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Autore: Zoe__    27/06/2018    0 recensioni
Quella sera Jo lo guardava poco, parlava solo quando fosse necessario, ma lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Indossava quella camicia di seta anche la prima sera che l’aveva incontrata, le cadeva dolcemente sul seno, lasciando intravedere un po’ di quello che c’era sotto. Ed era per lui una calamita, si chiedeva se fosse qualcosa che avesse già visto o qualcosa di completamente nuovo ed inaspettato. Sarebbe stato così, del resto erano stati insieme solo un paio di volte e c’erano cose di Johanne che probabilmente ancora non conosceva. Come faceva lei a rimanergli così indifferente? Avrebbe voluto parlarle, posarle una mano sulla gamba che era proprio davanti alla sua e che, a tratti, lo sfiorava, morbida, mettendo a dura prova la sua resistenza. L’unica cosa di cui era certo, quella sera, era la tensione che avvertiva fra loro due e la pressione che sentiva su di sé.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Winding down

The evening

Record on repeat

A little wine

Caught in my apartment

Not that rain is falling

But we need time

You’re milk and honey

A drink I drink before bed

Don’t you feel lucky

That we can end the day like that?

 

Chiuse la porta così maldestramente che suscitò non poche proteste dai suoi vicini di casa, le lanciavano spesso le stesse maledizioni, ma lei avrebbe continuato a chiuderla in quel modo, di fretta e rumorosamente. Il fatto che Johanne fosse sempre in ritardo era noto al resto del palazzo dal primo momento in cui vi aveva messo piede, in ritardo anche quel giorno. La sua fretta aumentava senza dubbio quando, come quella sera, l’ascensore era fuori uso ed era costretta a scendere ben cinque piani di scale a piedi - per giunta con dei tacchi vertiginosi. Ma quello non era un problema, non lo era più, le scarpe ticchettavano sui gradini, chiunque avrebbe detto che si trattava di lei. 
“Scusami davvero Tan, sto scendendo le scale!” Respirava così velocemente che temeva di perdere il telefono stretto fra il volto e la spalla, mentre era troppo impegnata a legare gli ultimi bottoni della camicia.
“Lo sento” poi rise “ti aspetto, muoviti.” L’amica scosse il capo, sarebbe stata sempre in ritardo. 
“Arrivo” rilasciò un sospiro pesante “sto arrivando.” Poi sentì il vuoto dall’altra parte del telefono e lo ripose disordinatamente nella borsa, tanta era già la confusione che vi regnava. 
Arrivata davanti al portone si specchiò nel grande specchio all’entrata, sistemando la gonna nera sui fianchi, la camicia stretta fra il tessuto di quest’ultima ed i capelli.
“Dio, ma che cazzo ho in test-” il telefono suonò per l’ennesima volta, era senza dubbio un messaggio di Tania - aveva una suoneria personalizzata, per le emergenze come quella. Decise che avrebbe messo il rossetto ed il mascara in macchina, era veramente troppo tardi.

“Allora? Come hai detto che si chiama?” Tania le rivolse uno sguardo veloce mentre sfrecciava sicura verso il locale. Dovevano essere lì già da venti minuti, avrebbero detto di aver incontrato un incidente - come sempre. 
“Carter” controllò nuovamente di non aver sporcato troppo l’occhio col mascara “sono sporca?” E si voltò verso di lei. La riccia scosse il capo e tornò a guidare, Johanne si mise a sistemare la borsa.
“Anni?” 
“Ventinove.” prese il rossetto e l’applicò.
“Dio, Jo!” E si voltò seriamente verso di lei, fermatasi al semaforo “Ha trent’anni!”
“Ne ha appena compiuti ventinove, Tan!” Sospirò.
“E dove l’hai conosciuto?” Tania scosse il capo, desolata, era inutile sperare che lei potesse cambiare. Non aveva mai avuto un ragazzo che fosse della sua età o poco più grande, dovevano avere minimo quattro anni di differenza, come in quel caso. 
“Hai presente” poi pulì un angolo della bocca sporco di rossetto “hai presente quel locale… quello dove lavora Dan?” Tania annuì, ripartendo “Lì! L’ho conosciuto lì.” E tornò a sistemare il contorno delle labbra, pulendosi poi le mani con un fazzoletto che gettò senza cura nella borsa. 
“E com’è?” La guardò interrogativa, allora si spiegò “intendo…”
“Al letto?”
“Siete già andati al letto?!” Tania socchiuse per un momento gli occhi “Cazzo Jo, lo conosci da-”
“Sei settimane, Tan! Senti” iniziò, chiudendo lo specchio della macchina ed incrociando le braccia “non sono io quella che sta per sposarsi a venticinque anni, d’accordo? Insomma, siamo andati” sospirò, roteo gli occhi al cielo “a casa sua, un paio di volte, la settimana scorsa.”
“Dopo un mese ci vai a letto e non state neanche insieme!” Rilasciò un lungo sospiro “Tutti quei discorsi sull’uomo giusto e…” Inserì la freccia, entrò nel parcheggio del locale. “E quello che pensi di me e Jim, insomma Jo!” Spense la macchina, si voltò verso di lei. “Non ti ho insegnato niente?!” Era quasi esasperata, se non totalmente. Johanne la portava a livelli di disperazione inauditi quando si parlava di ragazzi. Era quel lato di Jo che non avrebbe augurato di conoscere a nessuno, perché sapeva quanto potesse essere esasperante. Era proprio così, nessuno sapeva dei suoi retroscena sentimentali - o sessuali - se non lei, che era il suo perfetto opposto. 
“Oh invece sì! Che a venticinque anni non sono pronta a sposarmi.” E le fece un occhiolino, prima di scendere dalla macchina.

Il locale che Jim e Tania avevano scelto per quella sera, quella in cui avrebbero presentato i rispettivi testimoni, era uno dei più in a Los Angeles. Si sviluppava interamente sulla spiaggia, con delle poltroncine morbide su delle travi di legno, che arrivavano poco lontane dalla riva. Era coperto per gran parte della sua superficie e la copertura mostrava numerose lucine appese al soffitto, che pendevano sulle teste degli ospiti - sembravano piccole lucciole. La superficie restante, invece, rimaneva scoperta e diverse lanterne stavano a terra, fra le poltrone ed i tavolini, ad illuminare quella calda sera di luglio. 
Arrivata, Jo, si pentì immediatamente dell’outfit che aveva scelto per quella sera e, non potendo rimediare alla situazione, l’unica soluzione plausibile le sembrò sciogliere i capelli, lasciando che le ricadessero morbidi sulle spalle e sbottonare qualche bottone della sua camicia bianca di seta, a mostrare il petto abbronzato e la sottile stoffa del reggiseno. 
“Così è più casual?” Domandò a Tania mentre si avvicinavano. La bionda annuì.
“Certo, il reggiseno è carino anche se non lo fai vedere.” La mora sbruffò.
“Dio, da quando sei diventata così suora?” E risultò scherzosa, lo era davvero. 
“Da quando tu sei diventata così…” e la guardò “intraprendente?” Jo le fece un ulteriore occhiolino, ridendo, seguita subito dopo dalla sua amica. 
“Da quando tu sei diventata una suora!” Esclamò, non appena raggiunsero il tavolo. Jim era già seduto ed entrambe lo salutarono, Tan con un dolce bacio sulle labbra, Jo con un sorriso amichevole e due baci sulle guance, i saluti non erano il suo forte. 
“Non avevo dubbi sulla sua testimone” confessò Jim, indicando la sua futura moglie col mento “il mio ti piacerà. È in bagno, arriva presto.” Allora Jo sperò che fosse così, volgendo lo sguardo alla toilette, sperando che uscisse qualcuno per poter iniziare a mangiare, moriva dalla fame. 
“È un tuo amico, in teoria dovrebbe” Tan gli sorrise, furba “in caso contrario…”
“Beh, non possiamo cambiare, l’ho avvertito già da troppo tempo.” E sorrise verso di lei, vedendola avvicinarsi. Si scambiarono qualche effusione che Johanne preferì evitare, abbassando lo sguardo sulle sue scarpe lucide e chiedendosi quando quel demente del suo testimone avesse deciso di mostrarsi per iniziare a mangiare. Ripensò per qualche istante alla conversazione avuta con la sua migliore amica in macchina, quando le aveva risposto di non sentirsi pronta per un matrimonio a venticinque anni. Forse avrebbe dovuto rimanere in silenzio, quello era un tabù troppo rischioso per lei, avrebbe continuato a scherzarci su per molto altro tempo ancora. Voleva bene a Tania e Jim erano una coppia davvero fantastica - stavano insieme dal liceo. Conosceva lei sin dalle elementari e lui si era aggiunto al quadretto diversi anni dopo, al liceo, conquistandola in pochi mesi. In realtà, come biasimarla? Jim era un ragazzo, un uomo, sicuramente attraente. Perennemente abbronzato, biondo, proprio come lei, e gli occhi scuri, caldi e avvolgenti. Al liceo tutte lo volevano. Jo pensò che, in fin dei conti, loro erano fatti per stare insieme. Erano passati dall’adolescenza all’età adulta insieme, cambiando insieme. Si diceva di aspirare a qualcosa del genere, ma ricadeva sempre nello stesso circolo vizioso con qualche ragazzo con cui parlava per diversi giorni o diversi mesi, senza mai concludere nulla. Eppure Jo aveva tanto da dare, ma nessuno che fosse la persona giusta. 
“Finalmente, ce l’hai fatta!” Jim si alzò, Tania lo affiancò “amore ti presento Carter.” Le sorrise “Sarà lui il mio testimone.” E lei gli sorrise subito, ignara dell’espressione stupita di Johanne alle sue spalle. La mora, non appena sentito il nome fuoriuscire dalle labbra del fidanzato di lei, aveva alzato il volto, come una scena a rallentatore l’aveva visto materializzarsi davanti a lei e Carter si era mostrato, alto e possente, ai suoi occhi verdi. Jo quasi impallidì, ma si sforzò di sorridere, senza far piega, solo fissandolo. Non appena lui si accorse dello sguardo terrificato di lei, lo ricambiò con un’espressione altrettanto tormentata, rimproverandosi mentalmente per aver accettato un appuntamento del genere. Johanne si rimproverò ugualmente, tutto stava per vertere nella direzione sbagliata e non le piaceva affatto. Pregò solo che Tania non facesse alcun collegamento fra il ragazzo del suo racconto e lui, quindi si alzò e si mostrò completamente indifferente a quella situazione più che imbarazzante. 

Jim e Carter erano cugini e lo si poteva ben dire perché tutto sommato avevano lati del carattere davvero simili. Altri, invece, erano decisamente opposti e quella sera si era presentata come  l’occasione perfetta per confermarlo. 
Jim e la sua futura moglie stavano per presentargli la testimone di lei, nonché la ragazza con cui si sentiva da sei settimane e con cui era andata a letto già un paio di volte. Carter si finse indifferente, allo stesso modo di lei, ma gli bastò poco per capire che Jim non aveva abboccato, perché lo guardava con fare interrogativo dal primo momento che li aveva visti, l’uno davanti all’altra. Lui si ripromise di non dirgli nulla, rimase in silenzio, era già troppo imbarazzante e fortunatamente Tania sembrava non essersi accorta di nulla. Sicuramente gliene aveva parlato, come lui aveva fatto con Jim. Entrambi si erano confrontati con due personalità ben distanti dalle loro, cercando conferme che in realtà non avrebbero trovate se non in loro stessi.
Quella sera Jo lo guardava poco, parlava solo quando fosse necessario, ma lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Indossava quella camicia di seta anche la prima sera che l’aveva incontrata, le cadeva dolcemente sul seno, lasciando intravedere un po’ di quello che c’era sotto. Ed era per lui una calamita, si chiedeva se fosse qualcosa che avesse già visto o qualcosa di completamente nuovo ed inaspettato. Sarebbe stato così, del resto erano stati insieme solo un paio di volte e c’erano cose di Johanne che probabilmente ancora non conosceva. Come faceva lei a rimanergli così indifferente? Avrebbe voluto parlarle, posarle una mano sulla gamba che era proprio davanti alla sua e che, a tratti, lo sfiorava, morbida, mettendo a dura prova la sua resistenza. L’unica cosa di cui era certo, quella sera, era la tensione che avvertiva fra loro due e la pressione che sentiva su di sé.
Johanne desiderava solo sparire, Tania aveva capito tutto e la guardava senza dire nulla, solo rimproverandola silenziosamente, come faceva ogni volta che lei si cacciava in guai simili - e quella volta era forse la peggiore perché era indaffarata col cugino del futuro marito della sua migliore amica. Carter davanti a lei non smetteva di fissarla, avrebbe voluto dirgli di smetterla, di continuare a mangiare e che non c’era nulla da vedere, di staccare gli occhi dal suo reggiseno, ma poteva solo rimanere in silenzio, annuire, parlare quando fosse necessario. Era inspiegabilmente più affascinante del solito quella sera, la camicia che aveva arrotolato sugli avambracci era appena aperta sul collo, mostrando anche la sua pelle altrettanto abbronzata ed in contrasto con l’azzurro del tessuto fino che gli fasciava il torace. Ed era tanta, forse troppa, l’attrazione fisica fra loro due, che dall’inizio li aveva fatti avvicinare. Era solo qualcosa di fisico, puramente fisico e carnale.
La conversazione, durante la cena, era fortunatamente finita sul lavoro e sia Jo che Carter potevano dirsi fortunati di quella casualità. Tania e Jim amoreggiavano di tanto in tanto, ma tutto proseguiva senza problemi o ulteriori imbarazzi. 
“Ricordami in cosa sei laureata Jo” le chiese Jim “Tania mi ha accennato qualcosa.”
“Architettura!” Esclamò prontamente. Era molto entusiasta del suo lavoro e qualora gliel’avessero chiesto non avrebbe esitato a parlarne, per ore anche. 
“Giusto, tu…” Fu Carter a parlare e tutti gli sguardi improvvisamente si puntarono su di lui. Aveva dimenticato, per un momento, di essere con delle persone che di loro due sapevano, ma non dovevano. Johanne lo fulminò con lo sguardo, pensano velocemente come uscire fuori da quella situazione oltremodo scomoda. 
“Io?”Mormorò a denti stretti lei. Jim lo guardava sempre più interrogativo, Tania era quasi divertita.
“Tu… me l’hai detto mentre loro stavano ordinando, ecco” accennò un sorriso “infatti mi ha detto anche che sta lavorando presso…” e lasciò la frase in sospeso, perché quel dettaglio gli era ancora sconosciuto “Presso uno studio in centro!”
“Se lo studio del Collins è solo uno studio in centro.” affermò Tania, ancora divertita, sorridendogli.
“Beh sì, io…”
“Non ricordava il nome” allora Johanne lo guardò “era distratto, prima, non sapeva ancora cosa prendere.” Concluse la frase mormorando. Jo aveva bene in mente cosa lui avrebbe dovuto prendere: un ceffone, per la demenza. La guardò grato per qualche attimo, poi ripresero a mangiare. 
Come diavolo aveva pensato di potersene uscire in quel modo, sperando di passare inosservato? A sua volta Carter non poteva capacitarsene. Mentre Tania e Jim discutevano su qualche dettaglio ancora indefinito del loro matrimonio, Johanne sollevò lo sguardo verso di lui. Si accorse che non la guardava e lo richiamò con un colpo sotto il tavolo. 
“Potevi dirmelo” mormorò a bassa voce “è tuo cugino!” Esclamò, sempre tenendo la voce bassa.
“E lei è la tua migliore amica! Scommetto che non si ricorda il mio nome, ma sa benissimo quante volte siamo andati a letto.” E la guardò, serio, alzando le spalle. Johanne fece per replicare, paonazza in volto, ma Tania si voltò verso di lei.
“Ci facciamo portare il conto?” 
“Sì!” Esclamarono lei e Carter, allo stesso momento. Si guardarono, si voltarono verso  futuri sposi e, semplicemente, sorrisero. 

L’atmosfera era cambiata del tutto quando avevano deciso di spostarsi in un locale piuttosto conosciuto per passare il resto della serata. Era una discoteca all’aperto, a qualche isolato dal ristorante e l’avevano raggiunta a piedi. Tania e Jim stavano avanti, si tenevano per mano ed ogni tanto si voltavano dietro, controllando che la situazione fosse sotto controllo. 
Johanne e Carter rimanevano l’uno ben distante dall’altra, lei con le braccia lungo i fianchi, mentre ogni passo che faceva le costava un’occhiata da un passante diverso - e Dio solo sapeva quanto Carter potesse capirli, tutti. Lui, invece, ogni tanto stava al telefono, sui social, cercando di non dare troppo a vedere quanto lei lo disturbasse - in realtà a Johanne non era sfuggito, sapeva che usava il telefono per distrarsi, lo faceva sempre quando uscivano con altri e finivano per trovarsi a casa di lui o di lei. 
La musica era alta, ma si disperdeva con facilità. Il bar era affollato, ma fortunatamente Jim aveva individuato altri punti dove prendere da bere, salvando una serata che aveva messo a dura prova i futuri testimoni di nozze. Carter non poteva neanche sperare nell’alcol, lo reggeva così bene che avrebbe buttato soldi - Jim lo avrebbe fatto, aveva detto che avrebbe offerto. Prese comunque la cosa più forte sul menù, tornando subito a ballare.
“Cosa prendi Jo?” Le aveva chiesto Tania, urlando, accanto al suo orecchio. 
“Mojito!” Rispose lei senza pensarci, ma subito dopo la faccia della sua migliore amica le si palesò davanti terrorizzata.
“Non ti farò bere un mojito, tu non lo reggi!” Allargò le braccia esasperata, Johanne la guardò supplichevole. Era la verità, non era una grande bevitrice, in realtà nemmeno una seria bevitrice.
“Questa serata è stata fin troppo pesante” la implorò “per favore, Tan.” Lei non se lo fece ripetere ancora una volta e dopo poco la mora lo stringeva fra le mani. 
Allo stesso modo di Carter anche lei finì fra la folla, ballare le piaceva davvero tanto e, tenendo sempre il mojito in una mano, si muoveva come se non ci fosse nessun altro lì a guardarla. In realtà, però, la maggior parte degli occhi attorno erano puntati su di lei e sulla sua migliore amica, entrambe si muovevano davvero bene - così Tania aveva conquistato Jim. Proprio questo si avvicinò, la attirò a sé, allontanandosi da Jo e riprendendo a ballare qualche metro più in là. La ragazza si guardò per un momento attorno con fare spaesato, ma incrociò lo sguardo di Carter, pentendosi immediatamente della sua decisione. Lui si liberò velocemente di una ragazza che gli si era piazzata proprio davanti: fu semplice, le poggiò le mani sui fianchi, lei si era subito voltata, avvicinandosi alla sua bocca, ma la scansò con fare delicato - era il suo fare che lo distingueva e lo rendeva così attraente - e si diresse verso Johanne. 
“Ti prego” iniziò lei, sollevando il bicchiere “ho bevuto.” Lui rise, poi si avvicinò a lei, controllando velocemente che Tania e Jim fossero lontani. La prese per i fianchi, fece scontrare i loro bacini, Jo abbassò il volto, sorridendo.
“Lo vedo bene” sorrise accanto al suo orecchio, poi scese lungo il suo collo “sai un po’ di menta e lime, sai?” Allora rise sulla sua pelle, lasciandovi un bacio che la fece trasalire. Quell’improvvisa confidenza l’aveva destabilizzata, aveva iniziato a pentirsi del drink, avrebbe dovuto ascoltare Tania - come sempre. 
“Carter, no” posò una mano sul suo petto “ci son-” ma non le lasciò certamente tempo di finire la frase che le sue labbra si scagliarono prepotentemente contro quelle di lei. Johanne non oppose resistenza, rimase ferma qualche attimo, poi ricambiò il suo bacio senza esitare, dimenticandosi per un momento di Tania, del matrimonio, di Jim e del suo abbigliamento inappropriato. era totalmente inebriata da Carter. Si lasciò andare, gli strinse la nuca fra le dita, imprimendo i polpastrelli nella carne e abbandonandosi completamente a quel bacio che tolse il fiato ad entrambi. Le mani di Carter erano scese sui suoi glutei, li stringevano forte ora e lei sembrava non essere per niente a disagio, forse era merito dell’alcol.
“Volevo farlo da quando ti ho vista, uscendo dal bagno del ristorante.” sorrise, lasciandole un bacio sull’angolo della bocca. Lei sorrise allo stesso modo, abbassando lo sguardo e sollevandolo immediatamente. Giocò col colletto della sua camicia, tenendo vivo il loro contatto visivo. Gli occhi gli brillavano, Carter non sapeva nascondere quanto in realtà la desiderasse, in ogni modo.
“Credo di non aver capito bene l’ultima parte.” disse lei. Lui sollevò gli occhi al cielo.
“Cosa intendi?” Rise quando la vide prendere un sorso dalla cannuccia. Lei non parlò, lo intimò ad avvicinarsi con l’indice, lui lo fece e in un attimo le loro bocche furono di nuovo l’una su quella dell’altro. Non appena lui schiuse le labbra Jo lasciò che un po’ del suo drink finisse su quelle di lui, allontanandosi soddisfatta di quel piccolo giochetto - da completamente sobria non l’avrebbe mai fatto. Carter rise, avvicinandola a sé.
“Architetto stiamo esagerando!” Esclamò. Allora Johanne si spostò verso dei tavolini, lasciando lì il suo bicchiere.
“Davvero?” Urlò, per sovrastare la musica “pensavo non ti dispiacesse.” E tornò a guardarlo, cingendogli il collo con le braccia.
“Affatto.” Affermo deciso lui, decidendo di assecondarla e continuare a ballare. 

Erano forse le due del mattino quando iniziò a piovere. La pista si svuotò lentamente, i più temerari decisero di rimanere, fra cui Tania e Jim. Invece, dal lato opposto della piattaforma, dove l’atmosfera si era decisamente riscaldata, Jo e Carter discutevano sul da farsi. Lei, ripreso il controllo totale delle sue capacità, non aveva lasciato per un momento le sue labbra e lui poteva dire di ave gradito quelle attenzioni, ricambiandole caldamente. 
“Vieni da me.” Suggerì a quel punto, Johanne. Smise di baciarlo, continuò ad accarezzargli il collo.
“No, vieni più da me” Carter alzò un sopracciglio, sarebbe stato più facile “Siamo più vicini.”
“D’accordo e la tua macchina?” Poteva dire di essere impaziente per diverse ragioni, ma la prima erano le scarpe che desiderava gettare il prima possibile.
“C’è. È qui.” Affermò lui, guardandosi attorno, poi la avvicinò nuovamente a sé, stampandole ancora un bacio. 
“Andiamo.” Sorrise sulle sue labbra, poi lo guardò negli occhi. 
“Sì?” Domandò nuovamente e lei annuì. Carter non se lo fece ripetere due volte. Le prese la mano e la trascinò con sé facendo loro spazio fra la folla. 

Con un tonfo la porta si chiuse dietro di lui e velocemente Carter diede un paio di girate - voleva essere al sicuro. Jo scese subito dalle scarpe, rilassandosi contro la parete fredda alle sue spalle. La pioggia aveva incollato i vestiti sui corpi di entrambi. Lui si avvicinò al corpo di lei, che erano rimasta ad occhi chiusi, assaporando quegli attimi di tranquillità. Appena riaprì gli occhi, poggiò i palmi aperti sul petto di lui.
“Volevo farlo da metà serata, più o meno.” sorrise, accarezzandolo. A quel punto anche gli occhi di lei brillavano, molto, illuminandole il volto. 
“Sei stanca?” Alzò un sopracciglio, e lei colse solo dell’ironia nelle sue parole. Negò con un cenno del capo e in qualche attimo si ritrovò in braccio a Carter, con le mani impigliate fra i suoi capelli e le gambe attorno al suo bacino - le loro bocche nuovamente in contatto. Era pura complicità, ne era certa. 
“Hai bisogno del letto?” Le domandò, sbottonandole la camicetta con i polpastrelli impazienti. Jo conosceva bene quel tono d’impazienza, sorrise e si dimenò fra le sue braccia, costringendolo a farla scendere. Si sentiva in qualche modo più libera e subito posò le mani sul suo petto, iniziando, lentamente, a sbottonargli la camicia. 
“Non mi frega del letto” puntualizzò, poi si guardò attorno e sorrise furba “mi piace il tuo divano.”
“Bene, non mi pare che l’abbiamo provato” constatò lui con nonchalance, lei annuì sorridendo, liberandosi della camicia, Carter e tornò a guardarla “Dio, vieni qui.” E la avvicinò a sé, facendo in modo che non si allontanasse più tanto facilmente. 

In un attimo si ritrovarono in intimo sulla superficie azzurra del divano, i loro vestiti impilati disordinatamente sul tappeto, Jo su di lui e Carter disteso contro lo schienale. Le mani di lei si muovevano senza vergogna su quel corpo che aveva velocemente imparato a conoscere. Lo toccavano sapendo che tasti toccare, come toccarli, perché ad ogni sua mossa corrispondeva una reazione di Carter. A tratti le mordeva le labbra, a volte la baciava così prepotentemente da toglierle il fiato, allora anche le mani di lei si fermavano, per poi riprendendo a muoversi sicure sulla sua pelle. Anche lui sapeva come manovrare Jo e con poche mosse fece in modo che lei potesse distrarsi e così da farsi spazio fra la stoffa dei suoi slip, muovendosi sicuro. Johanne detestava quel tipo di attenzioni quando non-ne-poteva-più, avrebbe fatto meglio a portarla sotto di lui, odiava perdere tempo in quel modo, ma Carter lo trovava divertente. Era davvero divertente, perché riusciva sempre ad ingannarla, come quella sera. 

“Ti ho detto che odio queste” gli graffiò una spalla e strinse gli occhi, poi deglutì “cose.” Gli alzò il volto. “Ci sono altri modi per” gettò il capo all’indietro, avvicinando il suo busto a quello di Carter che, come lei detestava ancora di più, sfilò la sua mano dal suo intimo, poggiandola sul suo fianco e portandola sotto di lui, assieme all’aiuto dell’altra. 
“Ti ammazzo, Carter.” Asserì. 
“Aspetta prima di venire almeno.” Le sorrise, sganciandole il reggiseno e mostrandoglielo davanti agli occhi, prima di lasciarlo cadere a terra. Lei roteò gli occhi, fissando poi i loro sguardi, prima di lasciargli un bacio sulle labbra. Si persero entrambi in quello, durò più del previsto e nel frattempo erano rimasti completamente nudi. 
“Jo?”
“Mh?”
“Volevo farlo da quando ti ho vista, uscendo dal bagno del ristorante.” Allora lei non poté far altro che ridere, stringendosi completamente a lui, che la seguì, ridendo, prima di colmarla, finalmente.

   
 
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