The parade traveled on
With the sun in my eyes you were gone
But I knew even then
In a crowd of thousands, I’d find you again
Quasi inciampò sull'ultimo
gradino delle scale dell'ingresso, tanta era la fretta con cui caracollò fuori
di casa. Era incredibilmente in ritardo, come al solito, anche se si era
ripromessa che almeno quel giorno si sarebbe impegnata a essere puntuale.
Dopotutto, era stata sua l'idea di un rilassante bachelorette party a una delle SPA più in voga del momento, condito da
champagne illimitato e una cena nel nuovo ristorante argentino che stava
riempendo le pagine di critica con ottimi risultati. Non poteva certo arrivare
in ritardo quando la prenotazione era ferma da mesi dopo aver contattato
chiunque potesse fare entrare il loro gruppetto da sei persone e lasciando
casuali riferimenti a nomi importanti, quando la fascia oraria per la
degustazione di tè pregiati durante una mani-pedi rigenerativa era fissata al
millisecondo, quando la sua migliore amica era una maniaca del controllo viziata
e poco accomodante.
Decisamente, Corinne
l'avrebbe uccisa se non avesse spaccato il secondo.
Ma ce l'avrebbe fatta, si
disse mentre si chiudeva la porta alle spalle e inforcava contemporaneamente
gli occhiali da sole, avrebbe corso il più veloce possibile attraverso il parco
per prendere la scorciatoia fino alla stazione metro più vicina, l'abbonamento
stretto in mano e la borsetta al petto, avrebbe preso il treno che partiva da
lì a cinque minuti, avrebbe sputato anche l'ultimo alveolo dei polmoni ma
sarebbe arrivata a venti isolati di distanza assolutamente puntuale.
Certo, tutto questo avrebbe
funzionato se non avesse dimenticato il minuscolo, insignificante particolare della Dance Parade (*), che si stava svolgendo a cinque metri
da lei proprio in quel momento.
Zoey si
bloccò sulla soglia, la bocca aperta per lo stupore e il cuore che le scese
nello stomaco.
Quali erano le possibilità, perché il destino era così crudele con
lei per far sì che quella stupidissima parata si svolgesse proprio lo stesso
giorno in cui le doveva svolgere le sue mansioni da perfetta damigella per la
sua amica prima ballerina al New York City Ballet?
La sua fine era giunta.
Si guardò intorno, cercando
di individuare un buchetto tra le transenne in cui infilarsi per attraversare
la strada e tagliare per il parco. Non si ricordava l’ultima volta che aveva
visto così tante persone sfilare lungo la sua strada. D’accordo, era abituata
al delirio che quotidianamente era quella città, eppure lei era riuscita a
trovare un delizioso bilocale in una zona semi-residenziale, quasi tranquilla,
così gradevole… di tutti i giorni, davvero, proprio quello.
Prese un respiro, si strinse
bene la borsetta sotto al braccio e scese i gradini, il calore della giornata
che si moltiplicò non appena fu avvolta dalla folla festante.
« Permesso, scusate, perm- ahia! »
Si morse il labbro quando un
gruppetto di ragazze fin troppo concitate la spostarono a suon di gomitate
mentre lei cercava di andare in direzione opposta fino al passaggio che intravedeva
tra i divisori. Borbottò qualche maledizione sottovoce e spinse con tutta la
forza che aveva, evitando ventagli, foulard e perfino qualche paio d’ali che il
pubblico aveva deciso di sfoggiare per l’occasione. Si appoggiò al metallo già
caldo delle transenne come se fossero una boa di salvataggio e prese fiato,
calcolando quanto spazio e tempo ci fossero tra un gruppo di ballerini di capoeira e il carro con un gruppo di
danzatrici del ventre, così che potesse sgusciare velocemente eludendo anche il
controllo dei poliziotti lì attorno. Fece un altro respiro, e si lanciò
convinta, sicura che sarebbe potuta comunque arrivare in orario.
Non aveva notato, però, che
quel carro fosse l’ultimo della parata, e che tutto il pubblico avesse deciso
di confluirci dietro per continuare a seguirlo.
Si ritrovò a sbuffare di
colpo quando la folla le si chiuse attorno di nuovo, ostacolandole
completamente il passaggio. Dovette spingere e dare gomitate decise per poterla
attraversare perpendicolarmente, già disperata per il sudore che sentiva
formarsi sull’epidermide e rovinarle sicuramente il vestito. Sarebbe arrivata
in condizioni disastrate, poteva già sentire la vocina irritata di Corinne che
commentava acida la questione. Si piantò ben sicura sui talloni e si lanciò in
avanti, adocchiando il marciapiede dell’altro lato, a così pochi metri da lei, scansò
una coppietta che si agitava fin troppo fuori tempo e fece per saltare,
irritata.
E poi lo vide.
Dall’altro lato della
strada, a una decina di metri da lei, in volto un cipiglio decisamente nervoso
di chi, come lei, non si aspettava tutto quel disastro, e il cellulare
all’orecchio, tutto incorniciato da una matassa di capelli biondi. E lei non
era una persona da biondi, eppure…
Eppure c’era qualcosa.
Le si fermò il fiato in gola
mentre rallentava, troppo distratta in quel momento per pensare a compiere gli
ultimi venti passi fino al marciapiede. Era quasi sicura di non conoscerlo, se
lo sarebbe sicuramente ricordato. Tutto quello a cui riusciva a pensare era
quanto fosse bello, anche se certamente arrabbiato e nervoso. Non seppe nemmeno
perché le venne da ridere, mentre lo fissava digitare furioso sul cellulare e
borbottare sottovoce, le labbra che si mossero rapide. Si chiese che sapore
avrebbero avuto, sentendo le proprie pizzicare come se avessero già una
risposta. Forse il calore di quel momento la stava rincretinendo del tutto, ma
non si era mai ritrovata in una situazione simile. Non si era mai sentita così
attirata da una persona, come se ci fosse una calamita che pian piano la
invitava ad avvicinarsi con una morsa irresistibile. Non aveva mai creduto di
conoscere qualcuno senza averlo mai visto in vita sua.
E poi, lui alzò lo sguardo e
incrociò il suo.
Aveva visto occhi azzurri,
nella vita, ma nessun paio le si era piantato così di forza come questi,
studiandola incuriositi. Lei sorrise ancora, inciampando appena mentre la forza
della folla continuava a spostarla in avanti, sempre più vicina. Lui corrugò
appena la fronte, l’espressione che tese al divertito mentre con un cenno della
testa sembrò chiederle se avesse bisogno di aiuto a districarsi dalle centinaia
di persone. Lei si sentì arrossire, il cuore che le diede un battito convinto
contro al petto, incapace di replicare quando lo vide tentare un passo verso di
lei, anch’egli impedito dalla calca. Fece per aprire la bocca, quando il Sole
uscì da dietro una nuvoletta, colpendola dritto negli occhi. Zoey scostò la testa di scatto e perse l’equilibrio,
caracollando alla cieca in avanti e incespicando nel gradino del marciapiede,
ringraziando il cielo di non finire a naso per terra. Si raddrizzò di scatto,
sapendo di essere diventata viola melanzana, e si guardò veloce intorno.
Lui sembrava essere sparito,
dissolto nella moltitudine di gente che ancora attraversava le strade. Girò un
paio di volte su se stessa, inconsciamente assalita da
una sensazione di spaesamento totale, ma non ritrovò più quella chioma dorata e
gli occhi color cielo. Si morse un labbro indispettita e sbuffò piano,
maledicendo la sua proverbiale goffaggine. Chissà chi era, si chiese tra sé e
sé, chissà cosa ci faceva lì. New York era una metropoli troppo grande per
poter sperare di rincontrarlo casualmente, però…
Il trillo improvviso del
cellulare dentro la borsetta la fece sobbalzare, riportandola al presente. Lo
prese di fretta mentre si rimetteva in moto, sospirando sollevata nel vedere
che era solamente un messaggio di Bridget (**)
che la informava di essere quasi arrivata a destinazione e domandandole dove
fosse lei. Zoey lanciò un’occhiata all’orario in alto
a destra, il sangue che le si gelò.
Era nei guai, ecco dov’era.
§§
Zoey si
tirò su in una coda i capelli sudati, liberando il collo e sospirando per
quella minima frescura che ottenne, mentre continuava a muoversi a ritmo di
musica. Quand’era stata l’ultima volta che si erano ritrovate tutte e cinque in
discoteca? Guardò divertita le sue amiche scatenarsi insieme a lei, Kikki ovviamente quella con più energia di tutte, Renée che tentava di tenere un profilo basso nonostante
fosse solo suo il merito di essere riuscite a entrare in quel locale. Perfino
Corinne, di solito così impettita, sembrava starsi divertendo genuina – o forse
era perché, nuovamente, quella serata era tutta per lei.
«
Vado a prendermi qualcosa da bere,» le gridò all’orecchio, « Vuoi
qualcosa? »
La mora scosse la testa: « Non ti perdere! »
Zoey
scrollò una mano come dirle di non preoccuparsi, e iniziò a spingere tra le
persone sudate che affollavano la pista da ballo. Non era mai stata una fan di
tutta quella calca, doveva ammetterlo, soprattutto ora che era più vicina ai
trenta che ai venti, ma per qualche motivo quel posto sembrava più ordinato di altre discoteche in cui
aveva passato i sabati sera della sua vita universitaria. Forse perché
l’entrata costava 50 dollari e loro erano entrate gratis dalla porta sul retro passando per il privé
grazie a qualche telefonata tattica di Renée.
Almeno i cocktail erano
spettacolari, si ricordò mentre tirava un sospiro di sollievo e si appoggiava
appena al bancone appiccicaticcio del bar, alzando appena un piede alla volta
per cercare di trovare un attimo di liberazione dalla morsa dei tacchi. Ordinò
un gin & tonic
e si distrasse, nell’attesa, a guardarsi un po’ intorno (se proprio doveva
essere onesta con se stessa, a volte le dispiaceva
essere stata solidamente fidanzata per quasi tutti gli anni dell’università ed
avere mancato un paio di occasioni di giovinezza di cui invece le sue amiche
avevano sfruttato a pieno). Certo, era un po’ difficile concentrarsi con il
buio e le luci intermittenti, e la musica che perforava i timpani, ma i suoi
occhi si mossero da soli quasi con confidenza, cercando curiosi tra tutte le
teste, là dietro appena sotto la zona privata…
Come diavolo era possibile??
Erano passate due settimane
ma se lo ricordava ancora, ovviamente, con quei capelli biondi folti ma
dannatamente in ordine e lo sguardo di chi avrebbe preferito non essere lì. Zoey sbatté le ciglia un paio di volte, giusto per essere
sicura di non avere le allucinazioni – o di non essere già estremamente ubriaca
dopo solo un bicchiere di vino a cena e un cocktail lì in discoteca – ma era
certa che fosse proprio lui, chiunque
lui fosse. Solo che questa volta, dal
lato opposto di un locale gremito di gente, non sarebbe sicuramente riuscita ad
attirare la sua attenzione.
Lo seguì con lo sguardo,
interessata, incapace di muoversi, mentre ancora il suo cuore batteva un po’
più forte e lei veniva investita da una strana sensazione di déjà-vu. Lui stava
sostando sull’ultimo gradino della zona privata, la stessa da cui lei era
entrata e che avevano lasciato solamente perché Kikki
aveva voluto “scatenarsi davvero”, e stava parlando con un ragazzo alto che le
dava le spalle, anch’egli vagamente familiare. Non ci fece caso, però, troppo
concentrata a scrutare i lineamenti marcati ma eleganti, i ciuffi dorati che
gli ricadevano appena sugli occhi, a imprimerseli bene nella mente. Non poteva
essere una coincidenza, ritrovarselo lì, così lontano e al tempo stesso così
vicino. Chi diavolo poteva essere? Lui sorrise, e le venne naturale replicare
il gesto, le guance che bruciarono appena, dandosi automaticamente della
cretina, e poi luì scostò appena il viso, le iridi che viaggiarono verso di
lei…
Il richiamo del barman, che
le appoggiò il drink lì accanto, la fece sobbalzare. Si voltò per ringraziarlo
e afferrare il bicchiere freddo, solo una frazione di secondo, ma quando girò
di nuovo il viso, lui era già sparito. Ancora una volta.
Avvertì ancora quella noiosa
sensazione di solitudine e spaesamento, rimase quasi a bocca aperta per la
delusione. Com’era possibile svanire in quella maniera due volte? Prese un
sorso per darsi coraggio liquido, rabbrividendo appena per il gelo che le
attraversò la gola. Quanto ci avrebbe messo a navigare l’intera discoteca?
« Ah, ecco
dov’eri finita, non tornavi più » la voce fin troppo allegra di Corinne la
raggiunse all’improvviso, le sue quattro amiche che le si avvicinarono, « Sono
le tre, direi che è ora di andare, domani pomeriggio devo essere a teatro. »
« Ma - »
cercò di protestare fievolmente lei, guardandosi un’ultima volta attorno. Poi
sospirò, e scosse la testa. « D’accordo, andiamo. Ti
sei divertita? »
§§
Si era dimenticata che un
evento in grande di Corinne voleva
davvero dire in grande.
Zoey
scivolò tranquilla e incredibilmente confortevole nel suo vestito da damigella
tra i 300 e passa invitati che affollavano tranquilli il giardino in cui si
sarebbe tenuto l’aperitivo mentre i novelli sposi si intrattenevano con il
servizio fotografico. La cerimonia era stata deliziosa, ovviamente, breve ma
incredibilmente romantica; avrebbe giurato di aver visto addirittura Corinne
commuoversi, ma avrebbe aspettato che l’amica ingollasse qualche bicchiere di
champagne prima di prenderla affettuosamente in giro per quello. Anche perché
era sicura che ci stesse già pensando Drew a punzecchiarle ogni nervo scoperto,
quel giorno più che mai.
Sorrise tra sé e sé e prese
un sorso dal drink fruttato, aromatizzato da una goccia di alcol, che sapeva
Corinne avesse fatto creare giusto per l’occasione, e si guardò in giro,
cercando il suo gruppetto di amiche e damigelle con cui avrebbe condiviso il
tavolo per la cena. Salutò un paio di facce conosciute e si incamminò verso la
figura snella di Renée, che ovviamente stava
chiacchierando tranquilla con un bel ragazzo che lei riconobbe come uno degli
amici più stretti di Drew.
«
Ciao. »
Lei si immobilizzò, la voce
amichevole ma decisa che le fece vibrare i sensi, la pelle che si increspò
appena e quella sensazione. Si voltò
con calma, stupita, la lingua incollata al palato.
«
Non volevo spaventarti, ma… mi sembra che ci siamo già visti, no? »
Zoey
studiò rapita quel volto, finalmente così vicino, quegli occhi che sembravano parlarle. Non riuscì a evitare di
arrossire: « Ehm… già, direi di sì. »
Lui si aprì in un sorriso
svagato: « Finalmente ce l’abbiamo fatta, allora. »
Lei annuì, poi corrugò la
fronte: « Magari sei uno stalker. »
Il ragazzo scoppiò in una
risata genuina, scosse la testa: « Sono un invitato
dello sposo, puoi trovare il mio nome sulla lista degli invitati. Sarebbe
carino conoscere il tuo, rossa. »
« Zoey, » ribadì lei, punta sul vivo per
quella cretinata che aveva detto senza pensarci – come al solito - «Vice
damigella d’onore. »
Il biondino rise ancora ed
estese la mano destra, scoccandole un’occhiata incuriosita: «
Piacere, vice damigella. Io mi chiamo - »
« …
Ryan, » finì lei, senza pensarci.
Lui sollevò un sopracciglio,
divertito: « Come facevi a - ? »
Il naso di Zoey
si tinse di rosso un’altra volta: « N-non lo so, »
esclamò, « Forse l’ho sentito prima… »
Ryan la studiò ancora un secondo, gli
occhi color del cielo che sembravano traversarla da parte a parte per la loro
intensità, poi piegò appena la testa da una parte: « Direi
che se c’è uno stalker, qua quello sei tu. »
«… non
l’ho fatto apposta. »
« Sei un tipetto
interessante, » (***) borbottò sotto voce, poi finì il suo bicchiere
in un sorso e lo appoggiò a uno dei tavolini lì attorno, prima di sorriderle
ancora, « Che dici, ti va di prendere qualcosa? »
Lei sentì il cuore vorticarle deciso nel petto, e annuì, con un sorriso
contento.
« Almeno così so che non
sparirai di nuovo tra la folla, ginger.
»
(*) New York City Dance Parade
(**) Guida pratica ai nomi della
versione americana (e francese, e greca, ecc ecc a quanto pare XD):
-
Ichigo = Zoey
Hanson
-
Minto = Corina Bucksworth
(libertà creativa di farla Corinne LOL In francese sarebbe Corina Dujardin De Montéclair, pensate
voi xD)
-
Retasu = Bridget
Verdant
-
Purin = Kikki
Benjamin
-
Zakuro = Renée
Roberts
Inoltre
vi ricordo che Kisshu = Dren
= andate a rivedervi The one with the
wedding cakes, il discorso dei nomi è lo stesso (sono sempre io dopotutto :P )
(***)
Credo che Ryo pronunci
questa frase nel manga – tirerei a indovinare quello con Retasu in copertina ma
non ne sono assolutamente certa LOL
§§
Buon pomeriggio fanciulle :D Sono stata molto brava, non credete? ;) Avrei
potuto farvi aspettare molto di più per l’ultima OS, ma a) sto facendo le
valigie + pulizie perché domani torno a casina, e avevo bisogno di un secondo
di pausa, b) visto che ritorno in patria non avrò un attimo libero, soprattutto
la prima settimana. E considerato che le vacanze si
avvicino e ci distraiamo tutti… :3
Quindi? Che ne dite? Yuuko ha mandato Ichigo in un posto convincente o meno? Convinte,
non convinte? Lieto fine o non lieto fine? ;) Io lo so che alcune di voi
pensano che sia malefica, ma dopotutto non mi sembra che sia andata così male xD
L’ispirazione per la ff e la cit. che trovate all’inizio vengono da In A Crowd
Of Thousand, canzone del musical
di Anastasia che vi consiglio di ascoltare ;)
Fatemi sapere che ne pensate :D Un bacione a tutte e a presto!!