Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: AGirlInTheDark    29/06/2018    0 recensioni
“Perché sei qui?”
“Perché non la sento più.”
E in una vita in cui Park Jimin non riesce più a scrivere canzoni, Yoongi è la sua ultima possibilità.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il primo giorno era stato particolarmente imbarazzante.

Yoongi non è una persona abituata a conversare con gli altri e, ritrovarsi dopo tanto tempo, faccia a faccia con qualcuno, lo rendeva nervoso ed irritabile.

 

Aveva rifiutato le preghiere di Jimin con un 

“Non ho spazio”; la bugia più grande che avesse mai detto.

Perché di spazio ne aveva e fin troppo.

Dire che non aveva voglia sarebbe stato peggio.

Dire che non ci riesce più, lo avrebbe distrutto.

 

 

Perché Yoongi non l’ha detto a nessuno.

Il suo segreto non è mai uscito dalle quattro mura dello studio in cui lavoro da quasi quattro anni.

 

Lo studio che era solito essere un luogo di serenità, d’ispirazione, di pace è ora diventato un abisso.

Un posto buio, in cui vi è solo alcol e autocommiserazione.

 

 

 

 

Una stupida notte e l’incontro con una persona qualunque: tutto era iniziato così, senza un avviso, senza che lui potesse scegliere.

Perché quella notte la vita di Yoongi cambiò per sempre.

 

 

Incontri una persona in un bar e ti innamori.

Così, semplicemente così.

Tutti tendono a complicare l’amore, a farlo sembrare molto più bello, complesso e forte di quanto lo sia nella realtà.

L’amore è sopravvalutato, o almeno era questo il suo pensiero.

 

E poi si ritrova a sorridere come un idiota.

A credere di aver trovato la persona giusta. 

A sentirsi meno vuoto, un po’ più completo.

E ama, e crede e sogna.

Ma, soprattutto, scrive.

Scrive innumerevoli canzoni, la sua ispirazione alle stelle e, forse, ha trovato il suo posto nel mondo.

 

Forse ha trovato un senso.

Forse non ha più paura di vivere.

Forse il suo sogno non è più quello di diventare famoso o ricco.

Forse è diventato quello di amare. Amare fino a credere che vi sia una speranza in questo mondo.

Amare fino a sperare in una seconda vita per ritrovare la persona che hai amato in questa.

 

 

 

E, quando Yoongi si ritrova sul pavimento di un bagno a chiedersi perché, ad urlare il nome della persona che lo ha lasciato per sempre,dopo avergli fatto assaggiare un pezzo d’eternità, smette di sentire ogni cosa.

 

Il rumore delle lacrime che toccano le piastrelle.

Il gusto del whisky sulla punta della lingua.

Il profumo di persone sconosciute sulla pelle, persone con cui aveva rovinato l’intera visione dell’amore, persone con cui aveva cercato di dimenticare, senza mai riuscirci.

 

 

I colori ed i suoni che, da quando era bambino, popolavano la sua mente.

Neppure loro erano rimasti.

Non c’era più niente.

E, da quel giorno, Yoongi non trova più le parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per capire quali siano i problemi di una persona bisogna, innanzitutto, cercare di conoscerla.

E, per sua sfortuna, Yoongi ha davanti uno sconosciuto con i capelli arancioni.

Per aiutarlo deve comprenderlo.

Dio solo sa quanto questa sia la parte che odia di più.

 

 

 

 

“Allora, da quanto tempo?”

 

 

 

 

Jimin viene preso alla sprovvista.

Erano rimasti in silenzio per almeno mezz’ora e, la voce del produttore, lo aveva sorpreso.

 

 

 

 

“Quattro mesi e quindici giorni.”

 

 

 

Jimin si sentiva in imbarazzo ad aver contato persino i giorni ma, quando un artista perde la sua ispirazione, diventa maniacale, preciso.

Se potesse conterebbe anche le ore.

 

 

Yoongi lo osserva.

I loro occhi non si sono mai incontrati e Jimin sembra essere a disagio in sua presenza.

Se vuole aiutarlo deve guadagnarsi un po’ di fiducia o, quantomeno, essere meno stronzo.

 

 

Ha bisogno di consolazione, di complimenti e, soprattutto, di un amico.

Lo vede dalla stanchezza nei suoi occhi e dalla sua posizione non eretta, dal peso che sembra portare su quella schiena delicata.

Perché mai come in questo momento, Jimin si sente piccolo e ripugnante.

 

 

Deve aver perso parecchio peso, trascorso infinite notti davanti ad un computer per trovare una parola qualsiasi, un suono qualunque.

Pena non è la parola che cerca.

Yoongi prova invidia.

 

Qualcuno che ancora cerca una soluzione.

Una persona che non si è ancora arresa, che non ha lasciato che la perdita della sua più grande fortuna la scoraggiasse.

Un uomo che continua a lottare, a cercare di superare il lutto.

La morte della sua musica, dei suoni che la sua testa era solita creare.

 

 

E Yoongi si sente un fallito. 

Aveva elaborato il lutto della sua musica tanto tempo fa.

Aveva lasciato che se ne andasse insieme alla sua vita, alla sua unica possibilità di vivere e morire innamorato.

L’aveva lasciata andare e, mai come ora, se ne pente.

Mentre guarda quel ragazzo stanco, mentirebbe se dicesse che non lo trova bellissimo.

 

Ha ancora speranza.

Può ancora farcela.

 

Forse per Yoongi non c’è più tempo.

Forse è questa la sua occasione per dire la verità, confessare ciò che non è mai riuscito a dire.

Forse è arrivato il momento di abbandonare definitivamente il suo sogno.

 

Jimin non si merita questo.

Merita qualcuno con delle capacità, che abbia ancora qualcosa da dire perché, da anni, lui non ce l’ha più.

 

 

Prende il respiro.

Cerca di mettere insieme delle parole di senso compiuto ed è pronto a dire la verità.

 

 

 

 

 

“Senti Jimin, io non credo di poterti aiutare.”

 

 

 

 

 

E, per la prima volta, il ragazzo alza lo sguardo e lo guarda negli occhi.

Fissa le sue iridi e sembra voglia piangere.

 

Forse, dentro di se, lo sta già facendo.

 

 

I suoi occhi sono increduli, spalancati.

Abbassa lo sguardo, si alza dal divano e, istintivamente, si inginocchia sul pavimento.

Le mani gli coprono il viso, il respiro è soffocato.

E Yoongi.

Yoongi vorrebbe distogliere lo sguardo, vorrebbe tacere e lasciare che l’uomo davanti a sé sfoghi la sua frustrazione.

E invece parla. Prende il coltello che ha già conficcato nel cuore di Jimin e scava.

 

Non vuole vederlo sanguinare.

Vuole che sopravviva, che la ferita che gli ha appena inferto guarisca presto.

Lui era la sua ultima possibilità, o almeno questo gli aveva detto al telefono.

Pensava a quanto Jimin debba essere sfortunato, a credere che lui fosse realmente una soluzione.

 

Ma con quelle parole lo aveva ucciso.

E, nel silenzio di quella stanza, ne aggiunge delle altre che possono solo aggravare la situazione.

 

 

 

 

“Jimin.

Ti prego alzati.”

 

 

 

Mano sulla spalla.

Stava tremando, forse piangendo.

I capelli gli coprivano il viso, gli occhi impossibili da vedere.

 

 

(Non farmi questo.

Alzati.)

 

 

 

 

“Jimin... 

Io non posso aiutarti. 

Se ne avessi anche solo un minimo di probabilità, credimi, lo farei.

Ma non posso.”

 

 

 

Jimin non rispondeva.

Era fermo, in ginocchio, davanti a Yoongi, anche lui nella stessa posizione.

Forse per stargli più vicino.

Forse per fingere di preoccuparsi.

 

 

Quanta pena deve avergli fatto.

Quanto ribrezzo deve aver provato nei suoi confronti, vedendolo in quello stato.

Sentendolo tremare.

 

 

Poteva tranquillamente andare a piangere da un’altra parte.

Riflettere sulla sua depressione altrove.

 

Questa doveva proprio risparmiarsela; andare a pregare, piangere e tremare davanti a quell’uomo.

L’errore più grande della sua vita.

 

 

Non sapeva cosa dire.

Nel giro di qualche minuto si sarebbe alzato, avrebbe spostato lo sguardo, guardato Yoongi negli occhi e sorriso.

Lo avrebbe ringraziato e se ne sarebbe andato.

Lontano da quello studio, lontano da quel paese.

Avrebbe cambiato vita, cercato la sua musica fino alla fine dei suoi giorni.

In qualsiasi luogo del mondo.

 

 

Da solo.

Com’era ed è sempre stato.

 

 

 

Ma qualche parola poteva anche dirgliela.

 

 

 

 

“Sai, credevo di potercela fare.”

 

 

Yoongi non distoglie gli occhi dal suo viso.

Così stanco.

Così vuoto.

 

 

 

“Credevo di poter venire qui, parlare con te e ritrovarla.

Ritrovarmi.

Tornare ad essere quello che ero.

Credevo tu fossi in grado di salvarmi.”

 

 

 

Jimin alza la testa.

Sorride mentre le lacrime gli scorrono sul viso.

 

 

 

“Ma diciamocelo, tu non riesci nemmeno a salvare te stesso. 

Come ho potuto pensare, anche solo per un secondo, che mi avresti ridato la pace?

Sono così stupido, Cristo.”

 

 

E mentre parlava, con le sue mani, indicava l’alcol, le sigarette, la disperazione presente in quella stanza.

 

 

Si alza, prende le sue cose.

Gli sorride per un’ultima volta.

 

 

 

Yoongi guarda mentre, aprendo la porta, Jimin lo lascia da solo.

 

 

E dopo anni, piange.

Piange per tutte le persone che ha perso, per tutti i sogni che non potrà mai realizzare, per tutte le volte in cui non ci è riuscito.

Piange perché ha ragione, e non c’è una soluzione al suo problema.

 

 

 

Quella notte Jimin non dorme e Yoongi neppure.

Quella notte Jimin pensa a quanto sarebbe più facile smettere.

Abbandonare il suo lavoro e trovarne un altro.

 

 

Yoongi pensa la stessa cosa.

E prega. Prega nonostante non creda in nulla e spera che ritorni.

La musica, la passione.

 

 

Jimin.

 

Spera con tutto il cuore che torni anche lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E anche Jimin prega.

Prega per se stesso, per potersi ritrovare.

Perché la musica ritorni.

La passione e la felicità.

 

 

 

E anche Yoongi.

 

 

Spera con tutto il cuore che, anche lui, si possa salvare.

Un giorno.

   
 
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