Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nemamiah    22/06/2018    0 recensioni
Dal testo:
Verity sorrise e rispose: ‹‹Io invece credo che ci sia sempre un motivo per il modo in cui si sceglie di agire, indipendentemente dall’essere buoni o cattivi.››
‹‹È un altro modo di vedere la vita, ma penso porti alla sofferenza. Chiunque può tradirti, fingere di essere in un modo e rivelarsi l’opposto. È necessario classificare le persone e scegliere chi non far avvicinare per essere felici.››
‹‹Anche la sofferenza può condurre alla felicità, non è sempre negativa.››
[...]
‹‹Forse è solo questione di scegliere quale rischio correre quando si conosce qualcuno, se tenerlo lontano dal tuo cuore o donarglielo anche se potrebbe distruggerlo, sapendo che significa concedergli la tua fiducia, saltare nel vuoto e sperare che ti prenda prima che tocchi il suolo.››
‹‹Un po’ come l’amore.››
‹‹No. L’amore è saltare nel vuoto e sapere che non toccherai il suolo perché qualcuno ti prenderà prima.››
[...]
‹‹Il problema è questo: fare la cosa giusta non è sinonimo di rendere tutti felici.››
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Nero come il bianco - Raccolta'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 18
Per qualche giorno nessuna delle guardiane ebbe contatti con Mary o Verity, che alla fine erano rimaste nell'Inferno. Metatron era ritornato la mattina dopo il salvataggio della ragazza, trasportato in volo da Hesediel, ed era rimasto molto sorpreso nel trovare quel bizzarro trio addormentato sui cuscini del divano. Bastò uno sguardo con Raziel per capire che la questione era molto più complicata di quanto sembrasse ad un primo sguardo. Per tutta quella giornata i due arcangeli discussero tra loro a bassa voce mentre Verity continuava a dormire vicino a Mary. La donna ascoltava le loro parole senza replicare, dando ragione all'uno o all'altro con un cenno del capo.
Metatron si domandava perché Yelahiah avesse voluto l'accesso libero alla Terra in cambio della ragazza quando era evidente che non ne avrebbe ricavato nulla di buono: non poteva pensare di rubare gli Ingranaggi né di accumulare abbastanza energia per aprire un varco per l'Inferno. Qualsiasi azione sarebbe stata una perdita di tempo. Dopo qualche argomentazione contraria, Raziel si trovò d'accordo, per lo meno sull'apparente inutilità della richiesta, rimanendo però dell'opinione che, nascosto, esistesse un progetto più grande e ambizioso. Raziel diresse la sua mente verse Hesediel, cercando di cavargli le sue impressioni: vide un'altra volta il ricordo dell'ultimo incontro con Yelahiah. Il dannato voleva vendetta su Lucifero, punirlo per quello che reputava fosse stata solo una presa in giro e, probabilmente, usare gli Ingranaggi per uccidere gli arcangeli. Loro forse non sarebbero stati toccati da quella purificazione, ma tra i loro compagni in Paradiso non sarebbe sopravvissuto nessuno. Dare una piccola lezione a qualcuno di loro sarebbe stato uno sfizio non da poco, ma non erano dei sadici: con qualche graffio e qualche livido tutto si sarebbe risolto. Sarebbe stata solo una piccola zuffa per rimettere al proprio posto gli arcangeli degli ordini inferiori, per ricordare loro, senza cattiveria, che non potevano dettare legge e giudicare da soli, senza il consiglio al completo.
Questa volta però era necessario riflettere sulla possibile prossima mossa di Yelahiah. Aveva sempre agito da solo, impartendo ordini ai suoi sottoposti e controllando ogni movimento nell'ombra. Se adesso era uscito allo scoperto con un'azione tanto eclatante doveva esserci qualcosa di davvero rilevante.
Il giorno dopo Verity si svegliò, passandosi più volte le mani sugli occhi mentre Raziel le offriva sorridente una colazione. La trangugiò di tutta fretta, percependo crudeli i morsi della fame.
‹‹Felici che il pasto ti sia piaciuto!›› disse Metatron.
Impiegò qualche secondo a riconoscerlo e a pronunciare il suo nome, timorosa di scambiarlo per qualcun altro.
‹‹Mi hanno raccontato la tua triste avventura, ma vedo che te la sei cavata egregiamente.››
‹‹Non ricordo nulla da quando sono svenuta, credo in braccio a Lelahel, ma perdonatemi!››
Metatron sorrise e Mary le accarezzò una guancia, dicendole che non aveva nulla di cui scusarsi o dispiacersi; era piuttosto comune non ricordare e le sue azioni non dovevano essere perdonate da nessuno. Le raccontarono brevemente come Lucifero l'avesse curata e di come fosse poi andato via, aggiungendo di non sapere né dove fosse né quando sarebbe tornato.
Il viso di Verity si incrinò in una piega amara a quelle parole e le sue guance arrossirono quando si accorse che tutti la stavano fissando incuriositi, Hesediel compreso.
‹‹Io credo che tornerà presto›› disse Raziel alzandosi. ‹‹Non ti starà molto lontano ora che ha conquistato la tua fiducia.››
‹‹Io non mi fido di lui... Io...››
Non sapeva come proseguire. Non voleva proseguire.
Le sarebbe piaciuto credere che fosse la verità, ma, come quando lo aveva lasciato in lacrime nella sua capanna, il cuore le diceva che in realtà si fidava di lui e che avrebbe solo detto una bugia. Abbassò la testa. Non se la sentiva di ammetterlo, né di negarlo completamente.
‹‹Lo hai conosciuto un poco allora. Mi basta sapere questo, che tu sia stata giusta e lo abbia ascoltato.››
‹‹Non credo di aver fatto una cosa così strabiliante. Mi ha solo spiegato come siete nati›› rispose la ragazza incerta, non avendo inteso bene le parole di Metatron.
‹‹È già abbastanza, anzi è molto. Non hai idea di quanto la tua presenza faccia nascere in lui, di quanta luce lo inondi. Lui ti ha sempre a...››
‹‹Metatron! Stai zitto e non divagare su questioni che non ti riguardano›› lo interruppe Raziel prima che terminasse.
‹‹No! Lo voglio sapere ora.››
Era curiosa. Era interessata. Fremeva per il desiderio di sentire la conclusione di quella frase, quale fosse la parola con la A. Non aveva idea del motivo, ma desiderava soltanto che la completasse, anche a costo di cucire la bocca a tutti i presenti per farlo parlare.
Metatron guardò allarmato Raziel, che alzò impercettibilmente le spalle, e alla fine non negò a Verity la risposta.
‹‹Attesa. È più di qualche millennio che ti aspetta. Perdonami, pensavo ti avesse parlato della fonte di Eteria.››
‹‹Credo non ne abbia avuto il tempo.››
‹‹Te ne parlerà quando vi rincontrerete, Caliel.››
Ancora quel nome.
La prima volta che si erano incontrati l'aveva congedata con quel nome e anche Lucifero l'aveva chiamata così nel bosco. Solo loro due, ed Hesediel, l'avevano usato: come potevano conoscerlo quando anche le altre guardiane la chiamavano Verity? Ricordava bene che Lucifero le aveva detto che era Metatron a scegliere il nome degli angeli, in base alla conoscenza del loro futuro o passato e che ognuno rappresentava un'essenza particolare.
‹‹Perché quel nome? E come fa Lucifero a conoscerlo?››
‹‹Diciamo che, in qualche modo, Lucifero lo ha pronunciato per primo. Ti ha vista e ti ha chiamata così, senza una motivazione particolare. Quel nome mi è piaciuto, mi è sembrato adatto e deciso di nominarti così. Non ho guardato nel tuo futuro, né nel tuo passato, nel caso tu te lo stia chiedendo.››
Metatron cercava di dosare le sue parole e controllare i pensieri, selezionando con attenzione quali esprimere ad alta voce e quali tenere per sé. In caso contrario, avrebbe raccontato tutto quello che sapeva mentre era Lucifero, a tempo debito, che doveva confessare alla ragazza il suo passato. Anche se era abbastanza certo che Verity avesse già capito qualcosa o, quantomeno, lo avesse immaginato.
‹‹Va bene... E quale sarebbe la mia essenza?››
‹‹Nessuno te lo ha detto?››
Metatron era sinceramente stupito: non era possibile che non sapesse. Tutti gli angeli dovevano essere a conoscenza della sua essenza.
‹‹Nessuno sa del nome, credo, e io non ne ho mai parlato alle altre guardiane.››
Metatron sorrise, pensando che alla fine fosse stato meglio così. Molti angeli, dopo aver conosciuto la propria essenza, avevano assunto determinati comportamenti solo per dimostrare di esserne all'altezza, dimenticando che era la normalità a mostrarla e non la sua ostentazione. Se Verity non la conosceva, voleva solo dire che tutto quello che aveva fatto, detto e pensato era stato spontaneo: era venuta a patti con sé stessa. Aveva ascoltato Lucifero perché sapeva che fosse giusto; era scappata da Scar perché, pur non capendolo, era giusto; non aveva giudicato né Lucifero né Yelahiah, né alcuno di loro perché non li conosceva abbastanza, perché quasi tutto quello che aveva imparato sulla Terra si stava rivelando falso.
‹‹Giustizia. La tua essenza è la giustizia, Caliel. Non te ne sei accorta da sola, vero? La giustizia è parte fondamentale della tua anima, la governa da dentro. Non è la capacità di distinguere male e bene, dividere bianco e nero: è l'equilibrio delle parti. Scegliere cosa sia meglio fare, indipendentemente dalla morale; saper ascoltare e saper rimanere in silenzio. Sapere quando è il momento di uccidere e perdonare; amare in silenzio ma dirlo ad alta voce. È un'essenza molto forte, che condizionerà le tue scelte molto più di quanto altre essenze potrebbero fare, ma è anche una delle più sfaccettate e belle, almeno secondo me.››
Verity si sentì importante all'improvviso e sorrise, abbassando lo sguardo, e ripensando alle parole di Mary queste assumevano all'improvviso un significato più chiaro.
‹‹Ti avevo detto che eri importante, no?›› disse Mary abbracciandola, con l'espressione di chi sapeva molto più di quanto rivelasse.
‹‹Grazie. Metatron, adesso cosa si fa? Con Yelahiah intendo.››
‹‹Aspettiamo›› si intromise Hesediel. ‹‹Le tue ferite sono chiuse, ma ti faranno male per un po' e noi da soli non possiamo uscire dall'Inferno, né tu puoi uscire dal Paradiso senza il permesso degli arcangeli per seguirlo e scoprire cosa stia facendo.››
Raziel lo guardò contrariato: non era quello che avevano concordato di dirle...
‹‹E Lucifero? Devo parlargli e ottenere alcune risposte.››
Raziel le disse di lasciarlo ai suoi impegni: era andato a controllare qualcosa per conto suo e se non aveva chiesto aiuto, non era il caso di proporglielo.
‹‹Ha bisogno di stare solo per qualche tempo. Non è un comportamento raro da parte sua.››
Verity cedette alle parole di Raziel e accantonò l'idea di cercare Lucifero. Per un secondo pensò di scomparire con la pietra che portava al collo, ma decise di lasciar perdere. Se avesse aspettato pazientemente, Lucifero sarebbe tornato da lei.
Rimase nell'Inferno fino a che i dolori per le ferite non furono scomparsi completamente, trascorrendo la maggior parte del tempo avventurandosi fuori in compagnia di Raziel. Metatron scomparve insieme ad Hesediel e Verity non lo vide più fino al giorno in cui se ne andò. Raziel fu invece così gentile da intrattenerla sempre, passeggiando per l'Inferno e raccontandole aneddoti della sua vita passata, sia in Paradiso che sulla Terra. E a lei piaceva ascoltare, immensamente.
Era un'opportunità meravigliosa e imparare le era sempre piaciuto.
Raziel aveva più di cinquemila anni di vita, quindi di esperienza, e poteva insegnarle molto su come trattare con angeli e arcangeli. Aveva infatti deciso di conoscere Michele. Aveva riflettuto a lungo su quali sarebbero potute essere le conseguenze e, fattasi spiegare nel particolare quali fossero i suoi compiti di custode, aveva deciso di non attendere il ritorno di Lucifero nel torpore.
‹‹Non ti faranno parlare direttamente con Michele, di questi tempi preferiscono accogliere gli angeli mettendoli in soggezione. Ovviamente non sono tutti così spavaldi, ma litigare non piace e se possono, soprattutto dalla fine della guerra, seguono Raffaele. È stato il fratello di Michele sulla Terra e spesso prende decisioni al suo posto. Da quel che so, si comporta così da quando Michele ha iniziato a smaltire gli effetti che la magia di Benihime ha avuto su di lui: non era in grado di prendere decisioni all'epoca. Quindi dicevo, devi preoccuparti solo di Raffaele. Se convinci Raffaele di essere completamente e devotamente fedele a lui, non troverai mai una porta chiusa in Paradiso. Ovviamente è un po' difficile che si fidi di te fin da subito, ma puoi riuscirci.››
Le parole di Raziel erano state rassicuranti e, mentre camminava per i sentieri del Paradiso con Hariel, Verity se le ripeteva nella mente come un mantra. Lelahel e lei si erano scambiate: la guardiana aveva preferito tornare nell'Inferno per essere pronta a sedare ogni eventuale iniziativa dei dannati. Scar aveva invece deciso di andare sulla Terra e Verity fu felice della notizia, Hariel non avrebbe potuto comunicargliene una più piacevole. Avevano così percorso la strada dal portale dell'Inferno di Eteria fino alla Roccaforte. La guardiana non aveva smesso per un attimo di parlare, raccontandole dello spavento che aveva provato quando aveva smesso di percepire la sua anima e nel vederla ferita tra le braccia di Lelahel. Verity aveva ascoltato solo con un orecchio, e, sfruttando la distrazione di Hariel, era riuscita a sbirciare nella casa di Lucifero dal basso, sperando di cogliere un movimento indice della sua presenza. Fu una speranza vana.
Davanti alle scale che conducevano al portone centrale l'attenzione verso Hariel crebbe: stava parlando di quando Lucifero era entrato a casa di Mary e dell'impressione rimastale.
‹‹Mi ha spaventata terribilmente! È scattato verso la gola di Scar come un animale. Ho pensato che in guerra dovesse essere stato un vero mostro...››
‹‹Da quel che so, si diventa spesso mostri quando si difendono i propri desideri...››
Verity sapeva più di lei sulla ribellione di Lucifero, anche senza aver sentito la versione ufficiale, e stava per dire qualcosa di più quando pensò che non fosse il caso di pronunciare parole in suo favore su quella scalinata. Salì alcun gradini fino a che Hariel le disse che non sarebbe entrata.
‹‹Come‽ Avevi detto che saresti venuta con me!››
‹‹Gli arcangeli mi hanno sempre innervosito, e non penso che Raffaele sarebbe felice di rivedermi dopo l'ultima sgridata che mi ha fatto.››
‹‹Ha paura anche io. È come se stessi andando a visitare il mio patibolo, tutti hanno descritto questo luogo come qualcosa di terribile. In due andrà meglio, no?››
E Hariel si sentì convinta da quelle parole perché portò Verity nella Sala del Consiglio, tenendola a braccetto.
Senza che un solo arcangelo fosse presente, quella sala riuscì a metterla in soggezione. C'erano nove gradoni di nove colori diversi, disposti in cerchi concentrici dal più piccolo al più grande, come in un teatro greco, ognuno indicante il nome di un arcangelo con una targa di ottone. Il marmo colorato emanava pesantezza e Verity percepì un senso di impotenza, quasi il desiderio di uscire di corsa da quella sala. Diede un'occhiata veloce, cercando il nome di Raziel. Aguzzando la vista riuscì a scorgerlo sulla targa del secondo cerchio in alto, Metatron era sul primo ed Hesediel sul quarto. Dopo di lui venivano Kamael, Raffaele, Haniel, Michele e Gabriele. Si accorse in quel momento che, sul cerchio più basso, c'erano due arcangeli.
Gabriele era infatti disteso sul suo gradone e Haniel al suo fianco gli spostava un ricciolo dagli occhi con una mano, mentre con l'altra intrecciava le dita a quelle dell'altro.
Verity arrossì nel vedere la loro intimità, fu solo grazie ad Hariel, che si schiarì la gola, se si riprese e osò pensare a qualcosa da dire.
Non riuscì a pronunciare una parola.
Emise un grido acuto e cadde in ginocchio tenendosi la testa tra le mani. Hariel le circondò le spalle con un braccio, provando a farla alzare, ma la ragazza voleva rimanere accucciata e rifiutava di muoversi. Haniel guardò Gabriele e questo scese dal gradone per affiancarsi alla ragazza, dicendo alla guardiana di allontanarsi.
‹‹Gabriele cosa sta succedendo?››
‹‹L'eco della Terra. Non è che io non lo senta, ma sono così abituato alla sua presenza che per me questo è un banale mal di testa.››
Haniel suggerì di portarla via prima che qualche altro arcangelo entrasse e la vedesse.
‹‹Perché?›› chiese Hariel.
Gabriele le rispose che dovevano trovare il modo di calmarla. Se avesse sopportato un dolore così lancinante troppo a lungo, sarebbe finita con il cercare di placarlo da sola e la conclusione sarebbe stata una e definitiva.
‹‹Inoltre è meglio che Raffaele non la incontri. Farebbe di tutto per trovare l'origine dell'eco invece di farlo diminuire.››
Scostò le mani di Verity dalle orecchie e la ragazza lo fissò con gli occhi pieni di lacrime, mordendosi le labbra così forte da farle sanguinare. Tenendola per i polsi, Gabriele la fece alzare lentamente, mantenendo il contatto visivo. Haniel li precedette e andò ad aprire la porta che conduceva all'appartamento più alto, quello di Metatron. Almeno sarebbero stati certi di non essere disturbati da nessuno.
Il corridoio che percorsero era personale: nessuna intersezione con altri corridoi o con porte e scale.
La fecero sedere sul letto impolverato mentre Gabriele le parlava con sussurri che solo lei riusciva ad udire, stringendole le mani.
Le diceva di smettere di pensare al dolore, di lasciarlo scorrere in tutto il suo corpo e dopo di richiamarlo indietro per eliminarlo. Doveva immaginare di rinchiuderlo in un posto irraggiungibile, con chiavi e lucchetti pesanti, difficili da aprire. Si doveva allontanare lentamente, guardando il dolore dibattersi tra le sue mura e morire. Ripeté quegli ordini fino a che la stretta di Verity non si allentò completamente e questa smise di torturarsi le labbra. Piangeva, certo, ma non tremava più eccetto che per brevi scrolloni delle spalle tra un singhiozzo e l'altro.
Gabriele si guardò intorno: né Haniel, né Hariel erano nella stanza. Probabilmente dovevano essersi dirette nella Sala del Consiglio per capire insieme agli altri arcangeli cosa fosse successo di preciso, forse anche grazie all'aiuto di Scar. Se nessuna era venuta a cercarlo, voleva dire che Haniel aveva convinto tutti che stesse davvero male. Guardò fuori dalla finestra. L'incantesimo che Metatron aveva applicato millenni prima, affinché dall'interno vedesse la luce del sole e non delle stelle funzionava sempre. Ritornò dalla ragazza, che lo osservava stringendosi le braccia intorno al corpo, confortandosi da sola.
‹‹Cos'è successo?›› gli chiese.
‹‹Un attacco magico, abbastanza forte tra l'altro.››
‹‹Dove?››
‹‹Sulla Terra.››
Verity si alzò di scatto e mosse qualche passo in avanti. Inciampò nei suoi piedi e cadde tra le braccia di Gabriele, che prontamente la intercettarono. Le consigliò di tornare a sedersi e di non fare sforzi. L'eco l'aveva stancata abbastanza senza che lei cercasse di sabotare la sua salute da sola.
Doveva essere accaduto qualcosa di davvero terrificante sulla Terra per richiamare un'eco tanto potente da un luogo fisicamente tanto lontano e Gabriele si sforzò per recuperarne la scia e vederne le immagini nella sua mente.
All'inizio era solo fumo, grigio e fitto, come un enorme mare di nebbia tossica. Nulla era riconoscibile e dovette attendere un po' prima di poter avanzare nella visione. C'era caldo però, e persone che gridavano spaventate, chiedendo di essere liberate. All'improvviso una trave cadde di fronte a lui e sentì il grido strozzato di una donna. Era rimasta schiacciata. Ancora non vedeva chiaramente, ma passo dopo passo la visibilità migliorava: cominciò a distinguere i contorni ed intravedere i colori.
Non era fisicamente lì, ma rabbrividì ugualmente: stava iniziando a farsi un'idea abbastanza precisa degli eventi. Aggirò la trave, non amando la sensazione dell'attraversare gli oggetti, e camminò in giro, creandosi una planimetria del luogo nella testa per orientarsi. Prima aveva attraversato un cortile circondato da una vegetazione in fiamme. C'erano bambini distesi sulla pietra sporca della pavimentazione: alcuni respiravano ancora, ma nessuno sarebbe riuscito a salvarli. Sentì uno di loro spegnersi.
Gli adulti erano all'interno del tempio, in un'ala laterale, abbracciati l'uno all'altro, mentre i più coraggiosi lanciavano incantesimi di difesa e protezione. A prima vista l'unico pericolo sembravano le fiamme, ma non poteva esserci solo quello.
Gli umani morivano ogni giorno e nessuno di loro generava un'eco del genere: c'era qualcun altro o qualcos'altro appartenente al suo mondo lì, pronto ad agire. Sperò non fosse lui. Lasciò gli adulti e proseguì verso il cuore del tempio, dove nascevano le lingue di fuoco. Il cadavere di un sacerdote, coperto di sangue, era riverso sull'altare. La gola era ancora stretta in una sottile corda nera. C'era un angelo sull'altare, ali blu e capelli color cenere. Bisbigliava furioso, conficcandosi le unghie nei palmi delle mani. Sentì la parola laboratorio soffiata tra i denti.
Verity guardava Gabriele con attenzione: sembrava assorto e pensieroso, come se si fosse incantato a guardare qualcosa nella sua mente e nessuno potesse distoglierlo.
‹‹Cos'hai visto?›› gli chiese appena si destò.
Non rispose subito, diviso tra raccontarle esattamente la verità o rimanere vago.
‹‹Quello che è successo sulla Terra.››
Verity aspettò un secondo, indecisa su cosa chiedergli ancora. Voleva sapere di preciso cosa fosse accaduto, ma anche come Gabriele ci fosse riuscito. Optò per la seconda domanda.
Gabriele aveva compreso perché aveva seguito la traccia, le rispose.
Il dolore che sentiva costantemente nella testa, alcune volte più forte altre più debole, lui lo chiamava battito o eco dell'anima. Era una sorta di collegamento, una vicinanza lontana che legava lei, lui e tutte le altre creature. Si trattava di una percezione simile a quella Hariel, ma mentre lei percepiva solo la posizione delle anime, l'eco era molto più personale. Era il battito del cuore, il dolore e la tristezza; era una condivisione profonda della propria esistenza che pochi erano in grado di percepire. Chi sentiva si ritrovava nell'interiorità degli altri, partecipando senza volerlo alle sensazioni e ai sentimenti, fino a che questi non diventavano parte integrante dell'anima, rivelando indizi sul loro futuro. Accedere ad anime sfaccettate poteva però rivelarsi un'esperienza distruttiva per i meno esperti. Fino a che i sentimenti rimanevano positivi poteva anche essere divertente perché niente come le emozioni dava sollievo alla mente ed al corpo, ma, quando l'anima ascoltata soffriva o era triste o provava una qualsiasi sensazione negativa ed esasperata, diventava pesante. Si trasformava in un logorante ed insopportabile battito, ritmato come la percussione dei tamburi da guerra, che perforava il corpo, provocando un dolore incommensurabile che condizionava le azioni di chi non riusciva a resistere. Qualche volta le conseguenze erano solo parole non pensate, piccole ferite; altre volte, quando il dolore raggiungeva il limite, gli angeli finivano per ferirsi seriamente o addirittura uccidersi.
Per fortuna non accadeva spesso, anche perché connessioni così profonde erano difficili da creare. Nella maggior parte dei casi l'eco nasceva solo in concomitanza con gradi stragi, soprattutto se causate da attacchi divini, o quando umani dotati di una fede incrollabile venivano a mancare.
Era anche per questo che lei era stata così male: tra i tanti morti del tempio c'era stato uno dei sacerdoti, forse il più anziano, discepolo del precedente, ma non ne era certo. Sapeva però che la fede di quell'uomo era talmente profonda e sincera da distinguerlo da tutti gli altri fedeli che avevano varcato la soglia del tempio e per questo era stato la prima vittima di Yelahiah. Il dannato doveva essere andato lì per recuperare uno degli ingranaggi, chissà quale, e per sfruttarne il potere immenso.
‹‹Ma perché? A cosa gli servirebbe?›› chiese Verity.
Quando l'aveva rapita, Yelahiah non aveva mai, nemmeno per sbaglio, rivelato un solo insignificante dettaglio del suo piano ed era stato ben attento che non lo facessero i suoi compagni.
‹‹Vuole vendetta probabilmente. Su Lucifero, su noi arcangeli. Lo abbiamo confinato noi nell'Inferno, non mi stupisco che covi un po' di rancore nei nostri confronti. Anche se, in realtà, io non ho combattuto in quella guerra, né mi sono interessato particolarmente alle parole di Lucifero nell'assemblea. Vorrei potermi permettere il lusso di non schierarmi nemmeno questa volta, ma adesso c'è Haniel da proteggere e non posso rimanere completamente in disparte. L'unica che mi interessa è lei.››
‹‹Sei egoista, non credi?››
Era stata posta come una domanda, ma Verity credeva che fosse la verità.
‹‹Ognuno è egoista a modo suo. È egoista la madre che mette al mondo un figlio, è egoista chi salva una vita, è egoista chi odia. Alcuni lo sono per orgoglio, altri per rancore o per invidia. Io lo sono per amore. Non mi giustifica, certo, ma ho paura di rimanere solo e allora farò qualunque cosa per Haniel, fosse anche l'ultima che faccio come arcangelo del Paradiso.››
Verity annuì, capendo in parte il punto di vista dell'arcangelo, mantenendo nonostante tutto un'espressione poco convinta.
‹‹Ti leggo negli occhi che non sei d'accordo. Non è giusto quello che dice, non sta in equilibrio, pensi. La mia non è l'affermazione tipica di un arcangelo, non dovrei lasciarmi controllare dai sentimenti, ma non posso fare altrimenti. Sono certo che prima o poi capirai quello che intendo.››
Detto ciò si alzò,lasciando la presa sulle spalle di Verity che sicuramente sarebbe stata in gradodi rimanere seduta da sola. Era un bene che riuscisse a parlare senzainterrompersi o doversi fermare a pensare più del necessario. Significava cheil dolore alla testa, così com'era nato, era anche scomparso. Era un bene cheavesse reazioni così diverse dalle sue. Lui agli inizi era stato male persettimane, almeno fino a quando non aveva imparato ad ignorare stoicamentetutti gli echi, anche quelli che lo rendevano felice.


Angolo dell'autrice

Buongiorno a tutti! Oggi giornata di aggiornamento, spero vi faccia piacere!
Sono un po' in ritardo, mi scuso moltissimo, ma la sessione esami estiva mi sta prendendo molto più tempo del previsto, soprattuto consideratto che devo dare almeno 5 dei 7 esami che ho...
Ad ogni modo, spero sia stata una piacevole lettura e che abbiate voglia di lasciarmi un parere!
Un saluto a tutti,

Nemamiah

   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nemamiah