26
Lucciole
- Nemeria? - la
chiamò Noriko, - È ora di alzarsi. -
Nemeria aprì gli occhi cisposi e si lasciò
aiutare a mettersi seduta. Per impedire che i pensieri le saltassero
addosso, corse a vestirsi con le prime cose che trovò
nell’armadio.
- Sei agitata? - le chiese Noriko.
- No, non molto. - mentì.
- Stanotte hai parlato più del solito. -
- Cosa ho detto? - indagò con voce rotta, - Dimmi
che ho detto un nome, ti prego… -
- Nemeria, che succede? Hai fatto un brutto sogno? Ti è
tornata in mente la tua famiglia? -
Nemeria scosse con veemenza la testa e si morse le labbra fino a farsi
male.
- Il nome… non riesco a ricordare il suo nome o il suo viso.
- si conficcò le unghie nei palmi e inghiottì il
bolo amaro che le ostruiva in gola, - Più ci provo,
più mi sembra di dimenticare e io non voglio! -
- Dimenticare? Non capisco... -
- Lui era importante per me e ora è come se non fosse mai
esistito! - singhiozzò.
- Ma chi? Di chi stai parlando? -
Si bloccò. Di chi stava parlando? Perché si stava
disperando così per un sogno?
“È molto più di questo.”
- Nemeria, calmati. Inspira ed espira. Fai come abbiamo sempre fatto
quando meditavamo con Sayuri. -
Si stropicciò gli occhi e si concentrò
sull’aria che entrava e usciva dal naso. I suoi,
più che respiri, erano spasmi: i polmoni non si dilatavano
abbastanza, erano come congelati, pieni di brina e pietre aguzze. Era
così doloroso che non riusciva nemmeno a parlare.
Un rapido bussare le incastrò l’ossigeno tra
sterno e diaframma.
- Ragazze, siete sveglie? -
Era la voce di Merneith. Con lei c’erano sicuramente anche
Bahar, Morad e Tyrron. E lei era mezza nuda, con la kandys nuova
stretta al petto e gli occhi arrossati.
- Sì, un attimo, finiamo di vestirci. - rispose Noriko.
La spinse per farla sedere sul letto, recuperò le calige e
le chiuse i primi lacci sui piedi.
- Stai calma. Qualsiasi cosa tu abbia sognato, adesso non è
importante. Tieni a mente il tuo obiettivo, va bene? -
La fissò e Nemeria capì che si aspettava una
risposta.
- Sì… -
- Bene. Ora sbrigati, dobbiamo uscire tra poco. -
Si vestirono in fretta e furia. Al secondo paio di colpi, Noriko
strinse la coda sulla nuca, prese Nemeria sottobraccio e
aprì la porta.
- Credevamo vi foste riaddormentate! - esordì Bahar per poi
aggrottare le sopracciglia, - C’è qualcosa che non
va? -
- È solo agitata, tutto qui. - spiegò Noriko, -
Abbiamo tempo per andare in infermeria a far controllare il braccio? -
- Sì, è uno degli ordini del padrone. Noi due vi
aspettiamo nel cortile centrale. Forza, siamo già in ritardo
sulla tabella di marcia. -
- Agli ordini. -
Noriko la trascinò nei bagni e si prese cura di lei. Non
pretese che Nemeria facesse nulla né la
rimproverò, limitandosi a dirle cosa fare e, quando vedeva
che si imbambolava, a farla al suo posto.
- Tieni a mente l’obiettivo. - le ripeteva.
Era difficile rimanere in sé quando i pensieri nella sua
testa volteggiavano come uno stormo di uccelli impazziti. Nemeria li
poteva sentire mentre raschiavano dall’interno per uscire.
Premevano da dentro i timpani e da dentro l’incavo delle
orbite. Dovette sbattere spesso le palpebre, perché sapeva
che, se non l’avesse fatto, le sarebbero esplosi gli occhi.
- Scusami, non riesco… -
- Ti direi che questo giorno non è importante, ma lo
è. - mormorò Noriko, - Devi impressionare Koosha
per riavere la tua palla di pelo, ricordi? -
- È che ho bisogno di capire che cosa significano questi
sogni! Perché mi fanno stare così male? -
- Dopo, Nemeria, non adesso. Dopo questo scontro potrai pensare a tutto
quello che vuoi. Se non farai del tuo meglio, te ne pentirai. -
Lo sapeva, così come sapeva che sarebbe stato difficile
arginare il flusso incontrollato di pensieri nella sua testa.
- Ci devi provare. Per poche ore devi fare in modo che il pubblico ti
ami. - le disse decisa, poi le diede un bacio sulla fronte e
catturò una lacrima sulle dita, - Queste donale solo a chi
le merita davvero. -
Nemeria si passò una mano là dove il calore delle
sue labbra persisteva e, annuendo, abbozzò un sorriso. Non
era molto, ma parve abbastanza per Noriko, che la precedette
nell’infermeria.
Nande diede una controllata al taglio, lo disinfettò e la
liquidò subito con uno sbrigativo cenno del capo. Anche se
la sua fretta la stupì, bastò il profilo pallido
di Zahra a darle tutte le risposte: stesa sul letto vicino al tavolo,
con il viso lucido di sudore, sembrava un gigante addormentato.
Arrivarono in arena che le entrate erano già intasate e la
folla sgomitava per accaparrarsi i posti migliori. Chi la scorse
arrivare lanciò una specie di urlo belluino, richiamando
l’attenzione su di lei. Se non fosse stato per il manipolo di
guardie al soldo di Tyrron e per l’intervento preventivo
delle altre dell'arena, Nemeria non era sicura che sarebbe
sopravvissuta a tutte quelle mani che si allungavano per toccarla. Ma,
anche se era destabilizzante, l’eccitazione le
accapponò la pelle.
- Vado negli spogliatoi con lei. - li informò Noriko.
- Sarebbe meglio che mi seguissi nella cavea, invece. Nemeria ha
bisogno di starsene da sola. - Tyrron si voltò e le fece
segno con la mano di seguirla, - Muoviti, non ho intenzione di
ripetermi. -
Noriko sospirò arresa. Attese che gli altri si
allontanassero un po' e, senza guardarla, augurò a Nemeria
buona fortuna. Poi raggiunse Morad, Tyrron e Bahar improvvisando una
piccola corsetta.
- Andiamo, dai. - la incitò Merneith, sospingendo Nemeria
negli spogliatoi per aiutarla a indossare l'armatura.
Dopodiché se ne andò, lasciando Nemeria da sola,
seduta nella cabina con la shamshir appoggiata sulle gambe. Lo
scoppiettare del fuoco e le lontane acclamazioni del pubblico le
tenevano compagnia. Erano come la polvere che aleggiava
nell’aria e le solleticava le narici.
Quando udì un’altra porta aprirsi, si decise ad
affacciarsi. Una qazam le passò accanto, veloce sulle sue
gambe corte, e Durga si trascinò verso le grate. Nemeria non
poteva dire se l’avesse ignorata di proposito o meno. Anche
se il pensiero l’aveva sfiorata, il fastidio
sbiadì prima di mettere radici.
- Durga…-
La sua amica non si voltò. Come se non avesse riconosciuto
il suo nome, rimase concentrata a fissare un punto al di là
delle sbarre. C’era qualcosa di strano in lei,
un’immobilità che non le apparteneva e che la
ingobbiva, quasi avesse un peso reale a gravarle sulle spalle.
- Non ti senti bene? -
Protese una mano, ma non riuscì nemmeno a sfiorarla. Durga
si allontanò con un balzo e si girò di scatto per
fulminarla con lo sguardo. Nemeria abbassò piano il braccio.
Quella che aveva davanti non era la sua amica, non poteva essere lei.
- Cosa ti è successo? -
La tromba squillò e la grata venne sollevata. Durga
entrò a passo sostenuto nell’arena, tra le urla e
acclamazioni degli spettatori.
Sotto la luce del sole, Nemeria poté vedere lo stato in cui
era ridotta. Gli effetti collaterali delle bacche tanu erano evidenti
nella pelle incavata delle guance, negli occhi iniettati di sangue,
nella pelle pallida tirata su braccia e gambe, nei movimenti bruschi da
spettro affamato.
- Durga, tu non stai bene. Non puoi combattere. - le
sussurrò in tono urgente.
Si sentiva stupida, ma non poteva far finta di nulla. Le si
avvicinò e alzò le mani innanzi a sé,
i palmi rivolti verso l'esterno per farle capire di non avere cattive
intenzioni.
- Noi siamo amiche. Non è una messinscena, siamo…
noi ci vogliamo bene, Durga. Non voglio vincere a tavolino, ma tu non
puoi rimanere qui. Sono certa che Nande saprà prendersi cura
di te. -
Durga taceva. Gli occhi erano opachi, sprofondati nell’orbita
violacea.
- Ti prego, ascoltami. Per favore… -
Il suono della tromba mise fine alla loro conversazione.
Durga sguainò il kilij e la caricò. Nemeria si
tolse dalla traiettoria del suo fendente, richiamò le fiamme
e parò un tondo con la shamshir. Durga attaccò di
nuovo, più decisa, più letale. A ogni parata, il
colpo si ripercuoteva nella spada e nelle ossa.
Il fuoco di Agni ardeva fievole nel petto, appena sufficiente per
alimentare quella piccola manifestazione del suo potere sulla lama.
Sembrava niente in confronto a quello di Durga, che, come un incendio,
zampillava in scintille e lingue rosse attorno a lei. E più
Nemeria la guardava, la sua determinazione di incrinava.
- Durga, basta, smettila! -
Respinse un montante con fatica, scivolò via di tre passi e
la lama tagliò lo spazio dove prima c’era lei.
Durga fu rapida ad erigere le difese. Strinse di più
l’impugnatura e corse verso di lei. Nemeria
attaccò con poca convinzione e le fiamme si abbassarono
ancora di più. La shamshir urtò contro il kilij.
Fu uno schianto così violento da farle tremare polso,
braccio e spalla. Durga saltò indietro, si diede spinta sui
talloni e brandì l’impugnatura a due mani,
preparandosi a sferrare un colpo tremendo. Nemeria strinse i denti fino
a farli scricchiolare e contrasse i muscoli, pronta a respingere
l'attacco. Tuttavia, la stoccata non arrivò mai.
Durga cadde di faccia sul terreno sabbioso dell'arena, come una bambola
a cui erano stati tagliati di fili. Con il kilij ben saldo tra le dita,
lottò per riuscire a sollevare il busto, ma le braccia
cedettero sotto il suo peso.
Nemeria si riscosse dallo sgomento che l'aveva paralizzata e,
rinfoderando la shamshir, le corse incontro preoccupata.
- Ti aiuto io. -
- No! Non mi devi toccare! - gridò Durga, la sua voce
riecheggiò nel silenzio attonito.
Appoggiandosi al kilij, Durga si rimise in piedi. Erano scoppiati altri
capillari e i suoi occhi si erano fatti più annebbiati, come
quelli di un malato.
- Sfodera la spada e attaccami! -
- No. -
- Attaccami! -
- Non lo farò. -
Un brusio sorpreso si diffuse per tutta la cavea.
Frustrata, Durga cacciò un urlo battagliero e la
caricò a testa bassa come un toro. Nemeria parò
il primo colpo con facilità, schivò il secondo e
al terzo oltrepassò la sua difesa. La lama della shamshir
cozzò con quella della kilij. Il polso di Durga cedette, la
spada cadde nella sabbia. La bambina fece la stessa fine un attimo
più tardi. All'udire il tonfo del suo corpo, al vederla
riversa a terra inerte, Nemeria percepì il proprio cuore
venire strangolato da decine di metri di filo spinato.
Gli spettatori più vicini si sporsero oltre la balaustra per
osservare meglio. Tutti trattennero il fiato, il tempo parve dilatarsi
all’infinito. Anche il banditore tacque a lungo,
così tanto che Nemeria temette che non avrebbe
più parlato.
- Signori e signore, la vincitrice è Nemeria! -
annunciò infine.
Gli applausi abbondarono, scrosciando da tutta l’arena.
Durga, però, non si mosse. Nemeria buttò la
shamshir, si inginocchiò accanto a lei e le issò
il busto. Il suo respiro era più sottile di un alito di
vento.
- Qualcuno mi aiuti! - implorò allarmata, - Aiuto!
Aiutatemi! -
Le grate si sollevarono. Nel cerchio di guardie attorno a loro
subentrarono quattro uomini, vestiti con tuniche corte da schiavo.
Avevano una barella.
- Allontanati. - le intimò il capo delle guardie.
Nemeria non poté far altro che obbedire. Mentre portavano
via Durga, il pubblico non aveva ancora smesso di applaudirla.
Ahhotep la fissava con gli occhi sgranati, colmi di rimorso e paura.
- Come hai potuto? - l'accusò Nemeria.
Le labbra e le mani le tremavano, come se fosse indecisa se urlarle
contro o sferrarle un pugno.
- Tu… tu che dicevi di volere solo il suo bene, le hai
permesso di ridursi così? -
La pietra di luna e il collare non erano abbastanza per contenere la
sua rabbia. Con uno scatto le cinse il collo e strinse, per poi
sollevare Ahhotep fino a lasciarla ciondolare a qualche centimetro da
terra. La guardò dibattersi e, quando le parve troppo rossa,
mollò la presa.
Ahhotep barcollò all'indietro, il respiro affannato e gli
occhi pieni di lacrime.
- Ho fatto quello che era necessario. -
- Il necessario?! - sputò, strinse i pugni ai lati del viso
e poi li abbassò, - Ma ti rendi conto di cosa le hai fatto?
Ti rendi conto che… -
- Sì, me ne rendo conto! Va bene?! -
Ahhotep spinse via Nemeria, si girò e si asciugò
le guance umide con stizza.
- Durga aveva paura di combattere. Non voleva nemmeno partecipare a
questo maledetto torneo, ma non poteva certo tirarsi indietro. -
spiegò affranta, - Così ho pensato che, grazie a
quelle bacche, avrebbe trovato il coraggio e la forza di dimostrare
quanto valeva. Una al giorno, pensavo, cosa vuoi che sia? Anche se la
sera era a pezzi e stava male, sarebbe stato solo per poco tempo e poi
tutto sarebbe tornato come prima. -
Si appoggiò spalla alla parete e dalle labbra le
uscì una risata isterica. Nemeria si morse
l’interno della guancia e ricacciò indietro la
bile che le era salita in gola.
- Anche tu le avevi prese. Ho creduto che sarebbe stata meglio,
davvero, anche quando la notte si dimenava in preda ai dolori. -
conficcò le unghie nella carne delle braccia e scosse il
capo, - Stamattina, ho visto che ne prendeva due insieme. Sono stata
stupida a pensare che sarebbero state la soluzione. -
singhiozzò.
- E adesso? Cosa le succederà? -
- Non lo so... - pianse.
- Come puoi non saperlo? Appartenete alla stessa lanista! -
Nemeria la costrinse a fronteggiarla e la bloccò con le
spalle al muro. Ahhotep sussultò spaventata.
- Tara non mi ha detto nulla. Prima che mi facesse riaccompagnare qui,
ho solo visto Koosha che entrava. -
- Koosha? -
Ahhotep annuì.
- L’hanno…? -
- Sì, l’ha scoperta. -
La bocca le si inaridì. Tutta la stanchezza della sera
precedente le franò addosso in un attimo, mozzandole il
fiato. Nemeria si sentiva svuotata. Staccò le mani dal muro
e le fece ricadere lungo i fianchi.
- Andrai a trovarla nei prossimi giorni? -
- Se Tara me lo permetterà. -
Nemeria sospirò e le diede le spalle, abbandonando Ahhotep
nel corridoio.
Le ore successive scivolarono via come pioggia sulle grondaie. La notte
nessun sogno venne a farle visita e durante il giorno Noriko la
evitò. Era il suo modo di ribadirle di non perdere di vista
il suo obiettivo.
Pavona andò a trovarla in un momento di quiete, mentre
Nemeria era sola con i suoi pensieri.
Sei stata molto brava, soprattutto oggi. Spero che non ci saranno
ripercussioni troppo sgradevoli per la tua amica.
- Lo spero anch'io. -
Ti vedo… stanca.
- Lo sono. È stata una giornata difficile. -
C’era un’atmosfera raccolta al campo del fuoco, con
tutti i bracieri disposti lungo il perimetro in una lunga e sfumata
corona di luce.
- Pavona, ti ricordi quando abbiamo parlato della Prima
Verità? -
Certo.
- Sto facendo degli strani sogni. Cioè, sembrano sogni, ma
sento che non lo sono. - giocherellò con la pietra di luna e
sospirò, - È come se fossero ricordi.
Però, se provo a ripensarci quando sono sveglia, non riesco
a vedere un particolare bambino. Non vedo il suo viso né odo
la sua voce. È come... come se non fosse mai esistito, ma so
di averlo conosciuto. -
Pavona si appollaiò sul suo ginocchio. Nei suoi occhi di
corvo Nemeria scorse il riflesso di una mezzaluna tremolante, come se
splendesse sotto uno specchio d'acqua.
Mi dispiace, Nemeria, non posso dirti niente. Ogni Jinian deve scoprire
la verità da sola.
- Ma come posso farlo? E se fossi impazzita? -
Lo sai che non è così.
- Tanto tempo fa, mia sorella mi ha detto che è meglio non
sapere, che la conoscenza genera più domande delle risposte
che elargisce. -
Tu vorresti non sapere?
- Ho paura di quello che potrei scoprire. - espirò esausta e
si alzò, - Devo andare. Domani c’è la
finale e devo essere nel pieno delle forze. -
Capisco. Ero solo venuta a vedere come stavi, ma mi sembri piuttosto
calma.
- Voglio arrivare in fondo a questa storia, scoprire che cosa
c’è in fondo al buio, capisci? -
Se un corvo avesse potuto sorridere, Pavona lo avrebbe fatto.
Quando la scoprirai, sarò con te, lo prometto.
La Notte dei Desideri cadeva ogni anno il 10 Samue, secondo
il calendario dei mortali. Per loro era la notte in cui Heydar, il loro
dio, permetteva agli Spiriti suoi alleati di danzare nel cielo in
libertà.
Krittika, l’essenza primordiale del fuoco, era
quello più felice. Correva tra gli astri in forma di volpe e
si lasciava dietro una scia di scintille, mentre in forma di
coccodrillo batteva ozioso la coda, facendo cadere a terra le stelle.
Per le Jinian, quella notte era lutto e speranza, primavera e
inverno. Celebravano la morte di Soraya in una lunga processione, per
poi restare a rimirare le stelle, che altro non erano se non le lacrime
della Madre, addolorata per la perdita della sua figlia più
cara.
Anche se era un momento di cordoglio che le aveva sempre
messo tanta tristezza addosso, a Nemeria piaceva. Era come se la Dea si
vestisse con i suoi abiti più belli e sfilasse sopra le loro
teste, incurante di tutti i cristalli che si staccavano dalla gonna.
Mentre seguiva l’Alta Sacerdotessa e le Anziane, le pareva
che fossero le invitate al suo matrimonio. Nella sua testa, la Madre
aveva il viso del capo della loro tribù: bella e triste, con
occhi bianchi sempre velati di lacrime.
Nemeria se ne stava coi piedi a penzoloni sopra una piccola
altura. Nella piana sotto di lei si estendeva la foresta, e sulla
cresta degli alberi più lontani la luna rimaneva nascosta.
Tonda e luminosa, era come un sole bianco sulla linea
dell’alba.
- Nemeria, sei pronta? - la chiamò Hediye.
- Guarda! Ho fatto un regalo a Etheram. -
Sua madre si accucciò e lei le mostrò
tutta orgogliosa il barattolo con dentro due lucciole.
- Oh, che belle! -
- Un po’ mi dispiace darle a mia sorella, ma lei ci
teneva molto a vederle da vicino. -
Hediye le accarezzò la testa e la treccia che le
aveva fatto giusto qualche minuto prima. Le aveva messo anche delle
piccole margherite tra una ciocca e l’altra. Nemeria si
sentiva un po’ come una principessa.
-Vuoi portarle in processione? -
- Sì! Così potranno vedere la magia
dell’Alta Sacerdotessa! -
Era la parte della processione che preferiva di
più. Bastava un mezzo gesto del bastone degli Spiriti e
tutta la pianura fioriva in una seconda primavera. Cordoglio e
rinascita: le lacrime che fecondavano la terra, il dolore da cui
germogliava una nuova speranza.
- Però lì dentro non sono felici. Vedi?
Non brillano nemmeno tanto. - le fece notare la donna.
Nemeria si imbronciò. Diede un colpetto al
barattolo e appiccicò il naso al vetro, ma per quanto
cercasse di svegliarle, le lucciole restarono sul fondo.
- Magari hanno solo sonno… -
- Non possono avere sonno, sciocchina. La notte è
il loro giorno. -
- Quindi devo proprio liberarle? -
- Non sei obbligata, ma le renderesti felici. Facciamo
così: se le liberi, puoi tenermi la mano per tutta la
cerimonia. -
- Ma Etheram non si arrabbierà? -
- Sono sicura che capirà. -
Rakhsaan scoppiò a piangere. Hediye corse nella
tenda e, quando tornò, aveva il bambino tra le braccia. Lei
gli aveva dato il suo amato pupazzo e ora lo cullava, ondeggiando sul
posto.
- Ha fame? - chiese Nemeria.
- Credo che voglia solo un po’ di attenzione. Sai,
deve ancora capire che sono la sua mamma. -
Nemeria, in realtà, non capiva perché
Hediye dovesse essere la mamma di quel bambino, ma a lei poco
importava: aveva sempre desiderato un fratellino.
- Allora, pensi di liberarle? -
A malincuore, Nemeria annuì. Balzò in
piedi e diede le spalle alla foresta.
- Vado vicino a dove le ho catturate e le lascio
lì, così potranno trovare facilmente la via di
casa. -
- Non devi uscire dall’accampamento, ricordatelo.
Anche se ci sono le barriere, al buio rischi comunque di farti male. -
- Non preoccuparti, vado e torno. -
Stringendo il barattolo tra le mani, corse a perdifiato tra
le tende. Si fermò raramente a riprendere fiato e si nascose
un paio di volte per paura di essere vista da sua sorella o da qualche
sua amica. Lì le voci circolavano in fretta e Nemeria non
voleva che le rovinassero la sorpresa: aveva già in mente
che cos’altro regalarle invece delle lucciole.
Aggirò l’ultima tenda e nella linea del
suo sguardo entrarono gli alberi della foresta. Compì un
paio di passi, arrivò fino al confine della luce delle torce
e rimase a guardare l’alone sfumato che pian piano svaniva
nel buio. Sarebbe dovuta andare un bel po’ più in
là per ritrovare il piccolo prato dove aveva catturato le
lucciole.
“Però ho promesso alla mamma che non
sarei andata…”
Forse avrebbe potuto liberarle lì, ma come poteva
essere sicura che non si sarebbero perse? La loro luce non poteva certo
guidarle, era troppo tenue.
L’Alta Sacerdotessa le passò accanto,
assieme a tutto il corteo delle Anziane. Nel mezzo, Nemeria scorse una
figura piccola e luminosa.
“*****?”
Rimase impalata a guardarle avanzare nel buio. I tatuaggi
dell’Alta Sacerdotessa e il bastone degli Spiriti erano le
uniche fonti di luce. Le sembrava strano che non le avessero detto
nulla, superandola senza degnarla di uno sguardo. La
disorientò.
“Potrei seguirle.”
Compì un passo nella falce soffusa e si protese in
avanti, finché la sua ombra non si fuse con il nero della
notte.
“Mamma non si arrabbierà se
saprà che sono andata con loro. E poi
c’è *****, quindi glielo potrà
confermare.”
- Nemeria. - Etheram l’afferrò per le
spalle e la tirò indietro, - No. Non osare. -
La voce di sua sorella era strana. Tremava, come se stesse
per piangere.
- Che hai? -
- Non devi andare. - ripeté con urgenza.
Etheram l'abbracciò e poggiò la guancia
contro la sua spalla: era umida e le lacrime filtravano attraverso la
stoffa.
- Non devi andare. - sussurrò.
Accanto all’Alta Sacerdotessa apparve
un’altra donna. Vestiva con una lunga gonna rossa e una
fascia ricca di campanellini che sfioravano la punta dei piedi nudi. La
fissava con i suoi occhi rossi al limitare del sentiero erboso, come se
la stesse aspettando.
- Etheram… devo andare. -
Non sapeva come spiegarlo, ma sua sorella lo intuì
lo stesso. La sua presa si fece più salda.
- No, no, ti prego... -
Etheram mise le mani sulle sue e sollevò il
barattolo. Le lucciole volteggiavano impazzite, la loro luce
sfarfallava a intermittenza.
- Non voglio che tu sia libera. - sibilò.
- Cosa... perché?! Perché non vuoi
lasciarmi andare? - singhiozzò Nemeria.
Si dimenò più che poté, ma
più si agitava, più la stretta di Etheram
diventava forte.
Quando cominciò a mancarle l’aria,
l’Alta Sacerdotessa e il suo corteo si persero nella nebbia.
Solo la donna con gli occhi rossi rimase definita, la sua mano protesa
verso di lei.
- Perché la verità ti
renderà infelice. - bisbigliò Etheram con le
guance rigate di lacrime, - E io preferisco vederti morta piuttosto che
infelice. -
Nemeria si destò di soprassalto, annaspando in cerca d'aria.
La voce lontana di Noriko le disse che andava tutto bene e due braccia
familiari la avvolsero in un bozzolo caldo. Si premette le mani sul
cuore per smorzare il dolore, ma esso filtrava tra le dita come sangue.
- Era solo un brutto sogno. - la rassicurò Noriko,
baciandole dolcemente le labbra tremanti, e la trascinò
distesa sul letto, - Ci sono io qui con te. -
Andò avanti a ripeterglielo fin quasi all'alba, quando
Nemeria cedette di nuovo alla stanchezza.
Più tardi non seppe nemmeno lei dove trovò la
forza di alzarsi. Congedò con un gesto stizzito Merneith,
salutò Bahar e lasciò che il timone ai gesti
automatici che il suo corpo aveva imparato, mentre la mente vagava
senza meta da un ricordo all’altro.
I suoi capelli non erano ricresciuti abbastanza per meritare ancora il
trattamento di un pettine, ma prese comunque in prestito quello di
Noriko. Lo passò tra i ciuffi da istrice, usando la mano per
ravvivarli.
I pensieri rimasero intrappolati tra i denti e caddero sul pavimento
umido. Nemeria li calpestò, si buttò
l’acqua sulla faccia e inspirò fino a farsi dolere
i polmoni. Poi espulse l'ossigeno e, con esso, il miasma oscuro che
l'avvelenava.
“Non era mia sorella. Lei non mi avrebbe mai detto una cosa
del genere.”
Se non un sogno, allora cos'era? Un ricordo in cui era subentrata Agni?
Una visione che seguiva la scia di qualcosa che non riusciva a
rammentare? Non aveva senso.
Strinse la pietra di luna e ne fissò il lucore sul palmo
della mano. Era fredda.
“Non posso fermarmi ora. È troppo tardi per
tornare indietro.”
Rinfilò la collana sotto la tunica e tornò in
camera. Noriko non c’era già più. Anche
se avrebbe dovuto immaginare che l’avrebbe tenuta a distanza
fino all’inizio dello scontro, le suscitò una
sensazione strana non trovarla lì ad aspettarla. Si
vestì in fretta e si precipitò giù
dalle scale.
La scorta si chiuse non appena al gruppo si aggiunse anche lei. Noriko
camminava di fianco a Bahar. Nemeria, invece, aveva preso Merneith
sottobraccio. Anche se la serva era vecchia e raggrinzita,
l’impressione era che fosse lei a sostenerla, e non il
contrario.
- Fa' del tuo meglio, oggi. - le disse Merneith con un sorriso sdentato.
Nemeria seguì con gli occhi la sua figura traballante mentre
usciva, poi andò a prendere la shamshir. Strofinò
la lama contro i calzoni e se la rigirò più volte
tra le mani. Nonostante il calore, il metallo non si era deformato.
- Sono le contaminazioni di oricalco. -
Noriko era appoggiata a ridosso delle sbarre. Le gambe distese in
avanti delineavano un triangolo perfetto tra l’ombra e la
parete.
Nemeria si avvicinò all’imboccatura del corridoio
e le augurò buona fortuna.
- La fortuna non esiste. -
- È solo un modo di dire. -
Il suono della tromba interruppe il loro momento. Dall'arena, giunsero
alle loro orecchie le grida entusiaste del pubblico.
- Allora buona fortuna anche a te. -
Noriko entrò a passo di danza e un sorriso abbozzato sulle
labbra. Salutò la folla, girando la testa da una parte
all’altra, come se inseguisse il rimbalzo del suo nome tra
gli spalti.
Nemeria guardò in direzione di Koosha, gli fece un cenno del
capo e si fermò al centro. Tyrron, Morad e le due serve
sedevano agli stessi posti. Non sapeva dove fossero gli altri lanisti,
non era nemmeno sicura che fossero venuti. Non le importava del
governatore che si godeva lo spettacolo dall’alto, assieme
alla sua famiglia, l’importante era che Koosha la vedesse.
- Signori e signore, preparatevi alla finale! -
l’acclamazione del banditore venne accolta da uno scroscio di
applausi, - Due gladiatrici appartenenti allo stesso lanista, due
gioielli preziosi realizzati dalle mani dello stesso orefice. Chi di
loro si aggiudicherà la vittoria: la nostra focosa
dominatrice Nemeria oppure Noriko, l’algida regina dei venti?
Sarà il fuoco a consumare l’aria, o
l’aria a soffocare le fiamme? - aprì le braccia
dando il segnale alle trombe, che costituivano solo una parte
dell’orchestra nelle ultime file, - Che la resa dei conti
cominci! -
Nemeria attaccò subito. Compì uno scatto veloce
per darsi slancio, quanto bastava perché Noriko sfilasse il
tessen dalla cintura e parasse il suo fendente. Lo aprì e la
pagina, come l’ala di un grande uccello, spinse la lama di
lato. Contrattaccò con un affondo dell’indice e
del medio, una diagonale diretta alla gola che costrinse Nemeria a
scartare in fretta. Il mancato colpo non fece perdere il ritmo a
Noriko. Si mosse contro di lei con una finta e abbassò il
tessen in una parata fulminea dietro la schiena. Si sottrasse al suo
tondo, le si portò di fianco e concatenò in
rapida successione un pugno al viso, un calcio allo stinco e un altro
al fianco.
Nemeria arretrò bruscamente e dovette spostare la sua
attenzione dalla sua avversaria per mantenere l'equilibrio. Una folata
di vento la spinse una decina di metri indietro. La sabbia le
andò negli occhi. Strinse la shamshir a due mani e
menò un fendente alla cieca. Durante il movimento, la lama
prese fuoco.
Noriko schivò e le assestò un pugno alla spalla.
Il colpo si schiantò contro l’armatura e la
propulsione dell’aria la scaraventò contro il muro
dell’arena.
Il pubblico le osservava rapito. L’orchestra aveva attaccato
con una musica ritmata, ma non era abbastanza per coinvolgere la gente:
nessuno gridava, incitava, pestava i piedi. Erano bastati pochi colpi
per annullare l’entusiasmo.
“Non va bene.”
Nemeria riaprì un occhio, poi l’altro. Noriko si
stagliava davanti a lei, con la mano che brandiva il tessen di taglio
sul petto.
- Alzati. - le ordinò.
Un fremito si diffuse nell’aria. Il brusio aumentò
e il silenzio si incrinò fino a rompersi un in
“oh” che stroncò le note dei flauti.
Noriko si girò con un movimento fluido e piantò i
piedi a terra, dandole la schiena.
- Stai dietro di me. -
Nemeria non la ascoltò. Si tirò in piedi e
sbirciò oltre la sua spalla. Sbarrò le palpebre
in preda allo shock, mentre un grido terrorizzato le moriva in gola.
Il predone era lì, la maschera bianca a coprirgli il volto e
il cappuccio a gettargli un’ombra sugli occhi. Ma a Nemeria
non serviva vederli, perché quello sguardo senza luce le si
era impresso a fuoco nella memoria.
La pietra di luna divenne un cristallo di ghiaccio.
- Sta' lontano. - gli intimò Noriko.
Si mise in posizione e allargò le gambe, pronta a scattare.
Il predone però continuò ad avanzare con la
tranquillità di chi sa di aver già la vittoria in
tasca. L’aria gli vorticava attorno, sollevando i granelli di
sabbia.
Nemeria la vide prepararsi a tirare una sventagliata. Il vento si
materializzò in un cerchio opaco che sfrecciò
raso terra, creando un’onda di sabbia. Il predone, invece di
arretrare, attaccò. Lo dissipò con un fendente e
proseguì la sua corsa verso di loro. Noriko lo
incontrò a metà e lo respinse.
Nemeria rimase immobile, attaccata al muro, il cuore sprofondato
nell’acido dello stomaco.
Cuore di fuoco.
“Agni...”
Cuore di fuoco, devi reagire.
Noriko parò un tondo, avanzò di tre passi,
deviò un affondo e fece una finta. Il predone non ci
cascò. Scartò di lato, le si accostò
dal suo punto cieco e le assestò un colpo alla tempia col
pomo della spada. Le girò di nuovo attorno e menò
un fendente dalla spalla al fianco che la mandò a carponi.
Tra i brandelli della tunica si intravedeva il marrone del cuoio.
- Noriko! -
Nemeria compì un passo verso di loro, uno solo.
Spostò lo sguardo sugli spalti. Il pubblico strepitava.
Udiva le risate sguaiate, le urla d’incitamento delle ultime
file e il crescendo dell’orchestra. Li sentiva, ma non li
vedeva. Nell’arena c’erano gli spettri della sua
tribù che la osservavano. Sua madre morta con un sorriso
macchiato di sangue, la figura deforme di suo fratello, calpestato
dalla folla, sua sorella trafitta da decine di frecce assieme alle
altre Jinian. I loro fantasmi occupavano le gradinate in attesa che il
predone ottenesse il suo sacrificio, come aveva fatto con loro.
Cuore di fuoco, non puoi arrenderti così.
“Cosa posso fare? Nemmeno l’Alta Sacerdotessa
è riuscita a fermarli!”
Si sentì avvolgere da braccia invisibili.
Tu puoi tutto.
Noriko raccolse il ventaglio, si rimise in piedi e aggredì
il predone alle spalle. Lui si voltò, tagliò la
palla d’aria che gli aveva lanciato contro e, con un gioco di
polso, la disarmò. La ragazza non fece in tempo ad
allontanarsi che un pugno la spedì di nuovo a terra.
- Quanto sei fastidiosa. - ringhiò.
Le diede un calcio per liberarsi, ma Noriko mantenne la presa sul
piede. Il predone sollevò la spada per trafiggerla e lei
rotolò via. Ansimando, si asciugò il sudore che
le imperlava la fronte e strinse il ventaglio da guerra in pugno.
Vieni con me, Cuore di fuoco. Danza con me e avrai tutto il
potere di cui hai bisogno.
Agni era le fiamme. Non c’erano gonne, campanelli, bracciali.
Solo fuoco ad immagine di donna.
“Non posso, sono legata.”
Non sei legata, se non vuoi esserlo. Niente
può imprigionare il fuoco.
Nemeria si portò le mani al petto, strinse la pietra di luna
e strappò il ciondolo. La pietra le cadde sul piede e
scivolò nella sabbia, rovente come non mai.
“Mi darai tutto il potere di cui ho bisogno?”
Avanzò fino al limitare del cerchio di pietre che circondava
Agni. I nodi dell’imbragatura si erano allentati, la corda si
era fatta più lunga e molle, eppure a un passo dalle fiamme
si tese all’improvviso.
Non ti devo dare nulla. È tuo da sempre, basta che
pronunci il mio nome. Il mio vero nome.
Il predone tentò più volte di ucciderla, ma
Noriko lo pressava per tenerlo lontano da Nemeria. Zoppicava e una
brutta ferita le deturpava la gamba. Schivò troppo
lentamente un affondo e la lama del predone le tagliò la
guancia e il lobo dell’orecchio. Noriko inciampò.
Il sangue si riversò dal taglio su tutto il collo e la gola,
ma lei non emise nemmeno un gemito. Finse un colpo al volto col
ventaglio e poi caricò un calcio stretto, dritto al petto,
abbastanza forte per guadagnare distanza, troppo debole per fargli
davvero male.
L’aria era rarefatta attorno a Nemeria. Più
respirava, più le sembrava di soffocare. Afferrò
il collare con entrambe le mani, lo stritolò e
tirò. L’oricalco rovente era doloroso a contatto
diretto con la pelle, la percepì gonfiarsi e riempirsi di
bolle sempre più grosse. Quando la fibbia
cominciò a cedere, il potere di Agni ribollì
sulle ferite aperte. Il sangue divenne fuoco, il suo cuore un tamburo
da guerra che rullava con la forza di mille tuoni.
Di’ il mio nome, Cuore di fuoco.
Nemeria si strappò le corde di dosso e si guardò
le mani macchiate di sangue non suo. Intorno a lei, sulle pareti della
grotta, si affollavano gli spettri dei morti.
“Tu sei Jatharagni, il
fuoco che tutto distrugge.”
L’elementale sorrise. Il collare si staccò con uno
schiocco metallico e anche l’ultima corda cadde al suolo.
Quando Nemeria entrò nel cerchio di pietre, le fiamme si
chiusero sulla sua mente e sul suo corpo. Una colonna di fuoco si
innalzò fino al cielo e si esaurì in
un’esplosione di scintille.
Noriko giaceva intontita qualche passo dietro il predone. La coda si
era sciolta e il sangue si era rappreso là dove il calore
l’aveva toccata. Anche se sembrava morta, Nemeria sapeva che
era viva. Lo sentiva, così come sentiva le centinaia di
fiammelle che crepitavano sulle gradinate, quelle che davano vita a
tutte le persone lì raccolte.
- Cosa sei? - domandò il predone in un sussurro sconvolto e,
brandendo la spada, arretrò.
Nemeria non avrebbe saputo dargli una risposta. Era lei, ed era Agni,
erano un unico elemento. La sua anima stava bruciando nel cerchio di
pietre, ma non era doloroso. Nemmeno la pelle nera o la criniera di
fuoco le facevano male.
Avanzò oltre il pavimento di vetro, lasciandosi dietro una
scia di impronte opache. Sprigionava così tanto calore che
la sabbia si trasformava appena la sfiorava.
- Non avvicinarti! - il predone afferrò Noriko e le
puntò la lama alla gola, - La ammazzo! Giuro che la ammazzo!
-
Nemeria ghignò serafica. Azzerò la distanza tra
di loro in un balzo e gli afferrò il braccio.
- Spegniti. -
Il fuoco lo avvolse senza sfiorare Noriko. Il predone urlò,
lottò per liberarsi dalla sua presa, ma Nemeria lo trattenne
con facilità. Lo guardò bruciare il silenzio, gli
occhi rossi, dello stesso calore del ferro rovente, che si riflettevano
nei suoi, nascosti dietro la maschera. Presto la pelle sotto la sua si
carbonizzò e i muscoli si sciolsero assieme alle ossa. Oltre
alla spada, non rimase altro che un cumulo di cenere maleodorante.
- Nemeria. -
Noriko si reggeva a stento in piedi e si premeva la mano sulla gamba
ferita. Le fece un cenno del capo. Erano state accerchiate dalle
guardie. Stavolta avevano le armi sguainate e gli scudi alzati. Alle
loro spalle c’erano sia Sayuri che Roshanai. Avrebbe voluto
dir loro che era ancora in sé, ma qualcosa la chiamava da
dentro di lei.
“Adesso sono pronta.”
Inspirò piano e chiuse gli occhi, lasciandosi cadere.
Correva con il barattolo stretto al petto, al fianco di una
volpe di fuoco. Seguì il lucore dei tatuaggi e
zigzagò tra gli alberi finché non giunse nella
radura dove aveva catturato le lucciole.
L’Alta Sacerdotessa e le Anziane erano raccolte in
circolo attorno a un gruppo di bambini. Guardandoli, Nemeria riconobbe
anche Radames, Sasha e Guar. I suoi amici erano lì, tutti,
ma non era possibile: a parte Kia, sarebbero dovuti essere
più grandi.
Il capo tribù tacque e alzò lo sguardo
su di lei. La vide, ma non disse nulla. Anche le altre Anziane si
sarebbero dovute accorgere di lei. Le poche che guardarono nella sua
direzione non dissero nulla. Si limitarono a tenere fermi i bambini, le
mani posate sulle spalle come spesso facevano durante le esercitazioni
con i meno dotati. Ma nei loro confronti non avevano mai avuto un
atteggiamento così materno, perché erano tra i
maschi migliori.
L’Alta Sacerdotessa tirò fuori un
pugnale, imitata dalle Anziane. Dalla terra sbucarono delle radici, che
si chiusero sui piedi e sulle braccia dei bambini. In un attimo li
sgozzarono, come succedeva da generazioni.
Nemeria rivide la medesima scena prendere forma in tempi
remoti, percependo il cambiamento dei paesaggi, di Anziane, di bambini
morti e trasformati in polvere luminosa da un tocco dell’Alta
Sacerdotessa. Cambiò anche lei e cedette lo scettro degli
Spiriti a quelle che avevano guidato la tribù nelle
generazioni precedenti.
Quando finalmente il tempo si fermò, Nemeria era
tornata agli esordi della civiltà, in una città
maestosa, dove le Jinian passeggiavano fianco a fianco con gli uomini.
La volpe la invitò a seguire una coppia che
camminava a braccetto. Erano due giovani, lei con i capelli nerissimi
sciolti sulle spalle, lui con le spalle larghe e la mascella volitiva.
Erano entrambi umani, mortali e innamorati. Passarono tra le fontane di
un guardino rigoglioso, con i gelsomini in piena fioritura, e si
sedettero su una panchina di pietra a contemplare le anatre che si
contendevano un pezzo di pane. La ragazza, che aveva tra le mani la
metà di una pagnotta, lanciò della mollica e
scoppiò a ridere quando un pavone corse lì in
mezzo per accaparrarselo.
Dietro un albero, Nemeria intravide una donna che li spiava.
C’era molto bianco in lei, doveva aver già
affrontato le difficoltà di più di un sentiero,
eppure nel suo sguardo risplendevano ancora i sentimenti. Mangiava il
giovane con gli occhi, stringeva i pugni quando lui accarezzava la mano
della ragazza. Lo voleva, ma non poteva perché il suo cuore
apparteneva a quella mortale. Fece sbocciare un fiore ai suoi piedi,
una rosa rossa senza spine, e si avvicinò fino alla panchina
perché la vedesse. Lui, però, raccolse il fiore e
le rivolse uno sguardo infastidito, prima di girarsi e infilarlo tra i
capelli della ragazza.
- Così l’amor che tutta la infiamma,
infiammò il mondo. - recitò la volpe.
La ragazza giaceva nuda nel letto, il volto pallido esangue e
le vene degli occhi scoppiate. Nella bocca del suo amato, riverso a
terra, erano sbocciati anemoni e fiori di campo. La Jinian li fissava
impassibile, con il bastone degli Spiriti ancora in pugno. Al teschio
di gatto erano rimasti attaccati pezzi d’osso e materia
cerebrale. Non lo pulì nemmeno. Si affacciò al
balcone e lo innalzò al cielo.
I mortali erano sotto la casa, con forche e torce. Molti
chiedevano la sua testa, la testa della regicida. La Jinian
osservò le sue sorelle impalate agli angoli della folla,
uccise per il volere del Re Sole, Heydar. E lei le aveva lasciate
morire perché si erano comportate da traditrici,
perché avevano preferito l’equilibrio e asservirsi
ai desideri dei mortali. Non era degna di essere la loro guida, ma
poteva ancora riscattarsi.
Nemeria ebbe un brivido quando il pensiero di cosa volesse
fare prese forma nella sua mente.
- Non puoi cambiarlo, Cuore di fuoco. Questo è
ciò che fu. Lascia che il passato si dispieghi davanti a te.
-
Li maledisse. Non erano degni di convivere con le Jinian, e
queste non potevano mischiarsi con la loro genia.
Nemeria vide la folla trasformarsi in Jin e devastare tutta
Kàdingirra. Non rimasero altro che macerie fumanti.
La notizia si diffuse di città in città.
“Le figlie della Madre non vogliono
salvarci.”
“Loro possono curare le malattie e permettono al
bestiame di morire. Non sono dee, sono mostri.”
“Aiutateci! I maghi hanno perso il
controllo!”
L’ombra della guerra si allungò dietro
le Jinian in fuga. Si fermarono in una pianura e l’Alta
Sacerdotessa osservò i figli maschi nati
dall’unione tra le sue sorelle i mortali. Se fossero
cresciuti e fossero diventati forti, le avrebbero schiacciate,
così come i mortali facevano con le loro donne, e come Jin
avrebbero dilaniato la tribù dall’interno. Anche
loro dovevano morire.
- Sorelle, portatemi i più bravi tra i vostri
allievi. -
Si recarono in una grotta isolata.
- Da questo momento così è e
così per sempre sarà. - sancì e prese
il primo bambino.
- Non possiamo. -
- Noi possiamo tutto. -
Una volta ucciso il primo, con gli altri fu semplice. Il
rumore della carne lacerata non la disturbava più.
Guardò le altre e alzò il bastone degli
Spiriti, roteandolo sulla testa. Come richiamate da un turbine,
centinaia di gocce luminose apparvero nel teschio del gatto. Sembravano
uova di pesce. L’Alta Sacerdotessa ne prese una e la
scoppiò tra le dita.
- Se nessuno si ricorderà di loro, nessuno
potrà soffrire. -
Li distrusse tutti e le altre rimasero lì, mute,
con le mani sporche di sangue. Erano inorridite, ma lei,
l’Alta sacerdotessa, sapeva che erano dalla sua parte
perché anche loro avevano perso qualcuno.
- Sopravvivranno solo i meno dotati e quando ci avranno dato
una prole li manderemo via. Se resteranno, cercheranno di sopraffarci
perché donne, e perché le uniche capaci di usare
la magia. -
Nei suoi occhi c’era follia, ma nessuno la vide. Il
dolore feriva troppo e la paura era troppo pesante.
- Così voglio, così sia. -
Una settimana dopo lo scontro nell'arena col predone, Nemeria venne
convocata a casa di Tyrron. Respirare aria fresca e pulita dopo aver
passato giorni rinchiusa in cella e sotto stretta sorveglianza, le
causò un piacevole brivido. Sayuri era venuta spesso a
trovarla per assicurarsi che il suo “essere tornata
indietro”, così lo definiva lei, fosse uno stato
permanente, che la sua anima non fosse davvero bruciata.
- Hai rischiato grosso, ma ne sei uscita più forte. - le
aveva detto e le aveva messo in mano la pietra di luna, -
L’ho trovato nella sabbia. -
Nemeria aveva accolto quella specie di complimento con un sorriso e
l’aveva ringraziata.
Erano state giornate lunghe e quella stanzetta minuscola, avvolta da un
silenzio così intenso da essere innaturale,
l’aveva obbligata a rimanere presente a se stessa, anche
quando avrebbe voluto voltare le spalle ai pensieri. Le sarebbe
piaciuto credere che quello che aveva scoperto fosse una bugia: Agni
l’aveva condotta alla Verità, e la
Verità era che nemmeno tra le Jinian esisteva la perfezione.
Tyrron la attendeva nel suo studio. Non appena entrò,
mandò via i servi e rimase solo Ehsan, che prese un altro
chicco d’uva dal vassoio.
- Siediti e serviti pure. Avrai ancora molta fame. -
Nemeria si accomodò sull’unica sedia disponibile
e, senza esitare, si appropriò di tutto il grappolo. Non le
importava che fosse maleducato: dopo una settimana di zuppe
d’avena, il suo stomaco pretendeva qualcosa di solido.
- Sono contento che tu non abbia perso l’appetito. -
commentò Tyrron, squadrandola dall’alto in basso,
- Non ti trovo nemmeno più di tanto deperita. Le mie minacce
devono aver sortito il loro effetto. -
- Le tue minacce son sempre molto convincenti. -
Ehsan aveva appoggiato il gomito sul bracciolo e la guardava con un
sorriso enigmatico, da gatto. Così truccato, poi, con gli
occhi allungati dalla matita e la palpebra sfumata nei toni del nero e
del grigio, sembravano proprio gli occhi di un felino.
Accavallò le gambe e intrecciò le dita sul ventre.
- Come sempre, vengo dritto al punto. - esordì Tyrron, -
Ufficialmente, hai perso, mentre ufficiosamente sei tu la vincitrice.
Non hai idea di quante proposte mi sono arrivate nel giro di poche ore,
subito dopo la fine dello scontro. Sia per te che per Noriko.
Ovviamente, puoi avere più di uno sponsor, basta che nessuno
intralci gli affari dell’altro. Non ti starò ad
annoiare con tutti i loro nomi, ma sappi che uno di loro è
proprio l’uomo che siede al tuo fianco. -
Nemeria guardò Ehsan con tanto d’occhi.
- Non sono un uomo che ama maneggiare il vile denaro, ma sono rimasto
affascinato dalle tue fiamme. - le sollevò il mento e la
guardò da diverse angolazioni, - E poi amo le bellezze
esotiche. -
- Non sei obbligata a decidere oggi. Nei prossimi giorni
indirò un banchetto, così potrai conoscerli e
scegliere. Il migliore se l’è preso il dominatore
dell’acqua di Siamak, ma voi due avete ricevuto delle
proposte davvero interessanti. Oserei dire alquanto inaspettate. -
- Ci sarà anche Noriko? -
- Certo che sì. -
Nemeria annuì e appoggiò i semi sul bordo del
vassoio.
- Batuffolo? -
- Immaginavo che me lo avresti chiesto. Koosha ha acconsentito a
fartelo tenere. Morad e due suoi fidati hanno già apportato
le modifiche alla vostra stanza per renderla vivibile anche per il tuo
caracal. -
Ehsan si abbandonò a una mezza risata, controllata ma
sincera.
- Guardala: l’hai resa una bambina felice. -
- Batuffolo è già a Scuola, quindi? -
- Sì, è in camera che ti aspetta da stamattina. -
- Durga, invece? -
- Intendi la bambina che usava le bacche tanu? Brutta storia. Tara
dovrà dare un gran bel risarcimento alla Scuola, e
finché la sua gladiatrice non sarà di nuovo
pulita non sarà riammessa. Non ho la più pallida
idea di dove sia. -
- D'accordo. Ora posso andare? -
Tyrron guardò Ehsan: - Se tu non hai niente in
contrario… -
- Avremo altre occasioni per conoscerci meglio. Al banchetto ci
sarò anch'io. Ti rapirò e ti terrò
prigioniera finché non ti convincerò a prendermi
come sponsor. -
- Fai sempre così con le donne, Ehsan? - lo
interrogò divertito Tyrron.
- Solo con quelle che sono davvero interessanti. -
Nemeria si alzò e, dopo un rapido inchino, infilò
la porta tutta rossa in viso, orecchie comprese.
Quando giunse alla Scuola, corse subito in camera. Come se
l’avesse percepita avvicinarsi, Batuffolo le corse incontro e
le balzò addosso, attaccandosi con gli artigli alla casacca.
- Non hai idea di quanto tu mi sia mancato! - esclamò
contenta, si sedette sul materasso e gli scoccò un bacio
sulla testa, - Ha combinato qualche guaio? -
- Non più del solito. -
Noriko chiuse il libro che stava leggendo e si mise seduta. Il suo
letto era stato spostato un po’ più indietro per
fare posto a una lettiera e a tutta una serie di giocattoli che erano
già stati provati, compresa la tiragraffi. Si
appoggiò alla testiera, si sedette sul cuscino e
allungò la mano verso quella di Nemeria.
- Com’è il nuovo collare? -
- Più bello del precedente, ma molto più
contenitivo. - rispose e sfiorò le placche
d’oricalco impreziosite con minuziosi motivi floreali, -
Sayuri dice che è meglio così, dopo quello che
è successo. -
- Sì, ci hai spaventati. Ho avuto paura di averti persa per
sempre. -
- Non sarebbe potuto accadere. Almeno, non come pensi tu. - Nemeria
presse posto vicino a lei, - Abbiamo una discussione in sospeso,
ricordi? Adesso sono pronta. -
Le raccontò tutto, dalle esercitazioni con Fakhri
all’adozione da parte di Hediye, dall’Alta
Sacerdotessa all’attacco dei briganti, senza glissare su
nessun particolare. Mentre parlava, le sembrò che quella
vita appartenesse a qualcun altro, che fosse più materiale
da leggenda che la sua storia.
Quando terminò, Noriko la abbracciò. Il groppo
che Nemeria aveva in gola si sciolse in lacrime. Pianse
finché non le ebbe esaurite tutte, e solo allora
riuscì a trovare il coraggio di guardarla.
- Dormiamo assieme stanotte, ti va? - le propose Noriko.
- Non ce l'hai con me perché non te ne ho mai parlato? -
- No, e se non avessi visto quello che hai fatto in arena, non penso
che ti avrei creduta. - le diede un buffetto sulla guancia e le
regalò uno dei suoi sorrisi sinceri, - Adesso basta
piangere. -
Nemeria tirò su col naso e si asciugò le lacrime.
Un topolino dal pelo grigio e dagli occhi stranamente umani
squittì da dietro l’armadio. Batuffolo lo aveva
già fiutato e si stava preparando a balzare sulla sua preda,
quando Nemeria lo prese al volo e lo consegnò a Noriko.
- Devo, ehm, parlare con una persona. -
- Se ti stai riferendo alla mente di una persona dentro il corpo di un
topo, fa’ pure. Basta che non ti fai vedere in giro quando lo
fai. Anzi, vado a sgranchirmi le gambe. -
Nemeria le fece la linguaccia e attese che si fosse allontanata prima
di portare il topolino vicino al viso.
Come ti senti?
- Non lo so. Sapere la verità mi ha fatta stare meglio, ma
ha un suo peso. -
È la ragione per cui me ne sono andata. Una volta
appresa la Verità non si può più
dimenticare. Sapere che tutti i bambini potevano essere
uccisi… era un peso che non potevo
sopportare. Penserai che sono una codarda.
- No, non lo penso affatto. E poi, dopo essermi nascosta per mesi
dietro l’ombra di Noriko, non posso proprio giudicarti. -
Sono venuta a salutarti, comunque. Domani partiamo per
Gandhera.
- Non hai paura? Il predone è morto, ma potrebbero essercene
altri. -
Starò più attenta, ma non ho intenzione
di fermarmi. C’è ancora molto da vedere
là fuori, tante città che non ho mai visitato e
persone che non ho mai conosciuto. Se devo morire, almeno lo
farò da donna libera.
- Vorrei tanto che tu rimanessi qui. -
Lo so, ma il mio posto non è qui. E poi
non sarai sola.
- Non c’è alcuna possibilità di
incontrarci di nuovo? -
Quando torneremo, se sarai ancora qui, ti prometto che
verrò a trovarti. Sempre che tu abbia tempo per una vecchia
amica.
Nemeria ridacchiò: - Prometto di ritagliarmi uno spazio
piccolo piccolo solo per te. -
Prese il topolino e accostò la porta.
- Riesci a ritrovare la strada da sola? -
Questo topo conosce la Scuola fin nelle sue fondamenta. Non
mi posso proprio perdere.
Scese dalle sue mani e uscì in corridoio. A
quell’ora del pomeriggio erano tutti in refettorio a mangiare.
Nemeria, sappi che sei molto coraggiosa. Ti voglio bene.
Nemeria strinse la pietra di luna. Ormai lo faceva più per
abitudine che per vero bisogno. Anche se era fredda in quel momento, il
calore che si irradiava dal suo petto, il fuoco di Agni, non
l’abbandonava mai. Sebbene avesse perso il torneo, aveva
vinto contro la paura. Era quello il suo trofeo.
Anche io te ne voglio, Pavona.
Il topolino corse rasente al muro, ma si fermò poco prima di
svoltare l’angolo. Nemeria accennò un saluto con
la mano, poi Pavona si infilò in un buco e sparì.
Angolo Autrice:
Ebbene, questa è la fine. O meglio, la fine del primo libro.
Chi mi conosce sa che non scrivo mai delle storie autoconclusive. Ci
provo, davvero, ma non mi riesco mai. Quindi, cosa è
"Fighting Fire"? é il primo di quattro libro. Il prossimo
avrà come titolo "Whispering Wind" e, se tutto va bene, per
ottobre dovrei cominciare a metterlo online. Come avete visto, si sono
svelate molte cose, ma alcune non hanno trovato una risposta.
Tranquilli, non me ne sono dimenticata XD Ok, che ho una pessima
memoria, ma non fino a questo punto. Dunque, ora passiamo ai
ringraziamenti perché per scrivere questa storia ho avuto
bisogno di sostegno da davvero moltissime persone.
A Dany , detto anche
lo spammatore: Grazie per tutti
i consigli storici. Tutti dovrebbero avere una persona così
affidabile e disponibile al proprio fianco.
A Maddy , che si è
presa l'onore
di sorbirsi i miei deliri
notturni, compresi di ricerche assurde. Sei davvero preziosa.
A mia sorella, che mi ha sopportata e supportata anche in questa
avventura, facendomi sempre sapere cosa pensava di quello che scrivevo.
Grazie, per non avermi mai lasciata.
Al mio ragazzo, che è la mia musa ispiratrice.
A Giulia
, la mia beta, che si è sempre prodigata
perché le mie parole avessero una forma più che
accettabile. Grazie per avermi seguita anche in questa avventura.
A tutti i lettori, silenziosi e non, grazie, perché senza il
vostro supporto non saprei se avrei trovato la voglia di arrivare fino
in fondo. Spero che la storia vi sia piaciuta e che vi abbia
appassionati così come ha appassionato me che la scrivevo.
Sappiate che è anche grazie a voi che, a settembre, mentre
sarò al lavoro sul seguito, mi impegnerò anche
per fare in modo che venga pubblicata.
Ci si vede il 10 ottobre. Un bacio.
Hime.