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Autore: whitemushroom    23/06/2018    4 recensioni
Una raccolta di one-shot dedicata ai mitici Cavalieri d'Oro di tutte le serie, coloro che ci hanno sempre fatti sognare estendendo il loro Cosmo fino ai nostri cuori.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Personaggio: Aiolia
Serie: Saint Seiya - Episode G
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: giallo
Avvertimenti: la questione del colore dei capelli di Aiolia, in origine bionid, è tratta dai primi numeri di Episode G


Non il tuo viso

Il primo colpo è solo un avvertimento.
Il pugno di Aiolia si carica del potere del fulmine e fende l’aria accanto alla testa del suo avversario, mancandolo di proposito. Dovrebbe essere sufficiente a farlo desistere dalla sfida, ma il ghigno di Babel dice il contrario. “Come sospettavo. Senza la tua Armatura d’Oro sei solo un micetto!”
Aiolia si trattiene, sentendosi addosso lo sguardo di tutti i Saint che si sono riversati sugli spalti dell’arena. Le sfide o le zuffe non sono certo una novità tra i giovani aspiranti protettori della dea Atena, ma uno scontro tra un Silver ed un Gold Saint è in grado di trascinare su quei gradoni di pietra riarsi dal sole anche i cuochi ed i domestici del Tempio.
“Sono un tuo superiore, Babel. Esigo delle scuse immediate!”
“Pfui. Sei solo un moccioso che si è montato la testa”.
Babel lo invita con la mano a farsi avanti una seconda volta, mettendosi in posizione di difesa.
Una sfida ufficiale, uno contro uno.
Niente Armature, soltanto i propri pugni ed il Cosmo elevato al cielo.
La furia della costellazione del Leone inizia a montargli dentro, ruggendo fin dentro le sue orecchie. Può battere quell’avversario quando e come vuole.
Può colpirlo con le zanne e fargli mangiare la polvere davanti a tutto il pubblico. Babel avrà qualche anno più di lui, ma è pur sempre un Silver Saint e il dovere di Aiolia è quello di ricordargli il suo posto e la differenza che esiste tra le loro costellazioni.
Parte in avanti, sferrando un calcio leggero per aprire la sua guardia: abbastanza debole da essere parato, abbastanza forte da incutergli timore.
Non basta.
Babel para e incassa, scivolandogli sul fianco e caricando il pugno del fuoco di Cerbero. Il colpo gli si avvicina al viso, ma Aiolia è più veloce e si scansa, costringendo l’avversario a bloccare il colpo a metà per non finire sbilanciato. Un pugno ben assestato nel fianco scoperto chiuderebbe subito la questione, ma non è questo che desidera. “Ritira quello che hai detto. Adesso!”
“E perché dovrei?”
Senza mostrare alcuna esitazione riprende l’equilibrio, e prima che Aiolia possa assestargli un secondo calcio si accorge di uno sputo che gli arriva dritto sulla guancia. “Non porto alcun rispetto ad uno che ha la stessa faccia del Traditore. L’Armatura del Leone su di te è un insulto a tutti i Saint esistenti! Hanno fatto bene ad ammazzarlo come un cane!”
Ed è in quel momento che arriva.
Ha sempre cercato di ignorarlo, di mandarlo via con un ruggito, di scrollarselo di dosso come un insetto fastidioso.
Ma, come tutti gli insetti fastidiosi, torna sempre e colpisce quando sei incapace di schiacciarlo.
Il mormorio.
Le parole di Babel risvegliano il brusio del pubblico. Aiolia vede le loro facce, una per una. Vede i loro cenni di assenso, le parole bisbigliate all’orecchio e coperte con la mano. I Saint, i domestici, persino le reclute prive di armatura si girano verso il proprio vicino, bisbigliando come accade spesso alle sue spalle, quando credono che non possa udirli. Tutti quelli che in lui vedono soltanto il fratello minore di Aiolos, il Traditore del Santuario.
La sua mano trova la faccia di Babel in un battito di ciglia. Le sue dita si lasciano attraversare dal fulmine, piantandogli le scariche dritte nella testa mentre il pugno sinistro gli si avventa sul costato, fremendo con impazienza nel sentire le prime ossa spezzarsi. Il colpo lo scaglia per terra, sull’altro lato dell’arena, e senza pensare a nient’altro che non sia il viso di Aiolos in un attimo gli è addosso e gli impedisce di rialzarsi o anche solo di riprendere fiato. Ogni pugno lo scaglia contro la sua faccia, ogni colpo è come se andasse a quei vigliacchi che gli mormorano alle spalle e che finge di ignorare. Il Leone d’Oro vuole scagliare il suo colpo mortale, e non c’è assolutamente nulla di sbagliato nello sbranare quel Cerbero arrogante: le saette rispondono alla sua chiamata, dritte dal cielo, e tutti quegli astanti che lo hanno deriso dovranno impegnarsi davvero a fondo per recuperare i frammenti carbonizzati del suo avversario quando avrà finito.
La luce del Lightning Bolt è tutt’uno col suo corpo, ma prima che il suo ruggito raggiunga il culmine un dolore improvviso gli si insinua tra capo e collo. Prova a controllare l’energia della propria costellazione per farla comunque schiantare sul bersaglio, eppure la folgore si dissipa lentamente insieme alla sua vista ed alle grida di Babel.

Ci sono alcuni momenti in cui Galan Steiner preferirebbe essere il servitore personale di qualche altro Gold Saint: si dice che nella Casa dell’Acquario viga un silenzio ultraterreno, o che sia vietato esporre anche il minimo segno di tristezza tra le mura del Toro.
Ci vuole una buona dose di pazienza per doversi occupare del padroncino Aiolia tutti i santi giorni, specie quando tracanna più vino del consentito o quando, come in quel momento, viene portato di peso da qualche altro Gold Saint e scagliato nella vasca piena d’acqua senza troppi complimenti. Non ha avuto il coraggio di chiedere cosa sia successo, ma a giudicare dal livello di imprecazioni –alcune riguardanti persino il Sommo Zeus- di Sua Eccellenza Milo deve essere stato qualcosa di piuttosto grave.
Qualcosa che, conoscendo il carattere del suo padroncino, deve aver causato più di un paio di lividi.
Il Saint dello Scorpione non si scomoda certo per una banale zuffa.
Deve fare appello a tutta la propria pazienza per trovare una tunica pulita e degli unguenti lenitivi, salvo poi riempire un vassoio di miele e formaggio per addolcire un po’ l’umore del ragazzo prima della sfuriata che arriverà invariabile non appena avrà il coraggio di scostare la tenda del bagno.
“Nobile Aiolos, inculcate un po’ di buonsenso in quel ragazzo”
Sorride tra sé, piegandosi davanti alla statua di marmo che, da diversi anni a quella parte, è l’unica effige al Santuario che raffiguri un Sagittario. Una statua sbozzata da uno scultore maldestro, con un arco dalla forma improponibile ed un viso che non ha nulla della gloria sconfinata e della nobiltà di Aiolos, un tempo famoso per essere stupendo come Sisipho redivivo: tutto ciò che rimane della damnatio memoriae che grava su quell’uomo accusato di tradimento.
Galan non è certo che conversare con una statua sia la scelta migliore per la propria sanità mentale. “È ancora troppo giovane per …”
Qualcosa di rosso cola da sotto la tenda.
A Galan occorre meno di un attimo per buttare tutto a terra e raggiungere il bagno con una sola falcata, il cuore in gola.
Tutto, dalle piastrelle del pavimento alle colonne, è macchiato di rosso. Uno schizzo è arrivato persino al soffitto.
Il signorino Aiolia è lì, inginocchiato davanti alla vasca, con uno sguardo che Galan non gli ha mai visto. “Padroncino …”
Non è qualcosa che potrebbe definire tristezza o dolore. In quegli occhi azzurri vi è un Cosmo ferito che si ritrae non appena conscio della sua presenza, colpevole. “… cosa ha fatto ai capelli?”
La tintura rossa è colata anche sulla tunica e sui sandali, ormai tutti da buttare. Il liquido gli scende a rivoli anche sulla faccia, ed è chiaro che il ragazzo sia riuscito a schizzarla ovunque.
I suoi capelli, fino a qualche minuto prima biondi come il grano, adesso ricordano davvero la criniera di un leone. “Non voglio assomigliargli più, Galan. Non voglio il suo viso”.
Galan Steiner sospira.
Ha sempre saputo che quel momento sarebbe arrivato. “Crede davvero alle dicerie sul suo nobile fratello? Che abbia tentato di rapire ed uccidere la dea Atena?”
“Certo che non ci credo! Mio fratello era un eroe, non avrebbe mai fatto una cosa simile, ma …”
Come scritto nelle memorie del Gran Sacerdote Sage, tutto ciò che viene prima di un “ma” non ha alcun valore.
Il ragazzo si ritrae, evita il suo sguardo. Il Leone d’Oro scompare al di sotto della criniera, rivelando un gattino arruffato di tredici anni scarsi che miagola, graffia e soffia per non farsi mettere in un angolo dagli altri predatori. Il guerriero dal Cosmo superiore a quello di qualsiasi altro suo coetaneo che troppo spesso mostra il suo unico punto debole.
Il giovane che serve da tanti anni e che adora con tutto il cuore, proprio come venerava il suo nobile signore. “… ma non ce la faccio più, Galan. Non voglio che mi guardino in quel modo. Perché non fanno altro che guardarmi … e parlare di Aiolos … e poi continuano a fissarmi …”
D’istinto delle scariche elettriche gli corrono lungo tutto il braccio destro.
“Se Milo non mi avesse fermato oggi avrei ucciso una persona. Nel mio Cosmo … c’è tanto odio, Galan”.
Non dovrebbe, eppure parte di lui si ritrova a sorridere davanti a quella confessione del suo signore.
“Io non credo che si tratti di odio, nobile Aiolia”.
O non solo quello, vorrebbe aggiungere.
Ma le parole rimangono lì, sospese nel vapore del bagno.
Ci sono cose difficili da spiegare a un adolescente in grado di fendere il mare con un calcio, o abbattere una montagna con un pugno, un giovane che accoglie l’energia irruenta della Costellazione del Leone, che la sente ruggire in ogni fibra del suo corpo. O forse, si corregge, ci sono cose difficili da spiegare ad un adolescente e basta.
L’odio è più facile, spesso più accettabile. È una buona scusa per giustificare i pugni, la lotta, la costante aggressività che cresce giorno dopo giorno.
Ma non vi è rabbia in quei capelli massacrati, in quell’oro costretto ad andarsene via, a scivolare nel passato insieme ai dubbi, ai sospetti che le dicerie possano, anche solo per un istante, essere vere.
L’odio non costruisce barriere, non si accorge delle crepe striscianti per impedire che si allarghino.
L’odio è un sentimento che è concesso ai grandi eroi, che maschera la forza.
Ciò che si annida nel cuore del suo padroncino è un sentimento molto più basso ed umano, uno di quelli che di certo non riempiono i cuori dei nobili Saint dell’epica. È qualcosa in grado di bloccare il corpo ed il cervello, così forte che soltanto la gente più saggia o con più esperienza riesce a riconoscere e ad ammettere: e il nobile Aiolia è ancora troppo giovane, incapace di riconoscerlo, ammantato nella furia e nella disperazione della sua perdita. Così come quelle lacrime che iniziano ad uscirgli dal viso non scaturiscono dalla rabbia.
Senza più parole Galan lo afferra tra le proprie braccia, permettendogli di nascondere la testa contro il suo petto.
Nessuno vedrà mai il Leone d’Oro tremare dalla paura del giudizio altrui.
 
  
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