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Autore: reggina    01/07/2018    4 recensioni
Una malattia che ha cambiato la vita di Philip.
Adesso è un sopravvissuto: una garanzia che, anche se gli è scampato, la leucemia non se la scorderà più.
Prima di ricevere la medaglia di guarito però dovrà capire che Superman non esiste. Mentre cerca di ricostruirsi dovrà accettare le sue fragilità, le sue insicurezze, il suo essere..."umano".
Sequel de: "Sulla collina rosa"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Andiamo a vivere insieme?"

Glielo aveva chiesto così: semplice e diretto.

Senza troppi giri di parole, senza troppi schemi, senza filtri.  

Amico di quell’istinto che gli inviava messaggi forti e autentici.

Philip aveva scardinato le porte delle sue emozioni quando glielo aveva chiesto dal nulla e Jenny aveva risposto con un sorriso che aveva dato al suo viso una luce così calda e vivida da brillare.

Era stato come tornare a due inverni prima, quando i loro giorni erano fatti di sorrisi e di risate, di progetti e prospettive, di profumi, di sogni che sembrava potessero diventare reali.

Alla ragazza era venuto in mente il poeta italiano Pascoli:   l’elegante cigno, capace di trasformarsi in una leonessa quando si trattava della sua aquila, avrebbe avuto il suo nido di rami e ovatta e questo interno caldo e accogliente li avrebbe protetti da tutti i rovi esterni

E lei si sentiva salda, al sicuro, protetta solo accanto a Philip.


La mattina dopo era iniziata la ricerca.

Dopo essersi fatto la doccia, la barba e aver bevuto il suo caffè nero lungo, Philip aveva preso per mano la fidanzata e insieme si erano tuffati per le strade di Furano alla caccia della casa perfetta, mettendoci tutto il loro entusiasmo, la loro caparbietà e pazienza. 

Erano andati avanti così per giorni a tentativi, tempo rosicchiato e incastrato tra scuola, casa e palestra.

Finalmente in un fine settimana si erano ritrovati nel quartiere residenziale con la graziosa casetta dalla grande vetrata abbellita da un mosaico.

In quel paesaggio da campagna tedesca dove, in una manciata di secondi, Philip aveva visto passare velocemente tutto il suo futuro.

Il ricordo, ancora forte, lo aveva colpito come un pugno allo stomaco: il taxi che lo accompagnava in ospedale, lui che singhiozzava tra le braccia di Jenny come un bambino che cerca di attirare l’attenzione per ottenere quello che gli è stato negato, la consapevolezza che la vita gli stava scivolando via quando non aveva ancora nemmeno creato i presupposti per qualcosa di concreto

Sentiva lo stesso senso di vuoto intorno a lui, lo stesso smarrimento di quella lontana mattina di gennaio.

Come un fiore, la mano di Jenny si era chiusa nella sua.

Avevano dovuto saper raccogliere i frutti più buoni di quello che gli era accaduto, ingoiarlo, metabolizzarlo e farne concime per far crescere la loro esistenza ancora giovane.


“Continuiamo a cercare altrove, Phil! Io ce l’ho già un posto che sapevo mi avrebbe aspettata anche quando ero chilometri distante. Un posto dove tornare quando tutti gli altri mi fanno paura. È il tuo cuore.

Ovunque mi troverò, se ci sarai tu, mi sentirò al sicuro. Tu sei la mia casa!”

È bello vedere un uomo che si commuove per un gesto spontaneo, per una parola dolce, per una dichiarazione d’amore così vera.  

L’unica replica possibile era stato quell’abracadabra, quella parola magica.

“Taiyō !”  

Allora aveva notato lì, vicino alla casa dei loro sogni passati, la scritta in rosso   Affittasi  con il logo di una delle agenzie immobiliari più rinomate di Furano.

Era un segno. Una seconda possibilità per riprendersi il futuro a cui credevano di dover rinunciare. 

La sua espressione risoluta aveva convinto anche Jenny che i dolorosi ricordi non l’avrebbero trasformata in una   casa degli spiriti e si era ritrovata a frugare nella borsa per tirar fuori il telefono e fare una foto dell’annuncio da utilizzare come memo per chiedere informazioni.

La definizione del contratto portava la sua firma, impressa con  calligrafia semplice ma precisa. Su una poltrona in pelle di un sofisticato ufficio, penna in mano, aveva ratificato per il suo, per il loro futuro.  


Una casa. La loro casa.

Era arrivata quanto ormai Jenny  non ci sperava quasi più.  

Il resto era venuto naturale, quasi scontato e su alcuni punti i due innamorati non avevano nemmeno avuto bisogno di trovare un accordo: avevano deciso di trasferirsi il venerdì sera, senza prendere nessun impegno per il weekend e senza portarsi dietro troppi scatoloni.

  Si erano dati un’unica regola:   Take it easy !

Da quel momento era quella la loro filosofia: prendere la vita con più leggerezza, non con superficialità ma senza più macigni sul cuore.  

E quella sera di primavera, con solo la luna ad accompagnarli nel loro viaggio, i ragazzi  si erano trovati davanti alla porta del loro futuro tesi, impazienti, emozionati come due bambini.

“È una sensazione strana, vero? Come se questo lieto fine, questa felicità raggiunta, ci spaventasse un po’!”

La voce di Philip era una carezza di velluto. Jenny era rimasta in silenzio e non osava muoversi per paura di rompere l’incanto di quell’istante sublime. Lui allora aveva continuato.

“Con te qualunque posto mi è familiare,  Jenny! Se ti tengo per mano nulla può farmi più paura!”   

Poteva vedere gli occhi della ragazza scintillare  come stelle nella notte. Lei aveva sbattuto piano le palpebre sorridendo sicura e aveva allungato una mano a sfiorarlo.

“Non è un lieto fine Phil…Questo è il nostro meraviglioso inizio!”   

Allora si era sentita letteralmente mancare la terra sotto i piedi e un secondo dopo si era trovata con le braccia avvinghiate al collo di Philip e la testa contro il suo petto.

“Rispettiamo le tradizioni mio adorabile cavaliere?”  

Lo aveva provocato mentre lui  varcava la soglia tenendola tra le braccia come se fosse il tesoro più prezioso.

In un fine settimana come tanti eccoli lì: ad inaugurare un futuro che profumava di resina, di sole, di aria fresca di montagna.

Un futuro che valeva la pena essere vissuto.

   
 
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