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Autore: tatagma_    02/07/2018    2 recensioni
[MPREG] Dopo sei settimane dall’ultima folle festa tenutasi a casa di Namjoon, una serie di nausee mattutine e strani cambi d’umore prendono pieno possesso del corpo di Park Jimin. Non ci vorrà molto prima che, attraverso una pigra ricerca dei sintomi sul web ed il ricordo di quella notte trascorsa fra i sedili posteriori di un Pickup, il giovane studente scoprirà di aspettare un bambino. [Jikook]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg
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Strawberry & Cigarette

 
N.B : In questa storia i personaggi menzionati sono minorenni. La legge relativa agli accordi sui trattamenti medici (WGBO) stabilisce che i giovani a partire dai 16 anni di età, nel nostro paese, hanno diritto a ricevere informazioni in modo totalmente autonomo. Ci tengo a precisare che questa storia nasce come AU (alternative universe), i fatti narrati sono di pura finzione, ciò significa che tutto in essa può accadere persino che un ragazzo entri in stato gestazionale proprio come accade comunemente alle ragazze. Se i temi trattati possono in qualche modo toccare la vostra sensibilità o recarvi disturbo, vi invito a non leggerla. Se invece scrollerete presto questa pagina, benvenuti e buona lettura! – Moonism –
 


1. Oh I'm pregnant 

 
Quelli furono senza ombra di dubbio i dieci minuti più lunghi di tutta la sua vita.

Jimin era seduto sul bordo della vasca da bagno, con le ginocchia che non smettevano di tremare e le piccole mani portate alla bocca da cui lentamente venivano rosicchiate e tirate via le ordinate unghia appena ricresciute. Aveva camminato avanti ed indietro con la stessa insofferenza di una tigre in gabbia, per un arco di tempo interminabile senza riuscire un minimo a calmarsi, sentendo lo stomaco contorcersi e la testa girare mentre impaziente contava lo scorrere dei secondi e fissava i tre test di gravidanza, di colore e forma differente, allineati in sequenza sul ripiano del lavabo.  

Le nausee e cambi di umore incontrollabili lo assalivano ormai da settimane, c’era qualcosa di strano, qualcosa che non andava nel suo corpo, Jimin avrebbe dovuto capirlo subito all’insorgere di quei piccoli campanelli d’allarme. Il suo appetito era aumentato in maniera esponenziale così come, nell’ultimo mese, aveva stranamente sviluppato una forte sensibilità agli odori al punto tale da non riuscire neanche più a bere il suo amato caffè caldo al caramello la mattina, o a mangiare delle sane uova strapazzate per colazione senza avere l’impulso al solo profumo di correre alla toilette a vomitare.

L’aria di Seoul si era da pochi giorni arricchita di una tiepida e dolce corrente invernale, che a detta anche dei telegiornali locali avrebbe portato con sé una grande incidenza di raffreddori e febbre alte. Così prima ancora di prenotare una visita con il suo medico di fiducia e farsi diagnosticare la solita influenza stagionale, in un momento di totale noia Jimin decise a suo malgrado di fare da sé ed addentrarsi nel magico, ed oscuro, mondo di internet digitando sulla barra delle ricerche i sintomi di cui soffriva.

Con un solo click sul tasto ‘invio’, quasi come dopo aver pronunciato una parola magica, migliaia di pagine e siti ambigui apparvero dinanzi il suo paffuto viso. L’ampia stanza attorno a sé sembrò tutto ad un tratto rimpicciolirsi, le pareti quasi collassargli addosso, Jimin sentì il respiro mancargli nei polmoni, diventare attimo dopo attimo sempre più breve, ed un peso – forse quello del mondo stesso – cadergli in pieno sulle spalle minute quando aveva letto sul luminoso schermo del suo cellulare che quei continui e numerosi malesseri fisici non erano collegati a nessun tipo di patologia o influenza curabile con la solita tisana calda, tuttavia riconducibili ad un’unica ma allo stesso tempo terrificante parola: gravidanza.

Ricordi fiochi balenarono fugaci nella mente di Jimin: occhi che si cercavano, mani che si sfioravano, labbra sigillate le une sulle altre, quell’odioso e perenne sapore di tabacco sulla sua lingua, corpi sudati che combaciavano come pezzi di un puzzle, ardenti come ceppi al rogo, che insieme si erano uniti in una danza mistica, un momento di sola passione inscenato in maniera rozza ed abbozzata nel retro di un pickup, quel suo dannato pickup.

 “No”, aveva sussurrato con un luccichio di lacrime formatosi agli angoli degli occhi. Il giovane studente dai capelli biondi come il grano si era morso le labbra dalla frustrazione e aveva scosso categoricamente la testa al minimo pensiero. Non poteva affatto aspettare un bambino, non dopo quello che era successo, non nel pieno dei suoi diciassette anni. Fu per tale ragione, dopo una notte completamente insonne passata a rigirarsi tra le coperte e a rimuginare su nient’altro che le conseguenze che avrebbero causato l’arrivo di una possibile e tempestiva gravidanza, che alle prime luci del giorno dopo Jimin, approfittando del sonno ancora quieto dei suoi genitori, era uscito di casa di soppiatto, si era recato in bici presso il primo negozio di alimentari aperto sulla strada ed aveva comprato sotto lo sguardo scettico ma discreto della commessa – forse dato dalla sua piccola statura e la sua giovane età – diversi test colorati.

Jimin si era mostrato meravigliato e decisamente paranoico dinanzi alla grande varietà di scelta che un semplice bastoncino con due lineette disegnate su aveva da offrire. Quale avrebbe dovuto prendere ? Che differenza c’era tra ognuno ? Fra le tante scatole, sulle quali c’erano tutte stampate foto di donne incinte e famigliole maledettamente felici, il biondo vide che ce n’era persino uno che non solo gli indicava la positività dello stato gestazionale ma era in grado anche di precisare le settimane occupate semmai lui fosse stato incerto sulla paternità del piccolo; in preda al panico e alla confusione, il biondo ne comprò tipologie diverse ma di quello proprio non ne aveva bisogno: se c’era una sola cosa di cui era fortemente certo era che semmai fosse stato in dolce – a suo avviso invece tragica – attesa, sapeva esattamente di chi sarebbe stato quel bambino che pian piano cresceva nella sua pancia.

Jimin fissò così il timer scorrere al rovescio sul suo cellulare mentre irrequieto e con la gola arida aspettava che quel breve, ma eterno, arco di tempo passasse alla svelta. Aveva provato ogni tipo di distrazione: aveva ascoltato della musica, provato delle nuove posizioni di yoga, si era steso sul pavimento con i piedi all’aria poggiati però alla parete, scrollato con noia le homepage dei suoi social network. Nessun mezzo era riuscito a placare, anche solo per qualche attimo, quell’enorme subbuglio che aveva ormai dentro di sé. Al contrario, tutte le sue emozioni e paure furono improvvisamente amplificate allo scoccare di un suono fastidioso e perpetuo, al pari ad una sveglia, che gli stava niente meno che ad indicare la fine, l’arrivo allo zero, dell’eterno countdown.

Il biondo si avvicinò così cauto e tremante al lavabo, con un groppo fermo all’altezza dell’esofago, sudando quasi come stesse esplorando un territorio pieno di insidie, a lui non affatto familiare. La paura in lui era tanta, la speranza invece il suo corpo gli stesse giocando solo un cattivo scherzo, quella decisamente alle stelle. Jimin sospirò forte, imponendosi la calma e provando a pensare a qualsiasi cosa riuscisse un minimo a farlo sorridere, ma il piccolo studente di Seoul trovò pace soltanto quando vide sul ripiano i bastoncini poggiati cambiare, uno dopo l’altro, colore e dargli a suo malgrado tutti lo stesso risultato.

Positivo.

Sgranò gli occhi davanti le due linee marcate dipinte di rosa, i pensieri subito si azzerarono nella sua testa, le parole morte sulla sua lingua, le piccole mani invece quelle portate istintivamente sulla pancia. Il biondo si guardò allo specchio bianco in viso, desiderando ardentemente che tutto quello scenario sfumasse presto dalla sua vista e catalogato, una volta risvegliato tra i morbidi cuscini del suo letto, come il peggior incubo della sua vita. Per tale e dolce illusione, aveva battuto più volte le palpebre ma con suo grande amarezza intorno a lui niente cambiò. Era tutto vero. A causa di un bicchiere di troppo, un sentimento forse condiviso ed una sigaretta rubata, un esserino del tutto inaspettato e per nulla programmato, stava davvero prendendo vita lì nel suo piccolo addome. C’è chi l’avrebbe definito un piccolo “miracolo”, Jimin lo definiva soltanto il frutto di una notte completamente in balia dell’incoscienza. Come avrebbe dovuto gestire quella situazione ? Cosa avrebbero detto i suoi genitori a riguardo, o peggio, come avrebbe reagito lui ?

Il suo fiume di pensieri – a dir poco paranoico ma fin troppo giustificato – fu ben presto interrotto dal bussare incessante sulla porta del bagno. “Jimin-ah!” lo chiamò sua madre dall’altro lato della superficie legnosa, “Forza sbrigati o farai tardi a scuola”.

Jimin raggelò nel sentire la sua voce, quasi come fosse stato colto in flagrante sul reato, ed in preda al panico raccattò velocemente i test di gravidanza nascondendoli senza dare troppo nell’occhio nelle tasche morbide dei pantaloni del pigiama, “Scendo fra un attimo!” rispose.

Aspettò di sentire i passi di sua madre scendere le scale con piccoli tonfi e dirigersi verso la cucina, allontanarsi dal suo raggio d’azione, così che lui potesse sgattaiolare indisturbato via dal bagno e richiudersi in stanza per nascondere le prove nel suo zaino e vestirsi della divisa scolastica. Al di là di tutti gli imprevisti che potevano contornare la sua vita ed intralciare il suo percorso, Jimin non doveva dimenticare i suoi doveri da – quasi – normale adolescente. I suoi genitori non erano catalogabili come i classici pretenziosi che miravano per lui ad un raggiungimento di voti ottimali per ogni fine semestre, non che di questo ce ne fosse stato il minimo bisogno, Jimin si era rivelato essere anno dopo anno uno studente a dir poco eccezionale e brillante; Il loro sogno, in cuor di madre e di padre, era quello di poter essere un giorno ancor più fieri di lui e vederlo sorridere, fresco laureato, dinanzi ad una cerimonia di diploma, con indosso una toga ed un tocco, pronto ad entrare nel fatidico mondo dei grandi.

Jimin sospirò a fatica con una mano portata a pettinare all’indietro i capelli lisci come la seta, mordendosi il labbro inferiore tremante e cercando di trattenere le lacrime al solo pensiero di vedere un giorno, un breve giorno, dipinte sui loro volti l’amarezza e la delusione causate dai suoi gesti imperfetti ed esanimi. Tutti i loro sogni, nel giro di una frazione di secondo, sfumati nell’aria ed infranti come vetro se solo avessero saputo che il loro piccolo genio e brillante Jiminie, a soli diciassette ed ingenui anni, portava in pancia la conseguenza di un errore.

“Jimin-ah!” lo richiamò stavolta suo padre.

“Dannazione…” sussurrò lui a voce bassa con una mano sugli occhi, “Arrivo!” invece urlò.

Indossò così la giacca della divisa, infilò di seguito le scarpe e solo dopo aver afferrato finalmente lo zaino, scese di tutta fretta le scale fino a raggiungere la sua famiglia nella cucina al piano di sotto. Non appena varcò la soglia della stanza, un dolcissimo – ma per lui nauseante – odore di cioccolato e cannella invase come un’onda le sue sensibili narici. Il biondo lanciò uno sguardo alla tavola ben apparecchiata, bicchieri di fresca spremuta d’arancia erano posti su di un vassoio, sua madre in vestaglia di raso era ai fornelli che preparava i suoi famosi ed impeccabili pancakes, mentre suo padre seduto su di una sedia che sorseggiava caffè e leggeva su di un quotidiano le notizie del giorno.

“Buongiorno a tutti” si annunciò.

“Buongiorno tesoro”, ricambiò sua madre allungandosi e stampandogli un dolce bacio sulla guancia. “Come stai ? Ho visto che sei alzato presto, hai dormito bene ?”

Serio e composto Jimin, non lasciar trasparire ombra di dubbio . “Sì, abbastanza, grazie”

“Giornata impegnativa Jimin-ah ?” domandò invece suo padre.

“Non molto, mi aspetta solo un test di matematica alla terza ora”

“Sono certo che eccellerai come sempre”

“Già, come sempre” rispose lui. “Anzi forse è meglio se vada, non voglio rischiare di far tardi –“

“Esci di già ?” sua madre abbozzò un tenero broncio, “Non ti fermi a far colazione con noi ?”

Jimin afferrò un biscotto ancora caldo dalla teglia e ci stampò su un piccolo morso “Mh magari un’altra volta mamma, prima devo fare un salto da Taehyung”.

“D’accordo” sorrise lei, scrollandogli i capelli e sistemandogli amorevolmente il colletto della camicia. “Sicuro di star bene tesoro ?” lo scrutò a fondo “Hai una luce diversa stamane, sei radioso”.

“Sto alla grande” mentì deglutendo a fatica. “Davvero alla grande”.

“Qualche giorno potremmo invitarlo a colazione per delle uova, Taehyung, che ne dici ?”

Il biondo si limitò ad una scrollata le spalle, “Glielo chiederò” rispose prima di salutare i suoi genitori con un bacio sulle guance e precipitarsi fuori casa con lo zaino pendente da una sola spalla.

Taehyung. Taehyung. Taehyung. Quello era il nome che più frequentemente pronunciavano le labbra di Jimin. Taehyung, il ragazzo dai capelli adesso grigi come la cenere e dal sorriso rettangolare e raggiante. Conosciuto anche come il suo angelo custode, la sua spalla destra, colui che fin da bambino aveva riservato un posto speciale nel suo cuore – precisamente da quel giorno al parco giochi in cui le sue lacrime furono asciugate ed il suo peluche preferito, rubato da malcapitati bambini, sostituito dal suo a forma di pulcino. Il folle, ma in fondo tanto generoso, Kim Taehyung.

Jimin camminò, con gli occhi fissi sulle scarpe e la testa dispersa fra le candide nuvole dei suoi pensieri, fino alla fine della strada laddove all’angolo risiedeva la vivace villetta a due piani della famiglia Kim. Il biondo aprì con cautela il cancelletto del giardino e salì le scale del portico pigiando con delicatezza il campanello posto accanto la porta d’ingresso. Si aspettò che ad accoglierlo fu lui, vestito di tutto tiro come suo solito, ma con suo dispiacere – poiché quella mattina Jimin non affatto dell’umore giusto per regalare sorrisi e dolci conversazioni – ad aprirlo fu invece sua madre. “Jimin-ah!” lo accolse la donna con un sorriso, lo stesso che aveva Taehyung.

“Buongiorno signora Kim” pigolò lui con un inchino. “Mi dispiace disturbarvi a quest’ora del mattino ma –“

“ – Cercavi Taehyung!” lo anticipò “Va’ di sopra Jimin-ah, e spero tu sia più fortunato di me, sono ore che cerco di tirare quel disgraziato fuori dal suo letto!” urlò lei con la speranza che suo figlio di sopra la sentisse.

Jimin ridacchiò, “Vedrò di fare del mio meglio”

La donna lo invitò ad entrare, non indicandogli nemmeno più dove andare dal momento che Jimin ormai conosceva quella casa quasi come le sue stesse tasche. Il biondo salì le scale a due a due e percorse il lungo corridoio fino a raggiungere l’ultima stanza posta sulla destra. Quando poggiò cauto la mano sulla maniglia e spinse piano la porta, il buio totale lo invase. Le imposte delle ampie finestre erano ancora sigillate, il piccolo volpino Yeontan era acciambellato su di un cuscino gettato lì sul tappeto, mentre Taehyung era a letto, disteso a pancia in giù, sotto una gran moltitudine di coperte che ronfava beatamente.

Jimin si inginocchiò dinanzi al suo viso dormiente, “Taehyungie” sussurrò poggiandogli una mano sulla spalla nuda, proprio non riusciva a spiegarsi come lui facesse a dormire in quello stato anche in pieno inverno. “Taehyung svegliati, ti devo parlare”.

Ma un mugugno da parte sua fu tutto quello che Jimin purtroppo ricevette.

“Taehyung ti prego … ho fatto un casino, abbiamo fatto un casino” mormorò stavolta con voce quasi strozzata.

“Eomma”, bofonchiò il grigio voltandosi non curante dall’altro lato del letto. “Ancora cinque minuti per favore”.

Jimin alzò gli occhi al cielo e strinse forte i pugni nelle mani. Si guardò intorno seccato e senza pensarci un minuto di più aprì violentemente le imposte lasciando che il sole e l’aria fredda invadessero completamente, con una volata gelata, il letto su cui Taehyung giaceva.

“Non li ho cinque dannati minuti, svegliati cazzo!” imprecò il biondo.

In preda alle urla e dal piccolo volpino che preso alla sprovvista cominciò ad abbaiare come un matto, Taehyung saltò così dal dolce sonno, mettendosi a sedere, con i capelli arruffati che morbidi gli cadevano arricciati sulla fronte, e guardando con un occhio aperto ed un altro ancora mezzo addormentato la minuta figura bionda che lo attendeva a braccia conserte e con sguardo minaccioso al capezzale del suo letto.

“Che vuoi Jimin-ah ?” lamentò lui gettandosi nuovamente sul cuscino.

“Ti devo parlare Taehyung, è urgente”

“Non potevi aspettarmi a scuola ? Sarei stato almeno fresco e riposato come una rosa e decisamente più pronto a sopportare i tuoi drammi mattutini” disse il grigio con la sua inconfondibile voce rauca “Non solo hai interrotto il mio sonno di bellezza ma anche la visione di un –“

“ – E’ importante Tae” tagliò corto Jimin esausto “Non sarei qui se non lo fosse”.

Il ragazzo si strofinò il viso ed sospirò appena, intuendo che nell’aria qualcosa non girava nel verso giusto, “Ok, dammi almeno un attimo: mi metto qualcosa addosso, prendo lo zaino ed usciamo”.

Jimin si strinse nelle spalle ed annuì, “D’accordo ma sbrigati per favore” lo allertò accasciandosi sulla sedia girevole posta sotto la scrivania, fissando Taehyung ed aspettando quasi invano che questo uscisse fuori dal suo bozzolo di coperte. Il grigio lo guardò a sua volta, facendo stavolta però cenno verso la porta.

“Jimin ti dispiace ? Sai com’è sono in mutande, devo vestirmi”

“Oh Tae andiamo, ti ho visto perfino nudo, non fare il puritano proprio adesso!”

Taehyung alzò gli al cielo e si lasciò così abbandonare con la schiena contro la spalliera del letto, “Forza” lo spronò “Se è così urgente, avanti, sputa il rospo drama queen. Ti ascolto”.

Jimin abbassò lo sguardo e deglutì appena, rigirandosi nervosamente i pollici fra le mani bambine. “Ti … ricordi l’ultima festa ? Quella … quella a casa di Namjoon, in cui noi, ecco beh … insomma noi abbiamo

Fatto sesso” completò il grigio “Sì Jimin-ah, ero ubriaco fradicio ma occhio e croce ricordo cos’è successo a quella festa”.

“Sono … successe cose strane da quel giorno Tae”

“Che tipo di cose strane ?”

“Sono stato male, ho vomitato per giorni e –“

 “Dio, lo sapevo che non avrei dovuto lasciarti bere quegli shots!” si rimproverò Taehyung, quasi come se quella fosse stata una sua di responsabilità. “Ero certo che quel bastardo di Yoongi ci avesse messo qualcosa dentro e –”.

“ – Non si tratta di questo” mormorò Jimin, tra l’imbarazzo e la vergogna.

Un’espressione dubbiosa, data dall’evidente sopracciglio inarcato, si dipinse sul volto statuario di Taehyung. Il biondo non ebbe il coraggio di annunciarglielo così a bruciapelo, non lasciandogli così altra scelta. Jimin afferrò lo zaino precedentemente gettato sul pavimento e sfilò da una delle tasche il bastoncino con su ancora marchiato quel segno, quella condanna, che poche ore fa aveva sconvolto la sua stessa vita.

“Cos’è quel coso ?” chiese Taehyung indicando l’oggetto stretto fra le sue dita.

“Tae …” mormorò tremante la voce di Jimin “Aspetto un bambino”.

Il grigio lo fissò spalancando e richiudendo a tratti la bocca, troppo sconvolto dall’accaduto persino per proferire parola. Il suo viso si fece della stessa tonalità delle lenzuola su cui dormiva, la sua espressione tramutarsi in un breve arco di tempo da basita a preoccupata e, infine, a mostrarne una di puro terrore. “Di chi è ?” chiese poi con un filo di voce.

“O cielo Taehyung!” Jimin perse così la pazienza, “Del vicino di casa, tu che dici ?”

Tutta quella faccenda suonava come in una bolla, in modo così assurdo e surreale. Taehyung si passò una mano fra i capelli mossi e scrutò a fondo la piccola figura che aveva davanti a sé, soffermandosi come giusto che fosse sul dettaglio che più stentava ad immaginare. La sua pancia, quella sua perfetta e morbida pancia a tratti persino delineata, nel giro di qualche mese si sarebbe gonfiata come una mongolfiera, le sue voglie sarebbero aumentato così come i suoi umori sballati a causa della presenza di un qualcosa di estraneo, che apparteneva a lui, crescere al suo interno. Taehyung si prese il viso tra le mani cercando di elaborare e metabolizzare al più presto quella sconvolgente notizia: Jimin era gravido. Gravido per davvero.

“Com’è possibile ? Mi avevi detto che prendevi i bloccanti”, replicò lui cercando di mettere ad incastro tutti i pezzi del puzzle.

“Ed è così, li prendo! Potrei però essermene dimenticato … una volta, o forse due”

“Che vuol dire te ne sei dimenticato ?” sottolineò Taehyung furioso, “Cazzo Jiminie avresti dovuto dirmelo, avrei portato almeno i preservativi!”

“E' stato uno sbaglio okay ? Eravamo ubriachi ma nonostante la mia piccolissima dimenticanza siamo stati attenti! Non andavo certo ad immaginare che dopo sarebbe successo –“ Jimin si indicò la pancia “ – questo!”

“Stai scherzando, vero ?! Tua madre non ti ha spiegato come sei nato ? Vuoi che ti faccia un disegnino per caso ?!”

Taehyung scostò via le coperte con un calcio e come una furia si alzò dal letto, avvicinandosi all’armadio e ripescando da quest’ultimo i suoi pantaloni preferiti ed un maglione bianco. “Dopo scuola ti accompagno in ospedale, dobbiamo consultare un medico e capire a che punto sei”.

“Non lo terrò”.

Il ragazzo si voltò di scatto all’udire di quella raggelante frase, “Stai sul serio pensando … vuoi  … ?”

Jimin annuì facendo fatica stavolta a trattenere le lacrime che deboli si fecero strada sulle sue paffute guance, “Non c’è altra soluzione Tae” tirò su col naso “Abbiamo diciassette anni, andiamo ancora a scuola e non abbiamo uno straccio di lavoro! Sono certo che le nostre prospettive future siano quelle di andare al college, non certo di cambiare pannolini per i prossimi tre anni”

“Qui non si tratta solo di te Chim, non puoi decidere da solo. Ci sono altre persone coinvolte in questa faccenda!”, Taehyung gli si avvicinò poggiandogli le grandi mani lì sulle sue piccole spalle, “Ascolta, io sono con te, ci sarò sempre per te Jimin-ah, ti darò sempre una mano. Nonostante tutto, ricordi ?”

“Non posso Tae …”, Jimin si morse un labbro “Non posso neanche pensarlo”, sospirò a fatica scosso dal panico e dal pianto. “La mia vita è finita se tengo questo bambino”.

“Ti appoggerò qualunque sarà la tua decisione” Taehyung gli passò i pollici sugli zigomi delicati, sempre lì pronto a raccogliere le sue piccole e amare lacrime “Ma prima devi dirlo a Jungkook –“ disse poi con un tono che non accettava affatto replicazioni “ – è il padre Jiminie, deve saperlo”.

 


N.A. Non ho la minima idea di quello che sto facendo/scrivendo. L'esperimento, per questo primo capitolo, era quello di camuffare una Jikook per una Vmin, ma abbiate pietà di me quel collage era troppo bello per non essere messo. Ciao te che leggi! Benvenuto in questa follia, grazie per la visita ed eventuali feedbacks, un abbraccio forte - Moonism -

 
   
 
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