciuto!”

Gino si rivolse a Shun realizzando solo in un secondo momento di essersi espresso in italiano. Il giovane attaccante lo guardò con fare stranito e imbarazzato allo stesso tempo. Trovava il suono della pronuncia di quella lingua piuttosto dolce e avvolgente, totalmente diverso da quello anglosassone o dagli scioglilingua castigliani. Restò fermo in attesa di una traduzione comprensibile, fino a quando non udì una serie di periodi sciorinati in un inglese dalla pronuncia sicuramente non impeccabile.

“Ah sì, certo! Molto buono. Ce n'è un altro?”

Il portiere azzurro gli passò il sacchetto dentro il quale aveva riposto una focaccia di scorta per ognuno di loro. L'attaccante, ovviamente, scelse quella più grossa e iniziò a divorarla.

“Gn... zie!”

Tentò di ringraziarlo nonostante stesse masticando rumorosamente la morbida consistenza del pane. L'altro rispose con un sorriso di assenso per poi rivolgere lo sguardo verso Shingo, insolitamente silenzioso. In realtà era intento ad osservare l'ira funesta che trapelava ogni minuto che passava in maniera sempre più evidente sull'espressione di Mitsuru. Non avrebbe voluto essere nei panni di Shun per nulla al mondo quella sera.

“Bene! Sono stanco. Torniamo in albergo?!”

Il nervosismo aveva impedito al piccolo acrobata dell'Avispa Fukuoka di ragionare sulla giusta traduzione da anteporre a quelle parole uscite di getto dalla sua bocca. Un impulso con il quale stava facendo implicitamente capire che il suo unico desiderio in quel momento era quello di andarsene da quella piazza al più presto. Ma, soprattutto, voleva andarsene da quel bellimbusto di Gino Hernandez. In quel momento non aveva nemmeno il vantaggio di avere Soda a portata di mano insieme alla risma dei suoi malefici, quanto divertenti, soprannomi.

“Sì, anch'io comincio ad accusare il colpo. Finiamo di mangiare e andiamo.”

Sano mostrò un sorriso sghembo che non faceva presagire nulla di buono.
Sì, te lo faccio accusare io il colpo quando arriveremo in albergo, caro il mio Vampiro!









 



Angolo dell'autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia ff.
E' stranissimo, per me, pubblicare una storia ambientata nella mia Milano, quando sto facendo la valigia per andare a Roma da Olivier_Rei (arrivo mia cara!!! XD)!
Piccole annotazioni:

  • Il Kashiwa Reysol è la quadra in cui giocherà Nitta da professionista, con la maglia numero 35.
    L'Avispa Fukuoka è la squadra in cui giocheranno Sano e Jito da professionisti, con le maglie numero 88 e 90.

  • Nella prima parte della storia, Sano e Nitta prendono il treno pendolare - di colore rosso bordeaux – denominato Malpensa Express, che collega entrambi i terminal dell'aeroporto più grande della Lombardia con il centro di Milano (attraverso due linee differenti).

  • Lonate Pozzolo, Busto Arsizio, Castellanza e Saronno sono quattro dei più grandi ed importanti paesi della provincia di Varese. Il Malpensa Express effettua fermate nelle stazioni di ognuno di questi paesi. Per questo Sano risulta essere un “attimino” disorientato. Per chi non abita in zona, specifico che Malpensa occupa il territorio di svariati paesi della provincia di Varese, non di Milano.

  • Nella seconda parte della storia i nostri eroi visitano nell'ordine: la stazione (Trenord) di Milano Cadorna, dove giungono col Malpensa Express, il Castello Sforzesco (Piazza Castello e Piazza Cairoli), Parco Sempione, Piazza Duomo, la Galleria Vittorio Emanuele II, Piazza alla Scala (dove hanno sede Palazzo Marino, municipio di Milano e il famoso Teatro).

  • La panetteria Luini è famosissima per noi meneghini.

  • Questa è la prima parte di questo nuovo episodio della mia personalissima saga su Nitta e Sano. A breve pubblicherò la seconda parte (saranno due one shot perché non avrebbe avuto molto senso pubblicare una mini-long di soli due capitoli).

  • I testi delle canzoni che riporto nella narrazione sono, nell'ordine:
    * Sì, viaggiare di Lucio Battisti;
    * Milano di Lucio Dalla;
    * Innamorati a Milano di Emidio Remigi/Ornella Vanoni.

A presto,

Mahlerlucia

 

   
 
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