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Autore: Olimpia_    22/06/2018    1 recensioni
"Non ho mai sopportato vedere i miei piani, le mie previsioni, saltare in aria e svanire con una folata di vento. Mai. Neanche questa volta.
(...)
A me, Mattia, piaceva davvero."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Mattia


 

Mi sono sempre considerata una di quelle persone a cui basta poco per comprendere la gente, per svelare la loro personalità più intima. 

Questa convinzione mi ha accompagnata a lungo, con il susseguirsi di conferme.
Forse è quello di cui ho sempre avuto bisogno: conferme.

Non ho mai sopportato vedere i miei piani, le mie previsioni, saltare in aria e svanire con una folata di vento. Mai. Neanche questa volta. 

Non posso tralasciare un dato molto importante su di me: l’insicurezza.
Purtroppo il bullismo è una rampicante che si insinua nella società, anche nella vita di un bambino. Non sempre è facile accorgersene, ma è sempre troppo tardi per riavere indietro quello che viene rubato. 

Io sono stata derubata della libertà di essere me stessa alla tenera età di sette anni, quando gli sguardi acidi mi scottavano la pelle lasciando cicatrici ancora visibili a un occhio attento. Nessuno al tempo si preoccupava di sapere come realmente mi sentissi, di quanto mi facesse male sentirmi sola. 

Sono cresciuta, ma certe sensazioni tornano vivide troppo spesso.
L’insufficienza di se stessi è uno dei peggiori di mali, ma non sono mai riuscita a ribellarmi.
L’unica via di scampo è trovare una persona di cui mi fidi, a cui posso rivelare il mio vero volto. 

Una cosa rara.

Ma per una volta pensavo di esserci riuscita. Si chiama Mattia, un nome che non potrò mai dimenticare. 

Mattia è stato il mio primo bacio quando eravamo appena adolescenti. Mattia è stato il primo a cui ho cominciato a parlare di me senza veli. A Mattia esprimevo il mio pensiero più puro, senza aver paura di essere giudicata.

A me, Mattia, piaceva. 

In un pomeriggio come tanti, una chiamata dal mio amico Andrea e velocemente mi ero ritrovata a casa sua. Lo salutai come sempre, ma la mia tranquillità si ruppe quando udii una voce maschile, profonda e conosciuta alla spalle. 

“Non mi saluti?” mi sorrise Mattia.
Da quanto tempo non lo vedevo. Era più carino rispetto all’ultima volta. 

Quella giornata diventò speciale. Tornai a casa felice, perché qualcosa finalmente si stava muovendo nel verso giusto: io e Mattia, sabato, sushi.
Ne avevo avute di uscite con ragazzi, ma quella volta era diverso. 

A me, Mattia, piaceva davvero. 

Sabato arrivò con velocità. Ci vedemmo, mangiammo e tornammo in bus.
Il tutto era così piacevole, che resistevo perfino alla voglia di baciarlo. Mi sentivo bene così, non mi importava avere nulla di più. Parlavamo dei progetti futuri, quelli per l’estate, ma anche di bei ricordi. 

“Scegli un film” mi ordinò, cogliendomi di sorpresa “un horror, che non hai mai visto, ovviamente”
Gli rivolsi uno sguardo stupito, ancora non ero riuscita a collegare.
“Andiamo a casa mia a guardarlo, no?” mi sorrise.
Ricambiai, e insieme ci mettemmo a cercarne uno interessante.

Adesso, se guardo indietro a quel momento, mi do della stupida per non aver capito le sue intenzioni. Erano chiare come la luce del sole che mi bruciava gli occhi mentre ero seduta sul suo divano, aspettando che lui schiacciasse play. 

Il film in streaming non mi piaceva, un horror banale e girato male, ma non mi importava perché, in quel momento, vicino a lui, tutto mi sembrava bello. Ed era strano. Ero colta dalla voglia di vivere una favola nuova, di cui sentivo sempre raccontare dagli altri, da staccarmi dalla realtà dei fatti. 

Ma quella favola non era destinata ad appartenermi.

Mi voltai a guardarlo con ingenuità, e nel momento esatto in cui le nostre pupille si riflessero a vicenda, non c’era bisogno di parole, le nostre bocche non era fatte per quello, non in quel momento.
Le nostre labbra si scontrarono e cominciarono a danzare sulla musica di un altro pianeta. 

Per un momento vidi chiaramente la felicità, la sentivo sfiorarmi la faccia. Ma aprendo gli occhi mi ritrovai faccia a faccia a una persona che non era Mattia.

Mattia non avrebbe mai cominciato a pigiare la sua mano sulla mia testa, non avrebbe insistito a un mio “no”. Non avrebbe premuto sul mio capo fino a farmi arrivare controvoglia sul gonfiore dei suoi pantaloni già slacciati. 

Probabilmente, se non fossi stata io, mi sarei liberata dalla sua presa, avrei preso le mie cose e me ne sarei andata senza voltarmi indietro. Purtroppo la vera me era troppo codarda e scioccata per poter reagire. 

Mi ero completamente sbagliata su chi mi ritrovato davanti. 

Quando lui arrivò al culmine non avvertì, e un forte contatto di vomito mi fece correre in bagno.
Mi pulii nevroticamente, sciacquai più volte la bocca.
Nessuno dei due aggiunse parola, presi quel che era mio e mi buttai sulle scale, per sfuggire all’attesa dell’ascensore. 

Fuori mi travolse il sole pronto al tramonto, il suo calore era pungente e l’equilibrio delle ombre rimandavano alla perfezione. Eppure, sotto quella luce dorata, mi sentivo irreparabilmente sporca. E le lacrime che fino a quel punto ero riuscita a trattenere, mi rigarono il volto, luccicanti.  

Io, Mattia, lo odiavo.

   
 
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