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Autore: felinala    28/06/2018    11 recensioni
Dal testo:
Si sente strana: un fastidio che sale da un punto oscuro dello stomaco, si irradia nella testa, un senso di allarme, unito al generico disorientamento, si mischia alla curiosità.
Perché il buio è l’ignoto: incuriosisce, ma spaventa; tiene i suoi segreti ed i tuoi, se lo vuoi, ma non è degno di fiducia: cela pericoli, inganna i sensi e l’orientamento decade… e così il pericolo diventi anche tu, con i sensi all’erta a cogliere segnali che non sai se siano reali, veritieri… oppure no.
Un cigolio irrompe: acuto, sferragliante, prolungato; nel silenzio di quel nulla indefinito risuona quanto uno sparo, come quelli degli antichi rendez vous dei nobili duellanti all’alba, decisamente troppo potente per non essere reale.
Un'unica certezza si irraggia nella mente della donna, irrigidendo le fragili membra di quel corpo esile: non è sola.
(partecipa al contest Phobos e Deimos. 2nd Edition di Meryl Watase sul forum di efp)
Genere: Angst, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bulma
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Premessa: non ho idea di cosa sia uscito… dico davvero… questa os potrebbe essere ambientata indicativamente dalle parti del super (post resurrezione di F.) ma in realtà quasi qualsiasi ambientazione va bene… perché non c‘è molta ambientazione ecco… un abbraccio a tutti e ci si ribecca in fondo (coi pomodori se volete)
Nala   
 
 
 
FEAR OF THE DARK
 
Il buio seduce,
Misteri innocenti o di brace
Tra le pieghe lo spazio, il tempo si perde
Tra mille fruscii che il nulla visibile amplifica e disperde.
Il buio nasconde,
Debolezze, imperfezioni celate
Da occhi  indiscreti le risposte mai date.
Ma il pericolo incombe,
E non vien già da vasti misteri
Nascosti in pertugi, alcove sentieri:
Il panico avvolge, confusi i pensieri,
Il nero velluto confonde quei sensi megeri.
E mille volte sembra di cader nel nulla
Impossibile ritrovar la via in quelle tenebre fonde;
Due soli i pensieri: immobile o fuggire,
Uniche cose sensate mentre tutto esplode
E intorno a te ogni rumor sembra di bombe...
 
Un leggero scricchiolio e la mente si desta all’istante.
I pensieri già vigili vagano, seppur confusi, veloci come la luce…
Ma le palpebre si aprono in una sciropposa oscurità.
Cerca freneticamente un ricordo, la donna, e l’ultimo che le sovviene non illumina la situazione: era l’imbrunire, stava passeggiando in un parco, quiete e solitudine cercando, lasciava vagare i pensieri, beandosi delle fronde giallo rossastre degli alberi, che maestosi incorniciavano il viale di ghiaia cantando i profumi d’autunno.
Ora però non è più lì; non c’è la brezza notturna in quel posto, anzi: odore di fumo, di chiuso che irrita un poco il naso sensibile; il tatto rivela una superficie dura, ma l’orientamento è impossibile.
Di nuovo quello scricchiolio: lieve, spezzato, breve.
Un sussulto scuote involontariamente il corpo: non sapere e voler sapere, desiderare una luce e non vedere…
Ma il rumore, quello sì: si ripete, si amplifica, si fa più vicino, si ferma.
La curiosità vale un tentativo: il braccio si allunga, si tende per tutta la sua ampiezza; tasta, tasta ovunque, in quella superficie piana, ruvida, screpolata, nel tentativo di trovare qualsiasi cosa che riesca a penetrare quell’oscura melassa che tutto amorevolmente avvolge.
Ma quella resta appiccicata ovunque come la colla, un altro allungo, l’altro braccio che tenta la stessa impresa; l’effetto è lo stesso.
 
Si sente strana: un fastidio che sale da un punto oscuro dello stomaco, si irradia nella testa, un senso di allarme, unito al generico disorientamento, si mischia alla curiosità.
Perché il buio è l’ignoto: incuriosisce, ma spaventa; tiene i suoi segreti ed i tuoi, se lo vuoi, ma non è degno di fiducia: cela pericoli, inganna i sensi e l’orientamento decade… e così il pericolo diventi anche tu, con i sensi all’erta a cogliere segnali che non sai se siano reali, veritieri… oppure no.
Un cigolio irrompe: acuto, sferragliante, prolungato; nel silenzio di quel nulla indefinito risuona quanto uno sparo, come quelli degli antichi rendez vous dei nobili duellanti all’alba, decisamente troppo potente per non essere reale.
Un'unica certezza si irraggia nella mente della donna, irrigidendo le fragili membra di quel corpo esile: non è sola.
 
Ha sempre detestato non capire cosa la circondasse, questo se lo ricorda, e il buio è un ostacolo potente alla conoscenza di ciò che circonda l’individuo.
Ne ha paura, ora se ne rende conto. Paura del buio, di quello che cela, di quello che non ha forma; ma soprattutto di come l’orientamento si perda.
Non sa che cosa c’è in basso o in alto, se quello a cui è appoggiata sia un pavimento o un muro, né cosa ci sia intorno; così un senso di vertigine e caduta si fa piano piano strada, aggiungendosi al resto delle inquietudini nei suoi pensieri.
Non sa nulla, non ricorda nemmeno dove sia, ma sa una cosa: non è sola, c’è qualcuno nelle vicinanze, qualcuno che non è familiare, qualcuno che vuole restare per qualche motivo celato e che con la sua sola presenza fa raffreddare l’atmosfera, spandendo un’acre nube di ansioso disagio intorno.
Un fruscio: lieve, leggero, delicato; uno spostamento d’aria vicino al suo corpo: è lì, lì accanto, chiunque,  qualunque cosa sia.
La paralisi dovuta alla paura e alle vertigini si scioglie per un attimo ed ella cerca di afferrare l’ignoto: si sporge in avanti, allunga le braccia, perde il precario equilibrio che ancora aveva e si sente di nuovo cadere, accompagnata da quel nulla vischioso.
Ma dell’essere che ha provocato tanto allarme non c’è nessuna traccia e lei resta sola ad affrontare la sensazione delle ginocchia e delle mani tremanti appoggiate sull’onnipresente superficie che ora ha identificato come fredda pietra.
“Chi sei? Dove mi trovo?” la voce le esce ferma, seppure con una punta di raucedine, nonostante il subbuglio confuso all’interno di sé.
Nel mentre riprende a tastare i dintorni alla disperata ricerca di  un appiglio, un interruttore, una luce.
La pelle si imperla di freddo sudore.
Un altro fruscio leggermente diverso: non di corpi in movimento ma di tessuto spostato o forse strappato; brividi scorrono sulla pelle del collo al sensibile tocco di un improvviso, inaspettato, refolo d’aria.
Un raggio di Luna penetra quel vischioso ambiente soffocante; si insinua tra le spire del buio, taglia quel nulla uniforme penetrando attraverso la stanza da una finestra, prima evidentemente coperta da pesanti tendaggi.
Attira l’attenzione della donna dagli occhi cerulei, la candida luce della Luna piena: offre finalmente un lume, seppur flebile, da cui abbeverarsi e, come un’oasi, crea un punto di ristoro, chiaro e limpido.
 
“È  bella la Luna, nevvero? Ma ancor più bello è lo spettacolo che ho preparato per te sola, bambina dai colori dei mari terrestri. Vieni, voltati e Guarda…”
Una voce fredda, sibillina, eppur suadente, interrompe con quelle parole la sua contemplazione dell’astro.
Il tempo pare congelarsi, mentre la sensazione di disagio che prima aveva avvertito si fa sempre più prepotente, predominante: la sensazione che qualcuno stesse osservando ogni cosa godendo del suo agitarsi.
Per questo non volta lo sguardo verso la fonte di quell’inquietante voce, proveniente dall’angolo opposto al suo, esattamente di fronte alla finestra: in qualche modo le è familiare, le trasmette cattivi presagi, le fa paura.
E la paura è un romanziere esperto. In pochi istanti costruisce storie impeccabili, gialli in cui non si intravede mai uno spiraglio di luce, dove ci sono solo assassini… e quella voce, sbucata dal nulla più nero, pare esattamente di uno di loro, così come le immagini di morte che al sol sentirla lampeggiano per un attimo nei pensieri della donna.
 
La paura del buio che la circonda persiste nonostante quella pozza invitante di luce abbia offerto un attimo di respiro; ora che ha sentito quella voce, però, vorrebbe soltanto scappare, fuggire da quella stanza immersa nel nero.
Attraverso la finestra magari, attraverso quel fascio luminoso potrebbe…
Cerca di muoversi, un passo alla volta, verso la salvezza di quel varco gentilmente offerto, ma consapevole del fatto che c’è sempre qualcuno lì dietro che osserva e ride.
 
 La paura è la camera oscura in cui si sviluppa il negativo e, mentre il terzo passo la avvicina un po’ di più alla sua meta, allontanando un po’ di più le immagini ansiose che il suo cervello aveva prodotto, sente degli altri passi far eco ai suoi, scanditi da quella strana cadenza con lievi tonfi, come di scricchiolio.
 
La tentazione di voltarsi è enorme, perché sapere è parte del suo essere e la speranza è essere da soli, nel buio, ma soli; il cervello cerca di indulgere in questa folle illusione, di crogiolarsi in un buio, sì spaventoso nella sua oscurità, ma non pericoloso, simile  a quello che ogni notte avvolge i suoi sogni, siano essi innocenti e pensierosi o bollenti e peccaminosi.
Ma il buio di quella stanza non è quello innocuo di ogni notte, ne è convinta, ne ha la certezza; sceglie quindi di affrettare il passo, consapevole che ogni secondo è vitale e la allontanerà da quel pericolo e… dalla tentazione di voltarsi.
 
‘Sembra una situazione assurda, di quelle che accadono solo nei film che passano in televisione: storie di streghe e folclori, di mostri che sbucano dal nulla di tenebra e rapiscono la gente…’  un pensiero quasi buffo, questo, che le attraversa la mente per un istante e la fa amaramente sorridere per gli scherzi giocati dalla sua fervida fantasia... come se la situazione non lo fosse già troppo.
Mancano un paio di passi soltanto e la fuga sarà possibile.
Ma improvvisamente una mano spunta alle sue spalle, afferra un suo polso e arresta la sua avanzata. È una mano fredda e bianca, le unghie lucide e nere e  un pensiero le attraversa la mente; intuisce l’identità di quella voce beffarda che all’orecchio nel mentre le sussurra:
“Dove pensi di andare? Non puoi andartene così presto, non ora che lo spettacolo è pronto e che ti ho procurato il posto migliore da cui assistere…”
Sbarra gli  occhi ora la donna: sono fissi, fissi sul muro accanto alla finestra; perché un'altra luce si è appena accesa d’improvviso, lì dietro, dove prima c’era solo spaventoso buio, e  ombre indefinite si specchiano sul muro, ballando una strana danza.
La bianca mano la spinge leggermente, quasi incoraggiante, e la mente sconfitta cede a quel muto impietoso ordine sollecito.
Uno spettacolo di morte si staglia così davanti ai suoi occhi cerulei.
Un  corpicino giace straziato sul polveroso pavimento di pietra della stanza: le membra scomposte sono perforate in più punti e dai fori il sangue ha ormai smesso di colare copioso, formando piccole pozze nerastre; gli occhi color del  mare, identici a quelli della donna, sono aperti su un mondo che ormai non vedono più; un filo di sangue imbratta la piccola bocca che un tempo dispensava vispi sorrisi e perfino i corti capelli colore del glicine sono striati di vermiglio e nero.
Accanto a lui, colui che ha contribuito a dargli la vita giace su un fianco immobile; i suoi tratti fieri e decisi per sempre immortalati in una smorfia di dolore, il volto tumefatto coperto di polvere e sangue; i suoi occhi, pezzi di ossidiana venuti dallo spazio più profondo, che l’avevano catturata fin dal primo istante la fissavano, ora vuoti; una mano era rimasta ferma e rigida a tenere il petto, lì dove un tempo batteva il cuore.
Sopra ai cadaveri dei due esseri che più contavano nella vita della donna, facevano capolino altre due ombre.
Ma queste non giacevano per terra, il loro carnefice aveva voluto rendere più vario il palcoscenico.
Appesi al soffitto per mezzo di una lunga corda c’erano Goku e Crilin, il volto gonfio, gli occhi strabuzzati e gli arti che penzolavano, rigidi e inerti ma che, ad ogni refolo d’aria si spostavano leggermente, facendo si che il perno a cui le corde erano legate cigolasse lugubremente.
“Un delizioso spettacolo non trovi mia cara?” sussurrò mellifluo l’essere dalle sembianze di lucertola albina all’orecchio della donna dai corti capelli turchini che accanto a lui fissava la scena,  completamente ammutolita.
Mentre la perfida creatura giocherellava distrattamente, accarezzandola lascivamente con la spessa coda bianca, la donna si ritrovò a pensare che era meglio il buio, quel buio che l’aveva impaurita, ma anche confortata nel suo nascondere le verità che la luce invece mostrava tanto bene; che avrebbe preferito l’ignoranza alla conoscenza almeno per una volta.
Perché se la paura è la camera oscura in cui si sviluppa il negativo, e nella camera oscura del buio totale che in precedenza l’aveva avvolta aveva immaginato ombre e mostri, paure insensate e perdite di equilibrio, mai come in quel momento avrebbe voluto poter modificare la fotografia finale, quello che la luce le riverberava trasmettendo all’infinito tale orribile scena dagli occhi alla mente; perché a volte nessun mostro immaginario è terribile quanto la realtà.
Una risata le giunge all’orecchio, sempre più fragorosa, sempre più perfida, sempre più divertita.
Un urlo colmo di rabbia orrore, paura e dolore risale attraverso la sua gola dolente.
Poi tutto esplode e la camera oscura riacquista i suoi colori.
 
FINE
 



Questo il link della canzone ispirativa:
 https://www.youtube.com/watch?v=p32b5nNq1zw
ripeto: non ho idea di cosa sia venuto….
Di certo un esperimento… strano….
E di certo qualcosa di molto diverso da quello che avevo prospettato di scrivere quando mi sono iscritta al contest a cui partecipa….
A tal proposito: ringrazio Meryl (anche per la pazienza e la tolleranza) per aver indetto il contest…
Ringrazio e saluto i miei avversari (bravissimi) soprattutto i due ragazzi del mio stesso fandom
Soprattutto ringrazio la persona “irresistibilmente affascinante” (cit 😝 ) che tra una discussione un suggerimento mi ha sostenuto nei momenti no del percorso di questa os... (spero sia venuto almeno qualcosa di presentabile, dico sul serio)
Alla prossima a tutti… se volete…. (ma anche no?)
NALA
 
  
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