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Autore: Doux_Ange    26/06/2018    0 recensioni
Partendo dal titolo con una citazione del nostro Capitano in 'Scegli me!', una serie di one-shot per raccontare come, in molte puntate, la storia tra Anna e Marco sarebbe potuta andare diversamente.
I capitoli saranno in parte presi dall'altra fanfiction che ho scritto, 'Life-changing frenzy' relativamente alle parti immutate.
*Grazie alle mie brainstormers, Federica, Clarissa e Martina!*
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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SOLO ANDATA

 

 

Marco's pov

 

Stamattina Chiara mi ha mandato un messaggio proponendomi di fare colazione insieme al bar della piazza. Accetto senza pensarci troppo, in fondo è solo un'uscita.

 

Poco dopo quando salgo in caserma, noto che Anna non c'è.

“Ehi, ma il Capitano?” chiedo all'appuntato Zappavigna, interrompendolo mentre sistema dei documenti.

“Ha accompagnato il Maresciallo da un medico,” mi informa. “Si sentiva poco bene, sua moglie e sua figlia non ci sono, così lo ha portato lei.”

“Ah... d'accordo, grazie.”

Nonostante i battibecchi iniziali, è sempre più evidente che quei due si sono affezionati l'uno all'altra. Un po' come te, no? La detestavi all'inizio, e adesso...

Adesso niente. Vacci piano, sai quello che ti ha detto. Solo amici. Ma tu non vuoi essere solo un amico, e fra l'altro, visto che siamo in argomento, non ti stai comportando nella maniera giusta.

 

Scuoto la testa scacciando via questi pensieri. Mi informano di un tentato omicidio, e viene convocato il ragazzo che è stato trovato sul posto accanto alla ragazza aggredita.

Nel frattempo arriva anche Anna, un po' preoccupata. Mi saluta in fretta e ci dirigiamo nel suo ufficio, dove mi aggiorna su quello che hanno scoperto.

Quando il ragazzo arriva, scopriamo che era diretto in Svizzera per un suicidio assistito. I soldi per la clinica ne fanno un buon movente per un tentato assassinio. Come ogni volta che si affronta questo argomento però, Anna cambia atteggiamento. È quasi impercettibile agli occhi di chi non sa, ma non ai miei. Posso a mala pena immaginare come ci si sente, solo a udire quella parola. I ricordi che porta con sé. Il dolore.

Non capisco se mettere quel ragazzo in stato di fermo mi faccia sentire meglio o no, l'unica cosa che so è che Anna si è chiusa nel suo silenzio, e so che non riuscirò a scavalcare quel muro se lei non vuole. Al momento, è impenetrabile.

 

***

 

Anna's pov

 

A giudicare da quello che ha detto la dottoressa a Cecchini, bisogna fare una disinfestazione a casa per eliminare i tarli, e conviene farla pure da me. Quindi poco fa ho mandato un messaggio a Chiara dicendole di venire qui per informarla della situazione, così almeno mi dà una mano e cerca una sistemazione temporanea.

Mentre il ragazzo sospettato viene portato via, ecco che entra lei con fare trafelato.

“Anna, perché mi hai chiamata?”

“Abbiamo i tarli in casa,” le dico subito.

Lei si porta le mani alla bocca. “Oddio, i miei maglioni di cachemire umbro! Me li bucano tutti!”

Mi trattengo dall'alzare gli occhi al cielo.”Sì... a parte i tuoi maglioni, devono entrare per fare la disinfestazione, quindi dobbiamo andare via per qualche giorno. Non so, prova a cercare una stanza d'albergo, qualcosa...” Spiego, notando che non mi sta nemmeno guardando, un'espressione di quelle che stanno progettando qualcosa.

“Perché non ci facciamo ospitare da Marco?” Mi chiede dopo qualche secondo.

“Da chi?” Non sto capendo.

“Marco!” Mi fa segno verso Marco Nardi, nel mio ufficio intento a visionare dei documenti.

Una strana sensazione si fa strada nel mio stomaco.

“Che dici, è un collega! E poi perché ci dovrebbe ospitare?” Domando debolmente. No, per favore. Non scherziamo. Non glielo chiederei nemmeno sotto tortura.

“Anna, è un uomo! È l'istinto! Non può evitare di salvare due ragazze in difficoltà.” Mi spiega con convinzione. Ah sì? “Così risparmiamo sull'albergo... e io lo conosco meglio.” Conclude, di nuovo con quello sguardo che le ho visto centinaia di volte.

No, ti prego. Tutti ma non lui.

“Ma che, davvero ti piace Marco?... ehm, Nardi?” Correggo il tiro, anche se non ha tanto senso perché lei sa che ci diamo del tu.

Lei mi guarda come se fossi pazza. “Certo! È alto, è simpatico, fa un lavoro importante, ha quarant'anni, non ha figli, non è divorziato... è come un panda! In via d'estinzione.”

Stavolta non mi trattengo e alzo gli occhi al cielo. Ma che motivazioni sono?! Un panda? Sul serio?

Anche perché ci sarebbe da rettificare su qualcosa, e dare spiegazioni per altre. Tipo del perché non abbia figli e non sia divorziato. E di anni ne ha 35.

“Ma perché, piace anche a te?” Mi chiede, e io mi sento arrossire.

“A me? Ma che sei matta?” Provo a negare.

Chiara resta a fissarmi per qualche secondo. “Ti piace.” Conclude poi con un sorrisetto soddisfatto. “Non provare a dire di no perché ti si legge chiaro in faccia. Sei rossissima.”

Se possibile, mi sento avvampare ancora di più. “Sì, in effetti le lezioni di cucina, le serate insieme... chiaro, che ti piace. Come ho fatto a non capirlo prima!” Si porta una mano alla fronte con una risatina. Io abbasso lo sguardo, con l'unico desiderio di sparire. Non riesco nemmeno a ribattere, sarebbe inutile con lei.

“Bene... ci penso io, vedrai che cadrà ai tuoi piedi! Ho in mente un piano per-fe-tto!” Asserisce, superandomi e dirigendosi spedita verso il mio ufficio prima che possa fermarla.

“No, aspetta Chiara...” Provo a dirle, senza ovviamente successo, seguendola.

Apre la porta di scatto, per poi esclamare, “Marco! Perché non ci ospiti tu, eh?”

Io tengo lo sguardo basso, imbarazzata da morire. Come fa mia sorella ad avere questa sicurezza?

Marco alza lo sguardo dai fogli, spostandolo da Chiara a me, interdetto.

“Ospitarvi?” Chiede, senza capire.

“Sì, abbiamo i tarli in casa. Dobbiamo andare via per qualche giorno...” mormoro io.

Lui naturalmente esita. Ovvio, che non vuole. Mi sarei potuta risparmiare l'imbarazzo.

Le prendo un braccio. “Chiara, te l'ho detto, che era una-”

“Una bellissima idea!” Sento strillare Cecchini che, come al solito, deve aver origliato. “Bellissima idea, sono disperato! Sapete che faccio? Prendo la roba a casa mia e vengo da Lei!” Dice tutto d'un fiato.

“Come viene da...?” No, io non ci vado a dormire da Marco con Cecchini al seguito. Mia sorella è già complicata di suo da gestire.

“E che faccio? Io rischio la vita, non posso stare solo! Guardate! Guardate, guardate!” Continua lui, sollevando le mani, coperte di puntini rossi. “Non mi invento niente, guardate!”

“È stato morso dai tarli, non è niente di grave!” Minimizzo, infastidita. Ho capito che è ipocondriaco, ma qui si esagera!

“Come, non è grave? È una malattia gravissima! Lo sa che cosa c'ho io, sotto la pelle? C'ho le uova! Uova di tarli! C'è un tarlo con una tarla che si accoppiano. E poi si moltiplicano, si quadruplicano, centuplicano...”

Marco mi lancio uno sguardo dubbioso, che io ricambio, esasperata. Magari lo aiuta a impuntarsi e dire di no.

“Ho capito, ma io non so dove mettervi, veramente!” Cerca di frenarlo, infatti.

“Ho capito, che fa come Ponzio Pilato, che si lava le mani? Dai, io vengo a casa Sua. Ma a casa sua non è che c'è il legno, no? No, a casa sua è tutta pura plastica vergine! Tutta, al cento per cento! Bravissimo, intelligente!”

A queste parole di Cecchini, io mi trattengo dallo sbuffare.

Benissimo, ora sì che sono nei guai! Non oso immaginare cos'ha in mente Chiara, e Cecchini così peggiora le cose, non posso controllare lui e mia sorella insieme, è un compito impossibile, peggio che gestire la caserma da sola. Qualcuno mi aiuti.

 

***

 

Marco è stato costretto ad accettare di ospitarci, così restiamo di vederci a casa sua dopo cena, cosicché noi possiamo prendere il necessario da portare per questi pochi giorni.

A me già viene l'ansia al pensiero, e io non sono un tipo ansioso.

Così adesso sono a casa, il trolley sul letto per capire cosa devo portarmi dietro oltre la divisa, che naturalmente finisce dentro per prima.

Chiara va avanti e indietro infilando roba su roba in una valigia grande quasi il doppio della mia.

“Ah, comunque,” esordisce all'improvviso, “com'è che non mi hai detto niente, che ti piace Marco? Nemmeno dopo che sono uscita con lui per la partita?”

Io non rispondo, mantenendo lo sguardo sui vestiti da piegare.

“Anna!”

“... non pensavo fosse importante!” esclamo alla fine, esasperata.

“Come no? Certo che è importante! Se piace a te, non si tocca. Non mi metto in mezzo, anzi. Semmai ti do una mano!”

Già tremo.

“No, non ce n'è bisogno.”

Chiara alza gli occhi al cielo. “Ho qualche dubbio in proposito... non penserai mica di conquistarlo durante le lezioni di cucina, no? Cioè, okay che gli stai dando modo di dimostrare che sa fare bene qualcosa e può insegnartela, questa cosa agli uomini piace un sacco, però pure tu ci devi mettere del tuo! Se no facciamo Natale. Dell'anno prossimo.”

Io fingo di ignorarla. Non è da me avere un approccio diretto, morirei di imbarazzo.

“Lascia stare per favore, ho già fatto abbastanza casini, non voglio rischiare.” Sospiro, senza riflettere su quello che ho detto.

Ma naturalmente a lei non sfugge.

“Casini di che?” Chiede subito, curiosa. Io mi pento di aver aperto bocca.

“... Niente, dicevo così...”

“Sicuro, guarda. Sei arrossita di nuovo.” Molla il maglione che aveva in mano senza tante cerimonie e mi costringe a sedermi accanto a lei sul letto. “Ora tu mi racconti tutto.” Dice perentoria. “Con quella faccia che hai fatto, qualcosa è successo SICURO.”

Io provo a minimizzare ma non c'è verso, così faccio un bel respiro e glielo dico.

“... ci siamo baciati.” Mormoro con un filo di voce.

“CHE COSA?!” Strilla invece lei, tanto che devo tapparmi le orecchie. “Come, vi siete baciati e non state insieme?! Che-hai-fatto? Ora veramente voglio sapere ogni minimo dettaglio, e guai a te se trascuri qualcosa!”

Così sono costretta a raccontarle quasi tutto, dalla frase che mi ha detto Marco di ritorno dal monastero, al gelato in ufficio, alle parole con nostra madre, allo show di Cosimo, passando per il reality show e, ovviamente, il bacio qui a casa e la mia fantastica uscita che fosse stato un 'errore'. Le racconto anche ci come siamo arrivati alle lezioni di cucina, dei posti che siamo andati a visitare insieme, di quando è sparita lei e della veterinaria. Naturalmente ometto le cose private che Marco mi ha raccontato di sé, quelle sono cose personali.

Chiara si porta le mani ai capelli.

“Fammi capire: lui viene qui a casa per ringraziarti, dopo che tu gli hai raccontato di papà – tu non racconti mai di papà, l'hai sempre considerata una cosa troppo personale, quindi già questo vuol dire parecchio – vi guardate negli occhi, lui ti bacia e tu... non solo ti tiri indietro, ma gli dici pure che è stato un errore? Ma come?! Come! Quand'è chiaro come il sole che sei cotta!”

“Ho avuto paura, okay? È stata una cosa inaspettata, mi ha presa alla sprovvista, e poi lui è stato il primo a chiedermi scusa e andare via!” Spiego, sconsolata.

“Ho capito, ma se tu hai interrotto il bacio, lui che doveva pensare? Però pure tu, va, quando ha cercato di parlarti e affrontare il discorso, a dirgli che siete colleghi e basta...” Chiara scuote la testa, esasperata. “E nemmeno a farti avanti dopo! Hai avuto tutto il tempo con le lezioni di cucina! O quando siete usciti assieme! Ti ha pure consolata quando io ho combinato quel casino con Sasà... e ancora giocate a fare i 'colleghi e basta'?”

“Chiara, siamo amici! Quel bacio è stato una cosa dovuta al momento.” Provo a spiegarle. Come al solito non mi dà ascolto.

“Forse, ma il resto? Non penso proprio. Quello 'per la scena' te lo ha dato di proposito, è evidente che volesse baciarti! Quando hai fatto quella cosa del reality show ti ha detto che ti trova bella, cosa che già si era notata quando ci siamo incrociati sul pianerottolo, ti ha lasciato gli occhi addosso praticamente. Ti è stato vicino quando tu e Giovanni vi siete lasciati, quando eri preoccupata me... siete usciti insieme, ti dà lezioni di cucina che in certi casi a me sono sembrate una scusa per passare del tempo con te, ora che ci penso... e tu ancora aspetti? Ora tu ascolti me, e così vedrai se gli passa la paura a chiederti di uscire seriamente!”

Beh, forse, vista così...

“E che dovrei fare, sentiamo?” Domando cautamente.

Lei mi osserva un istante con occhio critico, getta uno sguardo ai vestiti che stavo piegando fino a poco fa – qualche camicia, della magliette, jeans e poi ovviamente canotta e pantaloni del pigiama – per poi alzarsi e frugare in un cassetto. Poco dopo tira fuori una camicia da notte in pizzo e seta.

Resto a fissare l'indumento per qualche secondo, poi guardo mia sorella con occhi sbarrati.

“Che dovrei farci, con quella, io?”

Chiara sbuffa. “Secondo te? Te la metti stasera, vai da lui con una scusa qualsiasi e ti dai una mossa! Tranquilla, è la tua taglia, l'ho presa tempo fa per te nella speranza che venisse il momento adatto per dartela, meno male che ci penso io!”

“Scordatelo, io quella non me la metto.” Rifiuto.

“Ma dai, non è nemmeno così provocante! Ce ne sarebbe un'altra, ma forse è da rimandare per un altro momento...”

“No, grazie,” la blocco prima che possa prenderla. Non la voglio nemmeno vedere.

“Tu te la porti e poi vediamo, se non te la metti.”

 

***

 

La sera, dopo cena, io, Chiara e il Maresciallo arriviamo da Marco all'orario stabilito.

Non riesco a nascondere del tutto il mio nervosismo. Non so cos'ha in mente mia sorella, e la cosa mi preoccupa alquanto, considerando i presupposti.

Quando busso – Chiara insiste perché lo faccia io – Marco apre la porta rivolgendomi un sorriso e invitandoci a entrare.

Chiara mi dà una gomitata e strizza l'occhio.

Ci fermiamo davanti al divano mentre lui cerca di capire come dividerci.

“Allora... io posso dormire sul divano, Chiara e il Capitano nella stanza dei bambini-”

“Tu... hai una stanza per i bambini?” Lo interrompo io prima di riuscire a fermarmi, esterrefatta. No, questa dei bambini ancora mi mancava. Sapevo dei quadri osceni che Marco sta cercando di eliminare man mano, ma questa...

“Sì, è la mia ex che... aveva pianificato tutto,” mi spiega lui in tono cupo, “dovevano essere due e... un maschio e una femmina.”

Annuisco, comprendendo perfettamente dove vuole andare a parare senza commentare oltre. Quella è completamente fuori di testa.

Chiara, d'altro canto, è molto curiosa.

“Un po' stranina, la tua ex fidanzata.”

“Io direi qualcosa in più di stranina, ma...” Marco lascia cadere il discorso con un mezzo sorriso senza dilungarsi in dettagli. Questa cosa mi fa gioire internamente, perché è chiaro che non vuole condividerli con gli altri ma non gli dispiaccia che io sappia il retroscena.

“Maresciallo, Lei può dormire in camera mia.”

“Per me va benissimo,” commento io.

“Va bene pure per me,” accetta Cecchini, e io tiro un sospiro di sollievo. Almeno si sta calmando. Forse. “Prima però mi devo mettere la pomata, e ci sono questi effetti indesiderati: vomito, capogiri, eruzioni cutanee con croste e rigonfiamenti sottopelle, ittero, abbassamento di voce, lingua nera che appare ricoperta di peli...”

“Ewww, oh ma c'è scritto veramente 'lingua nera'!” Ci dice Marco, che si è avvicinato a Cecchini per leggere con lui il foglietto. Che schifo.

“A posto?” Controlla un'ultima volta Marco per le sistemazioni, prima di prendere la valigia del maresciallo per dargli una mano e accompagnandolo su per le scale. “Il tempo di aiutare lui e torno a prendere le vostre valigie,” ci dice a metà strada, rivolgendomi un'occhiata di sbieco.

“Visto? Sta funzionando!” Mi sussurra Chiara quando lui sparisce dalla nostra vista.

“Macché, cosa?” Fingo di non capire.

“Hai visto come ti ha guardata quando siamo entrati? E poco fa sulle scale? Ce la puoi fare! Lascia fare a me.”

 

***

 

Una volta in stanza, temo già qualsiasi idea Chiara abbia in mente, è evidente dal suo sguardo che sta tramando qualcosa. E infatti...

“Allora,” esordisce, sedendosi sul sul letto, “tu adesso metti quella camicia da notte che-”

“Scordatelo,” la interrompo subito io, arrossendo, “tutto ma quella no.”

Lei sospira scuotendo la testa. “Va bene, per questa volta te lo concedo, mettiti quello che vuoi, d'altronde nelle 'lezioni di cucina' non guardi nemmeno cosa hai addosso, se gli piaci in quel modo, andrai bene pure così.” Sentenzia, e non so se prenderla come complimento o alzare gli occhi al cielo. “Comunque, adesso puntiamo una bella sveglia alle tre.”

“Che devi fare alle tre?” Chiedo ingenuamente senza capire, afferrando i pantaloni del pigiama.

Stavolta è Chiara a lanciarmi un'occhiata esasperata. “Io proprio niente. Tu invece ti alzi, scendi giù da Marco con una scusa qualunque, fai la carina così lo invogli a parlare un po' con te visto che sarete soli, nel cuore della notte, e poi ti dai una mossa e lo baci. Come minimo.”

“Che?! No, che sei matta? Non ci penso neanche!” Affermo perentoria infilandomi la canotta. Non avrei mai il coraggio di fare niente del genere.

“Non è che ti sto dando la scelta, lo fai e basta. Ti spingo giù dalle scale a forza, se devo. Sai che lo faccio.”

Io la ignoro, mettendomi a letto. Tutta questa cosa è fuori discussione. Non esiste proprio.

 

Il mio sonno è agitato dall'ansia che Chiara combini davvero qualcosa. Un suono fastidioso mi fa saltare in aria, seguito dalla voce di mia sorella che mi scuote per farmi svegliare.

“Anna, forza, su, muoviti, scendi,” sussurra tirandomi a sedere e dandomi una riordinata ai capelli. Io ci metto qualche secondo a capire di che sta parlando, poi mi tiro indietro subito.

“No, Chiara! Io non ci vado, giù! Scordatelo!” mormoro terrorizzata, tirandomi il lenzuolo contro il petto.

Ovviamente lei mi ignora e mi obbliga ad alzarmi, spingendomi fuori dalla stanza fino alla rampa di scale che porta al pianterreno. “Sì che ci vai. Scendi, lo svegli, gli chiedi un bicchiere d'acqua, quello che vuoi, gli dici che non riuscivi a dormire per... che ne so, il caso che state seguendo per ora, qualsiasi cosa, e poi te la vedi tu ma visto che già vi siete baciati una volta magari prendi spunto da quella per ricreare la situazione. Fai come ti pare, come ti viene meglio, ma BACIALO.” Mi intima, spingendomi letteralmente giù per le scale.

Faccio un respiro profondo dandomi della scema per questa paura irrazionale. Sono un Capitano dei Carabinieri, cavolo! E poi posso sempre dirle che non si è svegliato. Mi giro a guardare, e ovviamente lei è accovacciata a metà scalinata che mi fa segno di procedere. Non ho scampo.

 

Mi dirigo allora in cucina, intravedendo Marco dormire beato sul divano, con lo scopo di prendere l'acqua prima, visto che la gola si è asciugata improvvisamente e non riuscirei a parlare nemmeno se volessi. Oltretutto, Chiara mi ha fatto passare il sonno per davvero, mi ha fatto tornare in mente quel ragazzo e la sua volontà di andare in Svizzera per un suicidio assistito, e adesso che ci sto ripensando non riesco a togliermelo dalla testa.

Prendo un bicchiere dal lavello, e mando giù l'acqua versata tutta d'un sorso. Quando faccio per posare il bicchiere, però, urto inavvertitamente un cucchiaino che non avevo notato vista la penombra, e che cade nel lavello d'acciaio facendo ovviamente rumore. Io mi blocco, paralizzata. Ho pregato mentalmente fino all'ultimo di riuscire a tornarmene in camera senza problemi e invece... sul lavoro sarai anche brava a non farti sentire, ma senza divisa sei un disastro.

Vedo Marco alzarsi di scatto dal divano e lanciare un'occhiata confusa nella mia direzione.

“... Anna?” Chiede con la voce impastata di sonno.

“Ehm... sì,” biascico, imbarazzata, “scusa... avevo sete e sono scesa a prendere un bicchiere d'acqua ma... ho fatto cadere un cucchiaino, credo...”

Lo vedo accendere un'altra luce nella zona del piano cottura prima di avvicinarsi a me.

“Tutto bene?” Mi chiede, un po' preoccupato dalla mia espressione tesa, probabilmente.

“Sì, sì... è che... mi dispiace di averti svegliato... io non riuscivo a dormire e adesso non sto facendo riposare nemmeno te.” Dico, esitante. Non è proprio la realtà, ma ho dormito male comunque e il resto è vero.

Ora però che faccio?

 

Marco's pov

 

“Ma no, figurati...” Le dico per tranquillizzarla. Quando ho sentito quel rumore mi sono preoccupato pensando fosse Cecchini, e invece con mia sorpresa mi sono ritrovato in cucina Anna, in pigiama e con un'espressione terrorizzata.

Accendendo la luce, mi sono anche accorto che per l'imbarazzo è arrossita. “Non preoccuparti, davvero. Piuttosto, come mai non riuscivi a dormire?” Le chiedo poi, un po' per effettiva preoccupazione, un po' per prendere tempo. Di' la verità, adesso che è scesa il sonno ti è passato completamente. Guarda quant'è carina in pigiama... falla restare un po', tanto l'ha detto lei stessa che non riesce a dormire.

Per una volta ho deciso di seguire la vocina nella mia testa.

Lei sospira. “Pensavo a quel ragazzo, in caserma... al fatto che voglia... andare a morire,” mi spiega con un breve tremito nella voce.

Io resto ad osservarla per qualche secondo. Avevo visto già nel suo ufficio che le parole di quel ragazzo avevano avuto un impatto forte su di lei, e mi rendo conto di quanto possa pesare la parola 'suicidio' per lei, vista la sua esperienza con suo padre.

“Che ne dici di una bella camomilla? Magari ti tranquillizzi un po',” propongo allora, rincuorato nel vederla annuire.

Mi adopero immediatamente, mettendo a bollire l'acqua e prendendo due filtri per entrambi, così le faccio compagnia. Sì, e la tieni qui con te ancora per un po'.

Anna si appoggia al piano cottura, più rilassata.

“Ah, comunque... scusa per l'invasione,” mormora con un piccolo sorriso, “avere tre persone in giro per casa senza molto preavviso non è il massimo.”

Io ridacchio alla sua osservazione, versando l'acqua bollente nelle tazze. “No, dai, tranquilla. È stato inaspettato, questo sì, ma non è che sia la fine del mondo. Anzi, in quel caso non avrei avuto il piacere di questa chiacchierata notturna,” aggiungo, sornione. Con mia soddisfazione, vedo che arrossisce di nuovo. “E poi, Cecchini terrorizzato dai tarli e gli effetti collaterali improbabili di una pomata è da morir dal ridere, se non altro vale la pena per questo. Zucchero?” Chiedo nel mentre.

“Due,” risponde lei, “e sì, adesso è divertente, ma allo studio ti assicuro che lo è stato molto meno.”

Io le passo la tazza, che Anna prende con un piccolo sorriso di ringraziamento. “A proposito, raccontami. Sono curioso, ho capito che è ipocondriaco, quindi non oso immaginare cos'abbia combinato alla visita.”

Lei fa una risatina. “Beh, ovviamente si è fatto prendere dal panico, ha chiesto alla dottoressa se stesse morendo prima di qualsiasi altra cosa. Anche quando lei gli ha detto che non era nulla di grave e sarebbe bastata una disinfestazione, non ne ha voluto sapere. Quando ho ricevuto la chiamata per andare sul luogo dell'aggressione della ragazza, non voleva farmi andare via. Al mio consiglio di riposarsi mi ha risposto che sarebbe stato un 'riposo eterno'.”

Io scoppio a ridere, mettendomi una mano davanti alla bocca per evitare di svegliare gli altri. “Certo che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, Cecchini. Il 'riposo eterno'...” Scuoto la testa. “E per casa tua, che avete intenzione di fare?”

“Ha detto che avrebbe chiamato lui qualcuno per fare tutto il lavoro, suppongo che domani saprò dirti di più,” fa spallucce lei.

“Okay... potete restare per tutto il tempo che vi serve, comunque, non ti preoccupare.”

“Sicuro? Cioè, stasera è stata una cosa improvvisa, ma posso cercare un hotel, o-” Farfuglia Anna, ma io la interrompo.

“Tranquilla, mica mi date fastidio! Anche perché noi siamo tutto il giorno a lavoro insieme, anche il Maresciallo, e tua sorella sta studiando per gli esami all'università, hai detto, no? Almeno qui non la disturba nessuno.” La rassicuro. Anche perché non mi dispiace averti qui anche la sera. Fosse per me, ti direi di restare qui e basta.

“Grazie...” fa lei con un sorriso che mi scioglie e fa tornare lo sciame di farfalle nel mio stomaco.

Cerco di ignorarle mentre posiamo le tazze ormai vuote nel lavello.

Anna fa un passo indietro, calcolando male le distanze della zona cottura senza accorgersi del gradino e perdendo l'equilibrio.

Io la afferro appena in tempo, cingendole la vita e afferrandole il braccio, e per un attimo mi balena davanti il flashback di una scena simile, sulla strada di ritorno dal monastero.

Mi rendo conto con qualche istante di ritardo di quanto siamo vicini stavolta: evitandole la caduta, l'ho involontariamente stretta contro di me, e adesso i nostri volti sono appena a qualche centimetro di distanza. Io mi perdo immediatamente in quelle iridi verdi rese cupe dalla penombra.

Senza pensarci troppo, mi avvicino ancora di più, avvertendo il suo respiro sulla pelle.

Con un tuffo al cuore registro che non solo non si sta allontanando al mio chiaro intento, ma che anche lei sta azzerando le distanze.

Ormai ci separano solo pochi millimetri.

 

Un urlo improvviso ci fa separare di scatto. Ci voltiamo entrambi in direzione delle scale: Cecchini.

Dopo una rapida occhiata, ci affrettiamo a correre al piano superiore, dove incrociamo pure Chiara in corridoio. Entriamo nella mia stanza, trovando il Maresciallo seduto sul bordo del letto, ansimante.

“Che succede?” Chiede subito Anna, preoccupata, avvicinandosi a lui.

“Stavo sognando che non respiravo, poi mi sono svegliato e non capivo dov'ero...” Farfuglia.

Mi ci vuole un autocontrollo dell'altro mondo per non dirgliene quattro.

Stavo per baciare di nuovo Anna. Finalmente, ci stavo riuscendo, e invece...

Quando lui si tranquillizza e torna a letto, noi usciamo dalla stanza. Chiara ci saluta con uno sbadiglio, tornando nella stanza dei bambini e lasciando me e Anna in corridoio, in totale imbarazzo.

 

Anna's pov

 

Io e Marco restiamo in silenzio, incerti su cosa fare dopo il nostro bacio mancato.

È lui a prendere la parola dopo qualche istante. “Beh... allora... se Cecchini adesso sta bene, possiamo... possiamo tornare a dormire?” Balbetta lui, a disagio quanto me. È ovvio che entrambi abbiamo in mente la stessa scena di qualche mese fa.

“Sì... penso sia... meglio?” Rispondo io con il suo stesso tono incerto. I nostri occhi si incrociano per un istante e se non ci fosse il Maresciallo a un passo e mia sorella nella stanza accanto, forse...

Distolgo lo sguardo, sentendo di nuovo il rossore farsi strada sulle mie guance.

“Sì... allora io... scendo. Buonanotte...” Mi saluta allora avviandosi verso le scale.

“Anche a te...” ricambio io senza muovermi dal corridoio, rivolgendogli un piccolo sorriso quando lui si volta verso di me a metà scalinata.

Torno in stanza dove trovo mia sorella seduta sul suo letto a gambe incrociate, in attesa.

“Allora?” Mi chiede subito.

Io sospiro, sedendomi sul bordo del mio letto. “Allora niente.”

“Come, niente? Stava procedendo tutto a meraviglia!”

“Hai origliato?” Le chiedo in tono leggermente accusatorio.

“No, sono rimasta solo fino a quando l'ho visto venire da te, poi sono tornata qui, tanto i dettagli me li avresti raccontati tu, naturalmente. Che è successo, quindi?”

Evito di commentare perché ha ragione. “Abbiamo parlato un po', mi ha preparato una camomilla.”

“Oh, che carino, si è messo a perdere tempo per stare con te.”

“Ma no...” mi schernisco, anche se spero abbia ragione anche stavolta, e lei scuote la testa.

“Ma sì! Avrebbe potuto solo dirti che andava tutto bene e liquidarti, e invece no, ti ha preparato pure la camomilla. Come hai fatto a farti scappare quest'occasione?”

“In realtà... stavamo per baciarci...” mormoro a voce bassissima.

Chiara spalanca gli occhi e viene a sedersi subito accanto a me, giusto per mettermi più in soggezione.

“E perché ora sei qui mogia mogia con niente di fatto? Raccontami che è successo.”

“Beh... sono inciampata nel gradino della zona cottura, e lui mi ha presa al volo. E ci siamo ritrovati vicinissimi...”

“E?” Incalza lei.

“Ed eravamo a due centimetri quando Cecchini s'è messo a urlare!” Confesso, esasperata. E infastidita dal risvolto della nottata. Contro tutte le mie aspettative, stava succedendo in maniera assolutamente casuale e meravigliosa, e invece ora non riuscirò nemmeno a guardarlo in faccia.

Chiara fa un sospiro sconfitto, delusa anche lei. “Ma dai... cavolo. Ma si può avere più sfiga di te? E ora?”

“E ora niente. Domani mattina non so con che coraggio mi devo presentare in cucina.”

“Oh, non esagerare! Non potete far finta che non sia successo niente, anche perché com'è capitato ora, stai sicura che ricapiterà.”

“Sì, come no. Dormiamo?” La prego, sconsolata. Voglio solo provare a chiudere occhio e dimenticarmi dell'ennesimo momento di destino contrario.

 

Chiara's pov

 

Mia sorella è sfigata proprio, ma è ovvio che io non desisto.

Stiamo facendo tutti colazione e c'è un'aria di imbarazzo tra loro due che si percepisce da un chilometro. Con mio estremo interesse noto che Cecchini non sembra sorpreso da questa cosa, e ripenso alla storia della veterinaria che mi ha raccontato Anna, e di come io sia finita a cena per sbaglio con Marco. Pensandoci meglio, mi sembra ovvio che l'invito a questo punto fosse destinato a lei, e che il mittente fosse il Maresciallo, a giudicare anche dalla sua espressione quando ci ha visti tornare insieme.

Decido che mi serve come alleato, 'sti due non si muoveranno mai di questo passo.

Ho visto con che espressione sognante Marco ha osservato mia sorella scendere le scale, poco fa. Mi rendo conto che se per me è un'immagine familiare, per lui vederla in divisa, senza giacca e con i capelli ancora sciolti sulle spalle è un qualcosa di inedito ma con un sapore di quotidianità che di certo non passa inosservato.

Così colgo al volo l'occasione quando Cecchini ci informa che prima di andare in ufficio deve passare da casa a prendere non so nemmeno cosa, non ho prestato attenzione, ma mi aggiungo al coro dicendo che anch'io devo tornare in appartamento perché ho dimenticato un libro per l'università, offrendomi di accompagnarlo.

 

Così i due piccioncini passando ancora qualche minuto soli soletti nell'imbarazzo più totale, e io elaboro il mio piano perfetto.

Una volta a casa, seguo Cecchini fino al soggiorno.

“Maresciallo, ho bisogno del suo aiuto.” Esordisco, risoluta.

“Se posso...” fa lui, e io esulto mentalmente.

“Ho bisogno che mi dia una mano per combinare un appuntamento tra mia sorella e Marco. Lo so che ci ha già provato e io mi sono involontariamente messa in mezzo, ma ho capito che quei due hanno bisogno di una spinta.”

Lui spalanca gli occhi. “Gliel'ha detto Sua sorella?”

“Più o meno... l'ho capito da sola però il retroscena. Ma mi deve dare una mano. Che possiamo fare per costringerli a stare assieme abbastanza a lungo da farli dichiarare? Perché pure a lui mia sorella piace.”

Lui ci pensa su un momento. “C'è una partita a Roma, domani sera. Io gli posso proporre di andare assieme e poi gli dico che c'ho avuto un impegno e non ci posso andare, e gli dico di farsi accompagnare dal Capitano.”

“Mi piace. Però... dev'essere un impegno credibile. Se no mia sorella ci frega subito.”

“Ce l'ho! Domani mattina dovrebbero venire quelli della disinfestazione qui a casa mia, invece da voi vengono oggi pomeriggio. Io li chiamo, gli dico che per domani mattina non posso e li faccio venire di pomeriggio pure qua. Così io sono impegnato e non ci posso andare.”

“Bene! Io mi tiro fuori pure perché devo studiare e proprio non posso, così siamo a posto. Costringo mia sorella ad accettare. Lei si procuri i biglietti e organizzi tutto. Domani mattina dice questa cosa quando io passo a trovarvi davanti alla caserma, e li sistemiamo per bene.”

Lui annuisce, soddisfatto.

“Mi tenga informata.”

 

***

 

Il piano elaborato con il Maresciallo va a meraviglia. Proprio ora sto passando davanti alla caserma per avvertire Anna che ho un pranzo con un'amica, fortunata coincidenza che mi ha garantito la scusa perfetta per andare da lei, e trovo Cecchini, mia sorella e Marco davanti alla porta della caserma.

 

“Ehi, Anna!” La chiamo, avvicinandomi. I tre mi salutano. “Senti, ti volevo dire che oggi vado a pranzo con una mia collega di corso, quindi non ci sono a casa.”

“Ah, sì, a proposito,” interviene Cecchini, “Dottore, io purtroppo alla partita stasera non ci posso venire. Mi hanno chiamato poco fa quelli della ditta della disinfestazione per spostare a pomeriggio, ché stamattina non ci arrivano,” fa in tono dispiaciuto, allargando le braccia.

“Ah, che peccato...” risponde Marco.

“Sì, vabbè però Lei ci può andare lo stesso!”

“No, da solo non c'è sfizio, no, e poi i biglietti son due...”

Restiamo qualche secondo a pensare, poi intervengo io con la mia carta.

“Guarda, ci verrei io ma purtroppo devo studiare necessariamente, non mi posso permettere di lasciare mezza giornata... può venire Anna con te!” Propongo spudoratamente.

Lei spalanca gli occhi, capendo dove voglio arrivare, e la cosa bella è che non mi può contraddire.

Incrocio le dita dietro la schiena.

“Beh... se vuoi, perché no...” mormora Marco, chiaramente in imbarazzo ma ovviamente non contro l'idea. Obiettivo uno: colpito!

“... Io... Non so se...” Inizia lei, e io le do un calcetto per bloccarla.

“Ultimamente hai lavorato come una pazza, magari ti svaghi un po'!” Le dico con un'occhiata eloquente. La vedo rivolgere uno sguardo timido a Marco.

“Sì, forse hai ragione... allora... Okay...” Accetta, rossa in viso, e io mi trattengo dall'esultare, anche a vedere l'espressione sollevata di Marco. Obiettivo due: colpito! Entrambi gli obiettivi sono stati colpiti e affondati!

“Bene allora, tutto risolto! Ci vediamo a casa più tardi!” La saluto, andando via e strizzando l'occhio a mia sorella.

 

Quando pomeriggio rientra, il rossore sembra ormai aver preso sede stabile sulle sue guance.

“Posso sapere che stai combinando?” Mi dice appena chiude la porta d'ingresso.

“Ciao anche a te,” la saluto, sistemando i suoi jeans sul mio letto. “Ti ho preparato quello che ti devi mettere.”

Lei si lascia cadere sul divano. “Ancora mi sembra impossibile questa cosa. Io e lui alla partita?” Fa con espressione sconvolta.

“Beh? Ringrazia la tua buona stella, invece di lamentarti. Su! Vai a farti una bella doccia e poi ci penso io.”

Anna mi ignora, dirigendosi comunque verso il bagno.

 

Trenta minuti più tardi, l'ho convinta a indossare un paio di jeans attillati, stivaletti e un maglioncino carino che le ho preso appositamente questo pomeriggio.

Giubbotto in pelle, e l'outfit è completo. La costringo a mettere un filo di eyeliner e poco mascara, più un gloss e finalmente la lascio andare.

Ammiro il mio lavoro.

“Hai detto che andate in moto, quindi considerando la temperatura al rientro, questi vestiti andranno più che bene.”

Anna solleva gli occhi al cielo. “Non so se ho fatto bene a darti ascolto.”

“Infatti. Hai fatto benissimo. Così restate da soli senza nessuno a interrompervi, e almeno vi date una mossa.”

 

Marco arriva puntualissimo a prenderla, e li osservo con soddisfazione salire insieme in moto, con mia sorella al culmine dell'imbarazzo obbligata com'è a stringersi a lui così tanto. Li saluto entusiasta, con Cecchini che fa lo stesso dalla finestra di casa.

Rientro, riprendendo i libri.

Non era una bugia, comunque. Devo studiare davvero.

 

Marco's pov

 

Mi sembra tutto così surreale.

Sono davvero uscendo con Anna. A vedere la partita, per giunta, che a lei non piace ma che ha accettato comunque di guardare, ovviamente col mio stesso intento a quel punto: passare una serata insieme. L'imbarazzo iniziale si è sciolto in fretta, per fortuna. Abbiamo cenato al volo con un panino e una birra prima di dirigerci allo stadio.

Per la prima volta nella mia vita, mi distraggo in continuazione dal gioco in campo per guardarla o parlare con lei.

Mentre usciamo dallo stadio una volta finita la partita, mi viene da sorridere pensando che in fondo si è divertita anche lei. Questa cosa promette bene. Una volta fuori, però, ci rendiamo conto che le previsioni hanno toppato alla grande, perché si scorgono lampi all'orizzonte e tuoni non troppo lontani. E noi siamo in moto.

“Che dici, proviamo comunque a tornare? Magari non ci becca la pioggia.” Propongo, e lei accetta.

 

Peccato che non riusciamo nemmeno a entrare in autostrada, perché ci coglie il diluvio universale e siamo costretti a fermare. Per nostra fortuna incontriamo un b&b sulla strada, e ci entriamo in fretta. Siamo completamente zuppi.

“Salve,” saluto la signora alla reception, che ci accoglie un po' sorpresa di vedere clienti con questo tempo.

“Buonasera...”

Le spiego un po' la situazione mentre Anna si avvicina a me, rabbrividendo.

“Siete fortunati, ho giusto una matrimoniale libera per voi! Un'altra coppia ha disdetto qualche ora fa.”

“Ah.” Rispondo, la gola improvvisamente arida all'allusione della signora.

“Già! Io vi consiglio di prenderla, con questa pioggia... e poi con la partita c'è tutto pieno in zona, difficile che troviate altre stanze disponibili a quest'ora! E poi vi conviene asciugarvi, la sua fidanzata sta morendo di freddo.”

Io mi giro verso Anna con gli occhi spalancati alla dichiarazione della receptionist riguardo alla 'mia fidanzata'. Mi aspetto che lei rettifichi, invece vedo solo che arrossisce, abbassando lo sguardo e stringendosi di più nella giacca di pelle.

“Restiamo?” Chiedo, più per dire qualcosa che altro. Se lei non l'ha corretta, non vedo perché dovrei farlo io.

“Sì... conviene, non sarebbe il massimo tornare fuori con questo tempo...” mormora.

Accettiamo, ancora imbarazzati, porgendo alla signora le carte d'identità.

 

Anna's pov

 

Mentre la signora alla reception registra i nostri dati, io ne approfitto per chiamare Chiara per informarla che non torno stanotte. È una cosa stranissima da dirle, considerando i presupposti.

Mi allontano leggermente in modo che Marco non possa sentirmi, dicendogli però che sto informando mia sorella per non preoccuparla.

Ehi! Mi devo preoccupare?” Mi chiede lei infatti non appena prende la chiamata.

“Ciao... no, ti volevo solo dire che ci siamo dovuti fermare perché ci ha beccati la pioggia,” mormoro.

Veramente? Dove siete?”

“In un b&b qui a Roma, abbiamo trovato... una stanza libera.”

Una? Quindi dormite insieme?”

“... sì.” Lo strillo che fa mi costringe ad allontanare il cellulare dall'orecchio.

Anna! È la tua occasione! Stavolta ti devi giocare il tutto per tutto!” Mi impone, estasiata. Io mi sento arrossire alle implicazioni di quella frase.

“Senti, è già abbastanza complicato così,” sussurro, “non mi ci far pensare.”

Non è che ci devi andare a letto per forza, eh,” risponde, come se io avessi eventualmente davvero valutato la cosa, “però se ti bacia non ti azzardare a tirarti indietro!”

“Certo che no... Devo staccare, ciao, ci vediamo domani.” Chiudo la chiamata prima che lei possa replicare proprio quando Marco mi raggiunge.

“Tutto okay? Andiamo?” Chiede, porgendomi la mia carta d'identità.

Io annuisco, seguendolo poi in corridoio.

 

Quando ci chiudiamo la porta della camera alle spalle, però, mi rendo conto davvero in che guaio mi sono cacciata.

L'aria si fa subito tesa.

Marco si schiarisce la gola, poi mi lascia il bagno libero per prima. Prego che siano disponibili almeno gli accappatoi, è fuori discussione che io resti in intimo soltanto. Sarebbe troppo imbarazzante.

Per fortuna ci sono, così mi affretto a fare una doccia veloce, appendendo i vestiti bagnati allo scaldasalviette, lasciando lo spazio anche per quelli di Marco.

Quando anche lui esce, sempre in accappatoio, io sono seduta sul letto, incerta su cosa fare. La tv non funziona con questo tempo, e il cellulare l'ho spento per evitare che si scarichi del tutto.

Lui si siede dall'altro lato, leggermente a disagio.

“Chi l'avrebbe detto, che ci sarebbe stato questo diluvio, eh? Le previsioni portavano sereno...” Butta lì, giusto per dire qualcosa.

“In effetti... ci è andata bene, tutto sommato.”

“Già... fortuna che abbiamo trovato questo posto.”

 

Di nuovo, dopo qualche momento di imbarazzo, la conversazione si avvia senza troppi problemi.

A un certo punto vedo che si fa serio. Inspira a fondo prima di tornare a parlare.

“Posso chiederti una cosa?” Domanda esitante, e io mi limito ad annuire, incerta. “Anche l'altra notte sarebbe stato un errore?”

Non ho bisogno che aggiunga dettagli. Ovviamente parla del bacio mancato a casa sua.

Temevo che avrebbe aperto l'argomento, e so bene che non posso sottrarmi, non stavolta. Non voglio rovinare tutto.

“No.” Prendo un bel respiro, cercando di farmi coraggio. “Non lo è stato nemmeno la prima volta.” Aggiungo, sollevando lo sguardo per incrociare il suo.

Nei suoi occhi leggo chiaramente lo stupore alle mie parole. Decido di essere sincera. Ho già combinato troppi casini, non voglio peggiorare le cose.

“Ho avuto paura,” confesso semplicemente, abbassando però lo sguardo, “anche se ho capito che la mia storia con Giovanni era chiusa da tempo, da prima di quanto pensassi, non ero ancora disposta ad ammettere di...” Esito, però, rendendomi conto di cosa effettivamente sto per dirgli. Ma se siamo qui, insieme, deve pur significare qualcosa, no?

“Di...?” Mi incoraggia lui obbligandomi a sollevare lo sguardo, e noto un piccolo sorriso baluginare sul suo volto.

“Di aver iniziato a provare qualcosa per te.”

Alle mie parole, il sorriso non lo nasconde più. La sua mano sale ad accarezzarmi una guancia.

“E io non sarei dovuto scappare, quella sera. Anch'io ho avuto paura, quando ti sei tirata indietro. Mi sono detto che avevo sbagliato tutto, avevo rovinato tutto con te. E quando mi hai detto che era stato un errore... avrei voluto sparire. Non avevo capito niente... ma ho capito di essere completamente fregato quando non vedevo l'ora di passare qualche momento con te, con la scusa delle lezioni di cucina. Ho capito che mi stavo innamorando sul serio, proprio di te... e pensare che all'inizio non ti sopportavo nemmeno... Non sai quante ne ho mandate a Cecchini l'altra notte, per averci interrotto!”

Ride, e non posso fare a meno di fare lo stesso. Sento il cuore battere all'impazzata, così tanto che sembra sul punto di scoppiare.

 

La nostra risata si spegne lentamente, facendo largo alla consapevolezza di quanto sta per succedere.

Stavolta, quando Marco prende il mio viso tra le mani e mi bacia, l'unica cosa che riesco a fare è ricambiare, mettendo in quel bacio tutto quello che provo per lui.

Quando ci separiamo, non riusciamo a smettere di sorridere.

Ci scambiamo ancora qualche coccola mentre fuori la pioggia infuria, poi ci addormentiamo abbracciati, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

 

***

 

La mattina dopo, quando usciamo dal b&b dopo aver riconsegnato le chiavi e ringraziato la signora, il cielo è terso. Sentire il calore del sole sul viso e la mano di Marco che stringe la mia è meraviglioso, ma mai quanto il bacio che mi dà all'improvviso, cogliendomi alla sprovvista.

Ricambio il suo gesto con trasporto, ancora incredula.

Ci affrettiamo a salire sulla sua moto per tornare a casa. Per mia fortuna avevo già pensato di spostare il mio turno a pomeriggio, considerando che comunque avremmo fatto tardi.

Quando arriviamo, a Spoleto splende il sole. Marco mi accompagna fin davanti casa.

“Allora... ci vediamo più tardi?” Chiede, anche se ovviamente conosce già la mia risposta.

“Certo!”

Mi lascia un delicato bacio sulle labbra prima di lasciarmi entrare nel palazzo.

 

Non appena apro la porta di casa, mia sorella si fionda addosso a me, abbracciandomi di getto.

“Chiara! Si può sapere che hai?” Le chiedo, senza capire.

Lei mi libera dalla stretta. “Come, che ho? Ho sentito il rumore della moto e vi ho visti dalla finestra! Ti ha baciata! Quanto sono felice per te!!” Esclama, tornando ad abbracciarmi.

Io stavolta ricambio la stretta.

 

Poco dopo, il mio telefono suona avvisandomi dell'arrivo di un messaggio.

Marco.

So che ci vedremo di nuovo tra poco, ma volevo dirtelo comunque adesso. Cena a casa mia, stasera?”

Sorrido.

Non vedo l'ora.”

 

 

 

   
 
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