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Autore: UKissMe Italy    28/06/2018    0 recensioni
Questa fan fiction è nata ancora una volta da Dongshi dopo l'ascolto (e la visione dell'MV) di Train/Milk Tea primo SG della sub unit 2U composta appunto da Kiseop e Hoon!
Come al solito mi auguro che vi piaccia, lasciatemi tanti commenti con le vostre impressioni!!
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hoon, Kiseop
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un respiro, un lento e chiaro respiro. Seduto sul quel divano che tanto conoscevo con la valigia di fianco, immobile mentre per l’ultima volta indossando quelle tue stesse cuffie bianche faccio partire la tua canzone. Così mentre le prime note iniziano a risuonare nelle mie orecchie, mi domando cosa tu stia facendo in questo stesso momento.

Così è finito il nostro amore, iniziato contro tutto e tutti. Ci sentivamo invincibili, inseparabili; così è finito il noi contro il mondo, lo smentire in ogni istante il pensiero altrui.
Avevano ragione, la nostra storia di 4 anni è finita nel peggiore dei modi.

Abbandonato in quell’appartamento fino ad allora condiviso, Hoon pensò a quanto fosse doloroso essere lasciati indietro “quelli che se ne vanno soffrono meno di quelli che rimangono” pensò.
Le lacrime non scorrevano, ancora in una fase di shock si rifiutava di credere che quell’amore così profondo fosse finito.
La sua relazione con Kiseop aveva fatto molto parlare, ancora un argomento Hot per la Seoul del 2018.
Solo pochi giorni e sarebbero stati 5 anni, cos’era cambiato? non riusciva a capirlo.
“Sono io che sono cambiato” aveva affermato Kiseop nella lunga discussione, l’ultima prima dell’abbandono.

Shock…..shock… quante ore stavano passando?
Prese la valigia, chiuse la porta. Non si girò neanche. Era tempo di partire, ma per dove?
Decise allora di prendere un treno. Trovava alquanto interessanti i treni, guardare dal finestrino mentre esso sfrecciava lo rilassava, come se potesse sfuggire su di esso a qualunque problema.
“Posso sedermi?” chiese un giovane ragazzo dai capelli rossicci. Annuii. “Che meraviglia” continuò insinuandosi nei suoi pensieri “è la prima volta che prendo un treno, sono così emozionato! Tu dove scendi?”.
Buffo, pensò. Nessun segno di rispetto verso uno sconosciuto, nessuna privacy.
“Vado...in spiaggia” si limitò a biascicare prima di far fuoriuscire la solita canzone da quelle cuffie bianche.

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Un respiro, un lento e chiaro respiro. Seduto sulla panchina della stazione, mentre per l’ultima volta indosso quelle tue stesse cuffie bianche, parte la tua canzone. Così mentre le prime note iniziano a risuonare nelle orecchie, mi domando cosa tu stia facendo in questo stesso momento.

Non ho retto più, non è cambiato nulla in questi 4 anni, se non noi stessi. Nonostante ciò lasciarti è stata la cosa più dolorosa che abbia mai provato. Continuo a ripetermi che fosse la cosa migliore da fare, vorrei davvero che il tempo risanasse quelle ferite. Quanto vorrei che quel detto si rivelasse vero.
“Tutto bene?” chiese una bellissima ragazza che incuriosita si avvicinò. “Si.. credo” risposti - “tra poco parte l’ultimo treno, sai dove prendere il biglietto vero?” chiese visibilmente preoccupata, “andrò subito a farlo, la ringrazio” risposi in tono gentile.
Andare via, scomparire per un po', facile a dirsi. Comprare quel biglietto, salire sul treno, sedermi vicino al finestrino mentre ogni certezza andava allontanandosi. Dove stavo andando?

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Un caffè, la nostra relazione è paragonabile ad un caffè. Bollente, eccitante ai primi instanti, sprizza aroma in ogni direzione. Un sorso e la lingua scotta, due sorsi sono un pulsante piacere, tre sorsi e il caffè inizia a raffreddarsi, diventa freddo e perde di qualsiasi attrattiva.
Questa è stata la nostra relazione ai tuoi occhi. Possibile? Chi era il Kiseop che continuava ad apparirmi, non credo di saperlo adesso..
“Ei amico tutto bene?” chiese il giovane ragazzo dai capelli rossi “hai dormito fino ad ora, che ne dici di prendere un boccone?”.

Incamminandosi si chiese quanto ancora questo ragazzo potesse mostrarsi irrispettoso “Ascolta, non sono un tuo amico, neanche conoscente a dirla tutta. Dovresti evitare di essere così irrispettoso verso gli altri se vuoi sopravvivere con tutti i capelli al loro posto qui in Corea” esclamai tutto d’un fiato.
“Sorry...scusami tanto man.. sono nato e cresciuto in America, quindi mi è ancora molto difficile abituarmi alle vostre usanze”.
“Questo non ti da il diritto di fare come ti pare. Quando metti piede in un suolo che non ti appartiene, dovresti fare delle buone maniere una priorità, tienilo a mente” concluse seccamente interrompendo ogni sorta di conversazione tra i due.

“Chi sei.. adesso chi sei tu?” si chiese mentre vedeva il suo cuore chiudersi a qualunque forma di vita.

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Un amore falso, cattivo e doloroso che adesso lo lasciava agonizzante. Visto dall'esterno era lui il cattivo. Aveva chiuso la loro relazione, ma quanto gli era costato.
Ogni centimetro, metro, chilometro percorso da quel treno in corsa era una fitta di dolore che rischiava di lacerarlo.
Lacrime, mentre guardava dal finestrino, delle lacrime scendevano impertinenti, senza controllo.
Non riusciva neanche a chiedersi quale fosse la sua destinazione, perché aveva lasciato dietro di se ogni cosa importante.
Un solo riflesso lo colpì, occhi arrossati e gonfi, capelli volutamente innaturali viola. Una maschera che adesso stava crollando trasportata dalla velocità di quel treno.
Rabbia, verso se stesso o verso Hoon; probabilmente per entrambi. Come aveva potuto cedere così velocemente, lasciare che dopo tutte quelle parole andasse via.
Nessun tentativo di trattenerlo, nessun inseguimento.
“Dev’essere questa la linea di FINE” sussurrò prima di assopirsi.

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CAPOLINEA. Una parola così spaventosa che lo fece tremare. Scendere da quel treno lo fece sentire spaventato. Avanti, tutto ciò che poteva fare era guardare e andare avanti.
Mare.. onde infrante sulla spiaggia.. seduto in riva a quell'immenso oceano, con la mano protratta a tracciare l’orizzonte.
Una, due, tre lacrime prepotentemente scesero alla vista di quella sera così violacea. La notte così malvagia adornata dalle sue splendenti stelle.
Di scatto si alzo, un passo dopo l’altro sempre più veloce scattò.
“Mi dispiace signore, il treno in cui è sceso era l’ultimo per oggi. Le toccherà passare qui la notte e partire domani mattina” spiegò un membro del personale ferroviario.

Un passo..due tre prima di alzare lo sguardo e vederlo. Seduto su di una panchina, occhi socchiusi intenti a leggere sullo smartphone illuminato, capelli viola follemente spettinati. “E-ei.. Ei!”.

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“Ei?” si chiese incredulo sollevando lo sguardo.
La sua canzone risuonava ancora, rendendo quella vista del tutto impossibile. “Ah bene, adesso ti vedo pure” si limitò a pronunciare.
Uno, due tre passi.. uno schiaffo…
Dolore, “fa male!” - “bene almeno ti sei svegliato”.
“Si può sapere che cavolo ci fai qui?” chiesi stupefatto “dovrei chiederti la stessa cosa idiota!” disse mentre la mano già pronta ad afferrarlo lo trascinava lontano dal personale che iniziava a incuriosirsi.

Un mare nero, avvolto in superficie da un brillante ballo di riflessi. Di fronte due amanti, pieni di rancore, ma anche di qualcos'altro.

“E così mi hai lasciato dicendomi che non mi ami più, per poi farti trovare da me?” chiese Hoon.
“Mai!” esclamò Kiseop “Non ho nemmeno una volta detto che non ti amo più!”.
“E allora cosa?” chiese incredulo Hoon.
“Da tempo ormai, non facciamo che litigare. Io voglio fare questo, tu quello. Io che torno stanco, tu che lo sei il doppio di me. Non potevo fare altrimenti”confessò Kiseop.
“Oh come siamo altruisti! Mi hai lasciato come un cretino, quando mi sono reso conto di cosa era successo tu eri sparito!” commentò Hoon sempre più agitato.
“Cavolate!” esclamò ora animatamente Kiseop “Non hai avuto nessun tipo di reazione! Devi essere stato felice che finalmente abbia abbandonato la tua vita no? Che gran favore hai ricevuto! Perchè altrimenti non hai cercato di fermarmi?”.

Bufera, e adesso silenzio. Tutto ciò che si percepiva erano i loro respiri, dapprima affannosi man mano sempre più regolari.

“Hai idea di cosa mi hai fatto? Il mio mondo, hai distrutto con poche frasi tutto il mio mondo. Non riuscivo neanche a muovere un dito, sono rimasto immobile per non so quanto tempo!
Quindi non andare in girò affermando a quale grande favore mi hai fatto, perché da quel giorno sono sprofondato in un inferno. Tutto ciò che faccio ora dopo ora, giorno dopo giorno è bruciare!”.

Salato, un bacio salato per via delle lacrime era arrivato da Kiseop che spintosi in avanti stringeva il colletto bianco della camicia di Hoon. Pausa. Un altro bacio incerto, timido.
Le labbra premute dolcemente come a tastare il territorio, un inesperto bacio, un vero e proprio primo bacio.
“Come potrei lasciarti quando non ho motivo di vivere senza te?”.
“Andiamo” sussurrò Hoon prima d’intrappolarlo in un altro bacio, una sorta di patto sigillato dai loro corpi, adesso desiderosi di aversi.

Una caffetteria, ghermita di gente rumorosa, intere famiglie felici per quella domenica soleggiata. Al centro due volti sorridenti quasi ipnotizzanti seduti ognuno di fronte all’altro, in un mondo tutto loro.
“Signori avete deciso?”
“Un caffè” risposero all'unisono mentre il luccichio di un oggetto posto nell'anulare sinistro rapiva il cameriere.

Non dimenticare di vivere ogni forma d’amore, perché la vita senza di esso non merita di essere vissuta.

FINE
   
 
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