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Autore: Cicciolgeiri    06/07/2009    5 recensioni
Vi siete mai chiesti come i piccoli maghi della “new generation” di Harry Potter abbiano scoperto i loro poteri magici? Ecco come hanno fatto secondo me: leggete e vedrete … Capitolo 1: Fred Weasley II Capitolo 2: Rose Weasley
PS Come al solito i commenti sono bene accetti!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Da quant’era esattamente che non si faceva una dormita degna di quel nome? George Weasley non lo sapeva con precisione: ventidue mesi, a occhio e croce, ossia da quando il piccolo e adorabile (e con adorabile si intende semplicemente pestifero) Fred Weasley II aveva aperto i suoi occhietti vispi sul mondo per la prima volta. Fred, nonostante avesse una carnagione piuttosto scura, aveva una zazzera di capelli rossi in testa, qualcosa che era parecchio simile ad un petardo esploso. Inoltre somigliava molto a suo padre e quindi anche a suo zio, del quale portava il nome.
<< Buon sangue non mente! >> aveva esclamato allegramente Arthur Weasley dopo che il nipotino gli aveva praticamente spalmato il formaggino sulla faccia. Ed era vero, accidenti! Era proprio vero! Quello non era un ragazzino, era una peste bubbonica! Una volta, George si era sorpreso a pensare a quanto avessero fatto passare lui e Fred senior ai loro genitori e, per un attimo, aveva provato una profonda compassione. Ma era stato solo un attimo.
In effetti, se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, allora George poteva stare tranquillo, perché, quando il piccolo Freddie sarebbe stato abbastanza grande, sarebbe potuto diventare un valido socio in affari e, non appena sarebbe arrivato il momento, le redini dei Tiri Vispi Weasley sarebbero sicuramente passate a lui.
George si rigirò nel letto con un’espressione soddisfatta sul volto: sì, con suo figlio poteva pure star sicuro che il negozio non sarebbe andato in malora. Freddie era il suo degno erede e che erede, per Merlino! Non vedeva l’ora che si rivelasse per ciò che era, sì, perché George lo sapeva che suo figlio era un mago, solo che ancora non aveva fatto nulla per dimostrarlo.
<< Probabilmente è solo un po’ pigro >> gli aveva detto un giorno Angelina, per tranquillizzarlo, << e, poi, dopotutto, ci sono maghi che non si rivelano fino agli undici anni! >>
George stava per risponderle che, se il figlio se la fosse presa comoda per quei prossimi undici anni, probabilmente lui non sarebbe sopravvissuto, ma Fred gli sputò in faccia la pappa che stava mangiando, così il discorso finì lì.
<< George? >> mormorò con la voce impastata dal sonno Angelina, sbattendogli una mano in faccia senza troppi complimenti (quella doveva essere la sua concezione di “dolce risveglio”), << George, il bimbo piange >> e George sapeva fin troppo bene che quella frase in realtà voleva dire: “George, smettila di ronfare e vai a controllare tuo figlio!”.
<< D’accordo, Angie, vado io >> biascicò, stiracchiandosi e sbadigliando un paio di volte. Sua moglie mormorò qualcosa che somigliava vagamente ad un “grazie”, poi si girò dalla parte opposta e riprese a dormire. George si scrollò di dosso le coperte e ciabattò di malavoglia fino alla camera del bambino, passandosi una mano tra i capelli rossi già scompigliati di loro. Non gli sembrava che Freddie stesse piangendo, anzi: rideva di gusto.
<< Si può sapere che ci trovi di tanto divertente? >> domandò, a metà tra il divertito e il seccato, affacciandosi sulla culla del bimbo. Che era vuota. Gli ci volle qualche secondo per assimilare quel concetto: vuota. Non appena si fu reso pienamente conto della situazione, iniziò a frugare scioccamente tra le copertine, sotto al cuscino … alzò persino il materasso, come se Freddie si potesse nascondere lì sotto.
<< Fred? >> lo chiamò, guardandosi attorno nel buio della stanza, << Dove cavolo ti sei cacciato? Giuro che se ti prendo io … >> ma, all’improvviso, udì una risatina infantile e qualcosa gli cadde sulla spalla: un qualcosa che lui, con suo grande rammarico, aveva imparato a conoscere fin troppo bene; pupù, come amava chiamarla Angelina. E, a giudicare dall’odore, doveva essere fresca fresca. In quell’istante, una bizzarra consapevolezza gli balenò in mente e sentì lo stomaco aggrovigliarsi (e non era solo per la puzza). Così, con cautela, sollevò lo sguardo verso il soffitto e lo vide: Fred rimbalzava allegramente sul soffitto, a testa in giù, con il contenuto del pannolino che colava giù inesorabilmente.
<< Per le mutande di Merlino! >> urlò George << Angelina! >> chiamò, riuscendo a schivare per un pelo una nuova scarica di pupù, mentre Fred rideva come un matto e si destreggiava in una serie di evoluzioni per aria.
<< Che c’è? Che è successo? >> chiese la donna spaventata, raggiungendolo in meno di un secondo.
<< Fred sta volando, guarda! >> spiegò lui al settimo cielo, indicando il soffitto. Angelina sollevò lo sguardo e gli occhi le si illuminarono: << Freddie, amore della mamma! >> cinguettò in falsetto, iniziando a saltellare sul posto per l’emozione. Il bambino per tutta risposta si abbarbicò al lampadario e le fece una pernacchia, per poi scoppiare a ridere.
<< Aspetta, Freddie, continua a volare: papà deve farti una foto! >> esclamò George correndo fuori dalla stanza alla velocità della luce, mentre Angelina era scoppiata a piangere: << Il mio bambino! >> ripeteva con orgoglio << Il mio piccolo Fred è un mago! >>
  
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