Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Rexmin    25/06/2018    0 recensioni
Dal secondo capitolo:
Ho teso la corda, con la freccia verso l'alto, la punta di ferro che scintillava al sole. Sam mi aveva detto come calcolare l'angolazione in base alla distanza. Ho ripensato al mio primo tiro, mezzo anno prima, quando avevo visto la freccia fare centro prima di averla tirata. Dovevo aver visto nel futuro, come diceva Cylia. Ci ho provato di nuovo. Era la terza volta quel giorno. Ho visto la freccia volare. Le ho quasi imposto di fare centro, come quando stai sognado e ti accorgi che è un sogno, e controlli gli eventi.
'Devo crearmi il mio futuro' ho pensato.

-
(La storia è ambientata prima della serie di Percy Jackson, prima che nasca Talia. Quindi non comparirà nessuno dei personaggi della serie, se non Chirone, gli dei e altri personaggi così)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi ricordo ancora quando ho provato per la prima volta a tirare con l'arco. Ero ad un evento con mia papà, e c'erano diverse attività da fare, ma appena ho visto il tiro con l'arco ci sono subito corsa; non avevo mai provato ma mi aveva sempre affascinato. Mio padre mi ha seguito sorridendo. “Dai papà, sbrigati! Voglio provare a fare un tiro!”

Quando è arrivato ha cercato con lo sguardo chi gestiva l'attività, per potermi prendere un arco, quando ha visto un uomo di circa la sua età che aiutava un ragazzo a tirare. Mio papà ha subito fatto un largo sorriso e gli è andato incontro.

“Hey, Sam! Ciao!” lo ha chiamato.

“Buck! Quanto tempo!”

Si sono abbracciati dandosi pacche sulle spalle, come vecchi amici. Io li guardavo lì accanto. Non avevo mai visto questo Sam, ma pareva che mio papà lo conoscesse bene.

“Non ci vediamo da quando stavamo al campo!” ha detto mio papà dopo

l'abbraccio. “Pensavo t'avesse preso qualche mostro!”

“Na, sono ancora intero... e stesso vale per te vedo!”

“Emh, vi conoscete?” ho chiesto io un po' riluttante. Di cosa stavano parlando? Mostro? Perchè mai lui o mio padre sarebbero dovuti essere presi da un mostro?

Quando si accorsero della mia presenza interruppero la loro conversazione.

“Ah, emh, si, eravamo buoni amici da ragazzi...” mi ha risposto mio padre.

“È tua figlia?” ha chiesto Sam a mio papà.

“Si, Shara, ha 13 anni” gli ha risposto lui con un gran sorriso.

“Ma... non dovrebbe andare al campo?” gli ha chiesto Sam abbasando la voce.

“Si, ma fin'ora ce la siamo cavata, quindi fin quando posso la voglio tenere con me...” ha risposto lui a voce ancora più bassa.

“Di cosa parlate?” ho chiesto io. Era evidente che non mi volevano nella conversazione, ma parlavano di me!

“No, niente, Shara, lascia stare... Volevi fare un tiro invece?”

“Si!” almeno eravamo ritornati al tema principale.

“Segiumi allora!” mi ha detto Sam. “Qua, prendi un arco e una freccia e ti faccio vedere come si fa”.

Gli archi erano alcuni in legno, e sembravano fatti a mano, altri erano del tipo che si trovano nei negozi sportivi, e lo stesso valeva per le frecce. Io ho preso arco e freccia di legno, mi piacevano di più.

Sono andata con Sam fino a devanti uno dei bersagli, e mi ha fatto vedere come tenere l'arco e tendere la freccia. In realtà lo sapevo già, ma non perché avevo visto film dove tiravano e quindi ricordavo la posizione, ma letteralmente, appena ho avuto l'arco in mano mi è venuto naturale metterlo nella posizione giusta.

Ho teso la corda. Era una bellissima senzazione, la freccia dritta verso il centro del bersaglio, il legno dell'arco arcuato per la forza con cui tenevo la corda. Ho mantenuto la posizione per un po'. Sam mi guardava accanto a me. Mi stavano cominciando a fare male le dita, ma ho mantenuto la presa sulla corda e la freccia. 'La freccia farà centro' ho pensato. 'Lo attraverserà tutto'. Ho immaginato esattamente cosa sarebbe successo. E poi ho lasciato la freccia.

Ha bucato il centro, strappando la carta. Il rumore era bellisimo.

Ho guardato la mia opera orgogliosa, ma anche un po' stupita. La freccia aveva attraversato tutta la balla di paglia dove era fissato il bersaglio e spuntava dall'altra parte. Come avevo fatto non lo sapevo, era successo esattamente quello che avevo immaginato un attimo prima di scoccare la freccia. Sam la guardava a bocca aperta, e poi ha guardato me e mi ha sorriso.

“Uao! Gran bel tiro! È il tuo primo?”

“Si...”

“Si può dire che un buon inizio! Anzi, un inizio fantastico!”

Mi sentivo lusingata, però era vero: non avevo mai tenuto un arco in mano e avevo fatto un centro perfetto.

Sam si è voltato a guardare mio padre. “Davvero non ha mai tenuto un arco in mano?”

“No, non l'ho ancora...” si è interrotto vedendo che stavo ascoltando.

Io sono andata a riprendere la freccia. Volevo ascoltare cosa si dicevano, ma con me davanti non avrebbero fiatato. Mentre camminavo ho teso l'orecchio, anche se sussuravano li sentivo. Ho un buon udito, io.

“Ha una mira pazzesca!” ha detto Sam “Potrebbe essere una mia sorella, voglio dire...”

“È figlia mia” lo ha interrotto mio papà, sembrava un pò a disagio. “piuttosto, cosa fai qui?”

“Faccio l'insegnante di tiro con l'arco per ragazzi, non vedi?” ha risposto semplicemente Sam. “Ogni tanto viene qualche brutto muso, ma un paio di frecce e via. Tu invece hai messo su famiglia come vedo...?”

“Si, mi sono sposato con una mortale ma ha il dono della vista, quindi... stiamo bene insime. Viviamo in campagna fuori città insieme a Shara, e faccio l'aggiustatutto...”

“Ovviamente!” ha ridacchiato Sam.

“Non che il tuo lavoro sia meno ovvio!” ha scherzato di rimando mio papà.

“Meglio fare qualcosa in cui sei bravo, no?”

“Si, hai ragione... comunque ogni tanto arrivava qualche mostro, ma niente di troppo potente. Ora invece credo che stiano fiutando anche Shara e vengono più numerosi”

“Devi portarla al campo, deve imparare a difendersi!” Sam sembrava un pò allarmato.

“Ma è così lontano... ancora mi devo convincere, lasciami tempo...” mio papà invece sembrava abbattuto. Poi s'illuminò: “E se tu le dassi lezioni di tiro con l'arco? Hai visto che è brava, sarebbe l'arma ideale anche se andasse al campo!”

L'idea di fare tiro con l'arco come vere e proprie lezioni mi piaceva, ma non capivo perché. Mi dovevo difendere da cosa? Tutto ciò non aveva senso. Primo, Sam diceva che potevo essere sua sorella; come sarebbe mai potuto essere possibile? Poi mio padre definiva mia mamma 'una mortale'; cosa ci sarebbe di inusuale? Poi ancora con questi mostri... I mostri non esistono. E infine questo campo di cui avevano parlato prima, dove avrei dovuto avere un arma...

“Si, potrebbe essere un idea” stava dicendo Sam. “La puoi portare da me, ho un posto fuori città dove vengono alcuni ragazzi per I corsi, e li può seguire anche lei”

A questo punto mi sono avvicinata per entrare nel discorso, non stavano più parlando di cose strane.

“Oh, Shara, stavamo pensando, ti andrebbe di fare tiro con l'arco con Sam? Come sport?” mi ha chiesto mio papà come niente fosse.

“Si, certo!” gli ho risposto innocente. Nel frattempo pensavo che questo tiro con l'arco sarebbe servito a difendermi da qualcosa a quanto pareva. Ma non ho detto niente.

Mio papà ha preso l'indirizzo del luogo dove Sam teneva le lezioni e si sono scambiati il numero di telefono.

 

Da allora andavo una volta a settimana ad esercitarmi con l'arco, e nel frattempo facevo anche allenamento in generale, e sono passati sei mesi così. Facevo progressi a vista d'occhio, dopo un paio di mesi tiravo da 50 metri di distanza facendo fare un ampio arco alla freccia, ed era molto raro che sbagliassi un tiro. A quel punto mio papà ha costruito dei bersagli mobili (è molto bravo a costruire le cose) così dovevo anche calcolare dove sarebbe stato il bersaglio nel momento che la freccia lo avesse raggiunto. Per un po' è stato difficile, ma presto mi sono abituata. Maggiorparte degli altri ragazzi che seguivano il corso non riuscivano nemmeno a centrare da 20 metri, e mi guardavano come se fossi la dea degli arceri o qualcosa del genere.

Mi sono costruita il mio arco da sola, con la guida di Sam, e così me lo portavo a casa quando tornavo dalle lezioni. Vivendo in campagna mi allenavo anche a casa con un bersaglio improvvisato, oppure prendevo di mira I nodi nei tronchi degli alberi.

A forza di tendere la corda e tenere la freccia mi erano venuti I calli sull'indice e medio della mano destra e sul dorso del pollice sinistro, dove striscia la freccia quando viene tirata. Così mi sono creata dei guanti da arciere, progettandomeli da sola in base a dove mi serviva coprirmi le mani. Quando I calli mi erano venuti all'inizio delle lezioni mi sono sentita orgogliosa, perché era un frutto del mio lavoro. Non c'era nient'altro a cui mi potesse servire questa attività tranne che insegnarla ad altri come faceva Sam.

O per difendermi.

Questa cosa mi tormentava: altre volte avevo sentito mio papà discuterne con Sam quando veniva a prendermi dalla lezione. E a volte anche con mia mamma; di mostri che mi cercavano, che cercavano mio papà. E io dovevo imparare a difendermi. Stavo cominciando a spaventarmi un po', anche se sapevo che non esistevano I mostri. Al massimo degli animali selvaggi e spaventosi, quelli esistono, ma non sono mostri. Ma allenarmi con l'arco mi rassicurava. Pensavo 'Se esistono veramente questi mostri, almeno posso proteggermi' e quando miravo un bersaglio in movimento immaginavo che fosse uno di questi mostri.

Apparte le mie strane preoccupazioni la mia vita era abbstanza normale. Andavo a scuola, avevo un paio di amici, andavo a pattinare e stavo a casa con I miei genitori.

Il pattinaggio è stato una delle mie passioni fin da piccola: avevo iniziato a pattinare in contemporanea con quando avevo iniziato ad andare a scuola, cioè a sette anni, perché una delle altre bambine, Cylia, pattinava e volevo provare anche io. Da allora pattinavo un po' per I fatti miei un po' con un istruttrice, ed ero abbastanza brava. Avevo sviluppato un senso dell'equilibrio fortissimo, così che non cadevo quasi mai. Spesso pattinavo insieme a Cylia, e siamo diventate migliori amiche.

Lei era molto simpatica e divertente, ma allo stesso tempo mi ammirava e invidiava. Non le do torto: in poco tempo ero diventata più brava di lei a pattinare, ero molto brava in maggiorparte delle materie scolastiche, al contrario di lei, e I miei genitori erano I migliori che si possano avere: mio padre era sempre disponibile anche se lavorava e mi insegnava un sacco di cose, che spesso imparavamo insieme; mia madre mi voleva bene e lasciava che io e mio papà facessimo I nostri esperimenti.

I genitori di Cylia invece facevano di tutto per lei ma senza un vero affetto: suo padre era sempre fuori per lavoro e quelle poche volte che tornava le portava quel tipo di cose costosissime ma che non servono a nulla se non a vantarsene con gli amici; sua madre la accontentava su tutto ma solo per poter avere il suo tempo di andare fuori con le sue amiche.

Almeno era grazie a loro che ci eravamo conosciute: andavamo in una scuola privata, lei perché essendo abbastanza riccha, la scuola privata era un po' un lusso, e io perché... bè, mio padre diceva che era la scuola migliore per me. Le cose che c'erano di diverso dalle altre scuole erano che per le materie principali, come matemtica, storia, geografia, grammatica, si hai un solo maestro per tutti gli anni, e nelle altre materie, come le lingue straniere, si hanno diversi maestri; le materie principali vengono insegnate in periodi di un mese circa, e il percorso scolastico è più calmo, per esempio in prima classe si impara a scrivere solo in stampatello maiuscolo, in seconda in stampatello minuscolo e in terza in corsivo. In ogni caso mio padre diceva che non stavamo imparando niente di meno dei bambini delle altre scuole, perché noi facevamo altre attività come l'arte, il lavoro manuale e attività specifiche in base in quale classe eravamo.

Mi ricordo che in quinta classe, quando abbiamo studiato la mitologia greca, la nostra maestra ci ha fatto scrivere in greco: nessuno dei miei compagni ha avuto troppe difficoltà a cambiare le nostre lettere in lettere greche, mai io in particolare mi sono sbizzarrita: in men che non si dica avevo memorizzato tutte le lettere e ho scritto un sacco di cose, non so come, tanto che la maestra non è riuscita a capire niente, neanche decifrando le scritte lettera per lettera. Inizialmente ha pensato che avessi messo lettere a caso, ma poi ha capito che dovevo aver scritto anche le parole in greco.

Quando lo ha saputo mio padre è stato molto felice e mi ha detto che anche lui aveva studiato il greco, così me lo ha insegnato più accuratamente. Anche se non so come lo conoscevo già. In ogni caso abbiamo passato qualche mese a parlarci in greco, con mia madre che rideva ogni volta che parlavamo anche con lei senza accorgerci che stavamo ancora parlando nella lingua morta.

Comunque, era probabilmente grazie a questa scuola che Cylia non era una bambina viziata, ma solo una bambina che odiava il suo mondo. E io l'ho accolta felicemente nel mio mondo, così che eravamo migliori amiche. Molto spesso ero partecipe alle sue avventure, ma ancora più spesso lei era partecipe delle mie.

Dico che avevo una vita normale. Ma non lo era poi così tanto.

-------------------------------

Angolo dell'autrice: Buongiorno, buonasera. Questa è la mia prima fanfiction, quindi scusate se la storia non è sensata o appropriata... Recensioni con eventuali consigli sarebbero bene accettate. In ogni caso questo è solo il primo capitolo, e ancora non è successo molto. Spero di poter aggiornare presto.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Rexmin