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Autore: Malveria92    02/07/2018    0 recensioni
La scena che ci trovammo davanti era una delle più disgustose che avevo mai visto: al centro dello spiazzo c’era un mucchio di cadaveri in decomposizione, ricoperti di bava appiccicosa. La pelle rimasta sui loro corpi si staccava e scivolava a terra facendo suoni disgustosi e gli occhi, per chi ne aveva ancora, erano bianchi e vitrei oppure vuoti e pieni di piccoli vermi rosei.
Tutti morti con il volto sfigurato dalla paura.
Ne contammo quindici, almeno di quelli che riuscivamo a vedere e due probabilmente facevano parte dell’ultima squadra entrata...
Il destino di un ragazzo che nasce dal fuoco, un Vecchio che vuole dare speranza a chi non ne ha più, l'inizio di un'avventura che porterà Liam in tutte le terre di Avelod per cercare il modo di spezzare la maledizione che rischia di farlo scomparire per sempre. Nella sua strada intrisa di odio e vendetta, incontrerà un'altro destino che è strettamente legato al suo...
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Il Tempio di Acaun! – finalmente qualcuno mi stava seguendo. Catus era arrivato alla mia stessa conclusione – In tre incidenti su quattro, compreso quello di oggi, suonavano le campane per andare in preghiera, se Liam ha visto giusto dicendo che il terzo fatto è accaduto di mattina, significa che quasi sicuramente era il giorno di Acaun anche quello – Si prega la mattina e la sera, quasi per tutti gli dei e il “Dio dei sassi” non faceva eccezione.

- Che cosa significa? – Verto non capiva – Perché le preghiere ci dovrebbero interessare in questa faccenda?
Io e il Vecchio però non gli stavamo prestando attenzione. Il discorso ormai era tra me e lui.

- L’unica cosa che hanno in comune tutti gli incidenti è il Tempio, un incidente tutte le mattine dedicate al Dio. Perché i Maretak che sono entrati nella seconda spedizione di soccorso, in ben una settimana non hanno capito di che animale si trattasse? Possibile che lì sotto non ci sia nessun animale? Se il Credo fosse in qualche modo responsabile? – mi chiesi, non cercando una vera risposta dagli altri.
Ragionavo a voce alta, come mio solito.

- Questo non saprei dirlo ma, ricordiamoci che nessuno dei soccorritori della seconda e della terza spedizione ha urlato. Anche questo bisognerà aggiungere al quadro generale…- Catus stava cercando una risposta a tutte le mie domande.

Arrivò l’ora di pranzo, il pasto fu molto semplice, pane formaggio e qualche verdura. Il problema della mancanza di cibo stava arrivando anche sulla tavola del Lord di Alisia. Finito di mangiare, mi congedai, avevo bisogno di stare un po’ con me stesso.
Decisi di uscire a fare una passeggiata per le vie della cittadina. Dovevo risolvere il problema alla svelta se volevo tornare a Blez.
 Così andai verso le miniere.

- Ricapitoliamo – mi dissi - I Maretak non hanno capito di che animale si trattava durante le ricerche. I minatori dispersi e il primo gruppo di uomini che sono entrati hanno urlato prima di scomparire- contavo gli avvenimenti sulle dita – il secondo e il terzo gruppo, entrambi esperti nel cercare le trecce, sono spariti senza nessun suono. Forse nella gallerie c’è qualche gruppo di assassini? Se è così, li ha assoldati il Tempio?  – ero arrivato davanti l’entrata di una delle gallerie – Quattro gruppi in quattro giorni di preghiera – Un grande balcone di roccia formava una piazza davanti le quattro entrate delle cave.

L’interno era buio e umido. Non mi inoltrai molto, solo quanto bastava per trovare i segni di cui parlava Amarco. Solamente qualcosa di molto pesante poteva lasciarli sulla roccia, mentre i solchi sui muri facevano pensare a degli artigli. Come potevano delle persone lasciare segni simili? Uscii e trovai Verto ad aspettarmi.

- Sei impazzito? – mi chiese incredulo – vuoi morire?
- No, ma se le mie ipotesi sono corrette, finché non prega nessuno, sono al sicuro- dissi con fare scherzoso.
- E se non sono esatte? Se ti sbagli, entri li dentro e scompari anche tu? Catus rimarrebbe di nuovo solo – non si era preoccupato per la mia incolumità, allora.
- Cosa sai di quel Vecchiaccio? Non ho ancora capito bene cosa facesse prima del mercante. Le mie ipotesi sono: soldato, anche se non lo vedo proprio a prendere ordini o mercenario, che come professione mi convince di più, ma che non racchiude tutti gli indizi che ho trovato. Il fatto che mi ha confuso è stato un suo quadro nella vostra biblioteca - Durante quegli anni, avevo capito che più cose sapevo e meglio sarebbe stato.

 Non volevo rimanere ignorante, soprattutto sui fatti riguardanti le persone che mi stavano vicino. Verto mi accompagnò nella mia camminata pomeridiana.

- Non credo che Catus sarebbe felice di sapere che ti ho raccontato del suo passato ma sei con lui da molto tempo, mi ha riferito – mi disse con un sospiro – Nessuna delle tue teorie è esatta comunque – Sembrava che aveva deciso di narrarmi tutta la storia per una motivazione a me sconosciuta - Catus Brig di Edrin era un Maretak della Regione Desertica, uno dei migliori. Era molto richiesto e in quanto tale, la nostra famiglia a Nantos domandò i suoi servigi. Mio padre, che all’epoca aveva centotrent’anni…- essendo un mezzelfo non mi meravigliai - …convinto della sua forza non aspettò l’arrivo di Catus e andò da solo a cercare la bestia che aveva iniziato a cacciare nelle periferie della città. Non era un Maretak e non lo è tutt’ora,  non sapeva di quale essere si trattasse. Quando Catus lo trovò, era inseguito da una banda di Gnoll e gravemente ferito.
Gli Gnoll sono i peggiori esseri in cui ti puoi imbattere nella Regione Boscosa. Sono dei razziatori che depredano i villaggi e si cibano degli abitanti. Non sono ne uomini ne animali, sono bestie, peggio dei Goblin del Nord.

- Cosa accadde poi?
- Per salvare mio padre, anche Catus rimase ferito. Combatterono l’uno di fianco all’altro e portarono a casa la pelle. Non mi descrissero le parti cruente dello scontro, ma mia madre non dimenticò che aveva salvato suo marito e gli fu grata fino alla morte – quindi Verto era orfano di madre.
- Per questo il suo dipinto è in biblioteca? – chiesi ancora poco convinto, mentre camminavamo tra le vie.
- No, Catus sposò mia zia Bricta, che si prese amorevole cura delle sue ferite quando rientrò da quell’avventura. Si sposarono e ebbero una figlia, la chiamarono Siria, nacque qualche anno dopo di me.

- Se il Vecchio ha una famiglia, perché è in quella foresta a fare solo lui sa cosa? – Verto mi guardò tristemente e continuò a parlare.

- Catus, che aveva ormai una moglie e una bambina piccola, non volle accettare più spedizioni, così  mia madre gli propose di lavorare per lei ed istruirmi nella scherma. Poté rimanere così a Nantos. La sua vita era felice, aveva una figlia bellissima e una moglie premurosa. Gli Dei gli sorridevano o così si credeva. – Il cioccolato dei suoi occhi si sciolse, formando un colore compatto. Aveva un senso di impotenza nello sguardo quando continuò- Pochi anni più tardi madre e figlia svanirono. La loro casa era a soqquadro, nessun biglietto, niente che potesse aiutare per rintracciarle. A terra schiacciata da una libreria c’era mia madre, era ancora viva. Aveva provato a proteggere sua sorella e sua nipote. Un uomo l’aveva accoltellata all’addome e sbattuta contro il mobile – la sua voce vacillò – Non ci fu nulla da fare, le sue ultime parole furono “Mi dispiace”. Non era riuscita a salvare la moglie di Catus come lui aveva fatto suo marito. Morì con questo rimpianto. – Verto si fermò e guardò il cielo cercando di ricacciare indietro le lacrime. Io gli diedi tutto il tempo di cui aveva bisogno fingendo di trovare interessante la punta dei miei stivali.

- Mio zio le cercò ovunque, con tutte le sue conoscenze, con tutte le tecniche che aveva acquisito negli anni. Bricta fu ritrovata giorni dopo sulla Via del Mercato, morta con un pugnalata al petto insieme ad un gruppo di uomini, forse quelli che l’avevano rapita, anche loro senza vita. Di Siria nessuna traccia, tutti pensarono che fosse morta anche lei e il suo corpo abbandonato da qualche parte, ma Catus tutt’ora continua a cercarla. Lasciò Nantos dopo il funerale della moglie e della cognata. Si costruì una casa di legno tra i boschi, vicino a Ardas, uno dei crocevia della Via del Mercato. Per quanto ne so, si sposta ogni anno da un punto all’altro della via, “travestendosi” da mercante. Credo che abbia informatori in ogni Regione, ma ancora oggi…-

Ecco perché una volta l’anno circa partiva e rimaneva via per così tanto tempo. Quanto aveva viaggiato il Vecchio? Quanti posti aveva visitato? Per questo mi ha preso con se? Si rispecchiava nella mia solitudine? Forse allora mi ha insegnato l’arte della spada perché io avessi avuto la mia possibilità di combattere? O forse sperava che io non ne avrei mai avuto bisogno?

- Il quadro in biblioteca è lì perché lui fa parte della famiglia…-

- Esatto. Catus è mio zio acquisito, se così lo possiamo definire.

Avevamo camminato molto. Eravamo stati fuori tutto il pomeriggio e mentre il sole tramontava, tornammo verso la villa.

- Quindi Catus è stato un Maretak della Regione Desertica…- dissi tra me e me.

Il mio cervello continuava a lavorare anche durante la cena frugale, finché ci raggiunse Ande. Era una ragazza minuta di circa quattordici anni, portava i capelli, chiari come quelli del padre, legati elegantemente in una crocchia alta mentre qualche boccolo le ricadeva sulle spalle.  
Trovai difficile pensare mentre mi sentivo costantemente osservato. I suoi occhi verdi scuro mi scrutavano come in cerca di qualcosa di interessante, chiusi i miei esasperato per poi riaprirli guardandola dritta in faccia.
Era veramente bella. Il viso a forma di cuore, le labbra piene e quegli occhi brillanti avrebbero catturato qualsiasi uomo.
Divenne rossa fino alla punta dei capelli e abbassò lo sguardo. Ah, ora era timida?
Finita la cena Ande mi guardò ancora una volta, arrossì e si congedò frettolosamente con un inchino.                                                                         Le donne sono le creature più strane sulla faccia del Continente! Non le avrei mai capite! Cosa le avevo fatto?
Lasciai la “questione Ande” da parte e ripresi il mio ragionamento da dove lo avevo interrotto.
Se il Vecchiaccio sapeva riconoscere le tracce ed era uno dei migliori, come era possibile che non sapeva dire se quelle nelle miniere erano opera di una bestia o di esseri umani?  Anche gli altri non avevano saputo dare una risposta e ora, ci avevano lasciato la pelle? Oppure avevano capito cosa si nasconde nel sottosuolo ma non potevano esserne sicuri? Inoltre, un altro fatto che non mi tornava, perché non ci sono state urla, come nelle prime due occasioni? Se c’erano sicari lì sotto, quanti ce ne dovrebbero essere per uccidere senza rumore?                                                                                                       
Tornati in biblioteca, quando furono chiuse le porte, inizia a cercare risposte con una domanda.

- Vecchio, tu eri un Maretak del deserto vent’anni fa?

Catus guardò prima me e poi il suo astio si attaccò a Verto. Come l’edera che strangola gli alberi così Catus avrebbe voluto strangolarlo. Verto, dal canto suo, con una mano tra i capelli, fingeva di interessarsi ai quadri.
Sicuramente fui maledetto da almeno uno dei due.

- Come tale, secondo te quelli sono segni lasciati da umani o dal passaggio di qualcosa di più minaccioso? – continuai, come nulla fosse.

Catus con un sospiro rassegnato mi rispose – Credo cercherei più un animale, probabilmente un Verme Scavatore delle Sabbie, ma è impossibile che sia arrivato fin qui, d’altronde fa parte della fauna desertica. Non sono animali che hanno la capacità di forare la roccia, ecco perché si chiama “delle sabbie”. Il suo equivalente delle montagne, il Verme Porpureo, non striscia e non lascia solchi come quelli che ho visto oggi – Ero felice che anche il Vecchio era andato in esplorazione.

- Escludiamo quindi l’uomo?
- Direi di sì ma non so se anche le altre due squadre l’abbiano escluso. Infondo quella bestia non può trovarsi in questa Regione – continuò Catus.
- L’hanno escluso sicuramente anche loro – un idea aveva iniziato a ronzarmi in testa.
- Perché pensi questo? – ma io non prestavo attenzione ad Amarco.
- Tra i due animali che hai menzionato, quale dei due è attratto dai rumori? – chi sa se avevano capito dove volevo arrivare.

Dopo un lungo silenzio mi rispose che in effetti entrambi ne erano attirati.

- Probabilmente le campane del Tempio mettono in allerta l’animale. Non ci sono mai stati terremoti in questa zona che potessero giustificare la presenza di un Verme Porpureo, no? – Quando mi fu data la conferma di Verto, Catus mi guardò come se avesse visto il sole per la prima volta.
- Non hanno urlato per non farsi trovare! – ipotizzò.
- Possiamo quindi supporre che sicuramente lì sotto si aggiri un Verme delle Sabbie. Ora, come Maretak cosa avresti fatto trovando dei segni simili, dove non dovevano essere? Saresti andato a controllare, giusto? – domandai.
- Ma perché gli uomini non ci hanno riferito dei loro sospetti? – il dubbio di Amarco non giunse inaspettato.
Un nobile mezzelfo però, con l’intelligenza che sicuramente aveva, doveva essere arrivato alla soluzione prima di noi.
- Perché mai non hanno avvertito il Lord di quello che poteva celare il sottosuolo? Perché sono entrati il giorno in cui le campane avrebbero suonato, sospettando del pericolo? – guardai Catus, sicuro che lui avrebbe avuto la soluzione pronta. Io ero convinto della mia.      

Il Vecchio non deluse le mie aspettative, guardò me, poi il suo amico.

-  Amarco, prova a riflettere. Se ti avessero fatto partecipe di ciò che sapevano, quasi certamente saresti stato in pericolo. Dovevano capire se veramente qualcuno aveva messo un Uovo di verme delle Sabbie all’interno delle miniere, ipotizzare solo una cosa simile poteva portare a una catastrofe politica. I ragazzi sono entrati quel giorno perché sarebbe uscito allo scoperto al suono delle campane e trovando lui, forse avrebbero trovato qualche sopravvissuto o capito chi era il mandante dell’operazione– eccolo lì, il mio ragionamento in bella vista.

- Perché non usare un Verme Purpureo allora? Perché la fatica di andare a cercarlo nel deserto? – Amarco continuava a non seguire bene il discorso, ma il figlio fortunatamente sì.

- Quello delle sabbie non può scavare la roccia! – Verto sì alzò e in una mia perfetta imitazione, cominciò a camminare avanti e indietro – Padre, ultimamente abbiamo ricevuto molte richieste di vendere la cava, alcune delle quali anche dal tempio di Acaun con la scusa “Il Dio Acaun ci proteggerà”. Se uno di questi approfittatori ci avesse fatto questo scherzetto? –

- Non arriviamo a conclusioni affrettate, non possiamo incolpare un luogo di preghiera senza prove. Non sappiamo neanche se effettivamente sia quella la bestia che andiamo cercando.

- Scendiamo allora – dissi convinto.
- Scendere dove?- Catus era in evidente disaccordo.
- Scendiamo a cercarlo. Tu sai come trovarlo. Assicuriamoci però di non andare quando suonano le campane e di non fare sapere che siamo lì sotto a chi che sia – mi guardavano tutti come se fossi impazzito.
- Liam, il verme delle Sabbie non è lombrico da pesca, è veramente grande e pericoloso e tu, vorresti andare a vedere se c’è davvero un mostro gigante di trenta metri che striscia? Sei matto? – non credevo fosse lungo trenta metri, aveva si e no un anno di vita!    
- Non sento altre idee – non mi arresi. Prima capivamo cos’era e prima ce ne saremo andati da lì.

Quella notte, al buio nella mia camera, sentii nuovamente quella parte oscura della mia anima, allargarsi, sorridere e sghignazzare. Sarei andato da solo o in compagnia, ma sarei comunque andato . Avrei trovato la cosa che aveva lasciato il vuoto nel cuore dei paesani. I cittadini avevano ancora speranza di ritrovare almeno i corpi dei dispersi, io gli avrei dimostrato che era impossibile, che non ci sarebbe stata traccia del loro passaggio, che l’animale li aveva ormai digeriti. La morte è l’assenza della vita. Lascia un buco, uno squarcio che non può essere ricucito facilmente. La speranza è il filo e io l’avrei tagliato.
Mi resi conto che qualcosa non andava. Questo non ero io. Io non avrei mai voluto far del male a nessuno, ma allora perché avevo questi pensieri? Perché sentivo che mi sarebbe piaciuto vederli persi nella disperazione?
Mi vestii e uscii.
Sdraiato sull’ultimo scalino del portico guardai il cielo, tra pochi giorni ci sarebbe stata la Luna Nuova. L’aria della fine di Febbraio era pungente, mi graffiava il viso come se lo stessi strofinando in un cespuglio di more. Mi svegliò e non chiesi di meglio.                                                                     
Mentre ero lì, cercando di non pensare a niente, sentii un frusciare di gonne e mi sedetti.

- Cosa ci fai alzata a quest’ora? – mi sentii chiedere.
In realtà non mi interessava la motivazione, volevo solo sapere perché aveva preso l’iniziativa di venire a disturbarmi.

- Non riuscivo a dormire e sono venuta a fare una passeggiata – mi resi conto solo in quel momento che Ande era in vestaglia da notte – non pensavo di trovare qualcuno alzato a quest’ora – aveva di nuovo le guance rosse. Distolsi lo sguardo a disagio.
- Sei preoccupata?
- Non so cosa posso fare per aiutare mio padre e mio fratello. – disse mettendosi seduta accanto a me – Loro si stanno impegnando tanto per cercare i dispersi, il signor Catus e anche voi. Non credo che gli uomini rimasti lì sotto siano ancora vivi ma  potremmo fare in modo che le famiglie abbaino delle spoglie da seppellire e dei ricordi a cui aggrapparsi. Vorrei che tornassero a sorridere.

Non era in ansia per la situazione della città ma per le famiglie che l’abitavano?

- Invece che impegnarti per risollevare Alisia e la sua economia ti preoccupi per il morale del suo popolo…sei un ipocrita – la guardai negli occhi e continuai – Devi pensare in grande per poter risolvere anche solo il piccolo problema. La gente ha fame e gli è vietato coltivare e allevare il proprio cibo, lo deve comprare forzatamente. Tu che hai ancora soldi puoi permettertelo, ma loro no. Allestire delle mense, riportare le salme dei loro cari e soprattutto pregare non risolverà il problema di questa città – la stavo ferendo e lo sapevo, ma continuai – i bambini sono diventati dei ladri e tra il rubare per mangiare e l’uccidere, basta un passo falso – aveva gli occhi lucidi ma la mia voce si indurì – i mercanti non verranno più qui, i cittadini se ne andranno per cercare fortuna altrove, venderete le miniere al primo acquirente ad un prezzo stracciato e Alisia diventerà solo l’ombra di ciò che era. –
Ande si girò dell’altra parte per nascondere le lacrime, si alzò e scappò via da me.
Restai fuori ancora un po’, chiedendomi se c’era nel Continente qualcuno più idiota di me.
   
 
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