Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: Morghana    29/06/2018    2 recensioni
L'essere visti soltanto in funzione del proprio ruolo, anziché come persone, è un qualcosa che può distruggere un'intera esistenza. Soprattutto se si finisce per vivere di conseguenza, arrivando al non guardarsi mai realmente dentro.
Ma se, d'improvviso, ci si trovasse di fronte una persona che vive lo stesso stato d'animo... e si finisse per prendere atto di ciò che si vuole veramente?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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*

“Ma dov'è finito Sakon?” si chiese Midori, perplessa.
Era da un pezzo che il loro ingegnere capo non si faceva quasi più vedere nella sala comune dove, solitamente, chi non era di turno si riuniva con i compagni per due chiacchiere e per un caffè.

Uscì sulla terrazza, accompagnata come sempre da Sanshiro... ed, affacciandosi alla ringhiera, finalmente lo videro.
Seduto su di una roccia, quasi in riva al mare.
Solo.

“La batosta è stata forte... povero Sakon.” sussurrò, dolorosamente, il pilota del Gaiking.

Midori non ebbe bisogno di chiedergli a cosa ed a chi si riferisse.

Lisa... la spia di Zela, dapprima loro nemica e poi loro alleata, a prezzo della vita. Avrebbe dovuto farli saltare in aria, con la bomba innescata nel suo corpo, dopo essere salita con l'inganno sul Drago Spaziale.
Ma il suo cuore l'aveva tradita: si era innamorata, ricambiata, di Sakon ed aveva preferito lanciarsi fuori dalla loro fortezza volante, piuttosto che ucciderlo.

Era successo mesi prima, ma il loro ingegnere ancora non si era ripreso dal dolore... era evidente.

Per questo, pensò Midori, preferiva isolarsi da tutto e da tutti, non appena il lavoro glielo permetteva.
O, almeno, così lei e Sanshiro credevano.

Ma avevano ragione solo in parte.

*

Era scesa la notte ma, nonostante il freddo, Sakon era rimasto dov'era, perso nei suoi pensieri... che toccavano Lisa soltanto marginalmente, ma non perché l'avesse dimenticata.

C'era un altro pensiero, che lo tormentava da ben prima di incontrarla... e che, dopo la morte della ragazza, si era fatto ancor più martellante, togliendogli il sonno e la pace.

Le parole che Pete gli aveva rivolto, mentre stavano rientrando dalla missione in cui Lisa si era sacrificata per salvarli.

Non capisco come tu possa soffrire per la morte di quella spia.

Sul momento le aveva prese e considerate soltanto come un'esplosione di rabbia per il rischio che tutti avevano corso e per colpa sua, visto che era stato lui a farla salire sul Drago.
Il dolore per la morte di Lisa gli aveva impedito di analizzarle a fondo, ma ora...

Possibile che... no, era assurdo!
Era assurdo soltanto il pensarci.

Eppure il suo sesto senso continuava a fargliele risuonare nella mente.

Ritornò con il pensiero alla sua vita, prima di accettare la proposta del dottor Daimonji di salire a bordo come ingegnere capo: studio, lavoro, pochissime distrazioni ed ancor meno legami sentimentali.
Di questi ultimi, pochi e di breve durata, ma non perché lui fosse il tipo da storielle di poco conto o da avventure di una notte... semplicemente, almeno così aveva creduto fino a qualche tempo prima, non aveva ancora incontrato la ragazza giusta per lui.

Finché non era entrato nell'equipaggio del Drago...

*

La stretta di mano del capitano Richardson era stata asciutta e forte, proprio come il suo carattere ma, a dispetto della facciata di gelo e distacco che il giovane americano ostentava al mondo, nei suoi occhi aveva visto disperazione e solitudine... insieme all'accendersi di una scintilla indefinibile, subito sopita dalle poche parole, misurate e secche, che gli aveva rivolto.

Benvenuto a bordo, ingegnere. Midori la condurrà subito al suo alloggio e le farà visitare il Drago, per mostrarle la destinazione d'uso delle varie sale.”

Gli era scappato quasi da ridere.
Non era possibile che Pete non sapesse che lui aveva partecipato alla progettazione del Drago...e che, di conseguenza, ne conoscesse per filo e per segno ogni singolo circuito ed ogni singolo componente.

Unica spiegazione: il capitano aveva la testa altrove, in quel momento.
Cosa difficile, ma non impossibile.

Era un essere umano, dopotutto... anzi, prima di tutto, più di quanto il capitano stesso non volesse, si era ritrovato a pensare mentre prendeva possesso della sua cabina.

Quello sguardo tormentato gli era rimasto inchiodato nella mente.

*

Sentì la ghiaia del vialetto scricchiolare sotto un passo lento e stanco. Non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi fosse.

“Pete...”
“Sei per l'ennesima volta in spiaggia e da solo... sai che ci è sconsigliato il trattenerci all'esterno, di notte, no? Vuoi rischiare di cadere in un'imboscata del nemico?” suonò, secco, il rimprovero del capitano.

Sakon sorvolò sull'implicito sottinteso: si era già accorto da tempo che Pete, pur sotto l'apparenza del sorvegliare tutto e tutti per motivi di sicurezza, spesso lo osservava dalla terrazza o – in modo apparentemente casuale – passava a poca distanza da dove lui si trovava.
Così come aveva compreso che la stanchezza di Pete non era fisica, ma mentale.
Come la sua, del resto.

La spiaggia, per lui, era il luogo ideale per sfuggire ai ricordi o, forse per immergersi in essi. La sua vita, costellata di studio e lavoro... il Drago Spaziale... Lisa... e quel senso di vuoto che non gli dava pace.

Spesso si era chiesto cosa gli mancasse per riempirlo... ed ogni volta che il suo cuore gli aveva dato una risposta - QUELLA risposta - lui l'aveva respinta, considerandola soltanto come un assurdo parto della sua solitudine.

Già, la solitudine.
La sua vera compagna.

Il suo istinto di mettersi sempre a disposizione degli altri lo aveva condotto a trascurare sé stesso, al vedersi come ingegnere ed astrofisico, ma mai come persona e come uomo... come se ad essere Sakon fossero quelle due dannatissime lauree, unite al quoziente intellettivo da record, non la persona in sé stessa.

Anche nelle faccende sentimentali – quelle poche che aveva imbastito – era stato lo stesso: ad attirare le donne verso di lui era sempre la sua fama, che lo precedeva... per quanto fosse perfettamente conscio di quanto il suo aspetto fisico, virile nel corpo e nel viso ma di una delicatezza quasi femminea nei tratti, fosse a sua volta una potente calamita.

L'unica che, sino a quel momento, l'avesse considerato semplicemente un uomo era stata Lisa.

Lisa... ed il sentimento fulmineo che lo aveva colto, all'improvviso, per lei.

Un sentimento che non aveva ancora compreso del tutto. Anzi, a volte gli pareva di non aver capito niente, né di lei né di sé stesso.

L'unica cosa che gli era chiara, almeno fino a quel momento, era che Lisa lo aveva visto per come era e non per quello che costituiva puro contorno.

Finché il dolore acerbo per la sua morte lo aveva tormentato, era stato convinto di essersi davvero innamorato, per la prima volta in vita sua... poi, quando si era rassegnato e la sofferenza aveva lasciato il posto al ricordo, aveva iniziato a porsi domande.
Domande alle quali, nonostante la sua stratosferica intelligenza, non riusciva a dare risposte.

E ora... Pete in piedi, alle sue spalle, a scombussolargli per l'ennesima volta il cervello, come la prima volta che l'aveva visto.

Ogni volta che se lo trovava vicino al di fuori dei momenti in cui erano in servizio, provava una sensazione di incombente pericolo... che all'inizio non riusciva a decifrare ma che, da un po' di tempo, aveva assunto le sembianze del rischio di perdere il controllo.

Ma il controllo di cosa?
Della situazione... o di sé stesso?
O forse di qualcosa che era a metà tra il cuore e la mente... qualcosa che era pronto a legare ambedue le cose in un sodalizio infrangibile.

Nemmeno Lisa era riuscita a far traballare in quel modo la sua ferrea logica e la stabilità del suo io interiore, tanto da indurlo a domandarsi “Cosa voglio veramente da me stesso... e per me stesso? Chi sono io, in realtà?”

Sentì Pete avvicinarglisi ed inginocchiarsi sulla roccia, dietro di lui.
Una sensazione di pace lo invase, una pace soffusa di gioia sottile... spazzata via dopo un attimo da un doloroso senso di panico: che diavolo gli stava succedendo?

CHE DIAVOLO GLI STAVA SUCCEDENDO?

Pete era un uomo!
Non era possibile che la vicinanza di un uomo gli ispirasse quel che avrebbe dovuto ispirargli una donna... ed allora perché?
Perché quel desiderio di abbracciarlo, alternato a quello di sentirsi abbracciare da lui?

Ok, non era soltanto il capitano del Drago Spaziale e – formalmente – il suo immediato superiore, era anche e soprattutto un suo amico, un compagno di battaglia, ma da qui al provare quel che stava provando lui ce ne correva!

Almeno avesse bevuto, a cena, o avesse fatto uso di qualche porcheria per sballarsi: avrebbe potuto attribuire il tutto all'aver alzato troppo il gomito o all'essersi fatto di qualcosa... macché, al massimo mandava giù un sorso di whisky quando faceva proprio freddo e, quanto a "sostanze”, non sapeva neppure che sapore avesse una sigaretta, figurarsi canne o altra robaccia.

Basta, forse era meglio rientrare ed andarsi a leggere un libro in camera sua, almeno avrebbe dato un taglio a quel turbamento che stava già raggiungendo i livelli di guardia.

Troppo tardi.

Le mani di Pete gli sfiorarono delicatamente i lunghi capelli, scostandoglieli dal collo... erano cresciuti di un bel po', da quando lo aveva incontrato, ormai gli arrivavano tra le scapole ed erano sempre più ricci alle punte. Sentì che ne gustava la morbidezza con le dita... molte donne avrebbero pagato una fortuna per avere capelli simili, spessi e folti ma della stessa consistenza della seta ed ugualmente lucidi.

Qualsiasi traccia di pensiero scomparve dalla mente di Sakon... che lo lasciò fare, senza più né forza né volontà di respingerlo.

In silenzio.
Quel silenzio che avrebbe potuto dire molte cose, se soltanto si fossero aperti l'uno all'altro, abbattendo la barriera delle mille cose non dette che li avevano separati ed uniti allo stesso tempo, nel corso dei mesi.

Dannazione, Sakon... possibile che tu non ti renda conto che...” pensò Pete, oscillando tra la rabbia ed il desiderio di stringerlo a sé.

Non poteva immaginare quel che stesse passando nella mente del suo compagno di equipaggio.
Pete... lasciami! Lasciami andare! Perché ti ostini a seguirmi con gli sguardi, a cercare sempre e dovunque di essermi vicino? Perché mi stai accarezzando in questo modo i capelli... ed anche il collo, adesso? Cosa... cosa vuoi da me?

Queste ed altre miriadi di domande sconnesse fiorirono nella mente del giovane ingegnere, insieme al desiderio di fuggire... e, contemporaneamente, di restare.
Senza poter fare altro che rimanere fermo.
Anche lui in silenzio.

Un silenzio nel quale ambedue si sentivano come galleggiare, lontani da qualsiasi realtà li circondasse: avrebbero potuto ritrovarsi trasportati altrove, in una foresta come nello spazio profondo, senza neanche accorgersene.

“Come mai hai deciso di imbarcarti sul Drago? - gli sussurrò Pete - Il dottor Daimonji ti ha voluto come suo assistente all'Università, questo lo so, ma come mai hai accettato di esserlo anche qui... e di rischiare la vita insieme a noi?”

Un lieve sorriso increspò le labbra di Sakon, prima che lui gli rispondesse.
Anche lui in un sussurro.

“Perché al dottore era indispensabile non soltanto un assistente, ma un assistente che conoscesse già approfonditamente il Drago... la guerra contro Zela era imminente e non c'era tempo di istruire qualcuno al riguardo. E poi... il lavorare all'Università o sul Drago, per me era lo stesso. Non avevo nulla che mi trattenesse e nessuno che mi aspettasse, a casa come altrove, quindi per me non c'era differenza di luogo e mansioni... e, a parte questo, il senso del dovere verso il mio pianeta mi avrebbe imposto di accettare comunque. Ero consapevole del rischio al quale mi sarei esposto, ma... la paura di morire non fa parte del mio carattere.”

“Non avevi nessuno... che ti aspettasse?”

“No. I miei genitori sono morti entrambi e sono figlio unico... e non avevo una ragazza dalla quale tornare. In passato non ho mai pensato ad un legame sentimentale stabile... mi interessava soltanto spingere la mia mente oltre qualsiasi barriera potesse incontrare, in qualsiasi campo. Ma non sono mai stato il tipo da avventure, per questo le mie relazioni si possono contare sulle dita di una mano... e sono finite rapidamente. In realtà non mi importava di avere qualcuna al mio fianco...” disse Sakon, quasi parlando a sé stesso.

“Non ti è mai importato niente di nessuno...se è per questo!” fu lo sbotto di Pete.
“E di me... meno che di chiunque altro.” aggiunse, in un sussurro appena accennato.

Quelle parole aspre furono come una frustata per Sakon, che se ne sarebbe andato su due piedi se non avesse udito le ultime, sommesse parole del capitano.
La voce gli tremò mentre la sua bocca – per una volta più veloce del suo cervello – diede voce non ai suoi pensieri ma alla sua anima.

Si sarebbe maledetto, per aver parlato... ma parlò.
“Chi t'ha detto che di te non mi importa?”

“Me lo dice tutto, di te... il tuo atteggiamento, la tua lontananza, il tuo comportarti con me come con qualsiasi altro membro dell'equipaggio... mi hai sempre tenuto confinato dentro quella maledetta divisa, hai sempre visto soltanto quella, non la persona che c'è dentro!”

“La persona... o l'uomo?” mormorò Sakon, con voce rotta.

Questa volta il silenzio gravò su di loro come una coperta fatta di roccia, un peso soffocante che sembrava schiacciare persino l'aria.

Il vedere soltanto il ruolo, non la persona che lo rivestiva, il vederla per ciò che faceva e per ciò che sembrava, non per ciò che era... la stessa nemesi che lo aveva segnato sin da bambino – pensò Sakon – ora stava bersagliando Pete con i suoi colpi.

Ma non si sarebbe mai aspettato che il colpo più micidiale dovesse ancora arrivare.
Ed arrivò.
Inesorabile come il destino...

“Cosa cambia, Sakon? Sarebbe così difficile per te... l'accettare che ad amarti... sia un altro uomo?”

Sakon sentì le gambe tremargli mentre si rialzava, meditando di riservargli una reazione scandalizzata per poi darsi alla fuga, ma i loro occhi si incontrarono... e qualsiasi volontà di sottrarsi a Pete crollò miseramente.

Rimasero a guardarsi, mentre un affanno senza nome si impadroniva di loro... prima che ad impadronirsi le une delle altre fossero le loro labbra.
Si strinsero in un abbraccio quasi disperato, mentre il loro bacio si faceva sempre più profondo.

Il qui ed ora persero qualsiasi significato.

A Pete non importava più, ormai, se qualcuno li avesse visti.
Al diavolo le convenzioni sociali, il giudizio altrui e ciò che ci si aspettava da loro e dai loro ruoli... esistevano soltanto loro due, ormai proiettati al di là di qualsiasi muro di silenzio, di vergogna, di conformismo.

Nessuno dei due parlò, quando si staccarono... il capitano con il viso in fiamme e Sakon a testa bassa, senza il coraggio di guardarlo.
Finché non fu Pete, sciogliendo l'abbraccio e posandogli le mani sulle spalle, a rompere il silenzio.

“Forse è per te ad essere difficile l'accettare...?”
“Cosa?”
“Di poter amare un uomo? Di poter amare un uomo e non una donna?”

Due occhi gonfi di lacrime trattenute ricambiarono il suo sguardo.
Seguite dalla prima ammissione di incertezza che Sakon avesse mai fatto in vita sua.

“Forse... non lo so.”

Pete fece per abbracciarlo di nuovo, per tentare di fondere nuovamente le proprie labbra alle sue, ma lui lo fermò, posandogli l'indice sulla bocca... con un sorriso così dolce e così malinconico da far affiorare anche le sue, di lacrime.
Comprese.

“D'accordo, Sakon... non insisterò perché tu accetti di andare oltre l'amicizia, né farò nulla che possa mettere te in imbarazzo o gli altri in sospetto. Aspetterò. Stai tranquillo... ti aspetterò. Ma prima...”

Gli accarezzò di nuovo i capelli.
“Prima... posso dirti che ti amo?”
“Sì che puoi...” gli sorrise Sakon, mentre Pete gli asciugava gli occhi con i pollici, in una muta carezza.

Le prime luci dell'alba li sfiorarono dall'orizzonte, facendoli tornare alla realtà.

“Sarà meglio rientrare...”
“Sì, Sakon, è meglio... almeno finché non decideremo che palesare è meglio che nascondere. Fino a quel momento, te l'ho detto... ti aspetterò.”

Si lasciarono con un'ultima, reciproca carezza sul viso, mentre Sakon fu il primo ad avviarsi all'interno della struttura.
Mormorando a sé stesso poche parole che Pete, per fortuna, non udì.

Per fortuna... perché altrimenti tutti i suoi propositi di paziente attesa sarebbero sfumati come nebbia sotto il sole.

“Aspettami, Pete... dammi tempo e sarò io a venire da te. Perché anch'io ti amo...”

*


  
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