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Autore: Hypnotic Poison    25/06/2018    3 recensioni
A Thousand Worlds to Break Our Hearts: World Eight.
Si ritrovò a sbuffare di colpo quando la folla le si chiuse attorno di nuovo, ostacolandole completamente il passaggio. Dovette spingere e dare gomitate decise per poterla attraversare perpendicolarmente, già disperata per il sudore che sentiva formarsi sull’epidermide. Eppure c’era qualcosa. Le si fermò il fiato in gola mentre rallentava, troppo distratta in quel momento per pensare a compiere gli ultimi venti passi fino al marciapiede. Era quasi sicura di non conoscerlo, se lo sarebbe sicuramente ricordato.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A thousand worlds to break our hearts'
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The parade traveled on

With the sun in my eyes you were gone

But I knew even then

In a crowd of thousands, I’d find you again

 

 

 

 

Quasi inciampò sull'ultimo gradino delle scale dell'ingresso, tanta era la fretta con cui caracollò fuori di casa. Era incredibilmente in ritardo, come al solito, anche se si era ripromessa che almeno quel giorno si sarebbe impegnata a essere puntuale. Dopotutto, era stata sua l'idea di un rilassante bachelorette party a una delle SPA più in voga del momento, condito da champagne illimitato e una cena nel nuovo ristorante argentino che stava riempendo le pagine di critica con ottimi risultati. Non poteva certo arrivare in ritardo quando la prenotazione era ferma da mesi dopo aver contattato chiunque potesse fare entrare il loro gruppetto da sei persone e lasciando casuali riferimenti a nomi importanti, quando la fascia oraria per la degustazione di tè pregiati durante una mani-pedi rigenerativa era fissata al millisecondo, quando la sua migliore amica era una maniaca del controllo viziata e poco accomodante.

Decisamente, Corinne l'avrebbe uccisa se non avesse spaccato il secondo.

Ma ce l'avrebbe fatta, si disse mentre si chiudeva la porta alle spalle e inforcava contemporaneamente gli occhiali da sole, avrebbe corso il più veloce possibile attraverso il parco per prendere la scorciatoia fino alla stazione metro più vicina, l'abbonamento stretto in mano e la borsetta al petto, avrebbe preso il treno che partiva da lì a cinque minuti, avrebbe sputato anche l'ultimo alveolo dei polmoni ma sarebbe arrivata a venti isolati di distanza assolutamente puntuale.

Certo, tutto questo avrebbe funzionato se non avesse dimenticato il minuscolo, insignificante particolare della Dance Parade (*), che si stava svolgendo a cinque metri da lei proprio in quel momento.

Zoey si bloccò sulla soglia, la bocca aperta per lo stupore e il cuore che le scese nello stomaco.

Quali erano le possibilità, perché il destino era così crudele con lei per far sì che quella stupidissima parata si svolgesse proprio lo stesso giorno in cui le doveva svolgere le sue mansioni da perfetta damigella per la sua amica prima ballerina al New York City Ballet?

La sua fine era giunta.

Si guardò intorno, cercando di individuare un buchetto tra le transenne in cui infilarsi per attraversare la strada e tagliare per il parco. Non si ricordava l’ultima volta che aveva visto così tante persone sfilare lungo la sua strada. D’accordo, era abituata al delirio che quotidianamente era quella città, eppure lei era riuscita a trovare un delizioso bilocale in una zona semi-residenziale, quasi tranquilla, così gradevole… di tutti i giorni, davvero, proprio quello.

Prese un respiro, si strinse bene la borsetta sotto al braccio e scese i gradini, il calore della giornata che si moltiplicò non appena fu avvolta dalla folla festante.

« Permesso, scusate, perm- ahia! »

Si morse il labbro quando un gruppetto di ragazze fin troppo concitate la spostarono a suon di gomitate mentre lei cercava di andare in direzione opposta fino al passaggio che intravedeva tra i divisori. Borbottò qualche maledizione sottovoce e spinse con tutta la forza che aveva, evitando ventagli, foulard e perfino qualche paio d’ali che il pubblico aveva deciso di sfoggiare per l’occasione. Si appoggiò al metallo già caldo delle transenne come se fossero una boa di salvataggio e prese fiato, calcolando quanto spazio e tempo ci fossero tra un gruppo di ballerini di capoeira e il carro con un gruppo di danzatrici del ventre, così che potesse sgusciare velocemente eludendo anche il controllo dei poliziotti lì attorno. Fece un altro respiro, e si lanciò convinta, sicura che sarebbe potuta comunque arrivare in orario.

Non aveva notato, però, che quel carro fosse l’ultimo della parata, e che tutto il pubblico avesse deciso di confluirci dietro per continuare a seguirlo.

Si ritrovò a sbuffare di colpo quando la folla le si chiuse attorno di nuovo, ostacolandole completamente il passaggio. Dovette spingere e dare gomitate decise per poterla attraversare perpendicolarmente, già disperata per il sudore che sentiva formarsi sull’epidermide e rovinarle sicuramente il vestito. Sarebbe arrivata in condizioni disastrate, poteva già sentire la vocina irritata di Corinne che commentava acida la questione. Si piantò ben sicura sui talloni e si lanciò in avanti, adocchiando il marciapiede dell’altro lato, a così pochi metri da lei, scansò una coppietta che si agitava fin troppo fuori tempo e fece per saltare, irritata.

E poi lo vide.

Dall’altro lato della strada, a una decina di metri da lei, in volto un cipiglio decisamente nervoso di chi, come lei, non si aspettava tutto quel disastro, e il cellulare all’orecchio, tutto incorniciato da una matassa di capelli biondi. E lei non era una persona da biondi, eppure…

Eppure c’era qualcosa.

Le si fermò il fiato in gola mentre rallentava, troppo distratta in quel momento per pensare a compiere gli ultimi venti passi fino al marciapiede. Era quasi sicura di non conoscerlo, se lo sarebbe sicuramente ricordato. Tutto quello a cui riusciva a pensare era quanto fosse bello, anche se certamente arrabbiato e nervoso. Non seppe nemmeno perché le venne da ridere, mentre lo fissava digitare furioso sul cellulare e borbottare sottovoce, le labbra che si mossero rapide. Si chiese che sapore avrebbero avuto, sentendo le proprie pizzicare come se avessero già una risposta. Forse il calore di quel momento la stava rincretinendo del tutto, ma non si era mai ritrovata in una situazione simile. Non si era mai sentita così attirata da una persona, come se ci fosse una calamita che pian piano la invitava ad avvicinarsi con una morsa irresistibile. Non aveva mai creduto di conoscere qualcuno senza averlo mai visto in vita sua.

E poi, lui alzò lo sguardo e incrociò il suo.

Aveva visto occhi azzurri, nella vita, ma nessun paio le si era piantato così di forza come questi, studiandola incuriositi. Lei sorrise ancora, inciampando appena mentre la forza della folla continuava a spostarla in avanti, sempre più vicina. Lui corrugò appena la fronte, l’espressione che tese al divertito mentre con un cenno della testa sembrò chiederle se avesse bisogno di aiuto a districarsi dalle centinaia di persone. Lei si sentì arrossire, il cuore che le diede un battito convinto contro al petto, incapace di replicare quando lo vide tentare un passo verso di lei, anch’egli impedito dalla calca. Fece per aprire la bocca, quando il Sole uscì da dietro una nuvoletta, colpendola dritto negli occhi. Zoey scostò la testa di scatto e perse l’equilibrio, caracollando alla cieca in avanti e incespicando nel gradino del marciapiede, ringraziando il cielo di non finire a naso per terra. Si raddrizzò di scatto, sapendo di essere diventata viola melanzana, e si guardò veloce intorno.

Lui sembrava essere sparito, dissolto nella moltitudine di gente che ancora attraversava le strade. Girò un paio di volte su se stessa, inconsciamente assalita da una sensazione di spaesamento totale, ma non ritrovò più quella chioma dorata e gli occhi color cielo. Si morse un labbro indispettita e sbuffò piano, maledicendo la sua proverbiale goffaggine. Chissà chi era, si chiese tra sé e sé, chissà cosa ci faceva lì. New York era una metropoli troppo grande per poter sperare di rincontrarlo casualmente, però…

Il trillo improvviso del cellulare dentro la borsetta la fece sobbalzare, riportandola al presente. Lo prese di fretta mentre si rimetteva in moto, sospirando sollevata nel vedere che era solamente un messaggio di Bridget (**) che la informava di essere quasi arrivata a destinazione e domandandole dove fosse lei. Zoey lanciò un’occhiata all’orario in alto a destra, il sangue che le si gelò.

Era nei guai, ecco dov’era.

 

 

§§

 

 

Zoey si tirò su in una coda i capelli sudati, liberando il collo e sospirando per quella minima frescura che ottenne, mentre continuava a muoversi a ritmo di musica. Quand’era stata l’ultima volta che si erano ritrovate tutte e cinque in discoteca? Guardò divertita le sue amiche scatenarsi insieme a lei, Kikki ovviamente quella con più energia di tutte, Renée che tentava di tenere un profilo basso nonostante fosse solo suo il merito di essere riuscite a entrare in quel locale. Perfino Corinne, di solito così impettita, sembrava starsi divertendo genuina – o forse era perché, nuovamente, quella serata era tutta per lei.

« Vado a prendermi qualcosa da bere,» le gridò all’orecchio, « Vuoi qualcosa? »

La mora scosse la testa: « Non ti perdere! »

Zoey scrollò una mano come dirle di non preoccuparsi, e iniziò a spingere tra le persone sudate che affollavano la pista da ballo. Non era mai stata una fan di tutta quella calca, doveva ammetterlo, soprattutto ora che era più vicina ai trenta che ai venti, ma per qualche motivo quel posto sembrava più ordinato di altre discoteche in cui aveva passato i sabati sera della sua vita universitaria. Forse perché l’entrata costava 50 dollari e loro erano entrate gratis dalla porta sul retro passando per il privé grazie a qualche telefonata tattica di Renée.

Almeno i cocktail erano spettacolari, si ricordò mentre tirava un sospiro di sollievo e si appoggiava appena al bancone appiccicaticcio del bar, alzando appena un piede alla volta per cercare di trovare un attimo di liberazione dalla morsa dei tacchi. Ordinò un gin & tonic e si distrasse, nell’attesa, a guardarsi un po’ intorno (se proprio doveva essere onesta con se stessa, a volte le dispiaceva essere stata solidamente fidanzata per quasi tutti gli anni dell’università ed avere mancato un paio di occasioni di giovinezza di cui invece le sue amiche avevano sfruttato a pieno). Certo, era un po’ difficile concentrarsi con il buio e le luci intermittenti, e la musica che perforava i timpani, ma i suoi occhi si mossero da soli quasi con confidenza, cercando curiosi tra tutte le teste, là dietro appena sotto la zona privata…

Come diavolo era possibile??

Erano passate due settimane ma se lo ricordava ancora, ovviamente, con quei capelli biondi folti ma dannatamente in ordine e lo sguardo di chi avrebbe preferito non essere lì. Zoey sbatté le ciglia un paio di volte, giusto per essere sicura di non avere le allucinazioni – o di non essere già estremamente ubriaca dopo solo un bicchiere di vino a cena e un cocktail lì in discoteca – ma era certa che fosse proprio lui, chiunque lui fosse. Solo che questa volta, dal lato opposto di un locale gremito di gente, non sarebbe sicuramente riuscita ad attirare la sua attenzione.

Lo seguì con lo sguardo, interessata, incapace di muoversi, mentre ancora il suo cuore batteva un po’ più forte e lei veniva investita da una strana sensazione di déjà-vu. Lui stava sostando sull’ultimo gradino della zona privata, la stessa da cui lei era entrata e che avevano lasciato solamente perché Kikki aveva voluto “scatenarsi davvero”, e stava parlando con un ragazzo alto che le dava le spalle, anch’egli vagamente familiare. Non ci fece caso, però, troppo concentrata a scrutare i lineamenti marcati ma eleganti, i ciuffi dorati che gli ricadevano appena sugli occhi, a imprimerseli bene nella mente. Non poteva essere una coincidenza, ritrovarselo lì, così lontano e al tempo stesso così vicino. Chi diavolo poteva essere? Lui sorrise, e le venne naturale replicare il gesto, le guance che bruciarono appena, dandosi automaticamente della cretina, e poi luì scostò appena il viso, le iridi che viaggiarono verso di lei…

Il richiamo del barman, che le appoggiò il drink lì accanto, la fece sobbalzare. Si voltò per ringraziarlo e afferrare il bicchiere freddo, solo una frazione di secondo, ma quando girò di nuovo il viso, lui era già sparito. Ancora una volta.

Avvertì ancora quella noiosa sensazione di solitudine e spaesamento, rimase quasi a bocca aperta per la delusione. Com’era possibile svanire in quella maniera due volte? Prese un sorso per darsi coraggio liquido, rabbrividendo appena per il gelo che le attraversò la gola. Quanto ci avrebbe messo a navigare l’intera discoteca?

« Ah, ecco dov’eri finita, non tornavi più » la voce fin troppo allegra di Corinne la raggiunse all’improvviso, le sue quattro amiche che le si avvicinarono, « Sono le tre, direi che è ora di andare, domani pomeriggio devo essere a teatro. »

« Ma - » cercò di protestare fievolmente lei, guardandosi un’ultima volta attorno. Poi sospirò, e scosse la testa. « D’accordo, andiamo. Ti sei divertita? »

 

 

§§

 

 

Si era dimenticata che un evento in grande di Corinne voleva davvero dire in grande.

Zoey scivolò tranquilla e incredibilmente confortevole nel suo vestito da damigella tra i 300 e passa invitati che affollavano tranquilli il giardino in cui si sarebbe tenuto l’aperitivo mentre i novelli sposi si intrattenevano con il servizio fotografico. La cerimonia era stata deliziosa, ovviamente, breve ma incredibilmente romantica; avrebbe giurato di aver visto addirittura Corinne commuoversi, ma avrebbe aspettato che l’amica ingollasse qualche bicchiere di champagne prima di prenderla affettuosamente in giro per quello. Anche perché era sicura che ci stesse già pensando Drew a punzecchiarle ogni nervo scoperto, quel giorno più che mai.

Sorrise tra sé e sé e prese un sorso dal drink fruttato, aromatizzato da una goccia di alcol, che sapeva Corinne avesse fatto creare giusto per l’occasione, e si guardò in giro, cercando il suo gruppetto di amiche e damigelle con cui avrebbe condiviso il tavolo per la cena. Salutò un paio di facce conosciute e si incamminò verso la figura snella di Renée, che ovviamente stava chiacchierando tranquilla con un bel ragazzo che lei riconobbe come uno degli amici più stretti di Drew.

« Ciao. »

Lei si immobilizzò, la voce amichevole ma decisa che le fece vibrare i sensi, la pelle che si increspò appena e quella sensazione. Si voltò con calma, stupita, la lingua incollata al palato.

« Non volevo spaventarti, ma… mi sembra che ci siamo già visti, no? »

Zoey studiò rapita quel volto, finalmente così vicino, quegli occhi che sembravano parlarle. Non riuscì a evitare di arrossire: « Ehm… già, direi di sì. »

Lui si aprì in un sorriso svagato: « Finalmente ce l’abbiamo fatta, allora. »

Lei annuì, poi corrugò la fronte: « Magari sei uno stalker. »

Il ragazzo scoppiò in una risata genuina, scosse la testa: « Sono un invitato dello sposo, puoi trovare il mio nome sulla lista degli invitati. Sarebbe carino conoscere il tuo, rossa. »

« Zoey, » ribadì lei, punta sul vivo per quella cretinata che aveva detto senza pensarci – come al solito - «Vice damigella d’onore. »

Il biondino rise ancora ed estese la mano destra, scoccandole un’occhiata incuriosita: « Piacere, vice damigella. Io mi chiamo - »

« … Ryan, » finì lei, senza pensarci.

Lui sollevò un sopracciglio, divertito: « Come facevi a - ? »

Il naso di Zoey si tinse di rosso un’altra volta: « N-non lo so, » esclamò, « Forse l’ho sentito prima… »

Ryan la studiò ancora un secondo, gli occhi color del cielo che sembravano traversarla da parte a parte per la loro intensità, poi piegò appena la testa da una parte: « Direi che se c’è uno stalker, qua quello sei tu. »

«… non l’ho fatto apposta. »

« Sei un tipetto interessante, » (***) borbottò sotto voce, poi finì il suo bicchiere in un sorso e lo appoggiò a uno dei tavolini lì attorno, prima di sorriderle ancora, « Che dici, ti va di prendere qualcosa? »
Lei sentì il cuore vorticarle deciso nel petto, e annuì, con un sorriso contento.

« Almeno così so che non sparirai di nuovo tra la folla, ginger. »

 

 

 

 

 

 

 

(*) New York City Dance Parade

(**) Guida pratica ai nomi della versione americana (e francese, e greca, ecc ecc a quanto pare XD):

-       Ichigo = Zoey Hanson

-       Minto = Corina Bucksworth (libertà creativa di farla Corinne LOL In francese sarebbe Corina Dujardin De Montéclair, pensate voi xD)

-       Retasu = Bridget Verdant

-       Purin = Kikki Benjamin

-       Zakuro = Renée Roberts

Inoltre vi ricordo che Kisshu = Dren = andate a rivedervi The one with the wedding cakes, il discorso dei nomi è lo stesso (sono sempre io dopotutto :P )

(***) Credo che Ryo pronunci questa frase nel manga – tirerei a indovinare quello con Retasu in copertina ma non ne sono assolutamente certa LOL

 

 

 

§§

 

Buon pomeriggio fanciulle :D Sono stata molto brava, non credete? ;) Avrei potuto farvi aspettare molto di più per l’ultima OS, ma a) sto facendo le valigie + pulizie perché domani torno a casina, e avevo bisogno di un secondo di pausa, b) visto che ritorno in patria non avrò un attimo libero, soprattutto la prima settimana. E considerato che le vacanze si avvicino e ci distraiamo tutti… :3

Quindi? Che ne dite? Yuuko ha mandato Ichigo in un posto convincente o meno? Convinte, non convinte? Lieto fine o non lieto fine? ;) Io lo so che alcune di voi pensano che sia malefica, ma dopotutto non mi sembra che sia andata così male xD

L’ispirazione per la ff e la cit. che trovate all’inizio vengono da In A Crowd Of Thousand, canzone del musical di Anastasia che vi consiglio di ascoltare ;)

Fatemi sapere che ne pensate :D Un bacione a tutte e a presto!!

 

   
 
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