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Autore: BellatrixWolf    29/06/2018    6 recensioni
Nell'esercito, nessuno sapeva come fosse fatta esattamente la Sovrana. [...] Perfino le ombre la temevano. Il Demonio stesso era preferibile.
Nell'esercito, nessuno voleva sapere come fosse fatta esattamente la Sovrana: il timore superava la curiosità.
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Queen and the Knight'
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Questa storia è stata riscritta e ripubblicata. Nasce da una role con S, ed all'inizio era dedicata a lei, come tutta questa raccolta. Anche se non parliamo più, vorrei comunque dedicarla a lei, perché è stata il mio Cavaliere per tanti anni, e senza di lei non avrei mai scritto nulla di tutto ciò. For the Wind to my Wolf.
La dedico anche a Micia, Fra, Giu e Cupcake, perché sì.

Nell'esercito, nessuno sapeva come fosse fatta esattamente la Sovrana. Tra le fila correvano voci secondo cui la sua bellezza fosse paragonabile solamente alla sua malvagità, secondo cui la sua magia fosse capace di terrorizzare l'animo di un uomo più di un incubo demoniaco o della morte stessa. Perfino le ombre la temevano. Il Demonio stesso era preferibile.

Nell'esercito, nessuno voleva sapere come fosse fatta esattamente la Sovrana: il timore superava la curiosità. Eppure, talvolta da palazzo arrivava una convocazione, ed a qualche povero malcapitato toccava l'incarico di andare a servire come guardia personale. Nessuno aveva mai fatto ritorno.

In quella mattina d'autunno le nubi sembravano promettere pioggia. La truppa era sull'attenti, e sui volti dei soldati si leggeva una chiara preoccupazione: un messaggero era arrivato all'alba, e presto avrebbero saputo se fosse scoppiata una guerra o se un'altra guardia personale avesse fallito nel proprio compito – in ogni caso, non si sarebbero rivelate buone notizie.

Una tromba risuonò nell'aria ed il messaggero iniziò a parlare a gran voce: era una convocazione. Sguardi veloci guizzarono tra i soldati al nome del prescelto, c'era chi ghignava perché si trattava di qualcun altro, c'era chi ghignava perché non vedeva l'ora di liberarsi del compagno, e qualcuno scuoteva lentamente la testa, triste della sua partenza e certo che avrebbe perso presto la vita. Era raro vedere una donna nell'esercito, e gli uomini erano sicuri che lei non sarebbe sopravvissuta a lungo. Ma quando mai lei aveva dato retta ad un uomo?

Si preparò in fretta, alzando occasionalmente lo sguardo sulle nubi grigie che lentamente andavano scurendosi, e partì a cavallo, sperando di riuscire ad arrivare a palazzo prima dell'imminente temporale. Non era contenta di essere stata scelta, ed in cuor suo sentiva un lieve timore, eppure era curiosa. Si chiedeva quanto, tra ciò che veniva detto sulla Regina, fosse vero. Alla fine, nessuno l'aveva mai incontrata – certo, era anche vero che chi invece l'aveva incontrata non era tornato a raccontarlo – e lei, forse per cercare di convincersi di non star galoppando verso morte certa, voleva essere ottimista.

Durante la sua cavalcata ebbe il tempo di ripensare a tutte le dicerie sul conto della Sovrana: a come i suoi occhi dovessero essere scuri come la notte, le labbra rosse come il sangue, i capelli come le piume dei corvi, gli abiti che richiamassero la lussuria. A come il suo cuore dovesse essere corrotto e maligno, la sua voce scura e maliziosa, ogni suo gesto e volontà violenti e crudeli. Ebbe il tempo di pensarci intensamente, eppure non tremava di paura come coloro che l'avevano preceduta.

Nessuno può essere semplicemente malvagio. Una donna da sola al potere fa sicuramente paura ad un branco di uomini. E ad ogni modo, qualsiasi cosa

Scese da cavallo e consegnò la convocazione come cavaliere personale ad una guardia del castello, che la squadrò con scetticismo. Il suo sguardo passava dal volto della donna alla lettera e viceversa, come cercando di capire dove fosse l'inghippo, perché non poteva essere vero. Dopo almeno un minuto, l'uomo fece per parlare ma il soldato roteò gli occhi e lo guardò seccata, trattenendo un ringhio infastidito.

«Volete farmi passare o devo farmi strada da sola? O magari preferite attendere le collere della Regina?»

L'uomo impallidì visibilmente al solo pensiero della furia della Sovrana e di un'eventuale punizione, quindi annuì e fece spazio al soldato. Vedere il terrore nello sguardo dell'uomo non abbatté comunque il suo spirito, e la donna entrò a passo deciso.

Fu scortata fino al grande portone della stanza del trono, dove si trovava la Sovrana, e prese un profondo respiro.

«Tu resta qui, ti annuncerò io.» Disse la guardia, alzando la mano per farle segno di fermarsi. La squadrò un'ultima volta e sospirò esasperato, quindi entrò.

Il soldato ebbe solo un breve scorcio dell'enorme sala, pietra e gelo che facevano da padroni, e della Regina, vestita di velluto rosso, poi il portone si richiuse.

«Vostra Maestà, il cavaliere è arrivato.» Udì la guardia annunciare.

«Fatelo entrare.» Perfino attutita oltre al portone, la voce della Sovrana suonava grave ed ammaliante, come veniva descritta, ma il soldato non ne sentì la malizia – solo una forte amarezza, e della noia.

«Agli ordini, Maestà.» Pochi secondi dopo l'uomo uscì. Guardò il soldato, ghignando con cattiveria. «Buona fortuna... donna.»

Lei non tentò nemmeno di trattenere un ringhio minaccioso, che fece indietreggiare appena l'uomo, poi prese un altro profondo respiro e guardò con determinazione il portone. Entrò.

«Vostra Maestà.» Non ebbe che qualche istante per guardarla: veste rosso sangue che ne accentuava le forme, capelli lunghi e scuri raccolti in una pettinatura elaborata, occhi profondi quanto il cielo stellato velati da qualcosa di indefinibile, labbra scure, pelle olivastra, trucco aggressivo. Bellissima, quello era certo. Il soldato abbassò la testa, si chinò su un ginocchio, si portò il pugno sul petto, all'altezza del cuore.

Se avesse mantenuto lo sguardo sulla Sovrana ancora per qualche momento, avrebbe visto l'espressione sul suo volto mutare da noia e fastidio a stupore ed interesse, prima di tornare una maschera indecifrabile.

La Regina non disse nulla ma, seduta sul trono, gli occhi fissi sui ricci biondi del suo nuovo Cavaliere, non sapeva se la vista la stesse ingannando, se si trattasse di uno scherzo, o se quella fosse veramente una donna.

Dopo il primo istante di stupore, la Regina si scosse, osservando la forma china di colei che si professava il suo nuovo Cavaliere personale. L'armatura era diversa da quelle normali, poiché ricalcava le forme di colei che la indossava: era più leggera, creata appositamente per la donna che la vestiva con onore e soddisfazione perché non ne limitasse l'agilità; i capelli biondi e mossi le coprivano il volto, ma poco prima che le ciocche ricadessero come una tenda dorata, la Regina poté scorgere due luminosi occhi di cristallo, un viso dai tratti delicati, labbra chiare.

La Sovrana si alzò, camminando solennemente fino a fermarsi di fronte alla figura inginocchiata della donna. Era una novità, certo, ma era pur sempre un soldato – cosa ci si poteva aspettare, se non la solita cieca obbedienza e quel timore reverenziale negli occhi?

«Qual è il vostro nome?»

Il Cavaliere alzò la testa. «Soldato Emma Swan, mia Signora. Al vostro completo servizio.»

I loro occhi si incontrarono per un istante, prima che Emma abbassasse nuovamente il volto. In quello sguardo di cristallo, anche se solo per una frazione di secondo, la Sovrana credette di vedere una scintilla che non aveva mai visto in alcun Cavaliere prima di lei.

«Alzatevi. Il vostro compito sarà quello di seguirmi ovunque e di proteggermi. Spero ne sarete all'altezza.» Ordinò la Regina, voltandosi e tornando verso il trono. Si sedette ed accavallò le gambe, appoggiando il gomito e sostenendo la testa sul palmo.

«Non vi deluderò, Maestà.» Emma si rialzò, raddrizzando la schiena, e posò l'avambraccio all'elsa della spada.

«Questo spetta a me deciderlo.» Fu la fredda risposta. «Da quanto tempo posso contare delle donne tra le fila del mio esercito?» Chiese dopo qualche secondo, aggrottando le sopracciglia, ancora intenta a studiare la figura di Emma. «È una novità per me. Mi chiedo se sia un'eccezione-» il suo sguardo scivolò dai lunghi capelli biondi ai fianchi larghi, prima di tornare sul viso dai tratti dolci. «O la regola.»

«Sono l'unica, Maestà.» Il soldato non poté fare a meno di impettirsi lievemente nel dirlo, una punta di orgoglio nella voce. Già, non c'erano altre donne nell'esercito all'infuori di lei: era l'eccezione, la singolarità. «Nel vostro esercito non ci sono donne, all'infuori di me.»

«Comprendo.» La Sovrana chinò leggermente la testa di lato. «Ammirevole. Dovete aver dimostrato doti fuori dal normale per essere scelta.» Le sue labbra scure si incurvarono appena in un ghigno. La Regina si alzò in piedi e fece un cenno alla guardia che si trovava in piedi accanto al portone, che annuì ed uscì. Emma non era certa di capire cosa stesse succedendo, ma sapeva di non avere la facoltà di fare domande, quindi attese. «Come sapete, un Cavaliere deve sempre essere in grado di proteggere la propria Regina.» Cominciò, mentre dei passi potevano essere uditi dal corridoio. Ogni Cavaliere aveva avuto il dovere di superare una prova, arrivato a palazzo: combattere contro tre uomini scelti dell'esercito reale e disarmarli senza morire nel tentativo. I soldati avevano il preciso ordine di uccidere, ma di arrendersi una volta persa l'arma. «Prima di poter essere definita tale, quindi, dovrete combattere contro di loro. Tutto ciò che dovrete fare sarà disarmarli, ma sappiate che loro non si risparmieranno colpi.»

I tre soldati scelti entrarono, si inchinarono di fronte alla Regina e si misero in fila di fronte al portone, mentre la guardia che era andata a chiamarli tornava nella propria posizione. Gli uomini spostarono lo sguardo sul Cavaliere, quindi si scambiarono delle occhiate perplesse, ma appena la Sovrana richiamò la loro attenzione, loro tornarono sull'attenti.

«Lei è colei che si presenta come mio Cavaliere. Saggiatene le capacità, e non abbiate pietà per lei; combattete come se foste di fronte ad un uomo.»

Emma annuì ed immediatamente sfoderò la spada, voltandosi a fronteggiare gli uomini – da sotto l'elmo di uno di loro notò un ghigno; forse erano certi che sarebbe stato facile combattere contro una donna, ma lei era decisa a vincere, a dimostrare alla Regina le proprie doti -perché, poi?- ed a guadagnare il titolo di Cavaliere.

Attese che fosse uno dei tre ad attaccare per primo, conscia del fatto che se avesse caricato sarebbe finita in mezzo a tre nemici e non sarebbe mai stata in grado di fronteggiarli. Non dovette aspettare a lungo: uno dei soldati scattò verso di lei, seguito immediatamente dagli altri due; Emma strinse in entrambi i pugni l'elsa della spada ad una mano e mezza e si preparò a parare il fendente che arrivava dall'alto, scartando poi di lato e fingendo un affondo, solo per cambiare traiettoria all'ultimo istante con la velocità di una serpe e colpire di piatto la caviglia dell'uomo alla sua destra, abbassandosi per schivare un colpo che, altrimenti, le avrebbe tagliato la testa di netto. L'uomo cadde, ma non perse la presa sull'impugnatura della propria spada. Emma storse le labbra, ma non aveva tempo: si ritrovò a parare una serie di colpi dai due soldati, costretta ad indietreggiare per non dare loro la possibilità di colpirla. Loro erano più forti, e se fosse andata avanti troppo a lungo l'avrebbero sicuramente sopraffatta, ma lei era più agile. Con una serie di passi che sembravano tratti da una danza sgusciò di lato, bloccando l'uomo a terra e premendo un piede sul suo polso, obbligandolo a mollare la presa sulla spada. Uno era vinto. Gli altri due si chiusero a tenaglia su di lei, ma Emma era pronta e con un calcio allontanò il soldato a sinistra per concentrarsi sull'altro, scambiando una rapida serie di colpi fino a trovare una falla nella sua guardia. Con un ringhio colpì la mano dell'avversario con il piatto della lama, sorridendo soddisfatta alla bestemmia che accompagnò il tintinnio della seconda arma che cadeva al suolo. L'ultimo rimasto cercò di caricare da dietro, ma la donna si scansò all'ultimo istante e sfruttò l'armatura per afferrare la spada tra il fianco e l'avambraccio, bloccandola, incontrando per un attimo lo sguardo dell'uomo prima di lasciare la presa sulla propria arma per sferrargli un pugno in faccia. Anche l'ultimo aveva perso.

Lo sguardo della Regina non l'aveva abbandonata per un istante. Solitamente assisteva annoiata a quei duelli, che spesso non duravano più di pochi secondi prima che il Cavaliere venisse sopraffatto, ma Emma le aveva offerto uno spettacolo più che un combattimento: i suoi movimenti erano veloci e sinuosi, e sembrava capace di sfruttare al meglio le proprie abilità per sopperire all'inferiorità numerica ed alla differenza di forza. Alla fine del duello, c'era un sorriso soddisfatto sul suo volto. Forse quella donna era diversa da tutti i cani che fino ad allora si erano presentati al suo cospetto. Forse finalmente si sarebbe divertita.

Il soldato si voltò verso la propria Signora, rinfoderando l'arma, e si portò il pugno sul petto. «Vostra Maestà.»

«Cavaliere.» Rispose lei, alzando leggermente il mento. «Vi siete meritata questo titolo. Vedremo quanto a lungo sarete in grado di mantenerlo.»

«Al vostro servizio, Maestà. Non ho intenzione di cederlo presto.»


 
  
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