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Autore: felinala    26/06/2018    8 recensioni
Quella che era cominciata come una normalissima giornata di scuola, si trasforma presto per Gohan e Videl in un'occasione in più per scoprire nuovi lati di sè e... dell'altro. in una parola per conoscersi.
[seconda classificata al contest "creazione sperimentale di intimità personale" indetto da Ame Tsuki sul forum di EFP]
[partecipa al contest "Aiutiamo le specie in via d'estinzione!" indetto da Rohan sul forum Efp]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gohan, Videl | Coppie: Gohan/Videl
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NA: ringrazio chiunque leggerà. partecipa al contest "creazione sperimentale di intimità prsonale" indetto da Ame Tsuki sul forum di efp. http://www.freeforumzone.com/d/11481388/Creazione-sperimentale-di-intimit%C3%A0-interpersonale-Multifandom-Originali-/discussione.aspx (per chi volesse dare un'occhiata a come sia strutturato e alle domande questo il link) IMPORTANTE: le parti in nero di Gohan, la parte colorata  è pow di Videl
 
 
CONOSCERSI
 
 
 

"...The most diverse group of animals, they include more than a million described species and represent more than half of all known living organisms..."
Controllo sconsolato l'orologio che porto al polso e reprimo a fatica un sospiro, sperando che nessuno lo noti... Dopotutto ho una reputazione da difendere.
Sono solo le undici meno un quarto in quest'assolata e tranquilla mattina tra i banchi del liceo di Satan City, e qui regna la noia e la voglia di essere altrove.
Cominciando pigramente a roteare la matita tra le dita, penso che le innumerevoli ore passate diligentemente sui libri per ordine di mia madre, nella mia tranquilla stanzetta tra le montagne dei Paoz, non mi abbiano certo preparato a sentire quella monotona litania che sta uscendo dalle labbra della bionda professoressa di inglese.
Se anche il tono poco entusiasta non fosse bastato, la donna sta  leggendo della vita degli insetti, essendo parte del programma  delle materie bilinguistiche, nonché uno degli argomenti già trattati in scienze.
Non c'è bisogno di guardare il resto dei compagni di classe: so già che sono nel mio stesso stato d'animo annoiato, se perfino io che sono reputato il “secchione della classe”, come amabilmente mi apostrofa Sharpner, lo sono.
"...The number of extant species is estimated at between six and ten million, and potentially represent over 90% of the animal life forms on Earth. Bene, sta per suonare la campanella della prima ora ragazzi, cinque minuti di pausa come al solito, poi riprendiamo!"
All'istante, molti alunni della classe si alzano in piedi chiacchierando, ansiosi di approfittare dell'agognata pausa per sgranchirsi le gambe.
Sto per fare la stessa cosa quando vedo che Videl, di solito sempre energica e pronta ad approfittare di queste pause per  un caffè o anche solo per una passeggiatina, è invece rimasta al suo posto, abbassando lo sguardo sul proprio quaderno con fare mogio.
“Hei, tutto bene?” le domando rinunciando a mia volta ad alzarmi dal posto.
“Eh? Ah, sì, certo grazie, sono solo sovrappensiero… ” mormora senza alzare lo sguardo.
Quel comportamento è così insolito che decido di insistere:
“Sicura?” chiedo toccandole leggermente una spalla per ottenere la sua attenzione in mezzo al vociare degli altri ragazzi.
Un piccolo sorriso e un sospiro le sfuggono prima di replicare con un mesto:
“È che domani sarà l’anniversario della morte di mia madre, se l’è portata via il cancro cinque anni fa e da allora io e papà siamo rimasti soli… la vita va avanti, ma io e mio padre ci siamo ripromessi  di tenere vivo il suo ricordo e così tutti gli anni, in questa data, ceniamo noi due da soli e la ricordiamo con vari aneddoti e racconti... Non fraintendermi, non mi dispiace ricordarla, ma mi mette tristezza non poterla rivedere più… vorrei… ah, ma tanto non è possibile…”
“Vorresti…?”
“Mi-mi piacerebbe averla accanto ancora una volta per dirle che le voglio bene, se fosse possibile anche il tempo di una cena sarebbe sufficiente e tra tutte le persone vorrei ci fosse lei; le cucinerei i suoi piatti preferiti e staremmo insieme ancora qualche ora soltanto… ”
La sua voce si fa più flebile, lo sguardo velato e sento il bisogno di dirle che capisco perfettamente; infatti mormoro:
“Sai, anche io se fosse possibile farei lo stesso:  mio papà…  è tanti anni che non lo vedo, è morto sette anni fa, lasciando un enorme vuoto nella nostra famiglia e…”
Vengo interrotto dallo squillo del dispositivo che Videl porta sempre al polso; è come sempre il commissario di polizia che le sta chiedendo se può aiutare a fermare una banda di criminali che stanno tentando di rapinare una gioielleria.
Un moto d’ira mi assale e cerco di trattenermi per non trasformarmi in super sayan davanti a tutti: ogni giorno c’è qualcuno che commette qualche dannato reato e cerca di rapinare o far del male ad altre persone che ritengono più deboli… ma che razza di società subdola e prepotente è questa!?
Ma prima che possa arrabbiarmi sul serio o decidere se seguire in incognito la coraggiosa ragazza nel suo lavoro da paladina della giustizia, la sento dire con tono sollevato, ma forse un po’ deluso:
“… Ah, d’accordo, se sono arrivate anche le forze speciali non dovrebbe servirvi il mio aiuto… No, si figuri, non mi ha disturbato, sono sempre a disposizione!”
Per poi chiudere la chiamata con un sospiro, giusto mentre la campanella della seconda ora di lezione sta suonando annunciando la fine della nostra pausa.
“Uffa, si riprende inglese…”  afferma poi in tono mogio riafferrando di malavoglia la matita.
“Eheheh, scommetto che ti sarebbe piaciuto di più andare a combattere qualche rapinatore…” la punzecchio di rimando pensando che, effettivamente, sarebbe interessato assai di più anche a me.
“Beh, più d’azione lo sarebbe stato sicuro…” fissa leggermente torva la professoressa, che ha ripreso a leggere la vita degli insetti con perfetto accento british prima di proseguire: “Ma sappi che non è così piacevole come può sembrare: ci sono state volte in cui ho  pensato veramente che ci avrei rimesso la vita e non lo prendo di certo come un gioco o uno svago visto che contano su di me per salvare delle vite.  Ma lo faccio volentieri se posso essere di aiuto, dopotutto sono la figlia del campione del mondo e salvatore della Terra  e tutti se lo aspettano… è il prezzo della notorietà, diciamo!” poi aggiunge con un sorrisetto furbo: 
“E TU? Non ti piacerebbe essere famoso per qualcosa?”  pungolandomi con la punta della matita un fianco.
Accidenti questa non me l’aspettavo. Inizio a sudare freddo… come glielo dico che sono io Great Saiyaman? E che quando avevo dieci anni ho praticamente salvato la Terra da solo dalla pazzia di Cell?’
Faccio un sorriso stentato e rispondo: “No… non mi piace molto la notorietà… ”
“E ti sarà piaciuta ancora di più dalla mia descrizione, vero? Beh ci sono dei privilegi, forse, come l’evitare delle code chilometriche al ristorante, ma anche tante scocciature come la gente che ti riconosce per strada, i fotografi invadenti e… poi mio padre che a volte è davvero imbarazzante…”
Dobbiamo interrompere per un paio di minuti il nostro confabulare, dato che la professoressa sta camminando nella nostra direzione e non vogliamo certo venire ripresi.

Quando torno a distogliere lo sguardo dal libro, noto che lei sta scrivendo, anche se un po’ troppo velocemente perché siano appunti. 
“Che scrivi?” chiedo vendicandomi dello scherzetto di prima tracciando uno scarabocchio sui suoi nuovi appunti.
“Curiosone!” sbuffa scacciandomi, manco fossi una mosca “Stavo facendo le prove per una telefonata che devo fare domani per conto di mio padre, siccome non mi piace affatto stare troppo al telefono, mi sto preparando il discorso, diciamo… a te capita mai?”
“No… veramente non mi capita mai… eheh, non chiamo molta gente, veramente…”
“Beato te, a me invece tocca sempre riceverne con questo aggeggio che ho al polso e per di più a volte devo prendere appuntamenti a destra e a manca per me o per mio padre, che per esempio a breve dovrà farsi vedere un ginocchio dato che si lamenta che ha male… sinceramente? Il giorno perfetto sarà quello in cui non riceverò più chiamate da nessuno, soprattutto dalla polizia che mi deve chiedere aiuto per un criminale perché non è successo nulla di particolare, e potrò andarmene bellamente al mare, magari con te…? Invece di stare ad ascoltare la prof blaterare di insetti…”
Mentre esprime senza mezzi termini questo breve sfogo, condito da sbuffi assai poco eleganti, la guardo tra il divertito e il basito e, mentre penso a che diavolo replicare, resto in silenzio fingendo di stare a sentire la lezione.
“Senti ma… e per te? Com’è  un giorno perfetto?” mi sussurra dopo un minuto buono.
“Ah e chi sarebbe ora la curiosona? A me piace molto passare del tempo con il mio fratellino Goten. Mi piacerebbe allenarmi un po’ con lui, come mio papà faceva con me quando ero piccolo… La giornata perfetta sarà il giorno in cui mia mamma non avrà nulla da ridire al riguardo…” 

“Very good! Ci sono domande su ciò che è stato appena letto?” esclama la professoressa, probabilmente ignara del fatto che i suoi alunni stanno facendo tutt’altro; proprio per questo è una sorpresa vedere Sharpner, di solito sbruffone e annoiato, alzare la mano quasi con entusiasmo.
Quando la professoressa gli dà il permesso di parlare però, la perplessità comincia a regnare nella stanza  al sentirlo chiedere con palese finta titubanza: “Prof…  avrei una splendida idea per far restare ancora meglio in testa questa lezione sulla vita degli insetti… posso proporre una canzone? Però non è in inglese, prof, e quindi dovrebbe tradurcela, se se la sente….”
E alla  risposta entusiasta di lei (“Of course!  La musica aiuta sempre la memoria! Prego mr. Sharpner, venga vicino a me!”) si alza dal posto tra la curiosità generale.
Sento poco distante da noi Erasa trattenere a fatica una risata, forse perché al corrente di ciò che il suo amico ha in mente; Sharpner si mette di fronte alla classe con fare quasi solenne.
Ma è un attimo e quando comincia a cantare capisco perché Erasa stesse sghignazzando:
“Il ragno sa bene che si va al podere con schede firmate da prede incollate alle tele, ci sa fare, la vespa gli concede l'alveare: "Abbiate fede, le cose stanno per cambiare", vaneggia, vive in una reggia e cicaleggia ad oltranza comizi della sostanza di una scoreggia, mostra cimici, cita saggi e si pavoneggia, noi scarafaggi…”
Mentre il caos e le risate si impadroniscono della classe, noto Videl schiaffarsi con aria esasperata una mano in faccia:
“Gli insetti del podere… va bene che l’ora è stata noiosa, ma proprio Caparezza doveva tirare fuori quell’idiota per movimentare la lezione di inglese?” la sento mormorare poi vagamente sconsolata.
E c’è da capirla visto che il nostro compagno di classe sta pure allegramente ballando senza troppo ritmo o grazia nel ristretto spazio tra la cattedra e i primi banchi.
“Eheheh! Beh, l’argomento insetti non è esattamente molto gettonato tra le canzoni direi, quindi o sceglieva questa o qualcosa per bambini...”
“Ok, ma povera prof, non se lo meritava... guardala: ha la faccia spiazzatissima e ora la classe è fuori controllo,  ti pare il caso? E ‘sta canzone astrusa con balletto annesso poi? No, grazie io non lo farei mai!”
“Maddai, Videl è quasi la fine della lezione dopotutto… e poi aveva ragione Sharpner: dopo questo spettacolino difficile scordarsi la lezione di insetti in inglese…” o almeno credo sia questo il pensiero generale anche visto il caos che regna attualmente in classe “A te non piace cantare deduco?” aggiungo poi.
“Scherzi? Il problema è di Sharpner, non senti che è stonato peggio di una campana? E balla pure male… Comunque: anche se può non sembrare, fino a non molto tempo fa facevo parte di un coro e mi piaceva anche… poi però son successi alcuni spiacevoli fatti che uniti col sempre minor tempo disposizione mi hanno fatto smettere questo piccolo hobby…  e ora canto solo per i fatti miei possibilmente in camera a porte chiuse! ”
Un’altra informazione sorprendente…
“E tu non canti? Vorrei proprio vederti in azione anche se, timido come sei, ho l’impressione non sia esattamente la tua attività preferita…” chiede poi sghignazzando.
“Cantare? Mhmm… lasciami pensare… due settimane fa, al compleanno di mia mamma… abbiamo fatto una festa a casa, con Goten abbiamo preparato la torta e abbiamo festeggiato!”
“Ah, beh, sì, ai compleanni non ci si può molto sottrarre in effetti…”  sembra tornare cupa come durante la pausa: abbassa lo sguardo e sembra concentratissima nel creare inutili ghirigori con la penna rossa attorno ai pochi appunti che ha preso.
“E adesso a che stai pensando? Sono vermi quelli che stai disegnando? Sai, non credo che i vermi siano insetti… Videl? Ci sei?” dico più per distrarla che altro.
Non risponde subito, sembra riordinare le idee, prendere tempo; solo quando decido di distogliere lo sguardo, posandolo sulla classe ora più calma grazie agli sforzi della professoressa, con tono mesto si decide a parlare:
“Mia madre è morta di tumore al cervello, per sua fortuna, visto che ci avevano detto che non c’era nulla da fare, il male ha avuto un decorso piuttosto rapido, anche se abbiamo fatto a tempo a vedere il lato peggiore, quando il corpo non rispondeva più per esempio…. Stavo riflettendo sulla correlazione e la dinamica tra corpo e mente, inscindibili a loro modo (perché vanno di pari passo e se non c’è coordinazione sono guai)  e sul fatto che sarebbe strano se non fosse così …  E se per assurdo avessi la possibilità di vivere fino a 90 anni mantenendo la mente o il corpo di un trentenne per gli ultimi 60 anni della tua vita? Tu cosa sceglieresti?”
Devo averla guardata con un espressione davvero basita per quella domanda  piuttosto strana perché subito dopo aggiunge con un sorriso: “Sì, lo so, è una domanda bizzarra e non so nemmeno se te l’ho posta decentemente… non so davvero che mi sia preso, magari sono impazzita,  a furia di sentir parlare di insetti che dici? Loro non hanno di certo di questi problemi, vista la lunghezza media della loro vita…”
“Beh, non è una domanda banale e nemmeno la risposta è scontata credo, ma  di sicuro non è… ehm… una di quelle domande che ti passano di solito nei cinque minuti di ozio quotidiano…” comincio a dire, mentre per la mente mi passa il pensiero che tutti noi saiyan, in effetti, invecchiamo fisicamente molto più lentamente dei terrestri.
“Visto che me l’hai posta: Tu cosa sceglieresti?” chiedo prendendo tempo.
“Scelta ardua, quasi impossibile in effetti, vero? Ma hai ragione te l’ho posta per prima… quindi ti dirò che io sceglierei… il corpo.  Vero, la mente è la cosa più importante solitamente, ma pensaci: una mente trentenne in un corpo destinato ad invecchiare, fino a diventare quello di un novantenne… come potrebbe stare secondo te?  E d’altronde, ho spesso notato che pur se la mente invecchia lo fa in un certo senso più lentamente rispetto al resto, ci sono novantenni con ancora una buona memoria o che fanno ancora molto e se nel caso capitasse qualcosa alla testa e non al corpo… beh, in quel caso saranno cavoli acidi per gli altri in definitiva visto che una mente “persa” non se ne accorge di fatto quasi mai… allora? Hai avuto tempo per pensarci? Ti ho convinto o no?”
“Penso che sceglierei la mente… per non ‘perdermi’ mai. E poi sono convinto che la mente arriva dove il corpo fatica anche solo ad immaginare…”
“Capisco… siamo divergenti pare…  chissà che cosa ha in serbo la vita poi…. Meglio non pensarci, anche perché sto facendo domande astruse e quasi filosofiche, decisamente non da me! E poi potrebbe venirmi in mente pure qualcosa di assolutamente cospiratorio e in tema come: Hai un presentimento segreto sul modo in cui morirai? Io credo che morirò per la vergogna di un qualche passo falso fatto in pubblico prima o poi… o su un letto, ma spero d’improvviso… sarebbe bello mentre faccio qualcosa di divertente almeno, tipo bunjee jumping! Ecco ora però sto morendo d’imbarazzo quindi tocca a te!”
“Dieci a uno con qualche onda energetica di qualche alieno…” mormoro…
“Cosa?” domanda lei non avendo minimamente udito il mio pensiero.
“Dicevo che no, non penso mai a queste cose…”
“Eh, ma uffa! Che evasivo che sei! E io che mi sono messa a fare l’elenco strano! Basta non ti parlo più e sto a sentire la prof…  Tanto non abbiamo un bel niente in comune…” Brontola imbronciandosi.
“M-ma, che hai adesso? Guarda che la lezione è noiosa come prima… e  poi  non è vero che non abbiamo niente in comune!” esclamo praticamente alla sua schiena, tanto si è accoccolata sul banco a braccia conserte, fissando ostinatamente la prof spiegare un altro brano sugli insetti.
Mi guarda di sbieco, manco fossi diventato io l’insetto (ma che le è preso?), ma bofonchia  un:
“… Tipo…?” dato che è troppo curiosa per resistere.
“Cosa abbiamo in comune? Mhmm,  vediamo… la giustizia, le arti marziali e… la noia per le lezioni di inglese?” dico sfoderando un sorriso innocente.
Se speravo di placarla mi sono sbagliato di grosso e sembra ancora più indispettita di prima; alza gli occhi al cielo, sbuffa e, anche se non riesco a cogliere tutte le parole del suo discorso sibilato, sono quasi certo di aver sentito un “cretino” nel mezzo…
“Prego? Che ho detto che non va adesso scusa? Sono tutte e tre vere eh! Quindi perché fai l’offesa? Tu che ci avresti messo?”
“Ho detto che sei un superficiale, tonto, cretino… qualcosa di più generico la prossima volta? Tipo “abbiamo i capelli neri, due braccia e due gambe?” Banana! e questa è la mia di risposta!” conclude facendo una linguaccia e tornando a voltarsi dall’altra parte.
È il mio turno di sbuffare seccato: “Ma tu guarda, ci conosciamo da tre giorni scarsi, che pretendi? Chi ti capisce è bravo…” e, stufo di fissare la sua nuca, mi concentro anche io sul finale della lezione.
 
Un paio di minuti dopo la sento sospirare.
“Scusa, ho un pessimo carattere e, soprattutto in periodi non troppo allegri, mi rendo conto di sfoderarlo anche per quelle che sembrano minuzie…” mi volto verso di lei e vedo che ha di nuovo quel sorriso mesto e un po’ triste; “Di fatto sono sempre stata così, un po’ irascibile e forse sembro pure leggermente distante e a tratti dispotica, ma sono grata a questo carattere visto che, in fondo, per un motivo o per un altro, sono dovuta crescere in fretta e da sola: tra mio padre che era sempre via per lavoro, mia madre che ha cominciato ad avere problemi di salute… e poi il piccolo dettaglio di essere la figlia del campione del mondo, che non mi portava certo nuove amicizie, quelle vere, ma solo quelle di interesse… quando non era solo invidia. Di fatto la mia migliore amica è da sempre Erasa, che ho conosciuto solo qualche anno fa… mi è sempre stata vicina, soprattutto nei momenti più difficili, quando mi manca mia mamma. Le sono sempre stata molto grata per questo… sono fortunata ad avere un’amica come lei… tu invece cosa mi dici? C’è qualcuno a cui sei grato?”
“Credo… per la mia famiglia. È meravigliosa! E sono anche fortunato ad avere un amico come Junior. È più un maestro, per me… mi ha insegnato moltissimo!”
“È bello sapere che, nonostante le difficoltà di cui mi parlavi ieri dell’aiutare tua madre a crescere il tuo fratellino, siate davvero una famiglia molto unita… io e mio padre purtroppo ci siamo un po’ persi nel tempo. Lui sta dietro a suoi affari e io ho la scuola; sebbene segua le sue orme e cerchi di fare la paladina della giustizia, in realtà c’è poco altro che condividiamo certamente, e questo mi dispiace, forse se avessimo avuto più tempo e fossimo stati più insieme saremmo più  uniti… ecco forse questo del passato lo cambierei in effetti… e tu, cambieresti qualcosa? Tutti in fondo abbiamo dei rimpianti credo…”
Abbasso lo sguardo e mi faccio serio.
Se solo avessi imparato ad essere più… determinato… forse a quest’ora papà sarebbe ancora vivo…
“Gohan?” mi distrae Videl dai miei pensieri.
Rialzo lo sguardo e le dico sinceramente:
“Non lo so… forse se fossi vissuto in città, avrei potuto frequentare la scuola sin da piccolo. Mi è mancato avere degli amici da bamb...”
“Mr. Son and Miss Satan, you have to explain us your life in four minute!”
Esclama la  professoressa  con fare compiaciuto, interrompendo la nostra conversazione sussurrata (che evidentemente le dava fastidio).
Deglutisco il niente e impallidisco terribilmente.
Mi alzo e, con il mio inglese, credo terribile dato che non ho mai veramente fatto pratica, inizio a raccontarmi:
“I was born on Paoz mountain… sin da piccolo sono stato abituato a vivere a contatto con la natura. Amo gli animali e osservare le meraviglie che il mondo ci offre. Da piccolo andavo sempre a pescare con mio papà. Lui era un campione di arti marziali e mi ha insegnato molto sui combattimenti. Anche mia madre una volta ha partecipato ad un torneo Tenkaichi. Lei e mio padre si sono conosciuti proprio durante un torneo. Poco dopo il loro matrimonio sono nato io. Sei  anni fa il mio papà è mancato… per… (colpa mia, colpa mia, colpa mia...) ehm… durante un torneo. Per molti mesi sono stato triste, ma poi è nato mio fratello Goten, che assomiglia tantissimo a mio papà. Ora che ha sei anni, stare a casa e cercare un po’ di concentrazione per studiare è difficilissimo, per cui eccomi qua. Sono felice di essere in questa classe! Ma quando torno a casa mi piace allenarmi con mio fratello, anche se mia mamma non è molto d’accordo… And… That’s all, teatcher!”
“Very good, and now Miss Satan…” continua l’insegnante rivolgendosi a Videl.
Lei arrossisce, mi rivolge uno sguardo imbarazzato e si alza. Si schiarisce la voce e inizia:
“My name is Videl Satan, sono nata e vissuta sempre qui in questa città, che da qualche anno ha preso il nome di mio padre; mio padre è il famoso campione del mondo e, anche se ogni tanto mi fa arrabbiare, ne vado molto fiera; mi ha insegnato le arti marziali che pratico fin da piccola e ora aiuto la polizia  quando posso nei casi più difficili da risolvere come le rapine, i rapimenti… do sempre il meglio di me e spero che mio padre sia orgoglioso di me… that’s all, for now….”
E si affretta a  tornare  a sedere con un sospiro di sollievo.
 
“Uff.. ma non poteva chiamare qualcun altro? Magari Sharpner che le ha scombinato la lezione?  In questi casi mi piacerebbe davvero avere un’abilità particolare: diventare invisibile!”
“Esagerata, addirittura? Tanto certe cose non sono comunque evitabili… A me invece piacerebbe imparare a cucinare come mia mamma. Mi piace moltissimo mangiare e mangio tantissimo. Vorrei prepararmi da solo le cose che mi piacciono… A proposito, dove vai a pranzo? Vuoi venire con me?”
“Beh, veramente di solito porto qualcosa da casa… sai, qui vicino c’è un bel parco; è privato, appartenendo al giardino di una delle più grandi ville della città e per questo è un posto tranquillissimo e immerso nel verde. Ho ottenuto il permesso di andarci, avendo salvato la moglie del proprietario da una rapina qualche tempo fa, e da allora mi piace andare lì a pranzare… dista qualche minuto ed è comodo, vieni anche tu?”
“Sul serio? Sembra bellissimo, accetto volentieri anche perché mia madre, per paura che non mangiassi sano, ha insistito per farmi portare il pranzo da casa e ha cucinato per un esercito!” esclamo un po’ imbarazzato… in verità mia madre mi ha suggerito di evitare la mensa scolastica, vista la quantità di cibo che posso arrivare a mangiare in quanto mezzo saiyan; e così, nella cartella insieme ai libri, ho un pranzo al sacco che fa davvero concorrenza a quello di un esercito…
Raduniamo in fretta le nostre cose e ci affrettiamo a seguire gli altri fuori dalla classe e dall’edificio della High School; vedo alcuni dirigersi verso la mensa, situata nell’edificio accanto, mentre molti si affrettano verso il bar- pizzeria dall’altra parte della strada, ansiosi di sfruttare al massimo quell’ora di libertà dalle lezioni.


Videl s’incammina con passo veloce e sicuro nella direzione opposta a quella degli altri e io la seguo, curioso di vedere se il suo piccolo rifugio verde corrisponde sul serio alla descrizione che ne ha fatto, rassomigliante a un angolo di paradiso in quella città un po’ troppo grigia per i miei gusti.
Dopo circa duecento metri, si ferma di colpo davanti a un cancello in ferro battuto dietro al quale si intravede un curatissimo prato verde interrotto solo a tratti da qualche imponente albero secolare; estrae dalla tasca interna della cartella una spessa chiave che sembra antica e la inserisce nell’apertura un po’ arrugginita.
“Da questa parte! Ecco, non è un bel posto?”
E lo è sul serio.  ‘Assomiglia quasi a casa mia’ penso, mentre, dopo aver chiuso il cancello, si avvia verso un tavolo con due panche posto all’ombra di un imponente quercia.
“Questo è il mio posto preferito in assoluto, anche se ce ne sono altri così sparsi per la tenuta, ma questo è fresco e riparato oltre ad essere il più vicino all’uscita; quando piove invece uso la panca che c’è in quel gazebo lì, anche se è più vicino alla casa e mi sembra di disturbare… ” mi indica verso destra, dove si intravede la struttura di un piccolo gazebo e, poco più in là, la villa padronale, posta alla fine di un curato  viale alberato.
Sto per abbassarmi a prendere l’involto con il pranzo quando, sullo stesso viale, compare una minuta figura a me familiare.
Sulle prime penso quasi non sia possibile, ma il color confetto dei capelli e il suo spostarsi levitando seduta su una sfera non mi lascia alcun dubbio:  
“Hey! Baba! Come stai? Cosa fai da queste parti?”
“Gohan! Che piacere vederti! Io sono stata invitata qui dalla padrona di casa, una mia cliente abituale da molto tempo, per tenere una piccola dimostrazione dei miei poteri… tu piuttosto che cosa ci fai qui? E chi è la tua amica?”
“Oh, sí, scusa, Baba, lei è Videl!” dico arrossendo.
“Eheh… piacere Videl. Io sono la maga Baba.”
“M-maga?” chiede Videl perplessa.
“Certo! Vedi questa sfera? È magica, puoi vederci dentro tutto ciò che vuoi!”
“D-davvero?” chiede sempre più stupita.
“Certo! È per questo che sono tanto rinomata: posseggo il dono del terzo occhio e posso predire il futuro!  Vuoi fare una prova? Oggi ho avuto una splendida giornata proficua e mi sento particolarmente generosa: avanti, Gohan! Cosa vorresti chiedere alla mia sfera?”
Ci penso qualche secondo e poi chiedo seriamente:
“Vorrei sapere se è lei…”
“Sono io cosa?” mi domanda Videl non avendo compreso la mia domanda.
“Se sei tu… l’altra metà della mela.” Affermo arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo. Baba scoppia in una fragorosa risata e spiega:
“Caro Gohan, sei divertente quanto tuo padre! I  sentimenti e le relazioni non si possono ‘osservare’, ne andrebbe della loro giusta strada! Esilarante! Ti sei perso la domanda! Vediamo se la tua amica è più furba! Cosa vorresti chiedere Videl?”
Con un dito sul mento e l’aria assorta, lei ci riflette qualche secondo prima di parlare:
“Hai detto che certe cose non si possono indagare giusto? Allora lo chiedo più genericamente, magari funziona. Avrò una vita lunga, ma infelice o anche con qualche anno in meno, ma felice?”
La maga riflette un secondo sulla possibilità o meno di rispondere, infine scende dalla sua sfera, davanti alla quale si mette a gesticolare pronunciando una nenia strana che fa illuminare lo strano oggetto.
“Non sarà facile, nemmeno particolarmente lunga, forse, ma posso dirti che prima di passare all’altro mondo troverai  la felicità se saprai cogliere i segnali e se lo vorrai…”
Detto ciò, la maga si arrampica nuovamente sulla sfera, ora spenta e ci saluta, incurante del nostro sguardo un po’ spaesato e dei nostri saluti distratti.
 
 
Osserviamo la maga andare via fluttuando e un silenzio pensieroso cala tra noi, mentre estraiamo i nostri pranzi dalle borse e cominciamo a mangiare.
L’aria tiepida di inizio primavera fa danzare dolcemente i rami dell’albero che ci fa ombra, creando giochi di luce e quel delicato fruscio rilassante. Ripenso alle parole con cui la maga ha predetto il mio destino, una sorta di enigma che dice tutto e niente contemporaneamente. D’altronde che altro potevo aspettarmi, se perfino la mia domanda è stata enigmatica e generica? Ma poi: occorre davvero rivolgersi alla magia? Fino a cinque minuti fa nemmeno credevo esistessero le maghe, se non per finta, tipo le ciarlatane o quelle dei fumetti… lui invece l’ha salutata con cordiale rispetto, come un’anziana conoscente di vecchia data e sembrava fidarsi della sua opinione.
Già, lui…
Che cosa le ha chiesto?
Sulle prime davvero non ho capito il discorso della mela, ma poi la strana signora si è messa a parlare di non poter indagare su determinati argomenti come i sentimenti e le relazioni…
Che anche lui abbia le stesse sensazioni?
Lo conosco solo da pochi giorni, ma è come se lo conoscessi da sempre, parlare con lui mi viene facile, naturale, e ho finito col dirgli cose che nemmeno chi mi sta di fianco da una vita sa… e poi al suo invito a pranzo gli ho rivelato di questo posto, il rifugio dove ogni mezzogiorno trovo un po’ di tranquillità, in cui ho portato un paio di volte solo Erasa…
“A che pensi adesso? Da un paio di minuti fissi il vuoto e non mangi…” la sua voce mi distrae dalle riflessioni.
Mi volto a guardarlo e una risatina mi sfugge involontaria dalle labbra: ha già mangiato metà del suo pranzo con una velocità sbalorditiva e probabilmente è proprio a causa della fretta che adesso si ritrova con due baffi di sugo senza nemmeno accorgersene.
“Beh, se non altro hai perso lo sguardo assente…” è il suo brontolio perplesso alla mia non-risposta.
“Nulla di che… pensavo alle parole della tua conoscente maga… e ai sogni…” mi decido a dirgli dopo mezzo minuto, riprendendo nel frattempo a mangiare.
“Sogni? Se intendi quelli fatti mentre domiamo io non sogno quasi mai.”
“Ah, sì, anche io è raro ricordi i sogni mentre dormo, anche se so quello che i ricercatori dicono, ovvero che è una fase comune del sonno… intendevo le azioni, quelle future che vorresti fare ma non hai mai fatto…”
“Ah, sì, ho presente… beh,  a me piacerebbe andare per qualche periodo ad allenarmi con il mio amico Junior…. Mi piaceva molto allenarmi con lui, più per la sua presenza e le chiacchierate davanti al fuoco che seguivano gli esercizi, che per il gusto di diventare più forte in verità; comunque, ora che frequento la scuola, mia madre mi ucciderebbe se solo provassi a chiederglielo… e tu invece a che stavi pensando?”
“Io? Vorrei passare una giornata di solo divertimento per una volta tanto: togliermi questo orologio e… mah, magari finire in un parco divertimenti, è da tanto tempo che non ci vado, da soli non è bello e Erasa non vuole fare le giostre che mi piacciono di più, quelle più veloci… sai, ha paura…” mormoro, anche se in parte sto mentendo visto che, in realtà, più che ad azioni vere e proprie stavo pensando al futuro in modo molto più generico.
Fa una faccia stranissima a questa affermazione, come se stesse nascondendo qualcosa, ma non replica e io preferisco non indagare, facendo scendere di nuovo il silenzio, interrotto solo dal fruscio delle fronde dell’albero.
“Senti ma… tu credi nella magia? Dopotutto conosci quella signora che si reputa una maga e…” gli chiedo scettica mentre addento una fetta di pollo freddo.
“Oh, sì, Baba ha sul serio dei poteri se ti riferisci a questo, ne ho… le prove, diciamo così… anche se a volte è davvero enigmatica eheheh…”
“Mhmm, sarà, ma io ci credo poco, quello che non si vede in fondo è un trucco e lei non ha detto chissà che cosa… inoltre preferisco scrivere da me il mio destino, sono soddisfatta di alcuni miei risultati, primo fra tutti l’aver contribuito a far arrestare molti criminali tra i più ricercati; quindi credo che i traguardi siano frutto dell’impegno forse, più che del fato, non pensi? E il tuo traguardo più importante qual è? E non rispondermi ‘essere il secchione della classe’, quello non è valido…”
Lo sento borbottare qualcosa di indistinto, e mi sembra di aver sentito il nome del mostro che mio padre sconfisse anni fa ma non è possibile, mi sarò di sicuro sbagliata…
“Cosa?” gli chiedo quindi confusa.
“Aver aiutato mia mamma a crescere Goten. Ne vado particolarmente fiero!” esclama in fretta…
Troppo in fretta, anche se so che dice il vero: ho notato perfettamente il legame strettissimo che lo unisce alla sua famiglia anche se ancora non ho conosciuto né sua madre né suo fratello ogni volta che ne parla gli si illuminano gli occhi.
Accantono l’argomento magia e soprannaturale, dato che sembra volerlo evitare e continuo a sbocconcellare il mio pollo pensierosa.
In effetti sembra voler evitare tutto ciò che include le esperienze private passate, e non ho mai visto un tizio più a disagio nel rispondere in quest’ambito, che strano… 
Sembra sempre nascondere qualcosa…
“Dimmi una cosa, Gohan, so che ci conosciamo da poco ma…. Siamo amici?”
“Eh? Ehm, sì, certo, ma che domande fai?” mi chiede un po’ perplesso dalla mia uscita di punto in bianco.
“Non lo so… ho l’impressione che a volte tu sia… evasivo… Ma forse mi sto sbagliando e dipende dal fatto che ci conosciamo da così poco tempo e che tu sia restio a fidarti subito ci sta…”
‘Anche se io l’ho fatto, mi sono fidata…’
“Se non vuoi rispondere a certe domande dillo, mi sta bene, ma tra amici non ci si dovrebbe mentire quindi…”
“Ma che dici? Certo che conta anche per me: in un rapporto di amicizia bisognerebbe essere sinceri quanto più possibile e fidarsi dell’altra persona!” esclama interrompendo il mio discorso un po’ contorto.
Eppure è di nuovo a disagio, chissà che nasconde…
“Se lo dici tu…” ribatto scettica mentre lo vedo finire l’ultimo boccone di panino e… scartare una confezione di Ramen? Ma quanto diamine mangia…?
Si infila un boccone gigantesco in bocca e per un secondo incrocio il suo sguardo; il mio deve essere decisamente interdetto per quella quantità astronomica di cibo e adesso mi pare parecchio imbarazzato…
Ingoia in un attimo quell’enormità, accompagnandola con un sorso d’acqua.
Quando apre bocca di tutto mi aspetto tranne:
“Sai, uno dei miei ricordi più cari, forse quello a cui tengo di più è stato il mio decimo compleanno; avevo appena passato un lungo periodo di tempo ad allenarmi con mio padre, pochi giorni soltanto prima che scomparisse… era stata una bella festa in famiglia, non sontuosa, ma allegra; avevo ricevuto i regali e c’era la torta gigantesca fatta dalla mamma…  durante il pranzo io e mio padre ci eravamo abbuffati di Ramen, per questo, forse, quando lo mangio, spesso mi torna in mente l’episodio… eheheh. C’è anche una foto appesa in salotto che ci ritrae in un modo buffissimo, con la bocca strapiena di spaghetti e lo sguardo perplesso perché mamma stava ridendosela sotto i baffi mentre scattava quella foto… è stata l’ultima volta che abbiamo festeggiato in famiglia e le nostre ultime foto insieme, prima che accadesse quello che è accaduto e vedessi morire mio padre sotto i miei occhi, il mio ricordo peggiore in assoluto, credo, e uno di giorni più brutti della mia vita…”
Abbassa lo sguardo, sicuramente per la tristezza che il ricordo deve aver provocato; spero non ci sia anche del pentimento da parte sua per avermi raccontato di un periodo tanto difficile della sua vita, e capisco che l’ha fatto anche a causa della domanda-accusa che gli ho rivolto poco fa, come se volesse dimostrarmi che mi sbagliavo sulla sua evasività.
“Beh, il mio ricordo più caro… ehm… potrebbe essere l’ultima volta che sono stata al mare con i miei genitori: non ero molto grande all’epoca, ma me lo ricordo molto bene. L’acqua era bellissima  e avevamo passato delle magnifiche giornate in spiaggia. Un giorno in particolare, poi, avevamo costruito un enorme castello di sabbia insieme ad un paio di amichette che mi ero fatta, delle vicine di ombrellone che poi non ho mai più rivisto, e mio padre si era messo a inventare dei racconti su un granchio giramondo!” sorrido al ricordo, pensando che forse un giorno gli avrei mostrato anche i disegni delle storielle che mi ero impuntata a fare i giorni seguenti; sono ancora in giro per casa, in soffitta probabilmente.
“Il mio peggior ricordo però non è il giorno della morte di mamma, ma il giorno in cui scoprimmo del suo male e ci dissero che le restava poco, nel migliore dei casi un anno: poi… Ci si rassegna, se se ne ha il tempo…” mormoro. Ed è il mio turno di abbassare lo sguardo.
“Lei è stata coraggiosa,” dico spezzando l’ennesimo silenzio, “per non impensierirci troppo, ha tentato fino all’ultimo di mantenere certe abitudini, di fare come se nulla fosse… per un certo periodo è pure andata a lavoro normalmente, anche se sapeva quanto poco le restasse da vivere… ma diceva che il lavoro la distraeva e noi non osavamo ribattere… Chissà che farei io se scoprissi che tra un anno potrei morire…  Probabilmente non andrei a lavoro e mi dedicherei ai miei passatempi, alla famiglia… Realizzerei le piccole cose che non ho mai fatto forse, visto che mi resta così poco… perché che senso avrebbe mettersi ad imparare l’inglese sapendo che non lo sfrutterai, per esempio, no? Molto meglio fare altro, a meno che le anime non parlino inglese ecco…” dico cercando alla fine di sdrammatizzare almeno un po’ quello che sta diventando un discorso decisamente troppo triste per un pranzo in quel luogo bellissimo.
“Eheheh, in effetti messa così l’inglese sembrerebbe una perdita di tempo… Probabilmente io passerei il tempo che mi rimane con le persone care e farei solo ciò che mi piace fare…”
“…Come stare con gli amici?” chiedo mentre cominciamo a sgomberare il tavolo.
“Anche… ma ti dirò: tra i molti conoscenti a cui sono legato, come ti dicevo ho solo un amico: Junior. E garantisco che non è una cima di dialoghi o scambio di opinioni. Ma so come era mio papà. Molti anni fa lui e Junior si odiavano. Quando lui è morto erano grandi amici. Mio papà riusciva sempre a farsi volere bene da tutti… e credo che a suo modo anche lui volesse bene a loro. Ecco… vorrei tanto essere come mio papà: conoscere tante persone che poi diventino mie amiche per come… sono… tutto qui… che stiano bene in mia compagnia… per me è questa l’essenza dell’amicizia, il suo vero significato… capisci?”
“Certo, anche  a me piacerebbe far pare di un gruppo grande e unito, che mi accettasse per come sono… solo, penso che in verità le persone che ti accettano così per come realmente sei e puoi mostrare il fianco quando sei più vulnerabile siano poche, le persone con cui hai un legame più ‘forte’, come per me Erasa e per te il tuo amico Junior… ecco per me è questa, la vera essenza dell’amicizia… poi certo l’affetto si può provare per tante persone, anche per chi hai visto solo per una manciata di ore, giorni, per gli amici di famiglia, i parenti più stretti… l’amore invece è tutt’altra cosa…e subito mi pento di quest’ultima uscita: ma che mi è preso? E mi tappo la bocca con una mano (anche se vorrei tirarmi un pugno in verità).
“Perché dovrebbe essere diverso?” mi chiede perplesso, per poi continuare pensieroso: “Credo che la vita stessa di ognuno di noi sia la materializzazione dell’amore e dell’affetto tra due persone. Quindi al più si può discutere sui sentimenti che io provo verso gli altri. Amo i miei genitori e mio fratello e sono molto affezionato a molte persone che ancora frequentiamo. Se non provassi qualcosa per loro, credo non potrei nemmeno considerarmi ‘vivo’…”
“Beh, sì, il tuo discorso non fa una piega, dopotutto, anche senza scomodare i grandi filosofi che affermavano: ‘l’uomo è una creatura tendente all’infinito e alla ricerca del sé attraverso il rapporto con le persone’, c’è pure il Re Leone a dire che ‘siamo un'unica realtà’. Stavo solo dicendo che a mio avviso, più o meno involontariamente, siamo più ‘selettivi’ di quel che ci piace credere, anche se sì, senza rapporti umani e veri, il sentirsi vivi è un po’ difficile…”
Meno male che abbiamo cominciato a muoverci per tornare alle lezioni, forse così non noterà il mio disagio nel parlare di tutto questo…
Sto per gettare nell’apposito cestino la spazzatura del mio pasto, quando la radice contorta e nascosta dall’erba dell’albero vicino mi fa inciampare; involontariamente emetto una specie di squittio sorpreso, preparandomi contemporaneamente a sentire l’impatto con il terreno… che però non avviene: Gohan mi ha afferrata al volo per un braccio, attirandomi contro di sé.
“Ops… eheheh, grazie per avermi salvata e scusa, di solito non sono così imbranata…” mormoro avvampando mentre recupero l’equilibrio.
“Figurati, capita a tutti ogni tanto di inciampare…” afferma con un sorriso.
“No, davvero, non è da me, sei stato molto gentile…”
“Lo so, sei una ragazza molto atletica, non ti ci vedo a inciampare ogni due per tre, ma ripeto, capita… e a me non è dispiaciuto affatto salvarti…”
“Ok, va bene, ma non farci l’abitudine, eh! Potresti diventare arrogante, montarti la testa o chissà che altro… il che mi dispiacerebbe visto che andrebbe ad aggiungersi ai tuoi numerosi difetti come l’essere schivo, ingenuo, leggermente permaloso… e scommetto pure persuasivo e rompiscatole quando ti ci metti! Quindi non farci l’abitudine d’accordo?” giusto per chiarire che sto scherzando gli faccio pure la linguaccia, che diventa un sogghigno al sentirlo sbuffare.
“Ah-ah, simpatica davvero, come se tu non fossi insistente, lunatica, testarda e molto spesso troppo orgogliosa preferendo così fare tutto da sola...”
Sghignazzo di nuovo, scuotendo la testa:
“Vedi che avevo ragione sulla permalosità? Ma tranquillo, immagino siano ben compensati… sai essere molto dolce, sai tirarmi su di morale anche in questi giorni in cui sono un po’ giù, sei interessante e affascinante… ”
Inaspettatamente si ferma e mi prende il volto accaldato con una mano, obbligandomi a guardarlo negli occhi:
“Sai, dovresti farlo più spesso, mi piace quando sorridi, sei sempre allegra nonostante tutto e hai lo sguardo sincero…”
Distolgo a fatica lo sguardo, mi volto e riprendo a camminare velocemente verso l’uscita di quel piccolo paradiso, asciugandomi velocemente una lacrima solitaria dalla guancia.
“Hei! Videl frena! Che è successo adesso?” mi raggiunge in due falcate, ma non lo guardo, mi limito ad armeggiare con la borsa, cercando la pesante chiave del cancello per poterlo richiudere.
“Niente di che non preoccuparti; solo, mi sembra un discorso così strano, anche perché non ho avuto chissà che motivi per sorridere, né in questo periodo né nell’infanzia con entrambi i miei presi dal lavoro, anche se quando c’erano siamo stati felici e mi sono sempre sentita al sicuro e amata… scommetto che invece la tua di infanzia sarà stata felice e spensierata visto il rapporto con la tua famiglia… ”
“Non sai quanto ti sbagli… No, non ho avuto un’infanzia facile. Crescere con la responsabilità di essere l’uomo di casa dai dieci anni in poi facendo da supporto a mia madre aiutandola non è stato affatto semplice  Ma non posso dire di avere avuto una vita mediamente triste.  I miei genitori mi hanno sempre amato, credo non ci sia nulla di più positivo per un bambino.”
“Capisco…” mormoro mentre, di fronte a questa descrizione, seppure un poco scarna, sorrido, cercando di immaginarlo bambino; chiudo il cancello e ci avviamo in silenzio verso la scuola anche se non ho per nulla voglia di tornare alle lezioni.
D’improvviso una strana idea si fa strada nella mia testa e, prima che sia troppo tardi o possa pentirmene, sparo:
“Sai cosa mi piacerebbe fare? Potremmo saltare questa lezione, scommetto che piacerebbe di più anche a te visitare un po’ la città o, ancora meglio, andare a visitare l’acquario che c’è verso la periferia! Potremmo prenderci un bel gelato e rilassarci un altro po’ sulle colline dei dintorni, che dici?”
Mi guarda con aria un po’ stranita, forse non si aspettava che fossi tipo da marinare la scuola e di norma avrebbe ragione, ma sento il bisogno di fare qualcosa di diverso e al diavolo se la cosa sembra trasgressiva.
“Beh, ma io… davvero non saprei… non mi sembra il caso e poi se lo scopre mia madre mi ammazza, dico sul serio…”
“Uffa… potremmo sempre usare la scusa del mio lavoro di paladina della legge, sai? Potrei dire che ti ho ‘rapito’ perché eravamo insieme a pranzo quando mi hanno chiamata in servizio e ti ho proposto di venire con me… ma che razza di rapporto hai con tua madre? La mia era più permissiva, anche se ammetto che nemmeno lei avrebbe approvato questo mio piccolo capriccio…”   brontolo un po’ delusa.
“Mia madre? Lei è molto… particolare… diciamo… è molto…. Si preoccupa molto, o meglio, troppo, che io e mio fratello studiamo e ci impegnano tutto il giorno in questo. È convinta che senza istruzione non si combini niente nella vita. Una volta abbiamo anche… litigato per questo…”
“Litigato? Per cosa?” chiedo adesso perplessa: più ne sento parlare, più quella donna mi sembra ossessiva su determinati argomenti…
“Era arrabbiata con me e Goten perché avevamo passato il pomeriggio nel lago poco distante da casa a pescare, anziché studiare. Quando eravamo rientrati ci aveva sgridato dicendo che se non studiavamo saremmo diventati degli scansafatiche e fannulloni come nostro padre. A quel punto mi sono arrabbiato moltissimo. Tutto si poteva dire di mio padre tranne che fosse un fannullone scansafatiche. Non le ho parlato per due giorni…”
“Sei stato davvero due giorni senza parlare con tua madre?”
“Già… vedi, io la amo incondizionatamente. La rispetto e la stimo per aver cresciuto da sola me e mio fratello. Ma a volte non la capisco. Si è sposata con mio padre che erano entrambi molto giovani ed è stata lei a chiederlo a lui. Mio padre ha sempre avuto molto più interesse a combattere che ad avere una famiglia e se col tempo io e mia madre forse siamo diventati la sua ‘motivazione’, lui questo a noi non l’ha mai detto, ma so che è così. Lei invece, credo che sia convinta che mio padre l’abbia volutamente abbandonata, ma credimi ha sempre pensato solo a proteggerci… per questo a volte non la capisco..."
Oh, io invece capisco bene caro Gohan… dopo questo racconto credo di capire tua madre… e anche te, che nomini quell’uomo evidentemente particolare che ami incondizionatamente nonostante le sue assenze, un po’ come io adoro il mio nonostante gli imbarazzi che mi procura ogni tanto e il suo esserci a volte soffocarne altri per niente…  penso con un filo di tristezza, guardandomi bene però dal dirlo a voce alta.
Siano quasi arrivati all’ingresso, qualche passo e ci vedranno; lo vedo tentato, ma non oso certo premere perché mi accompagni e fargli passare poi dei guai…
“Allora? Lezione o passeggiata?”
Chiedo con un sorriso, pur conoscendo la risposta…
 

 
“Bene ragazzi. Ora mettetevi a coppie e compilate le schede con gli esercizi che ho distribuito…” la voce del professore rimbomba per la stanza mentre distribuisce il materiale.
“Videl, bisogna dire tre frasi a testa con NOI… Videeel? Videl!” la richiamo all’attenzione alzando leggermente il tono di voce. “Ci sei?”
Alza gli occhi al cielo e sbuffa un sonoro:
“Che pizza! Inizia tu.”
“Ok… Noi abbiamo pranzato assieme. A noi questa lezione pomeridiana annoia moltissimo. Noi potremmo consolarci più tardi andando a prendere un gelato assieme…” le dico facendole gli occhioni dolci.
Incrina le sopracciglia in uno sguardo serissimo e, strappandomi di mano il modulo da compilare, borbotta: “Ma tu guarda che razza di esercizi… e tu: di nuovo? Va bene, non mi ripeterò negli epiteti, non avrebbe senso; dunque: noi? Noi potevamo marinare la noiosa lezione, noi prima o poi andremo a fare una bella gita fuori porta; noi più tardi andremo a mangiare un gelato, decisamente sì!” afferma leccandosi le labbra.
“Oh! Così mi piaci! Prima il dovere e poi il piacere, giusto? E poi non è importante quanto tempo si condivide con qualcuno: bastano anche pochi, ma intensi minuti per essere felici, non credi?” la incoraggio.
“Beh, sì, ci vuole anche la persona giusta…” mormora languida.
“Già, quando la troverò, sarei felice di condividere con lei il mio futuro, la pizza take away, i miei segreti…”
 “Uh! Un gelato, i momenti di gioia, i miei problemi, le uscite, gli interessi…” continua la mia frase azzeccando la maggior parte delle cose che volevo aggiungere io stesso…
Ci guardiamo negli occhi e attraverso l’azzurro inconsueto delle sue iridi mi sembra di poter quasi sentire la sua anima sincera e pura.
Videl, cosa mi stai facendo?
Sento il mio cuore che batte forte, e d’istinto sposto lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra. Quando se le inumidisce, il desiderio di appoggiare le mie sulle sue diventa quasi irrefrenabile. Sento il viso avvampare e, per non darla vinta all’istinto di baciarla, sospiro e riprendo in mano il modulo che abbiamo a malapena iniziato a compilare.
“Meglio proseguire…” mormoro imbarazzato.
“Dunque, qui dice: spiega al tuo partner le cose di te che sarebbe importante che sapesse, se diventaste molto amici…”
“Ma che noia, siamo ancora ai congiuntivi e condizionali! Uffaaaaaa!”
“Parla il secchione, guarda che queste cose le sbagliano un sacco di gente sai? Ma ti avevo detto che dovevamo andarcene… comunque,  eddai, Gohan! Non prenderla così! Alla lettera, intendo. Questo esercizio lo stai facendo CON ME. Noi siamo già amici… Prova a formulare delle frasi come se volessi diventare… non so, un po’ più che un mio… semplice… amico…” afferma abbassando lo sguardo e arrossendo vistosamente.
“Mhmm… Ok, ci provo… Se diventassimo più che amici, dovresti sapere delle cose di me che potrebbero leggermente sconvolgerti… tipo che… Potrebbe essere che io, la mia famiglia e tutti i miei amici, non saremmo esattamente di queste parti…”
“Credo si dica ‘non siamo di queste parti’.  Siete immigrati, cosa cambia?”
“Eheh… niente, in effetti… Ma potrebbe essere che, in futuro, o semplicemente se ci conoscessimo più… ehm… intimamente… tu ti accorga… ehm… della differenza… sì…” spiego imbarazzatissimo. Come faccio a dirle che, fino qualche anno fa, avevo la coda?
“Stai bene, Gohan?” mi chiede sospettosa probabilmente visto il mio preoccupante color pomodoro.
“Ma sì, certo! Perché non rispondi tu, ora, alla domanda?”
Alza gli occhi al cielo prima di affermare un candido: “Se diventassimo più che amici dovresti sapere che… di norma posso essere molto affettuosa, ma anche molto gelosa dei pochi affetti che riescono a sopportarmi. Pensi di riuscirci, a sopportarmi dico, Tu?” e la sua faccia minacciosa, accompagnata dall’indice che mi punta contro, non promettono niente di buono, no davvero…

 “Per fortuna che anche questa lezione è finita. Non ce la facevo più. Andiamo a prenderci quel famoso gelato?” chiedo circa trenta minuti dopo, mentre usciamo accodati al resto degli studenti dalla porta principale
“Ma certo! Se vuoi puoi pure accompagnarmi a casa, potresti fermarti a cena da me! Ehm.. cucino io però… dovrai accontentarti temo, ti avverto che non sono un granché…” mormora arrossendo.
“Oh, grazie! Per il cibo non c’è problema, non sono poi così esigente… Ma dovrei avvisare mia mamma che arriverò un po’ più tardi… sai è apprensiva  e se non torno in orario è capace che si disperi per poi, quando mi avrà davanti, ruggire come un drago imbufalito eheheh, faceva un sacco paura anche a papà in quello stato…”
“Davvero? Questa descrizione di tua madre suona sempre più… inquietante… Ma, Gohan, se parti dopo cena per tornare a casa, ci arriverai domattina visto dove abiti! Puoi fermarti a dormire a casa mia, per una volta. Facciamo i compiti per domani in compagnia di quel benedetto gelato che così ci tira su il morale, ceniamo, dormiamo e domani torniamo a scuola assieme (non necessariamente in quest’ordine). Cosa ne pensi?”
Che, anche se tu non lo sai, invero ci metterei dieci minuti trasformato in super sayan… è il mio primo pensiero;  ma apprezzo troppo quell’invito, e poi ho ancora voglia di stare con lei quindi mi lascio sfuggire un allegro:
“Sai, Videl, questa è una delle cose che adoro in te. Sei sempre così spontanea! Ci conosciamo appena e… Ma pensi che tuo padre sarà contento di avere un say… ehm… un ragazzo in giro per casa?”
“Lui sta sempre ad allenarsi e io sto sempre da sola… stasera poi so di per certo che non rincaserà: ha una conferenza all’estero e si fermerà fuori, ho pure dato la giornata libera alla governante e quindi…”
“Vuoi che ti faccia compagnia?”
“Mi farebbe piacere! Se ti va, ovviamente…”
“Certo che mi va! Mi piace la tua compagnia, mi sembra di conoscerti da una vita! Sei… molto… dolce, ma allo stesso tempo credo tu abbia un carattere molto deciso e determinato.”
“Grazie! Ma non è poi così difficile fidarsi di te… mi piaci un sacco e… lo sento, sento che mi posso fidare e poi sto bene in tua compagnia mi fai ridere ma sai anche essere serio, se serve.”
Intravvediamo la fine dell’ampia via in cui il liceo ha sede; poco più in là, all’incrocio con un vicolo più piccolo, c’è una gelateria.
Un sorrisino furbo si fa strada sul volto di Videl, la quale si sistema meglio la borsa sulla spalla prima di esclamare allegra:
“Oh, finalmente! Aspettavo da ore ormai, ma ora nulla potrà frapporsi tra me e un delizioso gelato! Beh, visto che verrai a casa mia offro io anche il dolce, spero che non ti dispiaccia! E adesso muoviti: chi arriva ultimo paga pegno e detta le risposte agli esercizi per casa all’altro!”
E, sotto il mio sguardo basito, corre slealmente avanti per accaparrarsi il suo premio…
 
 
“E questo secondo te dovrebbe quindi andare così…?”
“Ma certo, ovviamente! Te l’ho detto che io gli indovinelli matematici li risolvo con niente, no?” affermo sicuro mostrandole come risolvere l’esercizio.
“Sarà, ma per me resta ara-” Fumo e odore di bruciato provenienti dalla cucina interrompono il nostro quieto battibecco matematico.
Mi guarda per mezzo secondo a occhi sbarrati prima di scattare in piedi come una molla sussurrando “Oh, cavolo…” e correre in cucina.
Troppo tardi; quando mi affaccio alla porta che separa i due ambienti la vedo davanti al lavello con l’acqua che scorre; il  forno di fianco a lei è aperto e da esso fuoriesce il fastidioso odore…
“Ehm… Videl? Tutto a posto…?” chiedo non sapendo come abbia preso la cosa.
“Ti pare che sia tutto a posto?” mi sbraita dietro guardandomi male.
Mi accorgo solo in questo momento che tiene due dita sotto il getto costante dell’acqua e capisco che si è bruciacchiata pure lei, probabilmente nella fretta di cercare di rimediare.
“Ti sei fatta male. Posso fare qualcosa? La cassetta del pronto soccorso dove…?”
“No, no, tranquillo, dovrebbe passare subito, non è poi chissà che cosa… mi dispiace solo per la cena, è tutto bruciato mannaggia…” 
“Eddai, non te la prendere! Qualche anno fa ho vissuto con mio papà lo stesso episodio imbarazzante! Eravamo soli ad allenarci e ad un certo punto lui ha proposto di mettere in forno un cosciotto di maiale. Solo che poi la temperatura era troppo alta e il tempo di cottura troppo lungo e l’abbiamo bruciato completamente. Davvero imbarazzante, sì. Ordiamo la pizza?” le racconto di getto, sperando che capisca che non è poi così grave che abbia appena ridotto la nostra cena a un cumulo di resti bruciacchiati.
Le ho mentito però, o meglio, ho leggermente manipolato la realtà; ma giuro che un giorno glielo racconterò com’è andata veramente nella stanza dello spirito e del tempo: un’onda energetica per cuocere la carne non era stata una delle idee migliori di mio padre…
“Oh, beh, suppongo che non ci sia altro da fare in effetti…”  sta stringendo i denti, la scottatura deve essere piuttosto fastidiosa anche se non lo vuole ammettere.
“Beh, almeno il forno non è esploso questa volta eheheheh, sai che qualche anno fa ho rischiato sul serio? Come adesso: il forno lasciato troppo alto, per troppo tempo e… si è sentito un bel botto allora, la governante si era presa uno spavento terribile ed era pure scattato il sistema anti incendio, che cosa imbarazzante… Lo so, sono pessima, non riesco neppure a imparare dagli errori…” ha un espressione talmente mesta da stringermi il cuore, chissà perché ci è rimasta così male per la perdita di un po’ di cibo poi… ma forse è la bruciatura, chissà…
Una lacrima le scende sulla guancia, seguita da altre che si fanno sempre più copiose.
“H-hei che ti prende? Dai, non fare così su...” d’istinto l’abbraccio, sperando che serva a chiudere il rubinetto di quelle strane lacrime.
Dopo poco la sento tirare su poco elegantemente col naso e mormorare un pacato “Scusa, non è da me nemmeno questo… piangere di fronte a qualcun altro dico… se devo sfogarmi in questo modo di solito preferisco aspettare di essere da sola, magari in un posto dove nessuno può trovarmi…”
Afferra il rotolo di carta poco distante e si affretta ad asciugarsi il volto ricomponendosi.
“È  solo che è un periodo un po’… così e…”
“Non devi giustificarti, non serve. Ogni tanto accade anche a me… Quando è nato il mio fratellino per esempio mi sono emozionato… Lì davanti a tutti… che vergogna. Ma alcune sere mi sembra di sentire la voce di mio padre e la tristezza per il fatto che non ci sia più ha il sopravvento sulle mie emozioni…”
“Capisco bene… ma almeno non sono delle piccolezze come questa…!” esclama con una smorfia seccata e… dolorante.
“Senti facciamo così: adesso mi lasci medicare quelle due dita e poi ordiniamo la pizza e mangiamo ok? Magari a stomaco pieno staremo tutti e due meglio… e poi ci aspetta il dolce, no?” la prendo per mano senza aspettare la sua risposta, senz’altro l’ennesima protesta, e la riporto nel soggiorno…
 
 
La osservo mangiare la pizza e rimango incantato.
Solleva lo sguardo e con la bocca piena mi domanda:
“Che fè? Non ti piafe la piffa?”
Sorrido, soddisfatto che le mie previsioni si siano così ben avverate e che lei abbia ritrovato il buonumore e le dico la verità:
“Mi piaci tu. Sei bella e mi fai stare… bene. Sei sempre allegra e sono incantato dal tuo modo di mangiare: elegantemente ingordo…”
“Avevo fame…”
“Lo so, anch’io, come vedi.” dico mostrandole il mio piatto vuoto.
“Sì, ho visto che avevi fame… di’ un po’, mangi sempre così tanto? Sei insaziabile, lo notavo anche a pranzo… mi chiedo come caspita fai a restare così in forma… ma anche io sto bene con te, potremmo stare a parlare per ore e non mi accorgerei che il tempo passa…”
Infine, per digerire tutta quella bontà di pizza, tiriamo fuori dal freezer la vaschetta enorme di gelato che abbiamo preso prima di recarci a casa Satan: ha dentro due palline di tutti i gusti che c’erano disponibili ed entrambi ci fiondiamo  su quella squisitezza, in primis sui nostri gusti preferiti, nocciola e caffè.
 
“E se il forno fosse esploso e fossimo morti adesso?” sbotta d’improvviso lei tra una cucchiaiata di gelato e l’altra.
“Ma smettila, lo sai che non si scherza con queste cose…”
“Non stavo scherzando, e comunque guarda che anche sulla morte nonostante ‘a tutto ci sia rimedio fuorché ad essa’ si può scherzare ogni tanto... forse si può scherzare su tutto o quasi, dipende dal contesto ovviamente però: se per esempio ti mando scherzosamente al diavolo non te la prendi perché lo sai che non lo sto facendo veramente, lo stesso se ti dico che non ti voglio più bene perché sono offesa ma il sentimento.. resta…”
“Secondo me invece non si può scherzare con tutto. I sentimenti per esempio. Penso debbano essere sempre sinceri. Non si può amare o odiare qualcuno ‘per scherzo’, ecco…”
“Ti ripeto che dipende dal contesto in cui affermi le cose. Sempre” è la sua replica, mentre alza gli occhi al cielo.
“Piuttosto: tu non hai replicato! E se fossimo morti un’ora fa? Non avremmo più comunicato con nessuno… che ipotesi inquietante… rimpiangeresti di non aver detto qualcosa a qualcuno tu?”
E al mio mutismo ostinato sbuffa esasperata prima di sbottare “Eddai che ti costa rispondere? Tanto non è successo…”
“Rimpiangerei solo di non aver mai detto a mio fratello che gli voglio bene. Sono sicuro che lui sa che gliene ho sempre voluto, ma non gliel’ho mai detto, e se fossi morto adesso non avrei potuto più dirglielo. Soddisfatta adesso?”
Mi guarda un po’ stranita ma poi chiede:
“Perché non glielo hai mai detto? È evidente e lampante, è vero, ma proprio per questo non capisco perché non glielo hai mai detto. Io non ho rimpianti particolari per le cose dette, potrebbe sembrare strano, ma se mi affeziono a qualcuno glielo dico, forse non troppo spesso, non è facile, ma ci provo; quindi sarebbe un (piacevole) ripetersi se anche dovessi dire a qualcuno un ti voglio bene in più… le rare volte che ho rimpianto di non aver detto qualcosa è per non aver reagito a determinate… ‘frecciatine’ se così si può dire, ma non sarebbero così importanti da rimpiangerle in punto di morte”
“Lo so che dovrei dirglielo ma non lo reputo necessario e poi… è più forte di me…”mormoro con un sorriso mesto.
“Capisco… come ti dicevo so che non è facile da dire ma a volte… serve credimi… se succedesse una disgrazia poi….”
Si blocca e poi afferma serissima: “Altro che bruciare la cena: se il forno fosse esploso avrebbe preso tutto fuoco e qui ora ci sarebbe stato un bel falò!”
“Oh, beh, te l’ho detto che bruciare la cena era il minimo…”
“Ehehhehehe, vedi che stai imparando a sdrammatizzare sulla morte anche tu? Saremmo finirti arrosto come polli allo spiedo…. Povero papà, non avrebbe trovato più nulla ad attenderlo, nemmeno un ricordo… forse gli avrei gettato fuori dalla finestra almeno una foto di famiglia o qualcosa che ricordi noi visto che sarebbe quello che avrei salvato di materiale da questo posto… E tu cosa sceglieresti da portar via dalle macerie della tua casa?”
“Ancora con queste domande da periodo ipotetico del catastrofismo? Ma la pianti? La tuta da combattimento di mio padre comunque, perché è l’unico ricordo materiale che ho di lui…”
“Scusa è il periodo, te l’ho detto anche questa mattina, porta pazienza, tra qualche giorno torno normale e non dovrai più sopportare questi discorsi astrusi da mortorio… anzi, ti ringrazio di essere venuto a tenermi compagnia nonostante questo brutto umore, normalmente lo sfogo su Cindy, la nostra anziana governante che mi tratta quasi come una figlia o con Erasa o ancora meglio contro  mio padre, facciamo di quelle battaglie durante questi giorni…. Un giorno quando non ci sarà più mi mancherà e la sua morte mi colpirà molto… a te chi mancherebbe di più?”
Mi trattengo a fatica dall’alzare gli occhi al cielo solo perché ha lo sguardo mesto e stanco; dopo un attimo di riflessione le replico, seppure a fatica:
“Junior. Anche se non è un vero membro della mia famiglia, io lo considero tale. Un maestro, un amico, una persona vera. Penso mi distruggerebbe sapere della sua scomparsa…”
 
Riprendiamo a mangiare il gelato, questa volta in silenzio.
Lei però è sempre più mesta, come se non riuscisse a scacciare la malinconia che da tutto il giorno la assale a tratti.
D’improvviso mi viene un’idea, un’idea che in effetti potrebbe piacere ad entrambi e… aiutare entrambi, sì.
“Videl, ho un problemino…” mormoro mentre ci dividiamo l’ultimo cucchiaio di gelato al cocco.
“Un problemino?”
“Sì… io… mi sto trattenendo in un modo indicibile dal volerti baciare…”
“Oh, beh… ho lo stesso problemino pure io, che coincidenza, vero?”
La guardo negli occhi e le sorrido.
Con la mano le dono una carezza sulla guancia nivea e la vedo chiudere gli occhi, per meglio assaporare il momento.
Si inumidisce le labbra e d’istinto faccio lo stesso.
Mi avvicino al suo volto e, come calamitato dal rosso porpora delle sue labbra, la bacio.
Pochi secondi e ci stacchiamo.
Riapre gli occhi e fissa lo sguardo nel mio emozionatissimo.
“Grazie, è stato bello…” mi sussurra.
“Sì, sei felice che abbiamo risolto entrambi i nostri problemini?” le chiedo con un sorriso.
“Sono felice che tu me ne abbia parlato…”
 
FINE
 
 
 
 
NA: mi prendo un piccolo spazio per ringraziare chi ha indetto questo interessante contest
E per ringraziare di cuore SSJD, nelle vesti eccezionali (e eccellenti) di beta altrimenti temo che questa cosa sarebbe sicuramente un macello…. ^^””
A presto!
NALA
  
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