Note
Allora.
Tengo
tantissimo a questa saga. Quasi non riesco a credere di averci
finalmente scritto qualcosa; spero sinceramente di non aver fatto
disastri, soprattutto con l'IC.
NB: il cambio di persona tra flashback (al centro) e presente
è voluto, serve per creare più/meno distacco.
Può piacere o meno, ma almeno saprete che non è
stata una distrazione C:
Ringrazio ancora Flos Ignis per
avermi dato lo spunto per sbarcare in questo fandom. ❤
Ciò che conta davvero
Piove.
Le
gocce ti confondono la vista, ma indovini comunque la scena di fronte a
te: Artemis
è a terra.
Il
soggetto sperimentale 135, distante pochi metri, gli si avvicina
pericolosamente.
Quella
piccola scimmia dal manto arancione è la tua unica speranza
– ma rappresenta al
contempo un enorme pericolo per il ragazzo.
Punti
la Sig Sauer, ma esiti.
Quella
non è la tua Neutrino; se colpisci la scimmia, finisce tutto.
D’altra
parte, se non lo fai…
Abbassi
lo sguardo; la pioggia si è raccolta in varie pozze intorno
a te. In una di
queste intravedi il tuo riflesso.
Sotto
il cappuccio scorgi un viso bruno, capelli rossi a spazzola, un occhio
nocciola
che contrasta con il celeste dell’altro…
Non sei cambiata
poi così tanto.
«Capitano,
abbiamo
individuato la base di quei fanatici».
«Perfetto.
Dov’è?»
«In
superficie. Una
città dell’Italia centrale».
Stupita,
Spinella alza
un sopracciglio. Si era convinta che la base si trovasse nei pressi di
Cantuccio.
«Non
sarà facile
ottenere i permessi per l’operazione» constata dopo
un po’ con uno sbuffo.
«Bene, me ne occupo io. Puoi andare, Alloro».
Ma
ottenere l’autorizzazione
non è poi così difficile; il Consiglio teme quel
gruppo, è ben disposto a rischiare
qualche agente in superficie pur di liberarsene.
“Certo”,
pensa Spinella,
“anch’io sarò più tranquilla
senza quei Fanatici dei Fangosi a piede libero”.
Non
immagina quanto le
costerà.
Sceglie
quattro tra i
suoi migliori agenti, tra cui Alloro, la sua recluta preferita
– nonché unico
altro agente femmina della Ricog –, sale con loro sulla
navetta assegnatale e
parte.
~
Trovare
la base è
facile; in mezzo alle rovine di Viterbo, il laboratorio improvvisato
dal gruppo
spicca per l’integrità.
Le
sue difese sono
praticamente inesistenti; probabilmente, ragiona Spinella, non si
aspettavano
di essere rintracciati tanto presto.
Al
piano di sopra,
divide i suoi agenti; ne spedisce tre a perlustrare l’ala di
destra, mentre si
dirige verso quella di sinistra con Alloro.
Nelle
prime due stanze,
trovano e immobilizzano una decina di scienziati; i loro insulti
velenosi le
scivolano addosso senza lasciar traccia.
«Non
potete fermare il
progresso!»
«Non
torneremo
sottoterra!»
«Io
credo proprio di sì,
invece» sentenzia secca Spinella ammanettando
l’ultimo fanatico.
«Eravamo
così vicini!»
protesta un altro.
Il
capitano si guarda
intorno. Addossate alle pareti del laboratorio vi sono almeno venti
gabbie,
quasi tutte vuote. Il suo sguardo s’incupisce, quando
avvicinandosi scorge il
cadavere di un lemure in una di esse.
«Andiamo,
Alloro.
Abbiamo un’altra stanza da controllare» ordina
secca.
Non
capirà mai come
qualcuno possa essere tanto crudele con un altro essere, e il fatto che
quegli
esperimenti siano opera del Popolo l’intristisce ancora di
più.
“Noi
dovremmo essere
diversi dai Fangosi, e invece c’è
un’intera fazione di Cantuccio che aspira a
diventare come loro. Vivere in superficie non gli basta, vogliono
proprio
eguagliarli… e costringere tutti gli altri a fare lo
stesso”. Scuote la testa
con rabbia.
Vede
Alloro entrare nell’ultima
stanza e si affretta a raggiungerla.
All’interno
c’è solo un
folletto.
«LEP
Ricog! Arrenditi,
abbiamo circondato l’edificio!» esclama
l’agente, mostrando fiera le ghiande che attestano la sua
carica.
Il
folletto, di spalle,
non si gira subito; Spinella sente uno scatto metallico e punta la
Neutrino
contro il suo collo.
«Cos’hai
fatto?» sillaba
con rabbia.
«Oh,
niente» mormora lui
con un tono che al capitano non piace affatto. «Ho solo
pensato che la mia
creatura volesse sgranchirsi un po’!»
Mentre
esclama le ultime
parole, si sposta bruscamente di lato spalancando la gabbia che aveva
davanti. Spinella spara, ma è
tardi; un guizzo arancione e la gabbia rimane vuota.
Non
spreca un altro
secondo e mira al folletto, aumentando leggermente la potenza della
Neutrino. L’uomo
cade a terra, preso in pieno petto.
«Capitano,
sta
scappando!»
Spinella
si volta di
scatto. Stavolta riesce a cogliere qualcosa di più della
figura arancione; somiglia a una scimmia, nonostante
l’insolito colore acceso del manto. La vede
raggiungere il corridoio e si lancia dietro a lei, gridando ad Alloro
di fare
altrettanto. Il folletto, tanto, impiegherà almeno un paio
d’ore a
riprendersi.
~
La
scimmia ha quasi
raggiunto l’uscita dell’edificio; Spinella sa bene
che, in quanto cavia di chissà
quali folli esperimenti, deve essere esaminata da Polledro prima di
poter
essere lasciata in libertà.
Lasciarla
andare,
quindi, è fuori discussione; purtroppo, però, non
ha idea di come catturarla.
Non
ha reti con sé, solo
la Neutrino e qualche razzetto di segnalazione. Non vuole far del male
all’animale,
ma sa che probabilmente non avrà scelta.
Colpirlo
non sarà facile,
comunque; si muove a una velocità notevole.
Spinella
si ferma per
prendere la mira. Non fa in tempo a premere il grilletto,
però, che nell’aria
risuonano due spari.
La
scimmia, illesa,
cambia bruscamente direzione, puntando verso chi l’ha
attaccata.
Voltandosi,
Spinella
trova conferma ai suoi sospetti: è stata Alloro, che
dev’essere giunta alla sua
stessa conclusione. La vede sparare nuovamente in direzione della
scimmia, che
però schiva tutti i raggi.
Salta
ora a destra, ora a
sinistra, ma è chiaro dove sta andando.
Potrebbe
sfruttare la
cosa per colpirla al momento giusto… ma un minimo errore
significherebbe il
ferimento dell’agente. Mormorando un
«D’Arvit», Spinella si lancia verso
Alloro.
La
spinge a terra
proprio mentre la scimmia le si getta addosso, e nel farlo mira e fa
partire un
colpo.
Il
dolore lancinante che
avverte al braccio pochi secondi dopo l’informa che ha
mancato il bersaglio.
~
«Ripetimi
ancora una
volta cos’hai provato».
«Per
la decima volta,
Polledro, non è facile da descrivere. È stato
come sentir esplodere ogni
singola particella del mio corpo. In una parola, è stato
orribile. E il mal di
testa non vuole saperne di andarsene. Per
favore, smetteresti di tergiversare per
dirmi cosa d’arvit mi è successo?»
Il
centauro esita per
qualche secondo, Spinella capisce che non può aspettarsi
niente di buono.
Preoccupare
Polledro non
è qualcosa che possa fare chiunque.
Il
suo amico borbotta
qualcosa d’incomprensibile.
«Fammi
capire quanto è
grave».
~
Rimasta
sola nella
stanza, Spinella sente qualcuno entrare, ma non si gira.
Istintivamente
sa già
chi è.
«Non
dovresti essere
qui, Fangosetto».
«Pensavi
che sarei
rimasto davanti a uno schermo ad aspettare notizie? Sono qui per
aiutarti,
Spinella».
L’elfa
sospira,
voltandosi di tre quarti verso Artemis. «Non è
giusto» scandisce.
Lui
si avvicina, incerto
su cosa intenda.
«Hai
rischiato la tua
vita- No, sei proprio morto, per salvare me. Non solo: è
stato il mio occhio a
condannarti. Sei appena tornato tra noi, Artemis. Dovresti startene a
casa tua,
con i tuoi genitori, non qui a rischiare di
nuovo tutto per
me. Mi stupisce che Leale te l’abbia permesso».
«Non
è certo venuto da
solo» sottolinea una voce profonda dall’entrata.
Leale
raggiunge il
centro della stanza e cerca lo sguardo dell’elfa.
«Ti devo la vita, Capitano.
Non posso ignorarlo».
Spinella
sostiene il suo
sguardo. Al suo posto, probabilmente, avrebbe fatto lo
stesso… ma non è facile
immaginare Leale al suo posto.
«Se
non ricordo male»
interviene Artemis «non era solo per salvare te.
C’era tutta l’umanità, a
rischio».
«Sono
felice che te lo
ricordi, ma questo non cambia il fatto che non dovresti essere
qui».
L’espressione
di Artemis
si indurisce. «Ricordo tutto, Spinella. Sono passati tre
mesi. Sono di nuovo me
stesso, anche grazie a te. Soprattutto
grazie a te. Non mi perdonerei se ti
lasciassi da sola in questo frangente».
«Artemis
è mia
responsabilità, Capitano. Non lascerò che gli
accada nulla. So per esperienza
che sarebbe più rischioso tentare di fermarlo che non
lasciarlo fare, e in
questo caso non posso dire di non capirlo».
Spinella
abbassa lo
sguardo, esausta. Sente che la presenza lì del giovane Fowl
è sbagliata, ma non
sa più come opporsi.
Hanno
passato molte
avventure insieme, ma stavolta è diverso.
In
ogni momento
difficile che ha attraversato in precedenza, c’era qualcuno
da salvare.
Cantuccio,
i Fangosi, un
lemure. Il mondo.
Aveva
sempre qualcosa a
motivarla.
Persino
dopo la morte di
Julius, quando avrebbe voluto soltanto fermarsi e dare sfogo al dolore,
la
consapevolezza che Artemis e Leale fossero in pericolo le aveva dato la
forza
di reagire, di continuare a lottare, non per sé ma per loro.
Ma
adesso è stanca. Non
ha voglia di combattere ancora, è tentata di arrendersi.
«Sai
qual è il verdetto
di Polledro, Artemis? Probabilmente sì. Vuoi che te lo
ripeta?»
Il
ragazzo resta in
silenzio. L’elfa lo prende per un sì.
«Sono
senza magia. Non
sarò mai più in grado di utilizzarla. Il morso
del “soggetto 135” ha innescato
nel mio corpo un rigetto magico, e iniziato una metamorfosi. Tra
poche ore
sarò umana, Artemis. Se non si
trova il modo di
impedirlo entro ventiquattro ore, il processo sarà
irreversibile. E il modo non
c’è».
Sospira
amara. «Nel
frattempo, non posso neanche tornare a Cantuccio, per “non
rischiare contagi e
allarmismi”».
«So
che disprezzi gli
umani, ma…»
«Non
è questo il punto.
Il punto è che non sarò più io.
Io…» Spinella esita. «Non so che mi sta
succedendo».
Artemis
sorride amaramente.
«Penso di saperne qualcosa, di cosa significhi vivere in un
corpo diverso. Ma
tu hai ancora una possibilità, Spinella.
C’è una speranza».
«Se
ti riferisci al
catturare l’esperimento per farlo analizzare a Polledro
così che possa trovare
una cura» inizia l’elfa, «mi
sembra piuttosto improbabile».
«Abbiamo
svolto compiti
più complicati».
«C’era
di più in ballo».
Lo
sguardo di Artemis si
oscura. «La tua vita è importante,
Spinella» afferma duramente.
C’è
qualcosa nel suo
tono che le impedisce di contraddirlo.
Scuote
la testa. È vero,
una speranza c’è. Una piuttosto labile,
suggeritale anche da Polledro. Una che
richiede una corsa contro il tempo, visto che dal morso sono passate
già cinque
ore.
Si
tasta il lobo delle
orecchie, già meno appuntito rispetto a solo due ore prima.
Si accorge di star
tremando.
No,
decide, non è ancora arrivato il
momento di fermarsi.
Raggiunge
i due Fangosi
al centro. «Siete qui perché l’avete
rintracciato?»
Sul
volto del giovane
genio si disegna un sorriso. «Quella creatura ha buon
gusto» dice. «In questo
momento sta passeggiando per le rovine della Città Eterna,
nientemeno».
«Tradotto
per chi non è
pratico di geografia dei Fangosi?»
«Roma.
Visto che siamo
probabilmente gli unici a possedere un’autovettura nel raggio
di almeno cento
chilometri, dovremmo raggiungerla in un’ora».
«Anche
meno» precisa
Leale.
~
Leale
ferma la macchina
vicino a un palazzo con un enorme murales raffigurante una bambina
con
indosso un karategi, o almeno così l’interpreta
Spinella. L’espressione triste
del disegno la colpisce.
Si
sposa bene con la sua
situazione.
Vede
Leale aprire il
portabagagli; poco dopo, le passa un involucro scuro.
«Cos’è?»
chiede.
Lui
lo spiega, rivelando
una mantellina nera.
«La
maggior parte dei
romani si è trasferita nelle campagne,
com’è successo in qualsiasi altra
metropoli, ma rischiamo comunque di incontrare qualche vagabondo. Ho
pensato
che preferissi non metterti troppo in mostra».
Non
ci ha pensato, in
realtà, ma Leale ha ragione: nonostante tutto, è
ancora un’elfa,
meno Fangosi la notano meglio è. Se non altro, se davvero
riuscisse a
tornare normale, il Consiglio avrebbe un rimprovero in meno da farle.
Accetta
il mantello e lo
indossa, coprendo le orecchie – ancora appuntite –
con il cappuccio. Le sta un
po’ lungo, ma le sembra un buon segno.
Artemis
sta armeggiando
con qualcosa che non riconosce. «Per di
là» afferma poi, indicando un edificio a
qualche metro da loro. «Il nostro obiettivo dovrebbe trovarsi
oltre quell’isolato».
Spinella
annuisce,
rigida. Non riesce ancora a sperare, ma è pervasa da
un’agitazione inquieta.
“Respira,
soldato. Devi
mantenerti lucida”, si ripete.
«Artemis,
tu sta’ dietro
a me» ordina Leale, aprendo la via a entrambi. Impugna una
Sig Sauer P320.
Sì,
nonostante i lobi meno appuntiti e i cinque centimetri che hai
guadagnato in
sole sei ore, osservi il tuo riflesso e capisci che sei sempre tu.
Lo
shock per il cambiamento improvviso ti ha impedito di riconoscerlo
prima, ma
ora ne sei certa: non è il tuo corpo a definirti, sono i
tuoi pensieri e le tue
azioni.
Il
che vale anche per
Artemis.
Il
Fangosetto l’ha capito molto prima di te, non è
vero? Mettendo in conto di
perdere il suo corpo, ti ha lasciato il necessario per procurargliene
uno nuovo
di zecca.
Una
decisione freddamente logica, che tu non avresti mai potuto prendere.
Non
ce n’è stato bisogno, non ti è stato
dato il lusso di scegliere.
In
fondo va bene così, decidi, se
questo non
ti impedisce di salvare i tuoi amici.
Aggiusti
la mira, benedicendo mentalmente l’assurda
tonalità del manto del bersaglio.
Se
fosse stato leggermente meno visibile, colpirlo a dispetto della
pioggia
sarebbe stato un problema.
Si
avvicina ad Artemis, fa per avventarsi sul suo braccio –
senti lo sparo
rimbombarti in testa.
Lasci
l’arma – il suo peso ti rallenterebbe notevolmente
– e corri verso il ragazzo.
Trovi
la scimmia accanto a lui. Non respira più.
Rilasci
il fiato che hai trattenuto fino a quel momento.
Non
ti piace uccidere, neanche in questo caso l’accetti del tutto
– ma hai dovuto
e lo sai.
Il
morso di quella creatura ti ha resa diversa,
non c’è modo di sapere quali effetti avrebbe su un
Fangoso. Quali avrebbe avuto, visto
che non potrà più
nuocere a nessuno.
Ne
carezzi distrattamente il manto; in fondo non è colpa sua.
Anche
lei era una vittima.
Farò
in modo che i
responsabili paghino anche per questo,
prometti a te stessa.
Finalmente
ti chini su Artemis; il suo cuore batte regolarmente, sospiri di
sollievo.
La
sua guardia del corpo, stesa qualche metro più in
là, non si sarebbe mai
perdonata il contrario.
~
Tempo
un giorno, e sia Leale che Artemis si sono ripresi – vederli
stordire con uno
sfrizzagente dal Fanatico scampato alla cattura ti ha preoccupata,
sul
momento, ma non ha comportato nulla più di una temporanea
perdita di sensi e
due leggere bruciature.
Per
fortuna, ti ha sottolineato Polledro quando vi ha recuperati, non sono
stati
morsi.
Vi
ha accompagnati in Irlanda, alla tenuta dei Fowl, ed è al
limitare di questa
che sei ora, seduta a gambe incrociate accanto al tuo Fangosetto
preferito.
«Sei
sicura di star bene, Spinella?»
Fai
un cenno d’assenso. No, non stai bene, non ancora; ma
è solo questione di
tempo, adesso lo sai.
Hai
perso la magia, ma ne hai scoperta una più grande, e per
questo devi ringraziare
il ragazzo accanto a te.
«Anche
se non tutto può essere risanato, a tutto si può
sopravvivere» dici. «Non trovi
che ci sia magia in questo, Artemis?»
Lui
ti guarda incerto. «Magia… Puoi vederla
così, immagino. Non è una definizione
molto logica, però».
Ti
scopri a ridere. Quel piccolo genio irlandese non cambierà
mai, non importa
cosa gli capiti.
«Cosa
ho detto?»
«Non
ha importanza».
Ti
scruta in cerca di risposte; rinunciando a capire, sospira.
«Cosa farai
adesso?» ti chiede.
Già,
te lo sei chiesta da quando Polledro ha emesso il verdetto finale;
“non esiste
una cura”, ti ha comunicato con voce spezzata dopo alcuni
test. Ti sei quasi
sentita in dovere di consolarlo, il che, a pensarci, è un
po’ assurdo.
«Ho
una mezza idea» rispondi enigmatica. «Certo non
posso tornare a Cantuccio».
«Perché
no?»
Il
cipiglio confuso di Artemis ti stupisce. Non resisti e lo punzecchi.
«Geniale
come sei, non ci arrivi?»
Sposti
lo sguardo sul paesaggio di fronte a voi; l’Irlanda era
bellissima prima del
disastro causato da Opal e lo è anche adesso. «Se
tornassi, dovrei affrontare
ogni giorno sguardi di compassione, pietà, forse addirittura
d’odio per chi ricordo loro.
Oltre a questo, non sarebbe molto comodo ora che ho raggiunto il metro
e
cinquanta. Tu dovresti saperlo bene».
Lo
vedi assorto per qualche secondo; intuisci che sta cercando di
richiamare i momenti
passati nella città del Popolo.
«Pensavo
avessi recuperato i ricordi».
«È
così» conferma lui. «Solo che non tutti
sono così vividi. Diciamo che le sedute
con il Dottor Argon non sono la mia priorità».
Annuisci;
«Comprensibile» commenti.
«Puoi
stare con noi» propone Artemis dopo un po’.
«Sono certo che mia madre ne
sarebbe entusiasta».
Ti
volti e lo guardi intenerita. «È gentile da parte
tua, Arty».
«Quindi
rifiuterai», indovina.
Sorridi.
Se i problemi attuali del mondo non fossero stati ben più
materiali, Artemis
avrebbe potuto pensare seriamente a una carriera da psicologo.
Be’,
avrebbe potuto pensare a praticamente qualsiasi carriera
professionistica, in
effetti.
Eccetto
quelle sportive.
«Pensavo
di mettermi sulle tracce di tutti i ricercati nascosti qui in
superficie. Chi
sospetterebbe mai che un’ingenua Fangosa sia in
realtà un membro della LEP? Per
i primi tempi potrebbe funzionare, non trovi?»
Inaspettatamente,
Artemis sorride.
«Come
ci si aspetta dal Capitano Tappo. Possono anche modificare il suo DNA,
il senso del
dovere resterà immutato» decreta.
«È anche per questo che hai la mia stima,
Spinella. Ma se mai dovessi stancarti di dare la caccia a nani e
folletti,
ricordati che casa Fowl ti accoglierà sempre».
Ti
alzi. «Me ne ricorderò» prometti
sistemando il mantello.
Gli
tendi la mano. «Ora devo andare. Polledro e Grana mi
aspettano per chiarire
alcuni dettagli».
Te
la stringe.
«Buona
fortuna, Spinella».
Mentre
ricambi la stretta, pensi che è bello vederlo sorridere.
Il
fatto che i suoi occhi non rispecchino più i tuoi ti provoca
una spiacevole
fitta al petto, ma ti ricorda anche che nonostante tutto Artemis non si è arreso, ed
è sopravvissuto.
Ti
riprometti di fare altrettanto; non puoi certo dimostrarti da meno!
«È un arrivederci, Artemis».