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Autore: DarkYuna    01/07/2018    2 recensioni
"Tra la luce e le tenebre, nasce una linea sottile, un luogo senza nome,
sconosciuto ai più, che non esiste né in cielo e né in terra,
lì gli amanti separati dal fato continuano a vivere inscindibili.".
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7.
"Cuore"






 
Un mazzo di anemoni blu... lo sto facendo davvero alla fine.
Pazzesco, come una persona così presente nella mia vita e al contempo assente, abbia tutto questo ascendente sulle mie decisioni.
In realtà il gesto di portare dei fiori a quella dottoressa, è più che altro una forma simbolica di scuse per ciò che ho detto ad Amelia, la sera precedente. Avrei pututo portarli alla sua tomba, sarebbe stato più raziocinante, tuttavia lei voleva questo e sarà ciò che farò.
 
Sono in ascensore, quarto piano, reparto medicina e, intanto che assemblo un discorso penoso sul mio coportamento da eremita incallito, ripenso a lei, alla mia Amelia, a come era bella, al profumo dolce proveniente dal suo corpo, il sorriso triste, il suono melodioso della voce... era lì, proprio a due passi da me, era lì, dopo tre anni di strazio, era lì... ed io l'ho lasciata andare di nuovo.
Mi colpevolizzo inutilmente, non avevo il potere di tenerla legata a me la prima volta e ben che meno ne ho adesso.
Guardo di sfuggita il bel blu intenso degli anemoni, medito sul fatto che anni fa stavo portando un mazzo di fiori ad una donna che ha cercato di togliersi la vita per me. Stesso ospedale, donna diversa.
È qui che ho scoperto che Amelia sarebbe morta, ed è qui che sono stato ricoverato perché, stavolta, ero io a non poter vivere senza qualcuno che amo.
 
Schiarisco la voce, sono solo in ascensore e, ai primi sentori dell'attacco di panico, rovisto frettoloso nelle tasche del cappotto e mi caccio in gola un paio di antidepressivi. Sono talmente avvezzo, che non ho neppure bisogno dell'acqua per mandarli giù.
Le mani tremano, ho l'impressione che le pareti mi si stiano stringendo addosso e che l'ossigeno stia fluendo via.
 
<< La smetti di comportarti come un coniglio? >>, rimprovera Amelia, adesso di fianco a me. Braccia incrociate, batte scocciata il piede e mi osserva irritata. << Non stai andando mica in guerra, eh! Devi solo portarle questo benedetto mazzo di fiori, fare meno lo stronzo asceta ed invitarla a prendere un caffè. Fin qui ce la fai o hai bisogno della balia? >>.
 
<< Amelia! >>, sbotto sbigottito, balzando all'indietro dallo spavento. Allora non era una visione, un frutto della mia immaginazione, un sogno o i quintali di medicinali. Lei è davvero qui.
 
<< Ville! >>, esclama di rimando, beffeggiandomi. << Adesso che ci siamo ricordati a vicenda come ci chiamiamo, dimmi: ce la fai a fare le poche e semplici cose che ti ho detto, oppure ti devo fare un promemoria? >>.
 
Sbuffo irritato, addossandomi alla parete dell'ascensore.
<< Ma tu che t'aspetti da me? Che vada lì e le dichiari il mio amore? >>.
 
Tira la bocca di lato, ha ancora le braccia incrociate e si lascia andare ad un mezzo sorriso.
<< Potrebbe essere un inizio, ti pare? >>.
 
Scuoto la testa rassegnato.
<< È te che amo, Amelia e niente può cambiare ciò. >>.
 
<< Tutto cambia, Ville. Anche il tuo amore per me sta cambiando e cambierà. Non puoi inseguire per sempre qualcuno che non può darti ciò di cui hai bisogno. >>.
 
<< Allora non mi conosci. >>, contraddico testardo. << Sono gli amori impossibili quelli che durano per sempre. E tu non sai cosa darei per poter stare con te ancora una volta... una volta soltanto, per poterti toccare, accarezzare... baciare. >>. La mia mano si approssima al viso, senza intensificare il contatto, perché so che le passerei solo attraverso. Desidero così tanto amarla, che mi sento morire nella tormentosa passione che si trasforma in veleno tossico e si attacca al cuore, annientandolo.
 
<< Prima o poi ti stancherai di rincorrere un'ombra... è la natura dell'essere umano. Adesso vedo tutto più chiaro, Ville... >>. Le iridi si perdono nel vuoto, il volto è sereno, quasi celestiale. << Da viva non avrei mai potuto capire, non potevo accettare di morire senza conoscerti, ma hai ragione tu: non ti ho dato scelta. Ti ho amato così tanto, da essere diventata egoista, da averti fatto soffrire, ti ho reso infelice. Però adesso ti sto dando scelta... la scelta di essere felice. >>.
 
Boccheggio sconvolto.
<< Stai cercando di dirmi che non mi ami più? >>, interrogo scioccato, la voce trema e forse dovrò prendere altri antidepressivi.
 
<< No, Ville. Ti sto dicendo che ti amo più di quanto sia concepibile per un essere umano, ed è proprio per tutto quell'amore che nutro per te, che voglio che tu sia felice. Io non posso renderti più felice, quel che è peggio è che non l'ho mai fatto, però posso rimediare adesso, Ville. Posso essere meno egoista e permetterti di avere ciò che non ti ho dato. >>.
 
Sto per replicare in un discorso che ben presto si trasformerà in una seconda feroce litigata, quando le porte dell'ascensore si aprono ed Amelia si dissolve dinanzi a me.
Avverto nuovamente un fastidioso pizzico in fondo all'anima, così come è stato la sera precedente. Ogni volta che lei se ne va, io mi sento morire, un pezzo di me si stacca e si dirada nel nulla.
 
Esco dall'ascensore, fermo un'infermiera e chiedo informazioni sulla dottoressa Krista Heini, sperando che sia di turno oggi e che non abbia fatto un buco all'acqua.
Sto mentendo a me stesso, non spero un bel niente, anzi, se non ci fosse potrei ritirarmi con la scusa dell'averci provato e fallito, archiviando per sempre questo capitolo.
E invece c'è, purtroppo per me, ma non è da sola.
La porta del suo studio è semiaperta, non tanto da annunciare la mia presenza, però abbastanza da poter buttare un occhio all'interno.
Conversa animatamente con un uomo di bell'aspetto, pelle dorata, profondi occhi verdi, ricci capelli neri, fisico nerboruto e scattante: non reggerei il confronto neppure tra un miliardo d'anni.
Indossa un camice bianco, su un abbigliamento casual, non è di Helsinki, è lampante.
 
<< Non capisco il perché continui ad insistere con questa storia? >>, chiede lei, seduta dietro la scrivania. Ha un tono stizzito, nervoso, come se non gradisse la conversazione. Tamburella le dita sul tavolo, le unghie ticchettano ritmate.
 
Lui, invece, è in piedi, a pochi passi dalla porta, cammina su e giù, assomigliando ad un leone in trappola.
<< Perché? >>, sbotta lui indignato, ha un accento del sud, pronuncia male la lingua locale. << Stiamo insieme da tre anni... credo che sia più che lecito, ad un certo punto, che io ti voglia sposare Krista, non credi? Voglio creare una famiglia con te, avere dei figli e, per una volta, fare ciò che fanno le persone normali. >>. La frase viene fuori come una critica mal celata.
 
È fidanzata... e cosa caspita ci faccio qui, con un mazzo di fiori in mano e la riluttante intenzione di invitarla a prendere un caffé?
Sto per mettere fine a questa pagliacciata insensata, dettata dai desideri della persona che amo, quando Amelia riappare al mio fianco, bella come solo qualcuno che desideri con ogni fibra di te stesso, può essere.
 
<< Aspetta. >>, sussurra complice, indicando l'interno della stanza, per assistere al seguito del diverbio.
 
<< Mi chiedi di sposarti e poi fai illazioni deprorevoli, sul fatto che con me non fai cose normali. >>. È il ritratto della calma glaciale, non si lascia prendere dalle emozioni, al contrario di lui. << Per quale motivo, allora, vuoi sposare una persona che non fa cose normali, Eric? Vedo che la fila chilometrica che ti striscia dietro diventa sempre più fornita, ogni giorno di più, puoi sposare una delle tue spasimanti. Io non mi sposo, punto. Fattene una ragione. >>, dichiara categorica. Non ha alcuna intenzione di cambiare idea, nè ora e nè mai.
 
Il tipo si ferma nel bel mezzo della stanza, nemmeno avesse appena fatto la scoperta dell'acqua calda.
<< Qui il problema non sono io, vero? Il problema è quel cantante da quattro soldi che hai salvato, da quando è successo non sei più la stessa! Te ne sei innamorata? Te lo sei portato a letto, eh? Cosa? >>.
 
Krista sorride canzonatoria, puntella i gomiti sul tavolo e grava il mento sul dorso della mano.
<< Buffo come tu proietti sugli altri i tuoi comportamenti in una situazione del genere. Però io non sono te, Eric, non siamo uguali e non lo saremo mai... quindi per me finisce qua. >>.
 
<< Sei seria? >>, scoppia scandalizzato. << Mi stai lasciando per quell'uomo? Lo preferisci a me? >>. L'ego ne sta certamente risentendo.
 
Schiocca la lingua al palato.
<< Io non sto preferendo nessuno a nessuno. Sto preferendo me, prima di ogni altro, preferisco mettermi al primo posto, preferisco non commettere un errore irrimediabile sposandoti, preferisco continuare da sola, anziché accontentarmi di qualcuno pur di non restare senza qualcuno al mio fianco. >>.
 
<< A te ti ha dato di volta il cervello, quando hai scoperto chi era la donatrice del tuo cuore, dopo il trapianto non sei stata più la stessa, ti sei messa a spiarlo quando non te n'è mai fregato nulla di quell'uomo per tutta la sua carriera musicale. >>, riprende iracondo, spiattellando una verità che non avrei mai voluto sentire. << È solo un cuore, un organo muscolare cavo, lì non ci sono i sentimenti di quella ragazza per quell'uomo, non puoi essere così sciocca da illuderti di provare qualcosa solo per questo! >>.
 
È come se fossi appena morto, un dolore imperituro si accende al centro del torace, una fiamma nell'oscurità, che ben presto diviene un indomabile incendio incontrollato e brutale. Il respiro viene risucchiato via dai polmoni e non riesco a riprendermi.
Mi volto a guardare Amelia, ha smesso di sorridere, c'è consapevolezza nello sguardo affranto, voleva che ascoltassi, che sapessi, che prendessi coscienza della verità, niente più bugie a mio discapito.
Vuole che sia io a decidere cosa sia meglio per me, dopo aver capito: il suo cuore batte intenso nel petto di quella donna. Una parte di lei è ancora viva.
 
<< Lei ti amerà anche meglio di come ho fatto io. >>, ripete e vorrei urlarle contro, per avermi tirato l'ennessimo brutto scherzo.
Sono pieno di rancore, di animosità, acredine impiantata nell'anima e di una sofferenza che si mescola con esse, fino a divenire un peso insopportabile che non riesco più a tenermi dentro.
 
<< Vaffanculo! >>, grido ad Amelia, per poi spalancare la porta ed interrompere il litigio. Krista impallidisce, lui nemmeno lo guardo, sono disperato, imbestialito, ferito, un cumulo di macerie e detriti che non si aggiusteranno mai più. Scaglio sul pavimento il mazzo di fiori, digrigno i denti e faccio uno sforzo immane a non scoppiare a piangere come un bambino: l'orgoglio ha la meglio. Sto per dire una sequela di stronzate allucinanti, voglio gridarle addosso di ridarmi il suo cuore, cliché sul fatto che sapesse benissimo chi fosse Amelia per me quando ci siamo incontrati quella notte e per quale diavolo di motivo non ha detto la verità sin da subito.
Domande a cui ho già dato una risposta, la fisso colmo di odio inconfutabile, non faccio nulla e quel che è peggio è che il terremoto interiore non lo sfogo, gli permetto di demolirmi un'ultima volta.
Qualcuno pronuncia il mio nome e non capisco se Amelia nella mia testa o Krista, sono confuso e totalmente disorientato. Ho bisogno di mettere così tanta distanza tra me e tutto questo schifo, che vorrei fuggire su un altro pianeta e ancora più lontano.
 
Esco fuori di corsa da quello studio infame, corro via dalla realtà grottesca, da Krista, dal suo cuore che è il cuore di Amelia, e da lei stessa.
E alla fine, crollo.
 
  
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